se
non visualizzi correttamente questo messaggio, fai click qui
|
22
ottobre
2010 - 14
Cheshvan 5771
|
![linea](http://www.moked.it/unione_informa/prova/headerSfBianca.jpg) |
|
![](http://www.moked.it/unione_informa/prova/img_portaleEbraismo_righe.jpg) |
|
|
|
|
![linea](http://www.moked.it/unione_informa/prova/img_sottotitolo_righe.gif) |
![Roberto Colombo](http://www.moked.it/unione_informa/101008/ravcolombo.jpg) |
Roberto
Colombo,
rabbino
|
Rav Carucci e Rav Della Rocca hanno lodato
Avrahàm per “aver messo in gioco se stesso e la sua scuola”, con lo
scopo di liberare Lot che si era allontanato dalla Torah. Qualcuno
potrebbe leggere l’insegnamento come: “Abbassiamo il livello di Torah,
ad esempio a scuola, per permettere anche ai lontani di avvicinarsi”.
La teoria, a volte, si scontra con la pratica. Gli alunni di Avrahàm
sono scomparsi dalla Torah e poi è scomparso pure Lot.
|
|
![](http://www.moked.it/unione_informa/prova/divisioneArtPrincipali.gif) |
Sonia
Brunetti
Luzzati,
pedagogista
|
|
“I
tedeschi sentivano il bisogno di educarci, magari uccidendoci, ma di
educarci”. (Giuliana Fiorentino Tedeschi reduce da Auschwitz alla cui
memoria è stata dedicata recentemente una giornata di studio a
Yad Va Shem).
|
|
![](http://www.moked.it/unione_informa/prova/img_sottotitolo_righe.gif) |
|
![](http://www.moked.it/unione_informa/prova/img_sottotitolo_righe.gif) |
I falsi
dell'odio - Il libro avvelenato, fra avventura e realtà
|
![](http://www.moked.it/unione_informa/prova/img_sottotitolo_righe.gif) |
Ci sono buoni motivi per
credere che l’ultimo mercoledì di questo mese d’ottobre sia da
considerarsi una giornata particolare. Anche se mancano conferme
ufficiali, in quella data è previsto appaia nelle librerie una novità
di tutto rispetto, forse il fatto principale di tutta la stagione
culturale. L’editore è fra i più apprezzati: Bompiani. Il titolo un
tocco di mistero e fascinazione: Il cimitero di Praga. La firma quella
del più noto intellettuale italiano vivente: Umberto Eco. E fra gli
slogan presi in considerazione prima del lancio spunta un inevitabile
richiamo al principale caso letterario della nostra storia recente. A
trent’anni da Il nome della Rosa (di cui si calcola siano in
circolazione circa nove milioni di copie in tutto il mondo), questo
nuovo libro, che sia destinato a ripeterne il successo numerico o meno,
segna una scadenza importante. Ovviamente sul contenuto dell’ultima
opera dello scrittore e semiologo vige la massima riservatezza. Alla
vigilia dell’uscita di un grande romanzo, il fattore sorpresa è
d’obbligo e ogni tentativo di violarlo sarebbe sciocco, e anche molto
arrischiato. Eppure in questo caso l’autore ha disseminato, forse con
qualche malizia, il cammino di segnali che a ben vedere in qualche
direzione portano. E c’è pensare che si tratterà di un libro dedicato a
temi cui la minoranza ebraica è comprensibilmente molto sensibile. Se
l’attesa è alta, l’attenzione in campo ebraico, da noi o altrove,
potrebbe esserlo ancora di più. Cerchiamo di mettere assieme i pochi
indizi lasciati alla luce del sole. A cominciare dal titolo. Nella
città boema esistono diversi cimiteri. Ma quando si dice “il cimitero
di Praga” ci sono pochi dubbi: si fa riferimento al cimitero ebraico
più famoso del mondo. Un luogo del vecchio ghetto celebrato da leggende
che narrano di alchimisti capaci di tramutare ogni metallo in oro,
rabbini dai poteri magici, automi potenti e colossali, misteri,
fantasmi e storie di ebrei sempre in bilico fra speranza e
persecuzioni, successo e disastro. Nessuno può escludere che Eco, sulle
orme dei romanzi di Meyrink e del cinema di Wegener, abbia voluto
dedicare la sua fatica più recente al mito del Golem e alla Praga del
ghetto più misterioso e affascinante. Ma esiste quantomeno un’altra
possibile pista. Il cimitero di Praga non è solo un campo sovraffollato
di pietre corrose dal tempo. E’ anche un territorio della fantasia
collettiva, il luogo dove alcuni grandi falsari dell’odio antiebraico
hanno voluto immaginare si svolgessero le cospirazioni di ebrei
intenzionati ad assumere il controllo del mondo. Il laboratorio dove si
sono costruiti tutti i miti dell’odio, il repellente armamentario
culturale e ideologico che ha sostenuto i fautori del razzismo e del
genocidio. Lì si incontravano, secondo i demenziali autori dei primi
romanzetti antisemiti che facevano apparizione fra la fine
dell’Ottocento e il debutto del secolo scorso, i maggiorenti di
fantomatiche consorterie di potere per tradire la loro sete di denaro e
di dominio. E da lì avrebbero preso le mosse anche i famigerati
Protocolli dei savi anziani di Sion, il più clamoroso e tristemente
celebre falso dell’odio. Sarebbe solo letteratura di infimo livello, se
non fosse stata usata, con un successo molto maggiore delle aspettative
nutrite dagli stessi autori, per praticare il genocidio e massacrare
milioni di innocenti. La lettura dei libri di Eco mostra come il suo
lavoro letterario si inoltri sempre lungo lo stretto passaggio fra la
storia, la grande conoscenza e il romanzo, il richiamo dell’avventura.
