MILANO – Guido Lopez, il suo sorriso sul secolo
La mostra a cent’anni dalla nascita

C’è la storia del suo libro più famoso, Milano in mano. Una guida necessaria per chiunque desideri scoprire davvero la città sui Navigli. Ci sono le lettere scambiate con alcuni dei più grandi intellettuali del Novecento italiano, da Eugenio Montale a Leonardo Sciascia, da Italo Calvino a Gianni Brera. C’è il racconto di come scampò alle persecuzioni antisemite grazie ad Arnaldo Mondadori, per la cui casa editrice lavorò con successo per anni. Ci sono ancora l’amicizia con Primo Levi, l’impegno ebraico, la passione per Leonardo Da Vinci e gli Sforza: in mostra al Memoriale della Shoah di Milano ci sono le infinite vite di Guido Lopez, giornalista e scrittore, cui ricorre quest’anno il centenario dalla nascita. Per celebrarlo il figlio, Fabio Lopez Nunes, e lo storico Alberto Cavaglion hanno costruito un’originale percorso espositivo, fatto di pannelli, di documenti, disegni, lettere, fotografie.
«Guido Lopez in mano», il titolo un po’ ironico della mostra. «È un racconto delle attività plurime di mio padre, in tutti i campi, partendo dalle origini e dal legame con mio nonno, il drammaturgo Sabatino Lopez», racconta a Pagine Ebraiche Fabio Lopez Nunes.
Alla mostra si affiancano altre due iniziative: il 12 aprile in piazzale Lavater sarà apposta una targa in memoria di Guido Lopez e di Gillo Dorfles. «Lì vicino hanno abitato entrambi e tra loro c’era una conoscenza di lunga data». Il 15 aprile poi sarà lanciato in anteprima un racconto inedito di Lopez, edito da Mursia e intitolato Fàlfal – del volume fanno parte anche i carteggi con Edith Bruck e Primo Levi (la presentazione sarà alle 18.30 presso la Biblioteca del Cdec). «È un testo ironico, una delle cifre di mio padre. Uno scritto fantasioso, ma allo stesso tempo molto attuale. Parla di un paese immaginario del centro Europa che si trova senza ebrei e fa di tutto per farli venire. Loro arrivano e così nel paese nasce l’antisemitismo. Questo raccontino un po’ grottesco, un po’ surreale mette in evidenza come l’odio per gli ebrei si basi sul nulla, sulla necessità eterna di avere un capro espiatorio», spiega Lopez Nunes.
Anche sul dramma, lo sguardo paterno era spesso guidato dall’umorismo. «In questi mesi spaventosi ritornare a lui e ai suoi scritti restituisce allegria», sottolinea a Pagine Ebraiche Cavaglion, co-curatore della mostra. «Lo si vede anche dalle immagini esposte: era un uomo sempre sorridente, che amava i giochi di spirito e si dilettava nel fare divertenti caricature delle persone che incontrava». L’ironia è stata anche uno strumento per Lopez per aprire un dialogo con il mondo intellettuale contemporaneo. «C’è in una teca una sua spassosissima lettera a Gianni Brera, che in un suo testo scrisse delle solenni castronerie sugli ebrei. Lopez lo fece notare a Brera, ma senza salire in cattedra. E il giornalista apprezzò e ringraziò». Per Cavaglion quello scambio epistolare rappresenta un esempio. «È uno dei modi in cui Lopez riusciva a convincere, con metodi non brutali, mai autoritari o saccenti, gli intellettuali disposti a occuparsi degli ebrei a farlo uscendo dagli stereotipi. È una funzione importante». Nel corso della sua vita, l’autore di Milano in mano è «stato capace di dialogare con le parti migliori della cultura italiana del suo tempo». E di farlo attraverso una prospettiva ebraica. «Senza censurare, ma creando ponti. Oggi si è persa questa abilità e invece si ergono muri», commenta Cavaglion.
Patrocinata, tra gli altri dal Cdec, Ucei e Memoriale della Shoah, la mostra rimarrà aperta fino al 1 maggio.

Daniel Reichel