Alzheimer: cosa sappiamo al momento e le strategie per tenerlo a bada
Secondo un rapporto pubblicato dall'Alzheimer's Association, il morbo di Alzheimer, che è la forma più comune di demenza, colpisce il 3% delle persone di età compresa tra 65 e 74 anni negli Stati Uniti.
Le attività in RSA ARZAGA MILANO
Come risultato dell'aumento del rischio con l'avanzare dell'età, il 17% delle persone di età compresa tra 75 e 84 anni e il 32% delle persone di età pari o superiore a 85 anni hanno una diagnosi di demenza.
Nel pensare comune si ritiene che demenza e Alzheimer siano la stessa cosa. Questo non è del tutto corretto. L'Alzheimer è un tipo di demenza, che rappresenta il 60-80% di tutti i casi di demenza. Altri tipi di demenza includono la demenza fronto -temporale (FTD), la demenza vascolare, la demenza mista e la demenza da corpi di Lewy.
Il National Institute of Aging definisce la demenza come "la perdita del funzionamento cognitivo – pensiero, memoria e ragionamento – e delle capacità comportamentali a tal punto da interferire con la vita e le attività quotidiane di una persona".
Sebbene le demenze condividano alcune caratteristiche, ogni tipo ha una patologia sottostante distinta.
La malattia di Alzheimer è associata a un accumulo di amiloide nel cervello che crea placche che interferiscono con le cellule cerebrali, uccidendole. Al contrario, la morte delle cellule cerebrali nella demenza vascolare si verifica a causa della mancanza di ossigeno, che può derivare, ad esempio, da un ictus.
La demenza fronto-temporale si verifica invece quando si formano strutture proteiche anormali nei lobi frontali e temporali del cervello, causando la morte delle cellule cerebrali in queste regioni.
Un mito comune è che la demenza sia puramente genetica. In altre parole, se il familiare di una persona ha una diagnosi di demenza, è garantito che svilupperà la demenza più avanti nella vita. Questo non è vero.
Sebbene esista una componente genetica in alcune forme di demenza, la maggior parte dei casi non ha un forte legame genetico.
Come abbiamo appreso in precedenza, piuttosto che i fattori genetici, il fattore di rischio più significativo per la demenza è l'età. Tuttavia, se un genitore o un nonno ha sviluppato l'Alzheimer quando aveva meno di 65 anni, la possibilità che si trasmetta geneticamente è più alta.
Altresì, l'Alzheimer ad esordio precoce è relativamente raro. Si verifica in circa il 5,5% di tutti i casi di Alzheimer.
Poiché la maggior parte dei casi di demenza è la malattia di Alzheimer, ciò significa che la maggior parte dei casi di demenza non è ereditaria.
La FTD, che è molto meno comune, ha un legame genetico più forte, ma se un genitore o un nonno sviluppa la condizione, ciò non significa che i figli o i nipoti abbiano la garanzia di svilupparla.
L'età è un fattore di rischio per la demenza, ma la demenza può colpire i giovani adulti anche se rari casi.
In passato tra le cause scatenanti annoverate vi era l’alluminio, tuttavia negli anni '60, gli scienziati iniettarono nei conigli alti livelli di alluminio scoprendo in loro lo sviluppo di lesioni neurologiche simili a quelle che si formano nel cervello delle persone con Alzheimer.
Inoltre, alcuni studi hanno identificato l'alluminio all'interno delle placche associate all'Alzheimer. Tuttavia, l'alluminio compare anche nel cervello sano e i ricercatori non hanno stabilito un nesso causale tra questo elemento e la malattia.
A seguito di questi studi, circolano ancora miti secondo cui bere da lattine di alluminio o cucinare con pentole di alluminio aumenta il rischio di Alzheimer.
Anche se i ricercatori, alla fine, stabiliranno la relazione precisa tra alluminio e Alzheimer, è improbabile che il consumo di alluminio
attraverso la dieta svolga un ruolo importante.
