Elia Richetti,
presidente
dell'Assemblea
rabbinica
italiana
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È noto il principio in base al quale
“ma‘assè avòth simàn la-banìm”, ciò che accade ai Patriarchi va letto
come segno per le future generazioni. Se ciò è vero per ognuno dei
Patriarchi, è tanto più vero per Ya‘akov, che ricevendo il nome di
Israèl diventa a tutti gli effetti il paradigma degli eventi futuri;
ciò anche al punto che perfino l’interpretazione delle sue parole può
essere letta come un messaggio per noi.
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Sergio
Della Pergola,
Università
Ebraica
Di Gerusalemme
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Se un attore di teatro, anche molto noto e
per non lasciare alcun margine al dubbio, sempre in tono aulico e
prisco, scrive di argomenti politici anche molte sciocchezze, vi è
sempre una piattaforma disposta a pubblicarlo e un pubblico pronto ad
applaudirlo. Ma se un esperto di argomenti politici scrive di teatro
anche molte sciocchezze, nessuno è disposto a pubblicarlo e nessuno lo
applaude. Sui motivi di questa sconcertante e ingiusta asimmetria
sarebbe interessante organizzare una bella tavola rotonda o magari una
bella rappresentazione teatrale.
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ROMA - L'antica catacomba ebraica di
Monteverde, tra vecchi dati e nuove scoperte al centro dell'incontro
che avverrà questo pomeriggio alle 18 al Tempio Beth Michael di Roma.
Sono previsti gli interventi di rav Ariel Di Porto e delle due
curatrici dell'omonimo volume, Daniela Rossi e Marzia Di Mento.
Porteranno inoltre un saluto il presidente del Municipio Roma XII
Cristina Maltese, la senatrice Giuseppina Maturani, il consigliere
regionale Fabio Bellini, il presidente del Consiglio del Municipio Roma
XII Alessia Salmoni, il soprintendente per i Beni Archeologici di Roma
Mariarosaria Barbera e il presidente della Comunità ebraica capitolina
Riccardo Pacifici.
Alle 19.30, al Museo ebraico di Roma, si presenta invece Jewish Book
Bindings di Alberto Di Castro, Olga Melesecchi e Amedeo Spagnoletto.
Tra i relatori il rav Benedetto Carucci Viterbi, Serena Di Nepi e
Silvia Haia Antonucci. L'incontro è promosso dall'Associazione Daniela
Di Castro.
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Cultura e istruzione
per difendere la Memoria |
“L'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane
ha più volte ribadito che la Memoria si tutela al meglio, ma
soprattutto si difende nel modo migliore privilegiando le armi della
cultura e dell'istruzione, impegni perenni e prioritari che nessuno
potrà mai porre in secondo piano anche perché le leggi stesse devono
sempre trovare una solida base nella coscienza collettiva”. Lo scrive
il presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo
Gattegna in un editoriale che apparso sul quotidiano La Stampa. Per
questo Gattegna annuncia l'intenzione di coinvolgere le strutture
dell'UCEI “nel rivolgere un pressante appello e invitare a un confronto
e a una collaborazione diverse categorie che in un modo o nell'altro si
trovano in prima linea nella diffusione di cultura e di informazione
nella nostra società”. Educatori, docenti, intellettuali, giornalisti.
Ma anche coloro, come i bibliotecari e gli addetti alla vendita di
libri e di giornali, “che a contatto con la popolazione svolgono
attività di diffusione e che inconsapevolmente si trovano spesso a
essere strumento di chi pubblica appelli all'odio e all'ignoranza”.
L'intervento del presidente UCEI arriva a seguito dell'articolo in cui
il quotidiano torinese annunciava, in esclusiva, il ritiro del disegno
di legge sul negazionismo e la sua trasformazione in aggravante di
reati già esistenti.
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Voci a confronto |
“La vita degli ebrei d’Europa sotto il
nazismo fu segnata da un vortice nero di violenza, persecuzione, morte.
