…Abbas

In un suo intervento sul bollettino del Centro Italiano per la Pace in Medio Oriente (Cipmo) – il suo direttore Janiki Cingoli scrive del declino del leader palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen): “Si deve rispetto al presidente palestinese Abbas per il suo ruolo negli Accordi di Oslo, per il suo rifiuto di ogni forma di violenza e di ricorso alle armi, per la sua coerente scelta di negoziare con Israele, sulla base della strategia ‘due Stati per due popoli’, per essere arrivato alla creazione di uno Stato palestinese. Tuttavia, i recenti sondaggi dimostrano un crollo della sua popolarità, ridotta al 38% e con il 65% che ne richiede le dimissioni …. La vecchia leadership dell’OLP è ormai logora, ma non si intravede chi possa incarnare il possibile ricambio e quali potrebbero essere le sue future scelte.” Cingoli non manca di notare “la scelta del premier israeliano Netanyahu di gestire il conflitto invece che provare a risolverlo”. Ma la realtà è più amara. Giorni fa in un discorso all’Unione Europea a Bruxelles il presidente israeliano Ruvi Rivlin aveva invitato pubblicamente Abu Mazen a un incontro. Rivlin, anche se constituzionalmente fuori dal gioco della politica attiva, si pone attualmente come una specie di alternativa a Netanyahu e quindi la sua offerta poteva in teoria creare un canale parallelo di trattativa che avrebbe non poco imbarazzato il primo ministro israeliano. Ma Abu Mazen ha rifiutato. Non solo, ma nella sua risposta ha sostenuto che gli israeliani avvelenano i pozzi dei palestinesi, salvo ritrattare il giorno dopo sostenendo che le informazioni che aveva a sua disposizione erano incomplete. Subito dopo questo patetico siparietto è arrivato l’accordo fra Israele e la Turchia che promette di sollevare in parte la cappa di isolamento della popolazione della Striscia di Gaza e procura una boccata di ossigeno alla leadership di Hamas che controlla Gaza con durezza e in aperto conflitto con il governo di Ramallah. È stato proprio Netanyahu a decidere in senso favorevole a questo accordo, nonostante l’opposizione e il voto contrario all’interno del suo gabinetto da parte dei ministri che cercano di scavalcarlo da destra. A Gaza sanno dunque bene che se ci sarà più elettricità e più acqua, questo si deve agli israeliani e ai turchi e non certo all’OLP e al suo ultraottantenne capo. Abu Mazen è stato eletto presidente nel 2005 e il suo mandato è scaduto nel 2010. Oggi non rappresenta più nessuno, legalmente o politicamente, e renderebbe un gran servigio a tutti se finalmente se ne andasse in pensione.

Sergio Della Pergola, Università Ebraica di Gerusalemme

(30 giugno 2016)