E siano costanti elementi che riportano il lettore a quei territori fra
Piemonte e Lombardia legati al vissuto dell’autore e tanto importanti
nell’interpretazione della nostra identità. Un’analisi di
molti scritti di Eco dimostra anche come il semiologo sia un profondo
conoscitore e un’analista raffinato dalla biblioteca dei grandi falsi
dell’odio. Sua è la luminosa introduzione a The Plot il capolavoro
disegnato da Will Eisner che smaschera attori e agenti della sudicia
storia dei Protocolli (edizione italiana Il complotto, Einaudi
editore). Sue le coraggiose affermazioni che hanno opposto al mito di
un’Italia al riparo dall’antisemitismo il dato di fatto che in presenza
di un moderata componente di odio da parte del popolo, proprio gli
ambienti intellettuali e religiosi italiani abbiano offerto ai teorici
dell’antisemitismo strumenti decisivi. In ogni caso, e senza ovviamente
mettere minimamente in dubbio le migliori intenzioni di un
intellettuale rigoroso e trasparente, sembra che nelle prossime
settimane i protocolli dell’odio torneranno sotto gli occhi di molti
lettori. E per quanto la logica, la cultura e un’onesta evidenza dei
fatti smontino in modo incontrovertibile qualunque flusso malsano, è
sempre meglio restare con gli occhi aperti. Ecco, in attesa di leggere
il nuovo romanzo, il motivo di questo dossier. Anche perché, per dirla
con lo stesso autore del Cimitero di Praga, “quello che appare
incredibile è che questo falso sia rinato dalle proprie ceneri ogni
volta che qualcuno ha dimostrato che si trattava di un falso. Al di là
di ogni dubbio”.
Guido Vitale, Pagine
Ebraiche, ottobre 2010
I
savi anziani di Sion e l’epopea di una menzogna planetaria
“Una bugia – scriveva Mark Twain – fa in tempo a viaggiare per
mezzo mondo mentre la verità si sta ancora mettendo le scarpe”. Così
accadde per la più violenta e dannosa bugia della storia della
letteratura, I protocolli dei savi anziani di Sion, il testo che
diventerà il manifesto dell’antisemitismo moderno. La clamorosa quanto
falsa ricostruzione di un fantomatico complotto ebraico, ordito dai
cattivi anziani o savi di Sion, si è diffusa nel tempo e nello spazio a
una velocità impressionante. Dalla Germania nazista all’Egitto
di Sadat e Nasser, dagli zar di Russia ai terroristi di Hamas, i
Protocolli hanno attraversato un secolo di storia, divenendo la scusa
principe per le più efferate violenze contro gli ebrei. Un’arma
politica per giustificare l’odio antisemita e la volontà di
delegittimare Israele. Una calunnia partorita agli inizi del Novecento
che, nonostante la comprovata falsità, continua a risultare credibile
agli occhi di chi non vuol vedere. E così, oggi come allora, si
favoleggia della potente lobby ebraica che domina il mondo grazie al
denaro e all’informazione. “Per mezzo della stampa – si legge infatti
nel Protocollo II del testo pubblicato nel 1905 – acquistammo influenza
pur rimanendo dietro alle quinte. In virtù della stampa accumulammo
l’oro: ci costò fiumi di sangue e il sacrificio di molta gente nostra,
ma ogni sacrificio dal lato nostro, vale migliaia di Gentili nel
cospetto di Dio”. Dominare i gentili, governare il mondo, sovvertire
l’ordine sociale, controllare la massa. Questo in sintesi il progetto
dei savi di Sion, segretamente elaborato a Basilea nel 1897 durante il
primo Congresso sionista, secondo quanto riporta Sergei Nilus,
scrittore mistico russo vicino agli ambienti reazionari e antisemiti
dell’epoca. Lo stesso Nilus, fervente sostenitore dello zar, pubblica
nel 1905 la versione integrale dei Protocolli nel suo libro Il grande
nel piccolo: la venuta dell’Anticristo e il regno di Satana sulla
terra. Qui lo scrittore cambia la sua versione sull’origine dei
documenti. I Protocolli sarebbero il resoconto di un incontro segreto
dei leader giudaico massonici in Francia. Nilus dice di aver ottenuto
da un amico la copia tradotta mentre gli originali erano stati rubati
