Qui Milano – Religioni, insieme per la vita
“Il gran rabbino di Francia Haim Korsia ha affermato di aver ricevuto dopo le stragi di Parigi numerosi messaggi da preti, pastori e imam per manifestare che stiamo insieme e che non viviamo in una società segmentata. Ed è proprio quello che facciamo noi qui oggi”.
Queste le parole con cui il presidente dell’Associazione Medica Ebraica e Consigliere UCEI Giorgio Mortara ha voluto aprire un nuovo appuntamento del seminario “Insieme per prenderci cura”, promosso dall’Ame insieme alla Biblioteca Ambrosiana, alla Coreis, al Collegio Ipasvi, e alla Fondazione Irccs Ca’ Granda per esplorare vari contesti della medicina dal punto di vista delle tre religioni monoteistiche.
La giornata di ieri, svoltasi nell’aula magna dell’Ospedale Maggiore Policlinico di Milano, è stata incentrata in particolare sulle tematiche di inizio vita, prendendo in considerazione la salute della donna e la nascita di una nuova vita. Tra gli oratori – sia operatori in campo medico sia leader spirituali delle diverse confessioni – anche il rav Gianfranco Di Segni, che ha delineato le risposte dell’ebraismo alla domanda “Quando inizia la vita?”. Un problema che ha implicato una riflessione sulla tutela della vita della madre, che per l’ebraismo – ha spiegato il rav – “non può mai essere pregiudicata da quella della vita, ancora incerta, del feto stesso”, ma anche sulla ricerca di possibili soluzioni all’incapacità della coppia ad avere figli. “Considerata l’importanza che il precetto di procreare ha nell’ebraismo – ha sottolineato il rav – non c’è da stupirsi che una gran parte della discussione bioetica ebraica si sia concentrata su questo”. Temi dunque di stringente attualità, così come l’espressione della consapevolezza del ruolo dei medici e delle guide religiose nel delicato momento attuale. “Sulle nostre società democratiche grava una minaccia terribile, troppo a lungo sottovalutata. Esseri umani inermi e indifesi nella loro nuda vulnerabilità sono caduti sotto i colpi di una violenza senza limiti”, ha ricordato Mortara. “Noi come operatori sanitari siamo chiamati ad un compito ancora più arduo – ha concluso – perché in caso di eventi drammatici saremo in prima linea e pertanto sarà fondamentale essere preparati ad assistere le vittime ed i loro famigliari, ma anche gli eventuali assalitori, nello spirito della deontologia professionale”.
(19 novembre 2015)