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Elia Richetti,
presidente
dell'Assemblea
rabbinica
italiana
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Non è particolarmente difficile immaginare
la scena di ciò che poteva essere l’uscita dall’Egitto, la moltitudine
di essere umani, di animali, di carri in marcia, il loro brusio, il
pianto dei neonati… Possiamo anche immaginare lo sgomento di questa
folla eterogenea nell’accorgersi di essere inseguita dalla veloce
cavalleria egizia in assetto di guerra, armata di carri falcati (l’arma
più micidiale dell’epoca), e capirne l’impaurita reazione. Moshè sa
usare le parole giuste: “Non temete, state saldi e guardate la salvezza
divina che Egli metterà in atto per voi oggi… Il Signore combatterà per
voi; voi state quieti!”. Però anche Moshè è un essere umano, ed anche
se la Torà non lo dice espressamente è evidente che anche lui è
impaurito, tanto che Ha-Qadòsh Barùkh Hu’ deve dirgli: “Mà titz‘àq
elày? Dabbèr el benè Israèl we-yissà‘u!”, “Perché gridi verso di Me?
Parla ai figli d’Israele, che partano!”. In altri termini: non
aspettare la salvezza dall’alto, comincia ad agire!
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Sergio
Della Pergola,
Università
Ebraica
Di Gerusalemme
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Il periodico MicroMega dedica una parte del
numero 9/2013 a un dibattito su sionismo/ antisionismo "ispirato da
punti di vista assai divergenti fra loro". Vediamo un po' queste
divergenze. Gianni Vattimo scrive che "la mitologia sionista si è
tramutata in colonialismo e razzismo nei confronti dei palestinesi.
Ecco perché oggi bisogna mettere in discussione la stessa nascita dello
Stato ebraico". Judith Butler sostiene che "c’è un errore originario
che ha segnato la nascita di Israele: l’idea che sia possibile fondare
un nuovo Stato in riparazione dei torti subiti riproducendo altri torti
su un’altra popolazione". Moni Ovadia scrive che "Israele ha subìto una
profonda metamorfosi: l’estinzione dei suoi ideali sionisti ha finito
per produrre azioni inaccettabili come le punizioni collettive, la
colonizzazione e le quotidiane vessazioni contro i palestinesi". Fin
qui, mi pare, scarse divergenze di punti di vista. Avishai Margalit
suggerisce che "mettere sotto accusa il sionismo per criticare
l’attuale politica dello Stato di Israele è come puntare il dito contro
il Risorgimento italiano per criticare il governo Berlusconi". Furio
Colombo afferma che "dopo il ’45 gli ebrei erano ancora avversati e la
nascita di Israele – voluta dall’Onu – doveva andare di pari passo alla
creazione di una vicina nazione palestinese, osteggiata invece dai
paesi arabi limitrofi. Queste e altre le verità storiche rifiutate da
una sinistra incapace di affrontare la questione ebraica". A questo
punto l'equilibrio è almeno in parte ristabilito: tre critici
viscerali, un critico equilibrato, e un difensore sono il massimo
dell'equità intellettuale che MicroMega è in grado di offrire.
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Una rete per la solidarietà |
Favorire la creazione di una rete di
solidarietà, sviluppare l’assistenza secondo un modello professionale,
fornire supporto a chi ne ha bisogno. Sono questi i capisaldi del
progetto di servizio sociale territoriale elaborato dalla Commissione
Servizi sociali dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane,
presieduta dal Consigliere UCEI e presidente dell’Associazione medica
ebraica Giorgio Mortara..
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Voci a confronto |
“Ebrei, ancora pariah?”. Così Avvenire
intitola il dibattito circa “un futuro possibile per Israele”.
Riprendendo le parole di Donatella Di Cesare, professoressa di
filosofia teoretica alla Sapienza di Roma e autrice di “Israele. Terra,
ritorno, anarchia” (Bollati Boringhieri, il volume è presentato sul
Mattino), il quotidiano della Conferenza episcopale intervista lo
storico Alberto Cavaglion e Massimo Giuliani, docente di pensiero
ebraico all’Università di Trento. Vari i temi trattati, dal rapporto
tra Stato e religione alla questione israelo-palestinese. Cavaglion,
che inquadra il sionismo nell’ambito del nazionalismo classico
ottocentesco, confuta la tesi che il concetto di Stato nazionale sia in
via di superamento. “Lo stesso nazionalismo arabo-palestinese ha le
stesse caratteristiche, sia pure con una propria storia e i propri
tempi di sviluppo. I sogni di Stato binazionale coltivati dal sionismo
religioso di sinistra, per esempio da Buber, erano pure utopie. Quelli
che si scontrano sono due nazionalismi classici, ognuno con i suoi
diritti e i suoi torti. Nemmeno negli anni Trenta era realistico
ipotizzare una convivenza entro uno stesso Stato binazionale”.