da una donna a uno dei capi della cospirazione. Tutto falso. In Russia,
ai piani alti, scoprono la verità già nel 1905. In Europa, quindici
anni dopo. Ma andiamo con ordine perché il percorso della menzogna è
tortuoso ed è necessario fare un passo indietro. In nome della
rivoluzione sociale, nel 1881 il gruppo anarchico populista Volontà del
popolo uccide a San Pietroburgo lo zar Alessandro II. Seguono anni
difficili, di tumulti popolari e sanguinose repressioni mentre i
rivoluzionari invocano diritti e libertà. Le autorità sono
preoccupate, l’ordine sociale è in bilico. La soluzione per quietare il
furore delle masse? I pogrom. Per oltre vent’anni la violenza e le
efferatezze contro gli ebrei sono innumerevoli in tutta la Russia,
fomentate dall’odio teologico della Chiesa ortodossa, dalla paura
panslava della modernità e dal regime zarista, come sottolinea la
storica Anna Foa in Ebrei in Europa. Le autorità identificano gli ebrei
con i pericolosi rivoluzionari progressisti e vogliono eliminarli. Ogni
accusa è valida per perpetrare il gioco al massacro. Così l’Okhrana, la
polizia segreta russa, sfrutta anche la letteratura contemporanea, in
particolare le parole di un libello antisemita di un certo sir John
Retcliffe, al secolo Herman Goedsche. Biarritz (1868) è il titolo del
pamphlet ma il capitolo chiave per gli agenti dell’Okhrana è quello
intitolato “Il cimitero ebraico di Praga e il Consiglio dei
rappresentanti delle dodici tribù di Israele”. Qui il sedicente
scrittore racconta di un’assemblea segreta di rabbini, che si
riunirebbero ogni cent’anni per pianificare il complotto giudaico.
L’opera di Goedsche è un éclatante caso di plagio, una rivisitazione in
chiave antisemita dello scritto satirico del francese Maurice Joly
Dialoghi agli inferi tra Machiavelli e Montesquieu. Falso o no,
l’Okhrana affila le unghie sfruttando la teoria della cospirazione per
rafforzare la posizione del debole zar Nicola II e screditare i
sostenitori delle riforme liberali che simpatizzano con il proletariato
ebraico. In Francia intanto scoppia l’affaire Dreyfus. L’attenzione
dell’Europa intera si focalizza sulla questione ebraica. Nelle piazze
francesi folle di persone invocano “morte agli ebrei”. Nel regno
d’oltralpe il terreno antisemita è stato preparato a dovere dal
movimento antidemocratico e reazionario. Le tesi di Drumont e il suo
France Juive (1880) contro il complotto ebraico e per cancellare
l’uguaglianza concessa con la Rivoluzione fanno breccia nella massa. Su
questi presupposti, quasi a completare l’opera, nasce il manifesto
dell’antisemitismo moderno: i Protocolli dei savi anziani di Sion. I
documenti vengono scritti e redatti a Parigi nel 1897, gli autori sono
un pugno di giornalisti e scrittori francesi e forse russi, tutti
comunque a libro paga dell’onnipresente Okhrana. Inizia così l’epopea
della grande menzogna. I Protocolli appaiono per la prima volta
in via ufficiale nel 1903, quando il quotidiano Znamia (La bandiera) di
San Pietroburgo li pubblica in una versione a puntate. A farne
largamente uso, negli anni successivi, sono i reazionari dell’Unione
del popolo russo, noti come Centurie nere, che incolpano il complotto
ebraico per il processo di liberalizzazione che si sta avviando in
Russia. La costituzione concessa a malincuore da Nicola II e la
creazione della Duma, il parlamento russo, sostengono le Centurie nere,
sono la dimostrazione che gli ebrei stanno cercando di sovvertire
l’ordine sociale. Anche lo zar pare condividere questa tesi e conserva
nella sua libreria una copia dei Protocolli. Purtroppo per lui e per le
Centurie un’indagine segreta, condotta nel 1905 e voluta dal presidente
Pyotr Stolypin, svela come i documenti siano contemporaneamente un
falso e un plagio. Nulla di quanto scoperto, però, è reso noto. I
Protocolli continuano a essere pubblicati (nel 1906 e 1907 in
un’edizione di George Butmi) e i pogrom continuano, feroci come sempre.
