Ferrara, 15/11/2009. Informazione sanitaria nella tradizione religiosa, nella società contemporanea e nella legislazione
La conoscenza e lo studio sono sempre stati alla base del sapere ed in particolare della cultura ebraica e quindi il convegno odierno è coerente con gli obiettivi e propositi della nostra associazione Per introdurre il tema pomeridiano dell’informazione e la sua comunicazione in sanità, voglio sottoporre alla vostra attenzione alcune riflessioni.
L’informazione corretta è la base della conoscenza della realtà.
L’essere informati permette di poter gestire il presente e di poter prefigurare un futuro possibile.
Già Aristotele scriveva che l’informazione è almeno due cose: “acquisizione di conoscenza” e dare “impressione di forma all’oggetto” cioè l’informazione significa apprendere e creare. Purtroppo però attualmente si ha la sensazione che, sempre più spesso, una certa informazione costruisca una forma o un oggetto in modo che si possa offrire la notizia. Ma l’informazione rende sempre un individuo maggiormente cosciente di quanto avviene nella realtà? Non basta una fonte per esserci informazione è necessario che il destinatario possegga il codice giusto per trasformarsi in ricettore. Una persona è in grado di sopportare tanta verità quanto i suoi schemi di riferimento , i suoi meccanismi di sistematizzazione mentale, il proprio capitale culturale sono in grado di decodificare. Come sottolineava Antonio Gulli in un articolo su “informazione tra inganno e conoscenza”, se è difficile contestare che sapere è meglio di non sapere però se non si ha la possibilità di saper interpretare e rendere coerenti le informazioni che ci giungono avremo uomini con tanta informazione ma meno conoscenza. La comunicazione costituisce lo strumento che permette la condivisione di informazioni quindi in campo socio-sanitario non soltanto tra operatori sanitari e tra medico e paziente, ma in generale tra tutti gli stakeholder della sanità (cittadini, mass media, enti, associazioni e istituzioni).
Il significato di una comunicazione è nella risposta che si riceve. Da questo fondamentale concetto di neuro- linguistica derivano sia indicazioni su come effettuare una corretta informazione e comunicazione in sanità sia la patologia di queste stesse attività. Purtroppo per quanto la comunicazione rappresenti una “core competence” del bagaglio culturale dell’operatore sanitario quest’ultimo riceve una scarsa, per non dire nulla formazione professionale durante corsi di studio su come e cosa comunicare. In sanità possiamo distinguere una comunicazione interna alla struttura ed una esterna alla stessa. La comunicazione interna comprende la comunicazione tra il personale sanitario e quella tra medico e paziente. Sulla prima, che esula dalla odierna trattazione, pongono una grande attenzione gli enti di accreditamento (joint commission ed altri) al fine di ridurre gli errori mediante un sistema di risk management.
La comunicazione tra medico e paziente è qui oggetto di numerose relazioni che affrontano i problemi nei diversi ambiti della attività medica ospedaliera e non per cui non mi soffermo. Per quanto riguarda la comunicazione verso l’esterno un aspetto critico è il grado di trasparenza che le strutture e le organizzazioni sanitarie offrono verso gli enti preposti al controllo che all’opinione pubblica. A mio parere è dovere etico comunicare in modo cristallino una serie di informazioni relative alla cultura aziendale,alla proprie aree di competenza ai risultati e ai costi dei servizi offerti. soltanto in questo modo potranno essere promotrici di salute. Infine un’altra area di grande ambiguità riguarda la comunicazione di servizi ,prestazioni sanitarie o tecnologie biomediche a scopo divulgativo e pubblicitario. Spesso queste comunicazioni sono parziali, scorrette.
La notizia non racconta il fatto ma solo quegli aspetti che più di altri possono colpire l’attenzione con il risultato di creare illusioni e false speranze per ricavarne notorietà o accaparrare la clientela.. Poiché la salute è un bene supremo la comunicazione non deve soltanto basarsi su informazioni “calzanti,complete,concise e chiare “ (le quattro c del giornalismo ) ma su dati veri e scientificamente provati. Di tali errori di comunicazione non è responsabile solo il giornalista ma il medico se dimentica i propri principi deontologici.