Ogni paragone con le vicende della famiglia Berlusconi è quindi non
soltanto inappropriato e incomprensibile ma anche offensivo della
memoria di chi fu privato di ogni diritto e, dopo atroci e indicibili
sofferenze, della vita stessa”. Così il presidente dell’Unione delle
Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna nel commentare
l’anticipazione diffusa ieri del libro “Sale, zucchero e caffè” in
uscita venerdì 8 novembre in cui Silvio Berlusconi, rispondendo a Bruno
Vespa, racconta che i suoi figli dicono di sentirsi “come dovevano
sentirsi le famiglie ebree in Germania durante il regime di Hitler”.
L’intervento del presidente UCEI è riportato con grande evidenza su
tutta la stampa nazionale: dal Corriere della Sera a Repubblica, dalla
Stampa al Sole 24 ore.
Sul Fatto Quotidiano Bruno Vespa rivela come sia stato Berlusconi
stesso ad aggiungere, in un secondo momento e per iscritto, la frase
incriminata. “Voleva rendere l’idea di questa sofferenza, di questo
assedio”, spiega il giornalista.
“Non credo che Berlusconi debba delle scuse agli ebrei, semmai a se
stesso”, afferma il presidente della Comunità ebraica di Roma Riccardo
Pacifici (Corriere, tra gli altri). “All’ex amico Berlusconi dico di
fare un passo indietro, per il bene di tutti e dell’Italia che non può
occuparsi solo di lui”, dice in un’intervista al Messaggero il
presidente della Comunità ebraica di Milano Walker Meghnagi. Dice di
non sentirsi offesa Fiamma Nirenstein, giornalista ed ex parlamentare
del Pdl. “È una frase personale dettata da sentimenti personali di
dolore e disperazione”, afferma in una intervista al Secolo XIX. “Siamo
profondamente offesi dalla superficialità e dalla mancanza di rispetto
che trapelano dalle parole di Berlusconi”, scrive il presidente
dell’Unione Giovani Ebrei d’Italia Alessandro Ortona in una nota
ripresa, tra gli altri, dal Fatto Quotidiano.
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Provvedimenti antinegazionismo
Un coro a molte voci |
Il dossier raccolto dalla redazione circa il
denso dibattito a proposito dei provvedimenti antinegazionismo che vede
protagonisti storici, intellettuali e giuristi.
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Voci
a confronto sulla stampa italiana
Berlusconi,
la Shoah
e il paragone impossibile
Silvio
Berlusconi ha aggiunto la frase al mio libro-intervista facendomela
pervenire per iscritto in un secondo momento.La precisazione del
giornalista Bruno Vespa al Fatto Quotidiano serve ad affermare come
fosse piena intenzione del leader politico che arrivasse a tutti gli
italiani il concetto che i suoi figli si sentono “come dovevano
sentirsi le famiglie ebree in Germania durante il regime di Hitler” e
che queste precise parole fossero pubblicate nel libro "Sale, zucchero
e caffè" in uscita domani con la casa editrice Mondadori. "Voleva
rendere l'idea - afferma Vespa - di questa sofferenza, di questo
assedio. L'ha inserita in un secondo momento, inviandomi una
integrazione scritta a quanto gli aveva detto durante il colloquio".
Affermazioni grottesche, paragoni impossibili che il presidente
dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna ha
prontamente condannato con forza. “La vita degli ebrei d’Europa sotto
il nazismo fu segnata da un vortice nero di violenza, persecuzione,
morte. Una catastrofe che non è soltanto del popolo ebraico ma
dell’umanità intera. Ogni paragone con le vicende della famiglia
Berlusconi – ha affermato Gattegna – è non soltanto inappropriato e
incomprensibile ma anche offensivo della memoria di chi fu privato di
ogni diritto e, dopo atroci e indicibili sofferenze, della vita
stessa”. L'intervento del presidente dell'Unione apre i principali
quotidiani italiani: dal Corriere della sera a Repubblica, dalla Stampa
al Sole 24 ore.
Stupore, incredulità, sdegno: sentimenti che sono propri di numerosi
leader ebraici italiani.