L’ebreo è visto come cospiratore progressista, liberale, democratico.
Ma nel 1917 si evolve e diventa bolscevico. Sì, sono i giudei a guidare
la rivoluzione di Ottobre, sono loro che comandano l’Armata Rossa. C’è
scritto anche nei Protocolli, affermano le fazioni legate all’Armata
Bianca, il movimento controrivoluzionario. Mentre il futuro regime
comunista allarma l’Europa e il mondo, le bugie dei Protocolli, portati
oltre il confine russo dagli oppositori fuggiti, fanno breccia nella
paura dei governanti e delle masse. “Questo movimento tra gli ebrei non
è nuovo - scrive Winston Churchill sull’Illustrated Sunday Herald
dell’8 febbraio 1920 - Dai giorni di Spartacus-Weishaupt a quelli di
Karl Marx, e fino a Trotsky, Bela Kun, Rosa Luxembourg ed Emma Goldman,
questa cospirazione mondiale per il rovesciamento della civiltà e per
la ricostruzione della società sulla base di uno sviluppo bloccato, di
un’invidiosa cattiveria e dell’uguaglianza impossibile, è in costante
crescita”. Già negli anni Venti le copie dei Protocolli fanno il giro
del mondo, sbarcando in America del sud, nei paesi arabi, in estremo
Oriente. Negli Stati Uniti il magnate Henry Ford pubblica L’ebreo
internazionale, un libro commento dei ventiquattro documenti che
troverà in seguito l’approvazione di Hitler e Goebbels. Quando il 16
agosto del 1921 il Times prova l’innegabile falsità dei Protocolli è
troppo tardi. Migliaia di copie sono già state vendute in tutto il
mondo e nuove edizioni si preparano a uscire. Rimane però prezioso il
lavoro di Philip Graves, corrispondente del Times a Costantinopoli, che
ricostruisce la storia dei documenti. Il giornalista dimostra come i
Protocolli non siano altro che un plagio delle opere di Joly e di
Goedsche, ipotizzando il coinvolgimento dell’Okhrana. Un quadro ancor
più chiaro lo dà l’americano Herman Bernstein che nel 1921 scrive La
storia di una bugia, in cui l’autore ripercorre i riferimenti letterari
e le motivazioni politiche che hanno portato alla creazione del testo
antisemita. Sulla stessa linea l’opera del diplomatico Lucien Wolf dal
significativo titolo Lo spauracchio ebraico e i finti Protocolli dei
savi di Sion (1920, Londra). Persino Goebbels, futuro ministro della
propaganda nazista, non crede nei Protocolli ma il suo pensiero è la
base dell’antisemitismo moderno. “Credo che i Protocolli dei savi
anziani di Sion siano un falso – scrive sul suo diario, nel 1924,
Goebbels – Ma credo anche nella verità intrinseca e non fattuale dei
Protocolli”. Per Hitler, nel Mein Kampf, la prova che i Protocolli
contengano la verità è semplice: gli ebrei cercano di dimostrarne la
falsità quindi sono autentici. E, poi, scrive “la cosa importante è che
con terrificante certezza essi rivelano la natura e l’attività del
popolo ebraico ed espongono i loro contesti interni come anche i loro
scopi finali”. La stessa teoria che esporrà in Italia nel 1937
Julius Evola, in particolare nel suo saggio introduttivo ai Protocolli,
edizione curata da Giovanni Preziosi. Secondo Evola i documenti sono un
falso ma è la storia contemporanea con la crisi economica, la guerra
mondiale, il comunismo a dimostrare la veridicità dei pensieri in essi
contenuti. Chiusa la drammatica pagina del nazismo e della seconda
guerra mondiale, per alcuni anni nessuno o quasi pronuncia più le
parole complotto ebraico. Non dopo la Shoah. Ma ben presto la delirante
giostra riparte. A guidare la nuova campagna antisemita sono, oltre ai
negazionisti, molti esponenti del mondo arabo, oltraggiati dalla
nascita di Israele. In Egitto il presidente Nasser, sconfitto dagli
israeliani nella guerra dei Sei giorni nel 1967, fomenta l’odio
antiebraico pubblicando centinaia di copie dei Protocolli. Negli anni
Settanta in Libano i Protocolli sono un bestseller. Ancora nel 1988
all’articolo 32 del Patto del movimento della resistenza islamica
(Hamas) si legge: “Il piano sionista è senza limiti. Dopo la
Palestina, i sionisti aspirano a espandersi dal Nilo all’Eufrate. Il
loro piano è sancito nei Protocolli dei savi di Sion, e il loro
comportamento attuale è la migliore prova di quanto stiamo dicendo”. In
Siria appare una versione del testo, autorizzato dal ministero
