La presidenza italiana dell’IHRA 2018
“Responsabilità e motivazione morale”

Aprendo a Iasi, in Romania – teatro di un feroce massacro di ebrei nel 1941 – l’assemblea plenaria che ha affidato all’Italia la Presidenza della Alleanza internazionale per la memoria della Shoah (IHRA) nel 2018, Yehuda Bauer, fondatore e presidente onorario dell’IHRA ha lanciato un lucido appello a tutti coloro che si occupano oggi di memoria. Monito che qui riportiamo, sentendolo diretto anche all’Italia, pronta a presiedere, tra poco più di un anno, questa autorevole rete intergovernativa (31 paesi membri, 11 paesi osservatori e 7 osservatori permanenti) impegnata con ogni mezzo a trasmettere la dura lezione della Shoah.
“Il mondo è cambiato – ha detto Bauer, studioso israeliano emerito che ha dedicato la vita a questi temi – è diventato globale, ed è per questo che siamo chiamati ancora di più ad intervenire in modo corretto per leggere ed interpretare il passato, di cui, volendolo o no, siamo il prodotto”. “Vero, la Shoah è nata con l’ascesa al potere in Germania del nazionalsocialismo, ma sapere questo non è tutto per capire quanto è successo. La domanda alla quale dobbiamo cercare di rispondere è perché le loro teorie hanno trovato risposta ovunque, in tutti i paesi, tranne l’Albania”.
“La risposta sta in due caratteristiche di tale fenomeno, che distanziano l’olocausto da tutti gli altri genocidi: la sua organizzazione, che non ha eguali, e la sua ideologia. Infatti alla base di ogni altro genocidio troviamo ragioni legate al tentativo di conquistare il potere, o un territorio, o un vantaggio economico o benefici di altro genere. Questi obiettivi non potevano sussistere con gli ebrei, che non avevano territorio, ne’ esercito, neppure una qualsivoglia struttura politica. Essi non avevano e non aspiravano ad alcun potere. Sono stati perseguitati solo per il fatto di essere ebrei, e se qualcuno è sopravvissuto è perché non sono riusciti ad ucciderlo o non hanno fatto in tempo a farlo. L’Olocausto è stato perpetrato puramente per ragioni ideologiche. Bisogna prenderne atto e analizzare questo aspetto del passato, affinché non si ripresenti mai più. Il problema, soprattutto oggi, va affrontato in modo orizzontale. Dobbiamo studiare perché, ad esempio, gli ebrei sono stati perseguitati perfino in Danimarca, dove i regnanti permisero un forte movimento di resistenza, o in Norvegia, dove esisteva una resistenza ebraica piuttosto organizzata. Dobbiamo chiederci perché in Serbia il governo ha collaborato subito con i tedeschi in senso anti ebraico e, ovviamente, perché in un Paese come la Polonia, dove vivevano 3 milioni e 300.000 ebrei , 3 milioni di loro sono stati sterminati. Colpa solo dell’occupazione tedesca? Dobbiamo prendere atto che anche la popolazione di molti di questi paesi aveva accolto l’ ideologia antisemita. Siamo di fronte a una situazione mista di responsabilità. Non dobbiamo accusare le popolazioni di oggi per le colpe commesse allora, ma non possiamo non ricordare la loro storiche responsabilità. E’ la nostra motivazione morale a chiedercelo. Nessuno è colpevole, ma in tanti, tantissimi, sono stati responsabili; tra questi troviamo perfino alcuni ebrei. Parliamo dunque non di colpe ma di responsabilità. La responsabilità è un fenomeno pragmatico, ma dietro il suo aspetto pragmatico si erge l’impegno morale. E questo riguarda anche noi: se siamo solo motivati moralmente ma non agiamo in modo pratico, non è sufficiente. Tuttavia se manteniamo solo un approccio pratico alla storia, senza la motivazione morale, siamo dei pazzi”.

Simonetta Della Seta
Direttore Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah e delegato italiano all’IHRA