Il grande regista Alfred Hitchcock aveva ricevuto l’incarico di girare
un documentario sulla Shoah, ma rimase scioccato dal materiale
inviatogli dall’esercito alleato. Hitchcock fu talmente angosciato da
interrompere il lavoro. Oggi il materiale verrà recuperato e restaurato
per essere trasmesso alla televisione britannica nella primavera 2015
(tra gli altri Repubblica).
Ricorre in questi giorni il settantesimo anniversario della
deportazione verso la Germania di oltre 400 persone dalla Stazione
Tiburtina. Sul Messaggero lo storico Mario Avagliano la ricorda
presentando il libro di memorie di uno dei sopravvissuti “La scala
della morte” (Grazia Di Veroli, Marlin editore).Repubblica Roma
anticipa alcuni nomi degli chef che parteciperanno all’iniziativa per
sostenere il Treno della Memoria promossa da Eataly.
Vari giornali (tra gli altri il Corriere) riportano la notizia
dell’incriminazione a Colonia di un ex SS per la strage di
Oradour-Sur-Glane in Francia che costò la vita a 642 persone nel 1944.
Prosegue il dibattito a proposito delle misure da intraprendere contro
il comico francese antisemita e negazionista Dieudonné. A intervenire
sull’Unità è il presidente dell’Associazione Hans Jonas Tobia Zevi. “Ha
fatto bene il governo francese a vietare gli spettacoli del
comico-non-solo-comico, visto che nel 2009 si candido alle elezioni
europee con una piccola formazione di estrema destra? – si chiede Zevi
– Il problema ha vari livelli: 1) Dieudonné va perseguito penalmente
per quello che afferma nei suoi spettacoli? 2) Gli spettacoli vanno
consentiti o vietati? 3) Esistono contesti differenti, per cui la
stessa frase pronunciata in due diversi luoghi va trattata
diversamente?”. Il quotidiano francese Le Monde dedica un’intera pagina
alla “Generazione Dieudonné”.
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Progetti di futuro |
“Le due parole centrali della Torah - ha
scritto rav Benedetto Carucci Viterbi sul Portale dell’ebraismo
italiano, moked.it - sono darosh darash: ripetizione rafforzata di
cercare; ma anche di studiare e di interpretare. Il cuore della Torah è
dunque nello studio e nel tentativo di comprendere. E nessuno si può
sottrarre a questo compito fondante: neanche Mosé il nostro maestro,
colui che cerca al centro della Torah”. Per l’ebraismo, come spiega il
rav, lo studio è uno dei pilastri della vita ebraica e nessuno può
sottrarvisi. Progetti di futuro è il titolo del dossier sul numero di
Pagine Ebraiche attualmente in distribuzione, dedicato alle prospettive
che si aprono ai giovani dopo la scuola superiore.
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LE
IDEE CONFUSE DI EUGENIO SCALFARI
La
'Legge mosaica' e le cantonate
I
ripetuti riferimenti di Eugenio Scalfari alla “legge mosaica” nei suoi
articoli di questi giorni mostrano evidenti errori e distorsioni che
non possono essere lasciati senza risposta. Qui di seguito un'analisi
delle sue parole (riportate in neretto).
La legge mosaica
condensata nei dieci comandamenti ordina e impone divieti. Non
contempla diritti, non prevede libertà. Il Dio mosaico descrive
anzitutto se stesso: "Onora il tuo Dio, non nominare il nome di Dio
invano, non avrai altro Dio fuori di me". Poi, per analogia, ordina di
onorare il padre e la madre.
Bisogna prima di tutto precisare che l’uso corrente del termine “legge”
deriva dalla versione greca della parola Torà, tradotta come nomos, e
di qui “legge”. Ma Torah significa “insegnamento” ed è un concetto ben
più vasto della legge, anche se la Torah contiene la legge.
I dieci comandamenti (che nell'originale ebraico non sono
“comandamenti” ma “parole”) sono un condensato della “legge” solo in un
certo senso. Per gli ebrei tutta la Torah e sacra e condensarla nelle
dieci parole è riduttivo e selettivo. La selezione l'ha fatta la
tradizione cristiana in coerenza con le sue scelte, non quella ebraica.
Le dieci parole iniziano con la frase “Io sono il Signore tuo Dio che
ti ha fatto uscire dalla terra d'Egitto, dalla casa degli schiavi”. E'
con queste parole e non con altre (inventate) che il “Dio mosaico”
descrive anzitutto sé stesso, e non è un condensato della “legge” ma
una proclamazione di libertà.
“Onora il tuo Dio” infatti non è scritto nelle dieci parole. E' invece
ordinato di onorare i genitori. E non è certo un difetto, è un
fondamento della civiltà; e fa parte della visione religiosa
dell'ebraismo trasportare il divino nell'umano.