dell’Informazione, i cui si sostiene che l’11 settembre è il risultato
della cospirazione dei savi di Sion. E non solo il mondo arabo cerca di
riportare in voga le tesi del complotto ebraico. Nel 1993 il tribunale
di Mosca condanna l’organizzazione ultranazionalista Pamyat per aver
pubblicato il libro, di cui i giudici dichiarano la palese falsità. A
maggio di quest’anno, a Torino, l’editore Roberto Chiaromonte è
riconosciuto colpevole di diffamazione a mezzo stampa per la
pubblicazione in italiano, con commento dello stesso editore, della
versione di Sergei Nilus. Senza contare poi le scemenze che compaiono
oggi su diversi siti antisemiti o negazionisti. Basta googleare
Protocolli dei savi anziani di Sion per scoprire le più disparate e
disperate teorie di cospirazioni demo-pluto-giudaico-massoniche. Le
tesi contenute nel manifesto dell’antisemitismo moderno continuano così
a diffondersi, malgrado la chiara dimostrazione della sua falsità.
Rimangono pertanto attuali le affermazioni e gli auspici che il giudice
Walter Meyer sostenne nel 1935 nel famoso processo di Berna in cui la
corte dichiarò i Protocolli falsi, plagi e letteratura oscena,
condannando un gruppo di filonazisti per aver pubblicato alcuni
articoli a sostegno della veridicità del testo. “ Spero – disse Meyer
durante l’ultima udienza – che verrà il momento in cui nessuno sarà in
grado di capire come una dozzina di persone sane e responsabili furono
capaci per due settimane di prendersi gioco dell’intelligenza della
Corte discutendo dell’autenticità dei cosiddetti Protocolli, proprio
quei Protocolli che, nocivi come sono stati e come saranno, non sono
nient’altro che ridicole assurdità”.
Daniel Reichel
|
|
Qui
Milano - Libri contro l’antisemitismo
|
![](http://www.moked.it/unione_informa/prova/img_sottotitolo_righe.gif) |
Un pacco di libri (involucro
blu, fiocco bianco), una lunga chiacchierata e una stretta di mano.
Così se l’è cavata Luca I., 19 anni, autore di una “bravata” che poteva
avere delle conseguenze molto più serie di quelle che il giovane
avrebbe mai potuto immaginare, quando nella primavera scorsa aveva
urlato “ebrei di m…” all’indirizzo di alcuni passanti che, kippot in
testa, si dirigevano verso la propria sinagoga. Scattata la denuncia
grazie al numero di targa, Luca si è trovato coinvolto in un
procedimento penale. Così ha presentato in procura una lettera di scuse
indirizzata alla Comunità ebraica, in cui ha raccontato il suo
pentimento e la sua vergogna per un gesto stupido e superficiale. Scuse
accettate dal presidente della Comunità Roberto Jarach, ma a una
condizione. Non il risarcimento il denaro previsto in casi analoghi, ma
la ricerca della conoscenza, principio cardine dell’ebraismo. Dunque
chiuso il procedimento penale senza conseguenze, Luca si è recato in
Comunità insieme al suo avvocato Giambattista Colombo, e ha ascoltato
con attenzione le parole di Jarach, per cominciare ad apprendere quello
che prima ignorava sul popolo ebraico e sull’antisemitismo. “Devi
capire che noi siamo costretti a fronteggiare molti episodi di
antisemitismo, non solo casi isolati purtroppo, ma anche iniziative
organizzate - ha spiegato il presidente - Non è una questione di
ipersensibilità, il popolo ebraico nella storia ha trovato troppe volte
porte chiuse e stereotipi insormontabili sulla strada della propria
aspirazione all’uguaglianza. Siamo persone assolutamente normali, e
ognuno di noi ha pregi e difetti propri. Perché nel momento stesso in
cui identifichi un gruppo attribuendogli delle caratteristiche
unitarie, allora formuli un pensiero razzista”. “Sono davvero
dispiaciuto di quello che ho fatto, e più di tutto mi vergogno per la
mia ignoranza” ha ribadito il diciannovenne. Proprio all’ignoranza,
sulla scia della grande importanza data alla cultura nella tradizione
ebraica, il presidente Jarach tiene a dare rimedio. “Una cosa ti auguro
ora che questa vicenda si conclude: che tu possa diventare uno
studioso, non solo di ebraismo e antisemitismo, ma dei problemi delle
minoranze e del razzismo in generale, perché è ciò di cui il nostro
paese più ha bisogno”. E sicuramente un buon punto di partenza sarà
quel pacco blu che dalla scrivania è passato nelle mani di Luca.