Come spiega l'Alzheimer's Society: "L'alluminio in cibi e bevande è un metallo che non viene facilmente assorbito dal corpo, pertanto, la quantità assorbita è inferiore all'1% della quantità presente in cibi e bevande. La maggior parte ell'alluminio introdotto nel corpo viene ripulito dai reni"
La demenza porta all’interruzione della vita attiva? Alcune persone temono che se un medico diagnostica loro la demenza, non potranno
più fare una passeggiata da sole e dovranno smettere immediatamente di guidare il loro veicolo ma se è vero che aggravamenti possono
arrivare nel tempo man mano che la condizione progredisce, nei casi lievi di demenza, non ci sarà nessun cambiamento di vita.
Esiste una relazione tra osteoporosi e demenza? In uno studio recente alcuni ricercatori hanno studiato il legame tra densità minerale ossea e demenza nei pazienti più anziani e hanno scoperto che una bassa densità minerale ossea è collegata a un rischio più elevato di demenza più avanti nella vita.
55 milioni di persone in tutto il mondo hanno la demenza e entro il 2050, questa cifra dovrebbe aumentare a 139 milioni di persone.
Sapere di più sui rapporti tra perdita ossea e successiva insorgenza della demenza potrebbe aiutare lo sviluppo di strategie preventive che ottimizzino la salute e la cura dei pazienti affetti da demenza. In uno studio apparso su Neurology, la rivista medica dell'American Academy of Neurology, alcuni ricercatori hanno esaminato i dati sanitari di 3.651 partecipanti senza demenza sottoposti a radiografie per valutare la salute delle loro ossa tra il 2002 e il 2005.
I ricercatori hanno anche incluso dati nella loro analisi, tra cui livello di istruzione, abitudine al fumo, livelli di colesterolo, rischio di comorbidità e dati sul rischio genetico.
I pazienti avevano in media circa 72 anni e il 57,9% erano donne. Sono stati seguiti per circa 11 anni.
Durante il follow-up, il 18,8% dei partecipanti ha sviluppato demenza, di cui il 76,7% ha sviluppato il morbo di Alzheimer.
Alla fine, i ricercatori hanno scoperto che una bassa densità ossea minerale totale del corpo e una minore densità minerale ossea nel collo del femore – l'osso che collega la coscia al bacino – erano collegate a un aumento del rischio di demenza. Hanno anche scoperto che un basso punteggio dell'osso trabecolare, una misura della microarchitettura ossea nella parte inferiore della colonna vertebrale, era collegato a un aumento del rischio di demenza. Inoltre, contrariamente agli studi precedenti, hanno scoperto che la bassa densità minerale ossea aumentava il rischio di demenza nei maschi ma non nelle femmine.
Oggi che le aspettative di vita sono aumentate a fronte di una denatalità sempre più marcata specie in Italia l’aumento dell’osteoporosi e delle demenze sono due patologie che tendono ad andare a braccetto. La domanda che ci si deve porre è quale strategia si deve adottare per frenare questo fenomeno e la risposta è multipla dovendo interessare l’alimentazione, l’attività fisica e l’utilizzo di farmaci. Per quanto concerne l’alimentazione è importante seguire una dieta proteica e alcalinizzante (vedere indice di Pral sugli alimenti acidi e basici), eliminare gli zuccheri, il glutine, latte e derivati.
Per l’attività fisica è utile sia camminare quotidianamente che praticare attività fisica volta al rinforzo muscolare per un miglior
mantenimento della densità ossea. Per l’integrazione utile l’utilizzo quotidiano di vitamina D3, K2.
Proprio per l’importanza che diamo al mantenimento di sollecitazioni continue sia sul corpo che sulla mente, i nostri ospiti in RSA sono coinvolti sia in attività fisiche (ginnastica muscolare, fisioterapia) che intellettuali (dipingere, floricultura, musica).
Dott. Luciano Bassani – Assessore
RSA Dott. Flavio Galli – Direttore Sanitario
RSA Gabriele Vitali – Fisioterapista