Stanley Fischer – L’agenda nuova di un grande Governatore

Lascia l’uomo che ha guidato la nave israeliana nella burrasca della crisi internazionale. Stanley Fischer, governatore della Banca centrale di Israele, in giugno lascia il suo incarico dopo aver “salvato l’economia israeliana” come recitava il Washington Post in un suo articolo. Il prestigioso giornale lo vedrebbe bene come erede del collega americano della Federal Reserve, Ben Bernanke. E a giudicare dalla situazione israeliana, la scelta sembrerebbe comprensibile: un tasso di crescita annua del 3 per cento, bassa inflazione (1,6 per cento) e il tasso di disoccupazione più basso degli ultimi trent’anni (6,5 per cento). Un’economia solida ma non priva di problematiche: in primis la diseguaglianza sociale è in crescita e a testimoniarlo ci sono i dati dell’ultima ricerca dell’Ocse in merito. Problema che però dovranno affrontare il successore di Fischer (che lascia il suo incarico con due anni di anticipo rispetto al termine naturale del suo mandato) e il nuovo ministro dell’Economia israeliana Yair Lapid, cui prime decisioni sono state apprezzate dal governatore uscente. A maggio Fischer aveva definito “coraggiosa” la proposta di bilancio del ministro – verso cui sta crescendo però il malcontento dell’opinione pubblica – sostenendo che, nonostante la complessa riorganizzazione delle entrate e delle spese, si tratta di un percorso fiscale responsabile. Un percorso che vuole portare a ridurre il deficit per il 2014 al 3 per cento, proprio su indicazione di Fischer, poco turbato dalle proteste per i tagli alla spesa pubblica e l’aumento delle tasse. “Queste decisioni richiedono passi dolorosi – commentava l’ex professore del prestigioso Massachusetts Institute of Tecnology – Alla fine della giornata, ripristinare la stabilità di bilancio rafforzerà la capacità di ripresa dell’economia da eventuali crisi, aiuterà l’economia a realizzare il suo potenziale di crescita, e sosterrà il benessere pubblico nel suo complesso”. Nato a Mazabuka, città dell’allora Rhodesia del Nord e oggi Zambia, Fischer arrivò in Israele nel 2005, chiamato alla guida della Banca centrale dal primo ministro Ariel Sharon e dal ministro del Tesoro Benjamin Netanyahu. Numero due del Fondo monetario internazionale nonché capo economista della Banca Mondiale, il governatore ha dimostrato le sue capacità durante la crisi del 2009: mentre i mercati di mezzo mondo andavano nel panico, Israele riusciva a resistere all’impatto devastante della crisi. Mentre l’economia americana, come riporta il Washington Post, riduceva il tasso di crescita annuo del 4,6 per cento, quella israeliana si riduceva solo dello 0,2 per cento. Mentre le potenze europee boccheggiavano, Fischer dichiarava sconfitta la recessione. Eppure inizialmente sulla sua strada non c’era l’economia ma la chimica. Da ragazzo, infatti, aveva inizialmente pensato di votarsi alla scienza che fu di Primo Levi ma nel suo ultimo anno in Africa capì che il suo futuro era un altro. L’epifania arrivò con l’introduzione da parte di un conoscente alle lezioni e libri di Paul Samuelson, professore al Mit e premio Nobel. Altro test fondamentale La teoria generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta di un certo John Maynard Keynes. “Ero immensamente impressionato – ha affermato Fischer in un’intervista – non perché avessi capito qualcosa ma per la qualità dell’inglese”. Gli studi di economia lo porteranno a diventare uno dei volti più importanti e influenti del panorama internazionale, costruendo un approccio noto come “New Keynesian economics”. Al Mit ci andò prima come studente e poi come professore e tra i suoi alunni ci sono alcune degli uomini chiave dell’economia contemporanea: il citato Bernanke, numero uno della Federal Reserve, Olivier Blanchard, capo economista al Fondo monetario internazionale e Mario Draghi, governatore della Banca centrale europea. A questo punto rimane la domanda sul futuro “dell’uomo che ha salvato Israele” che potrà essere sciolta in questi mesi.

Pagine Ebraiche, giugno 2013

(24 giugno 2013)