Quattro volumi appositamente selezionati per lui: L’ebraismo spiegato
ai miei amici di Philippe Haddad, Ebrei in Italia 1870 -1938 di
Maurizio Molinari, Ebrei in Italia tra persecuzione fascista e
reintegrazione post bellica di Ilaria Pavan e Guri Schwarz, tutti
pubblicati dalla Giuntina, e Breve storia degli ebrei e
dell’antisemitismo di Eugenio Saracini, edito da Mondadori.
La scelta di rispondere con quattro libri al più ripetuto ritornello
antisemita si inquadra nel dibattito che si è sviluppato sulla stampa
ebraica e nazionale a proposito dell’opportunità di introdurre una
legge che punisca penalmente il negazionismo. Ipotesi commentata dal
presidente della Comunità di Milano a margine dell’incontro con Luca.
“Non penso che lo strumento migliore per combattere il negazionismo
possa essere l’intervento legislativo. Secondo la mia visione delle
cose, una legge del genere non farebbe che fornire pretesti per
contro-attacchi in nome di una pretesa libertà di espressione - ha
spiegato Jarach - Il mio auspicio è invece che le istituzioni si
impegnino per arginare le situazioni patologiche prima ancora che si
verifichino in concreto. Su questo non dobbiamo transigere. Le
università, gli enti pubblici non possono accettare di patrocinare
gente come Moffa. Penso che il nostro paese e la nostra società siano
assolutamente in grado di sviluppare questi anticorpi senza ricorrere a
una legge”.
Rossella
Tercatin
|
|
Qui Roma - Adeissima 2010, Noa in concerto |
![](http://www.moked.it/unione_informa/prova/img_sottotitolo_righe.gif) |
Auditorium
blindato per la cantante israeliana Noa protagonista del concerto di
beneficenza organizzato dall'Adei-Wizo, Associazione Donne Ebree
d'Italia, cui erano presenti fra gli altri, il presidente della
Comunità Ebraica di Roma Riccardo Pacifici, l'onorevole Fiamma
Nirenstein, la professoressa Amira Meir, moglie dell'ambasciatore
d'Israele Gideon Meir e Umberto Croppi assessore alle politiche
culturali e alla comunicazione del Comune di Roma, che ha rivolto al
pubblico presente in sala il saluto del Sindaco di Roma Gianni
Alemanno. La serata, si è tenuta nella Sala Santa Cecilia
dell'Auditorium Parco della Musica, dove le presidentesse dell'Adei
Wizo di Roma Silvana Limentani e Viviana Levi hanno dato il benvenuto a
Esther Mor capo dipartimento raccolta fondi della Wizo Mondiale e
ospite d'onore della serata destinata alla raccolta fondi per il
progetto 'Warm Home' - il calore di casa- rivolto a bambine e ragazze
che non hanno una famiglia, vivono ai margini della società con grosse
difficoltà, con il rischio di trovarsi a vivere in ambienti pericolosi.