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informazione
La
copertura di radio e Tv
Carta stampa, ma anche radio e televisione: le deliranti affermazioni
dell'ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e la pronta risposta
del presidente UCEI Renzo Gattegna hanno catalizzato l'attenzione dei
media.
La redazione ha raccolto servizi e interviste delle più importanti
testate nazionali.
Clicca qui per scaricare il file
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Setirot
- La prova della Verità
Fateci
caso, lettori di Moked, quando si discute di Israele e/o di ebraismo
ebreitudine ebraicità (insomma di Medinat Israel, judaism jewry
jewishness), quasi sempre si parla più che altro di grandi sistemi, di
regole, di granitiche Verità diverse tra loro ma invariabilmente e
comunque con la V maiuscola. Difficilmente si guarda alla unicità che
vive in ognuno di noi, alle storie degli individui – e se lo si fa lo
si fa per generalizzare, per usare quella storia come paradigma della
Storia, come “prova” dell'ennesima Verità, la nostra.
Stefano Jesurum,
giornalista
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"Anche
questo è negazionismo"
La
recente affermazione da parte del leader della Destra italiana di una
sua rassomiglianza agli ebrei perseguitati durante la Shoah è più grave
di quanto si sia forse pensato.
Per capirne non solo la brutale volgarità, ma intenderne anche la
profonda minaccia, bisogna avere in mente l'analisi di Betti Guetta di
recente pubblicata da Pagine Ebraiche. In quella analisi che dà conto
delle rilevazioni fatte dal Centro di Documentazione Ebraica
Contemporanea riguardo agli stereotipi per mezzo dei quali vengono
fantasticati gli ebrei nell'Italia di oggi, si constatava che
l'immagine divulgata degli ebrei continua a riprodurre antichi e
moderni pregiudizi. Il potere, la ricchezza, un'occulta volontà di
dominio sono ancora e spesso attribuiti agli ebrei dagli italiani che
ne ignorano la storia, la presenza e la concretezza di vita.
La Shoah è spesso dimenticata o degradata ad espediente vittimistico.
Su questo sfondo, alimentato per secoli da un cattolicesimo orientato a
rafforzare la labile identità nazionale degli italiani sottolineandone
il carattere unitariamente cristiano (un'identità collettiva e
familiare religiosa e domestica più che politica), la triviale
assimilazione proposta fra le motivate condanne per malversazione e la
persecuzione vissuta dagli ebrei ad opera di fascisti e nazisti, assume
tutto il senso di una perversa deformazione caricaturale della
sofferenza di chi subì lo sterminio.
Nell'Italia di oggi, afflitta più che mai da pericolose forme di
perdita della memoria, pervasa sia dal dilagare di stereotipi razzisti
e antiebraici, sia dalla crescita di sottoculture che negano il
significato specifico della storia e delle esperienze umane, la
grottesca volontà di un condannato per truffa di mascherarsi da ebreo
assume tutto il senso di un incitamento populista a disconoscere la
verità storica, a negare la realtà di ciò che è avvenuto e che le
vittime e i sopravvissuti hanno sperimentato sulla propria pelle. Anche
questo è negazionismo, e del più virulento e aggressivo.
Giacomo Todeschini, storico
Time
out - Non mi mancherà
La
vogliamo dire la verità? Se qualcuno avesse posto davvero il veto sulla
partecipazione di Moni Ovadia al festival promosso dalla Comunità
ebraica di Milano avrebbe fatto bene. Sì, perché quel giullare che da
anni si definisce comico, oltre a non avere nessuna particolare qualità
artistica, è anche da tempo uno dei maggiori propagandisti d'odio nei
confronti del popolo d'Israele.
Daniel Funaro
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Un
ebreo non è mai solo
Considero
Moni Ovadia un grande artista. I suoi spettacoli mi hanno sempre
trasmesso moltissimo. Moni Ovadia, vuole trasmettere la Yiddishkeit nei
suoi spettacoli, e ci riesce indubbiamente bene. Peccato però che non
credo la viva lui stesso in prima persona (almeno non in modo
ortodosso), e questo lo trovo incoerente.
Paolo Sciunnach, insegnante
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