Roberto
Della Rocca,
rabbino
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Riprendendo lo stimolante spunto di David
Bidussa, nel suo aleftav di domenica scorsa, possiamo affermare che la
storia dell'Esodo inizia con una coraggiosa e intelligente regia
femminile.
Moshè, il leader di questa rivoluzione etica, viene messo in salvo da
quattro donne: da Yocheved sua madre, da Miriam sua sorella, da Batia
figlia del Faraone e dalla sua ancella. Non è meno eroica l'azione
delle due levatrici, Shifrà e Puà, che si oppongono all'ordine del
Faraone di uccidere i neonati ebrei, assurgendo a un esemplare
paradigma di disobbedienza civile.
Non mi sembra, almeno in questo caso, una captatio benevolentiae delle
nostre signore, menzionare l'insegnamento rabbinico per il quale le
chiavi della nostra redenzione sono in mano delle donne.
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Dario
Calimani,
anglista
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Forse mi sono distratto, ma mi sembra che un
solo giornale a tiratura nazionale abbia dato finora, con grande
rilievo, la notizia dei feriti vittime della guerra civile siriana
curati a centinaia all’ospedale israeliano di Safed/Zfat. E mi ha
sorpreso non poco che a dedicare ampio spazio alla notizia sia stato la
Repubblica (11 dicembre u.s.), sempre impietoso riguardo alla politica
del governo israeliano. Ma perché gli altri giornali abbiano passato la
notizia sotto silenzio o l’abbiano velata fino a nasconderla non è
affatto chiaro. A qualcuno Israele piace solo quando sbaglia? O magari
sorge il fastidioso sospetto che agli ‘amici’ piaccia difendere
l’indifendibile, anziché elogiare l’elogiabile. Misteri della
comunicazione. E della politica.
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2014 per la dignità umana
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“Desidero rivolgere a tutti gli italiani i
più fervidi e calorosi
auguri per le festività che si andranno a celebrare". Così il
presidente dell’Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane Renzo Gattegna.
"Il mio auspicio, anche alla luce del crescente disagio sociale, è che
sia soprattutto un 2014 all’insegna dell’Altro: l’Altro come valore,
l’Altro come essere umano da rispettare nella sua dignità così da
rendere le diversità fonti di ricchezza e non di conflitto”.
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Voci a confronto
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Mentre la diplomazia americana cerca di
intensificare i colloqui di pace tra israeliani e palestinesi, il
terrorismo continua a preoccupare la società israeliana. Ultimo caso,
l’ordigno esploso – fortunatamente senza fare vittime, ad eccezione di
un ferito – domenica su un autobus di Bat Yam (a Sud di Tel Aviv).
Attacco non rivendicato a cui è seguito il lancio di ieri mattina di un
razzo qassam, partito dalla Striscia di Gaza e caduto che nei pressi di
una fermata di un autobus ad Ashkelon. Non ci sono feriti (Osservatore
Romano).
A distanza di quasi un anno dalla scomparsa di Rita Levi Montalcini,
premio Nobel per la medicina, la lunga intervista rilasciata a Enzo
Biagi nel 2000 ripercorre le tappe salienti della scienziata, tra i
protagonisti indiscussi del Novecento italiano e mondiale (Il Fatto
Quotidiano). “Lo chiesi anche a Primo Levi. Cosa significa essere
ebreo?”, domandava Biagi nell’intervista andata in onda su Rai 1
all’interno della serie Signore e Signori. “Io e lui siamo stati ebrei
di complemento – affermò Montalcini – Abbiamo scoperto di essere ebrei
quando ci hanno considerato di razza inferiore.
Un lungo silenzio per coprire un passato cupo e vergognoso, con
l’adesione al nazismo, la cacciata dei colleghi ebrei, le onorificenze
riconosciute ad alcuni gerarchi di Hitler. A distanza di quasi
settant’anni la Filarmonica di Vienna apre finalmente i suoi archivi
rivelando i legami con il regime nazista e ritirando i sei
riconoscimenti conferiti a figure come Arthur Seyss-Inquart, tra i
responsabili della Shoah. “Almeno la metà dei membri dei Philarmoniker
si iscrissero alla Nsdap, il partito nazista (tra i Berliner
Philarmoniker si iscrisse solo uno su cinque). Tutti tacquero quando
quindici musicisti ebrei, subito dopo l’annessione con Hitler che
arrivò a Vienna accolto da una folla in tripudio, furono licenziati
dall’orchestra in virtù delle leggi razziali”, sottolinea Andrea
Tarquini su Repubblica.