La cantautrice israeliana con radici yemenite i cui
genitori furono costretti a fuggire dal paese di origine a
causa dell'ostilità seguente alla proclamazione dello Stato di Israele
poi trasferitasi a New York, decide di tornare in Israele dove
presta il servizio militare e in seguito sposa il pediatra Asher
Barak da cui ha avuto tre bambini. Noa si è esibita con un
repertorio molto vario, accompagnata da chitarrista Gil Dor che la
segue durante tutte le sue turnèe e dalla pianista Rita Marcotulli,
eseguendo canti in ebraico, inglese, yemenita, italiano ed anche in
dialetto napoletano. L'abbiamo incontrata qualche minuto prima della sua esibizione ed abbiamo potuto scambiare con lei alcune parole. Noa ti senti felice di cantare in Italia? Moltissimo. Amo molto questo paese che, dopo Israele, considero la mia seconda casa. Perché hai deciso di legare il tuo nome al progetto 'Warm Home'? Ci
sono due valori che considero molto importanti nella vita di ciascuno
di noi ed essi sono la generosità e l'umanità, il dare aiuto a persone
che si trovino in difficoltà. Ritengo che questo sia un progetto che
merita molta adesione. Il progetto Warm Home individua adolescenti e
ragazze in difficoltà e cerca di aiutarle ad abbandonare cattive
amicizie e ambienti pericolosi, offendo ospitalità e attenzione ai
bisogni e alla disperazione che queste ragazze provano, permettendo
loro di ricevere l'aiuto di cui hanno bisogno. Ritengo che sia una cosa
bellissima che l'Adei abbia deciso di dare il proprio appoggio a questo
progetto e, anche io la mia. Sei
un'artista da sempre impegnata nell'utilizzo della musica come
strumento di riavvicinamento fra popoli in conflitto, con particolare
riguardo alla questione mediorientale, arriverà la pace per Israele? Lo
spero, lo spero tanto. Ora ci sono nuove trattative di pace ed io penso
che non possiamo perdere questa possibilità, non dobbiamo perderla. Si
parla spesso della questione palestinese , ma anche gli
israeliani stanno soffrendo e ora più che in ogni altro momento
hanno bisogno della pace. Hai
cantato a fianco di Sting, Carlos Santana o del gruppo
italo-palestinese Radio Dervish o ancora, davanti all'aulica platea del
Vaticano, quale di queste esperienze ti è rimasta di più sulla pelle e
quale delle tue canzoni ami di più? Amo tutte le mie
canzoni nello stesso modo, non potrei mai cantare un brano se non lo
amassi e considero ogni esperienza importante, sono stata molto felice
di aver dato voce al brano Life is beautiful that way , che ho
scritto io stessa e che fa parte della colonna sonora del film La vita
è bella. Stimo molto Roberto Benigni ed anche Nicola Piovani.
Lucilla Efrati
|
|
Qui
Livorno - La città riscopre il bagitto
|
![](http://www.moked.it/unione_informa/prova/img_sottotitolo_righe.gif) |
Non poteva che svolgersi
all’interno del mercato Buontalenti la presentazione di un archivio
sonoro dedicato al bagitto, la storica e pittoresca parlata degli ebrei
livornesi. Tra i banchi di uno dei luoghi più ruspanti di Livorno e
davanti a un pubblico numeroso, lo studioso Alessandro Orfano ha
presentato il frutto di due anni di interviste e incontri con gli
ultimi ebrei labronici ancora capaci di sbagittare, contribuendo alla
significativa ricerca storica sul tema con un lavoro originale in cui
alle varie testimonianze orali si affiancano un ricco glossario e un
approfondimento sulle peculiarità di quel gergo vivace che racchiude
nei suoi fonemi le mille anime mediterranee della città che lo ha visto
nascere. Colsi il bagitto quando si spargeva, questo il titolo del dvd
di Orfano (finanziato tra gli altri dall’Unione delle Comunità Ebraiche
Italiane e dalla Fondazione Cassa di Risparmi di Livorno) che si ispira
all’omonimo sonetto del commediografo Guido Bedarida, apre un nuovo
fronte e simboleggia il rinnovato interesse che si respira intorno al
bagitto, lingua “bassa” che nel dopoguerra gli ebrei livornesi smisero
di adottare perché ritenuta indecorosa e ignorante ma in realtà
condensato di patrimoni e ricchezze culturali inestimabili. Ad
occuparsi del bagitto sono stati nel passato alcuni studiosi americani,
israeliani e olandesi, ma anche il livornese Pardo Fornaciari,
menestrello di tradizioni popolari e autore del libro Fate onore al bel
Purim. Adesso il testimone della ricerca è passato a Orfano, che
proprio al bagitto ha dedicato la sua tesi di laurea a breve in stampa
con la casa editrice Gaia Scienza. Nel suggestivo contesto del mercato
Buontalenti, eccezionalmente aperto anche di pomeriggio, Orfano e gli
altri relatori tra cui il professor Fabrizio Franceschini
dell’Università di Pisa e il professor Marcello Aprile dell’Università
del Salento, hanno parlato di bagitto come “anima di Livorno”
ripercorrendo il nesso esistente tra la parlata della minoranza ebraica
labronica e il dialetto di una cittadinanza che la ospitò esule dalla
Spagna e dal Portogallo senza mai rinchiuderla nei confini netti di un
ghetto. Una commistione linguistica presente ancora oggi, con l’esempio
più evidente di “sciagattare”, termine bagitto che fa parte del
vocabolario base di ogni livornese doc, e con l’appuntamento dal
fornaio di molti buongustai che per il loro snack di metà mattinata
scelgono le roschette, prelibatezze di origine ebraica simili ai
tarallucci pugliesi e dal nome di derivazione bagitta.
