13 aprile 1986, un incontro nella Storia
Il 13 aprile del 1986, sulla soglia del Tempio maggiore di Roma, si scriveva la Storia. Per la prima volta dai tempi di Pietro un papa entrava in sinagoga.
All’anniversario dello storico incontro tra Wojtyla e il rav Toaff l’attuale rabbino capo di Roma, rav Riccardo Di Segni, ha dedicato un intervento apparso quest’oggi sul quotidiano La Repubblica.
In questo contesto il rav si è soffermato anche sul clima in cui maturò la visita: “C’era stato il terrorismo, il papa stesso era scampato a un attentato, i rapporti tra la Chiesa cattolica e il mondo ebraico erano complessi. Dal punto di vista dottrinale le aperture segnate dalla dichiarazione conciliare Nostra Aetate del 1965 che ‘assolveva’ gli ebrei dalla colpa di deicidio avevano avuto un seguito, con commissioni di esperti al lavoro, cambi nella predicazione e nella formazione dei sacerdoti”. Dal punto di vista politico continuava invece “la freddezza nei confronti dello Stato di Israele, che sarebbe stato riconosciuto dalla Santa Sede solo nel 1993”.
La proposta di un incontro arrivò da parte cattolica. Per rav Toaff, secondo il suo successore, una sorpresa e al tempo stesso una sfida. “Ignorando completamente i suoi colleghi italiani e il rabbinato israeliano, che probabilmente gli avrebbero creato problemi, Toaff cercò e trovò una sponda autorevole nel rabbinato europeo, di cui era esponente. A questo punto – ha scritto rav Di Segni – i problemi divennero quelli organizzativi, diplomatici e mediatici”. Furono i media, il suo pensiero, “i veri interlocutori dell’operazione e i trasmettitori del messaggio: che era quello semplificato dell’abbraccio e della riconciliazione”. Rispetto all’immagine clamorosa dei due rappresentanti religiosi vestiti di bianco e sorridenti che si abbracciavano, ha poi aggiunto il rabbino capo, “le sottigliezze dottrinali, i documenti delle commissioni, le polemiche quasi quotidiane svanivano”.
In quella giornata contarono però anche le parole; è di quell’evento infatti la famosa frase del papa che indicava gli ebrei come “fratelli maggiori”. Un’espressione che, fa notare rav Di Segni, “a prima vista incute amore e rispetto”; ma anche una “sottigliezza teologica ambigua, perché nella Bibbia i fratelli maggiori, a cominciare da Caino, sono quelli cattivi e quelli che perdono la primogenitura”.
In ogni caso, conclude il rav, “il tempo è passato con tante novità, ma certamente da quel 13 aprile i rapporti tra i due mondi sono radicalmente cambiati”.
(13 aprile 2021)