Cannabis terapeutica, Israele è leader mondiale

Sono passati 13 anni da quando il ministero israeliano della Salute ha legalizzato l’uso della cannabis (la pianta da cui derivano marijuana e hashish) a scopo terapeutico. Il numero di pazienti che la utilizzano è passato da sole due persone nel 2000 a 700 all’inizio del 2009, fino ad arrivare a oltre 9 mila oggi, il più alto numero di pazienti in rapporto alla popolazione. Una cifra che secondo il dottor Bareket Schiff- Keren, esperto di terapie antidolorifiche, fa di Israele la nazione leader del mondo nell’uso medico della marijuana, che è consentito solo in alcuni Stati degli Stati Uniti, in Canada e in pochi paesi europei. D’altronde il legame fra Israele e le proprietà benefiche della cannabis è di lunga data, se si pensa che il primo scienziato a identificare il principio attivo della pianta, il THC (tetraidrocannabinolo) e a sintetizzarlo fu proprio un israeliano, Raphael Mechoulam, oggi 82enne e pilastro del Centro di ricerca sul dolore dell’Università ebraica di Gerusalemme. Il procedimento per avere accesso alla marijuana come calmante e antidolorifico è semplice ma allo stesso completamente centralizzato. Il trattamento è permesso solo per pazienti con sintomi gravissimi (dolori, nausea e perdita di appetito). Il medico specialista che li segue può raccomandare l’uso della marijuana. Ma a prendere la decisione finale è una sola persona in tutto il paese: il dottor Yehuda Baruch, capo dell’ospedale psichiatrico Abarbanel di Bat Yam e responsabile del progetto per il ministero della Salute. A quel punto per il paziente esistono diverse possibilità. Ci sono centri di distribuzione di spinelli già preparati. Per chi invece non fuma, la marijuana viene inserita in alimenti, che permettono ai pazienti osservanti di consumarla anche di Shabbat (curioso notare che per Pesach, il ministero della Salute si è fatto carico di distribuire biscotti alla marijuana kasher lepesach). Da alcuni anni è consentito a pazienti ritenuti idonei di coltivare la marijuana direttamente in casa.

Secondo uno studio condotto dallo Sheba Medical Center di Tel Hashomer insieme alla Israel Cancer Association che ha coinvolto 264 ammalati di cancro, oltre i due terzi di coloro cui viene prescritta la marijuana per combattere il dolore si dichiarano soddisfatti del trattamento. Lo stesso Mechoulam, in un’intervista al Jerusalem Post all’inizio di aprile ha illustrato gli effetti benefici dell’uso della marijuana portando come esempio un esperimento che ha coinvolto un gruppo di bambini che si stavano sottoponendo a chemioterapia. Per combatterne gli effetti collaterali ad alcuni loro veniva somministrata marijuana, ad altri no. “Dopo una settimana il medico ha interrotto l’esperimento per somministrare marijuana a tutti i piccoli pazienti, non potendo sopportare il fatto di vedere che i bambini che non ricevevano il THC continuavano a vomitare e a provare nausea, mentre gli altri si riprendevano bene. La marjuana permette di riacquistare l’appetito, di dormire meglio, di sentirsi meglio insomma”. Tuttavia a fronte dei comprovati benefici dal punto di vista medico, non mancano le controindicazioni, legate soprattutto agli abusi del sistema. In altre parole al pericolo che la marijuana finisca nelle mani sbagliate. Molti dei campi dei sette coltivatori autorizzati a fornire la cannabis al ministero della Salute si trovano in prossimità di strade o centri commerciali, praticamente senza sorveglianza. Secondo l’ultimo rapporto della Polizia, ogni anno vengono rubate 15 tonnellate di marijuana per uso medico. E anche la possibilità di coltivare fino a dieci piantine sul proprio balcone non aiuta. E così la Commissione della Knesset è al lavoro per trovare una soluzione. Che naturalmente non faccia pagare ai pazienti il prezzo dell’inefficienza dei controlli.

Rossella Tercatin, Pagine Ebraiche, maggio 2012