Coordinatore della serata del Buontalenti era Gabriele Bedarida, figlio
di quel Guido “che colse il bagitto quando si spargeva” e motore
culturale della Comunità ebraica livornese. Il dottor Bedarida,
nell’introdurre la serata nel corso della quale alcuni sonetti di suo
padre hanno allietato i numerosi presenti in sala, ha malinconicamente
parlato di “mondo che non v’è più”. Ma a fronte di un glossario che va
scomparendo dalla memoria collettiva, continuano ad arrivare nuovi
stimoli per proseguire l’approfondimento storico. L’ultimo in ordine di
tempo proviene da Alessandria, dove le ricerche di Aldo Perosino hanno
portato alla scoperta di un vastissimo carteggio (386 lettere in tutto)
intrattenuto dall’ultimo rabbino di Alessandria, il livornese Ruggero
Coen, che durante il suo mandato piemontese sviluppò una continuativa
corrispondenza epistolare, attingendo in parte dall’espressiva
terminologia bagitta, con familiari e molti rabbanim tra cui il Rav
Elio Toaff.
Adam Smulevich
|
|
![](http://www.moked.it/unione_informa/prova/img_sottotitolo_righe.gif) |
torna su ˄
|
|
![](http://www.moked.it/unione_informa/prova/img_sottotitolo_righe.gif) |
Ma chi lo ha detto?
|
![](http://www.moked.it/unione_informa/prova/img_sottotitolo_righe.gif) |
Stiamo leggendo la lettera di
Seneca sugli schiavi, che dichiara la sostanziale uguaglianza di tutti
gli uomini e invita a vivere “con il tuo inferiore come vorresti che il
tuo superiore vivesse con te”; i miei allievi si stupiscono che un
pagano abbia scritto frasi del genere e qualcuno azzarda addirittura
che siano state aggiunte da qualche monaco nel corso del Medioevo.
Discutono su chi sia stato il primo a dire queste cose e io faccio
notare che “Ama il tuo prossimo come te stesso” era già scritto da
secoli nella Torah; ovviamente dico “Vecchio Testamento”, perché la
cosa suoni più digeribile, ma non basta. “Non è vero” risponde
prontamente un’allieva, con il sorrisetto timido ma deciso di chi vuole
far notare all’insegnante che sta prendendo una cantonata. Io insisto e
quella chiude la discussione con un “Se lo dice Lei…” per nulla
convinto. Sconcertata, ho provato a cercare il verso con Google e ho
scoperto che in effetti si fa veramente fatica a risalire alla fonte
originale.
Esiste dunque una sorta di “negazionismo della Torah”?
Anna
Segre, insegnante
|
|
![](http://www.moked.it/unione_informa/prova/img_sottotitolo_righe.gif) |
torna su ˄
|
|
|
|
![linee](http://www.moked.it/unione_informa/prova/img_sottotitolo_righe.gif) |
torna su ˄
|
![linee](http://www.moked.it/unione_informa/prova/img_portaleEbraismo_righe.jpg) |
Pagine
Ebraiche
è il giornale dell'ebraismo
italiano |
![ucei](http://www.moked.it/unione_informa/100908/LogoPagineEbraiche.JPG) |
|
![linee](http://www.moked.it/unione_informa/prova/img_portaleEbraismo_righe.jpg) |
![Dafdaf](http://www.moked.it/unione_informa/100913/dafdaf_nl.jpg) |
Dafdaf
è il giornale ebraico per bambini |
|
L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli utenti
che fossero interessati a offrire un
proprio contributo possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it
Avete ricevuto questo
messaggio perché avete trasmesso a Ucei l'autorizzazione a comunicare
con voi. Se non desiderate ricevere ulteriori comunicazioni o se volete
comunicare un nuovo indirizzo e-mail, scrivete a: desk@ucei.it
indicando nell'oggetto del messaggio “cancella” o “modifica”. © UCEI -
Tutti i diritti riservati - I testi possono essere riprodotti solo dopo
aver ottenuto l'autorizzazione scritta della Direzione. l'Unione
informa - notiziario quotidiano dell'ebraismo italiano - Reg. Tribunale
di Roma 199/2009 - direttore responsabile: Guido Vitale.
|
|
|
|