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limmud
conference 2013
Il
rabbino delle porte aperte
Ha
passeggiato per i corridoi, incontrato i bambini, gli adolescenti, gli
educatori. Ha tenuto due lezioni di grande successo, catturando il
pubblico e coinvolgendolo attivamente nella sua esposizione dedicata a
“La guida della Torah nella risoluzione dei conflitti”. E non ha
evitato neppure i momenti di socializzazione, parlando con chi lo
cercava e aggregandosi a gruppi di giovani intenti a bere una birra e
scambiare considerazioni sulla giornata. Il rabbino capo del
Commonwealth Mirvis (o semplicemente Ephraim, come riportava il
cartellino che ha diligentemente appeso al collo come tutti, una
targhetta che mette in evidenza il nome, senza differenze di titolo,
status o provenienza) ha fatto parte della Limmud Conference fino in
fondo. Una partecipazione che ha segnato la prima volta di un rabbino
capo a quello che rappresenta oggi uno dei più importanti momenti di
ritrovo collettivo dell’ebraismo britannico e internazionale in tutte
le sue denominazioni, ed è stata accolta con emozione ed entusiasmo.
Dalla parashah, la porzione di Torah di Shemot, rav Mirvis ha tratto un
messaggio di dialogo, unità e solidarietà, tanto nella comunità
ebraica, ponendo l’accento sull’importanza di coinvolgere “tutte le
comunità”, quanto a livello universale, nel dovere di preoccuparsi di
tutto il genere umano secondo il principio del Tikkun Olam.
“Quando esistiamo soltanto per noi stessi, quando ignoriamo i membri di
altre comunità… questo può essere un modo pio di condurre la propria
vita, ma è anche un modo taref (non kasher ndr) di condurre la propria
vita” ha dichiarato.
Risolvere i conflitti, traendo ispirazione dalla Torah, l’argomento
scelto dal rav per la seconda lezione al Limmud. Otto metodi per
affrontare i contrasti arrivando a una soluzione positiva, o comunque
migliore del punto di partenza, illustrati attraverso insegnamenti
biblici e rabbinici spesso suggeriti dal pubblico. Solo una, la strada
che nell’opinione di rav Mirvis ancora non è stata tentata per il
conflitto israelo-palestinese: quella della cooperazione, del
riflettere insieme, fuori dagli schemi, per arrivare a una soluzione
diversa dal punto di partenza di entrambe le parti, e migliore.
“La cooperazione è l’unica via che israeliani e palestinesi, a mio
parere, non hanno ancora percorso. E sono convinto che sarà attraverso
la cooperazione che presto, se D-o vuole, si arriverà alla pace”.
Rossella Tercatin
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Lampedusa |
Semplicemente,
un esempio di buona politica. Ce lo ha fornito il mio amico Khalid
Chaouki, deputato del Partito Democratico da sempre attivo sul fronte
dell’immigrazione. Dopo tante chiacchiere si è stufato, e sabato sera
ha preso un volo da Roma a Lampedusa, entrando, non appena atterrato,
nel Centro di identificazione ed espulsione (CIE). Com’è noto, non sono
molti a essere ammessi in questi non-luoghi, e i parlamentari sono tra
le poche categorie “privilegiate”. Dunque Khalid ha scelto la sua
brandina, e ha dichiarato che non si sarebbe mosso da lì fino a quando
il Governo non avesse risolto quello scandalo.
Detto, fatto: questa mattina, dopo soli due giorni di permanenza, il
Centro di Lampedusa è stato completamente sgombrato.
Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas
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Storie
– Un atlante delle stragi
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In
Italia le stragi nazifasciste contro le popolazioni sono state
centinaia e hanno riguardato sia il Mezzogiorno che il Centro-Nord. Tra
il 1943 e il 1945 il nostro Paese fu teatro di alcune delle più
efferate e sanguinose azioni criminali contro i civili che la storia
del Novecento ricordi. Le vittime sono state stimate in un numero
vicino a 15 mila, senza contare gli effetti devastanti sull’intera vita
di alcune località, come Marzabotto, Sant’Anna di Stazzema; Caiazzo e
altre.
Un libro intitolato “Le stragi nazifasciste del 1943-1945. Memoria,
responsabilità e riparazione”, uscito in queste settimane, edito da
Carocci e curato dall’Anpi, ha fatto il punto su queste vicende.
Mario Avagliano
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