DafDaf agosto – musica
Coro, rivoluzione a Venezia

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Continua a Venezia la ricchissima programmazione di incontri, convegni e mostre, occasione di studio e approfondimento per ricordare il cinquecentenario dall’istituzione del ghetto e sullo stesso tema il giornale ebraico dei bambini propone – nel numero di agosto attualmente in distribuzione – una riflessione in chiave musicale. Maria Teresa Milano, ebraista e musicologa, nella sua rubrica mensile “musica, Maestra!” presenta ai giovani lettori la figura di Leone Modena, “vero portento della musica”. Riproponiamo qui le pagine, dal numero 71 di DafDaf, il giornale ebraico dei bambini.

“Egregi rabbini, siamo qui riuniti per discutere una questione della massima importanza. Sono giunte lamentele in merito all’istituzione di un coro nella sinagoga di Ferrara a opera dell’illustre rabbino Yehuda Arieh Leon Modena e spetta a codesta assemblea rabbinica di Venezia decidere se tale coro continuerà a vivere o se dovrà essere sciolto”.
Quello sì che fu un giorno difficile, segnato da discussioni animate e io, Leone Modena, nato nel ghetto di Venezia il 23 aprile 1571, un bambino prodigio che aveva trascorso anni e anni chino sui libri in compagnia dei più grandi maestri, un uomo di fede che aveva dedicato una parte importante della propria vita a scrivere saggi, trattati e testi profani, io Leone Modena, un vero portento della musica, con una bella voce da tenore e capacità nella danza… proprio io, me ne stavo lì con timore reverenziale ad attendere il verdetto dell’Assemblea Rabbinica.
Ma quanto clamore per un coro! E sì che per molti secoli la musica ebraica era stata monodica, ovvero a una sola voce, ma io ero convinto che i tempi fossero ormai maturi per nuove espressioni e così nel 1605 avevo fondato un coro che cantava a sei e a otto voci. A parer mio se un individuo possiede una bella voce ha il diritto di esercitarla nel miglior modo possibile per la gloria di Dio. E poi ero affascinato dalla musica rinascimentale, dalla magia della polifonia e non ero certo l’unico. A Praga proprio in quegli anni la bella sinagoga Maisel si era dotata di un organo e di una piccola orchestra che ogni venerdì sera accoglieva l’arrivo dello shabbat e ogni comunità nella bella città ceca aveva il proprio coro, con cui spesso si esibivano anche cantanti professionisti.
Io vivevo nel ghetto di Venezia, un recinto chiuso in cui l’arte e la musica riuscivano a dare vita a infiniti spazi di creatività; c’erano un teatro di cui io stesso incoraggiai l’apertura e, cosa per me più importante, nel 1628, nacque l’Accademia di musica, in cui si cantava due volte alla settimana, la sera. Io ero quel che all’epoca veniva definito Maestro di Cappella. Purtroppo la peste due anni dopo si portò via molti membri dell’Accademia e come potete immaginare il mio bel progetto subì un duro colpo. I primi anni del 1600 furono davvero anni d’oro per gli ebrei musicisti: Abramo dell’Arpa e il nipote Abramino erano strumentisti talentuosi, mentre Issachino Massarano suonava il liuto, cantava da soprano e insegnava musica e danza. E poi c’era lui, il grande Salomone Rossi, musicista di corte che aveva già composto canzonette e madrigali e nel 1623 pubblicò a Venezia la sua raccolta di trentatre brani per solisti e coro, comprendenti salmi, inni e preghiere per le feste con il titolo di Hashirim Asher Lishlomo, i canti di Salomone.
Insomma, la rivoluzione della musica sinagogale italiana era cominciata e avrebbe poco alla volta toccato molte altre comunità ebraiche in tutta Europa, che amavano molto questo modo di cantare “all’italiana”. In ogni città si diffuse la febbre corale e devo dire con orgoglio, che fummo proprio noi, Salomone e io, ebrei del ghetto, ad accendere questa scintilla.

Maria Teresa Milano, DafDaf 71, agosto

(23 agosto 2016)