Ebraismo e società, due mondi nello sguardo di Gramsci
A lungo gli studiosi di Gramsci hanno parlato di Due mondi del regista Ewald André Dupont. Il film era al centro di un appassionante carteggio tra lo stesso Gramsci, la cognata Tania Schucht, e Piero Sraffa. Attraverso questa pellicola, poi sparita per decenni dagli schermi, i tre portarono su carta la propria visione del rapporto tra il mondo ebraico e la società circostante, dell’antisemitismo e dell’integrazione. Riflessioni acute, anche dure come quelle gramsciane, nate da un film che ieri a Genova è tornato ad essere proiettato al pubblico, grazie al critico cinematografico Flavio Tuliozi che lo ha riscoperto. A Palazzo Ducale infatti, grazie all’impegno del Centro culturale Primo Levi in collaborazione con la Fondazione Gramsci, i Due mondi è stato raccontato dallo stesso Tuliozi, assieme agli storici Alberto Cavaglion, Luca Borzani e Ermanno Taviani, e proiettato – nella versione italiana adattata da Giacomo Debenedetti – davanti al folto pubblico raccoltosi nella sala del Munizioniere. “Nel film, che racconta di un amore impossibile tra un tenente austriaco e una ragazza ebrea polacca – ricordava in apertura dell’evento lo storico Alberto Cavaglion – Tania rivede se stessa, la sua giovinezza e, scossa, scrive le sue impressioni a Gramsci e Sraffa, parlando dell’impossibilità del dialogo fra la realtà ebraica e il resto della società”. Diversa la prospettiva presentata da Gramsci, detenuto in carcere dai fascisti, che interviene duramente contro le parole di Schucht, pur non avendo evidentemente potuto vedere il film: per il grande intellettuale il dialogo tra i due mondi non solo è possibile ma necessario. “In uno degli scambi – ricorda Cavaglion – Gramsci, nato in Sardegna e vissuto a Torino, scriverà che ‘i sardi non sono come i cosacchi non distinguono gli ebrei dagli altri esseri umani’”.
Le analisi gramsciane dal carcere, ha sottolineato poi Borzani, presidente della Fondazione Palazzo Ducale, “sono spesso più lucide di altri suoi contemporanei che invece si trovano in libertà”. Sul fronte dell’antisemitismo, l’intellettuale e politico cerca di capire i processi che ne sono a fondamento: “studia la costruzione degli stereotipi, le azioni di discriminazione. Un metodo che offre una riflessione anche sul tempo presente e ci interroga su come oggi forse stiamo accettando dei luoghi comuni che si trasformano in un razzismo inavvertito”, le parole di Borzani. A inquadrare il periodo storico in cui avviene il carteggio tra Schucht, Gramsci e Sraffa – che vive a Londra e dipinge un quadro preoccupato dell’Europa – è invece stato Ermanno Taviani, che ha ricordato come il 1931 – data in cui esce nelle sale italiane il film di Dupont – sia un periodo complicato per l’intellettuale comunista. “Gramsci, in quel periodo esce da una difficile malattia e soprattutto inizia a criticare il comunismo sovietico, attirandosi le critiche dei compagni all’interno del carcere. Viene progressivamente isolato. Lui è profondamente amareggiato nel vedere il suo partito adeguarsi alla linea di Stalin. Ed è anche in questo quadro – spiegava Taviani – che dobbiamo guardare alle sue analisi della realtà che lo circonda”.
A parlare infine, quello che Cavaglion ha ricordato essere il fautore della riscoperta del film di Dupont (origine e fulcro del dibattito a tre Gramsci- Schucht-Sraffa) ovvero Tuliozi che ha raccontato al pubblico storia e vicissitudini del regista ebreo tedesco: da critico cinematografico apprezzato a regista dal successo planetario (si pensi a Varieté del 1925) fino alla difficile e sfortuna avventura hollywoodiana. In ogni caso, filo conduttore del suo lavoro, come scriverà il critico Siegbert Prawer (citato da Tuliozi in uno scritto pubblicato su Pagine Ebraiche di Maggio), un perenne interesse “alle interazioni tra differenti mondi che obbediscono rigidamente a ruoli da principio incompatibili”. Come nel caso appunto di Due mondi, una pellicola tornata alla luce e su cui c’è ancora spazio per riflettere.
Daniel Reichel
(5 maggio 2017)