L’orologio dell’eroe Eli Cohen

“C’era grande eccitazione, perché è essenzialmente l’unica cosa di papà che è tornata. Non abbiamo nient’altro oltre a questo orologio”. A parlare è la figlia della famosa spia israeliana Eli Cohen, Sofi Ben-Dor, dopo il ritrovamento dell’orologio appartenuto al padre, ucciso in Siria nel 1965. Le ricerche sono andate avanti per 18 mesi e sono costate al Mossad, il servizio segreto israeliano di cui Cohen è stato un indimenticabile agente, parecchie risorse. Ma per Israele l’orologio ha un grande valore simbolico. In Israele Cohen viene considerato un eroe nazionale, oltre che, come scrive il New York Times, protagonista di “uno dei più grossi successi e insuccessi di sempre del Mossad”: un successo per le operazioni di spionaggio israeliane degli anni Sessanta, quando lo Stato di Israele esisteva da pochi anni e i vicini stati arabi contavano ancora di poterlo battere in un conflitto armato, e quindi di interrompere il flusso di ebrei in una terra che per secoli era appartenuta alla popolazione araba locale. Un insuccesso perché i tentativi fatti dal Mossad per recuperare il suo corpo stanno fallendo da 53 anni. Cohen, egiziano di origine ebraica, si trasferì in Israele nel 1957. Tre anni dopo iniziò la sua carriera nei servizi segreti e gli fu assegnata l’identità fittizia di un ricco uomo d’affari siriano di ritorno dall’Argentina. Aveva l’obiettivo di infiltrarsi negli ambienti dei funzionari siriani e ottenere informazioni militari e di politica interna. Ci riuscì, e continuò a riuscirci per anni: si pensa che la rapida vittoria di Israele contro la coalizione di Stati arabi nella guerra dei Sei giorni del 1967 si debba in parte alle informazioni raccolte da Cohen sulla Siria.
La sua fortuna finì nel 1964, il giorno in cui una sua trasmissione di dati in codice morse disturbò il segnale della radio del capo dell’esercito siriano. Cohen fu arrestato, interrogato, torturato, processato e condannato a morte. Nonostante Israele si fosse offerto di pagare un grosso riscatto, il 19 maggio 1965 fu impiccato a Damasco. Da allora non si sa più nulla del suo corpo, tranne che è stato seppellito e disseppellito diverse volte, in posti diversi: mentre la Siria rifiutava tutte le richieste per il suo rimpatrio, Israele organizzava missioni segrete di recupero. Gli ultimi 18 mesi di una di queste missioni, attivata 14 anni fa, sono stati impiegati per cercare di recuperare il suo orologio, che nel frattempo era finito nelle mani di un’altra persona. Non ci sono molti dettagli su come sia stato condotto il recupero, e si sa solo che i servizi segreti si sono imbattuti nel nuovo proprietario dell’orologio nel corso di un’operazione più vasta.
Il capo del Mossad, Yossi Cohen, ha detto che l’orologio faceva parte dell’immagine del personaggio fittizio interpretato da Eli Cohen quando era sotto copertura, e che lui lo indossò “fino al giorno in cui fu catturato”. Un così grande dispiego di forze per ottenere un orologio, per Yossi Cohen, è motivato dalla volontà di “far tornare in Israele un ricordo appartenuto a un grande combattente che ha dato un grande contributo alla sicurezza dello Stato”. Nadia Cohen, vedova della spia israeliana, ha detto alla radio dell’esercito ai primi di luglio che “pochi mesi fa, il Mossad ha condiviso con noi la notizia che i suoi agenti avevano rintracciato l’orologio, che era in vendita. Non sappiamo dove, in quale luogo, in quale paese. E naturalmente il Mossad lo ha comprato ed ha fatto tutti i test per assicurarsi che fosse l’orologio giusto”.
“Ho deciso che l’orologio sarebbe rimasto al Mossad. Mi sentivo come se fosse parte del suo corpo, che un po’ della sua pelle e un po’ del suo sangue fossero in quell’orologio”, ha aggiunto. Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha elogiato il Mossad per “l’operazione determinata e coraggiosa, il cui unico obiettivo era quello di far tornare in Israele un ricordo di un grande combattente che contribuì in modo significativo alla sicurezza dello Stato”.

Pagine Ebraiche agosto 2018

(16 agosto 2018)