Nella legge mosaica non compare la parola “diritto”, ma solo i doveri,
di fare e di non fare. E' una scelta sorprendente per chi è abituato a
parlare solo dei diritti come fondamento della legge. Ma tutto questo
non vuol dire affatto che la legge non contempli diritti. Il diritto è
implicito nel dovere. Garantire i diritti con la forza dei divieti. Il
diritto alla vita è implicito nel divieto di uccidere (perché l'uomo è
immagine divina, Gen. 9:6), il diritto alla proprietà nel divieto di
rubare, il diritto al riposo settimanale è implicito nella legge del
Sabato, il diritto del lavoratore al compenso tempestivo è implicito
nel divieto di trattenere la paga (Lev. 19:13) e avanti con tanti altri
esempi. La storia dell'umanità alla ricerca dei diritti è profondamente
debitrice alla “legge mosaica”, anche se se lo dimentica o esprime i
diritti con un linguaggio differente. Rav Sacks ha scritto che le
dichiarazioni fondamentali che sanciscono i diritti degli uomini
parlano “con accento ebraico”.
Infine si apre il capitolo
dei divieti, dei peccati e delle colpe che quelle trasgressioni
comportano: "Non rubare, non commettere atti impuri, non desiderare la
donna d'altri (attenzione: il divieto è imposto al maschio non alla
femmina perché la femmina è più vicina alla natura animale e perciò la
legge mosaica riguarda gli uomini)".
Non si può giudicare la religione ebraica con il semplice confronto con
il cristianesimo. Il fatto di essere religione non significa che le
religioni siano uguali. L'esperienza religiosa ebraica si occupa anche
di organizzare la società con la legge, così come ogni società si fonda
sulla legge.
E' vero che il testo parla al maschile. Ma questo non vuol dire che le
leggi riguardino solo gli uomini e che alle donne sia lecito uccidere,
rubare, mancare di rispetto ai genitori (tra cui c'è anche la madre, di
sesso femminile) e così via. Nell’adulterio la pena è esplicitamente
per adultero e adultera (Lev. 20:20).
Il linguaggio biblico è “sessista”; ma la critica al linguaggio
sessista è una novità recentissima. Persino nelle opere aggiornate
degli antropologi culturali che dovrebbero essere i più egualitari si
usa un linguaggio sessista; per esempio nella descrizione degli
incesti, partendo da quanto è proibito ad un uomo e non a una donna.
Veramente ardua la conclusione che la femmina sia più vicina alla
natura animale (ammesso che l'animalità sia un difetto). Sembra più
un’invasione di cultura greca o comunque di cultura non ebraica, che un
concetto biblico. La prima donna, Eva, viene creata dalla “costola” di
Adamo, che invece era stato creato dalla terra. Difficile pensare che
sia considerata vicina all'animale la matriarca Sara, alle cui
istruzioni il marito Abramo è obbligato ad attenersi (Gen. 21:12), e
vicine agli animali le levatrici che disobbediscono al Faraone o la
misericordiosa figlia del Faraone che salva Mosè e così via per tanti
esempi.
Il Dio mosaico è un
giudice e al tempo stesso un esecutore della giustizia. Almeno da
questo punto di vista non somiglia affatto all'ebreo Gesù di Nazareth,
figlio di Maria e di Giuseppe della stirpe di David. Non contempla
alcun Figlio il Dio mosaico; non esiste neppure il più vago accenno
alla Trinità. Il Messia - che ancora non è arrivato per gli ebrei - non
è il Figlio ma un Messaggero che verrà a preannunciare il regno dei
giusti. Né esistono sacramenti né i sacerdoti che li amministrano. Quel
Dio è unico, è giudice, è vendicatore ed è anche, ma assai raramente,
misericordioso, ammesso che si possa definire chi premia l'uomo suo
servo se e quando ha eseguito la sua legge.
In questo brano esplode con tutta la sua forza l'antica dottrina
oppositoria che è stata la bandiera dell'antigiudaismo cristiano per
secoli. Il Dio vendicatore opposto a Gesù di Nazareth. Questa dottrina
ha un nome preciso, marcionismo, dall'eretico Marcione che ne fece uno
dei cardini del suo insegnamento. Marcione fu condannato dalla Chiesa,
ma l'opposizione da lui drammatizzata tra due divinità fu recepita e
trasmessa. Solo da pochi decenni la Chiesa se ne distacca
ufficialmente, riconoscendola non solo come errore, ma anche come
strumento illecito di predicazione di antagonismo e di odio. Ma
chi ha studiato o forse solo ascoltato certi concetti in una lontana
età giovanile, e non ha avuto l'interesse a rimetterli in discussione,
ripropone in forma volgare e trita le antiche idee.
Che sono sbagliate perché il Dio della Bibbia ebraica (per non parlare
di quello della tradizione rabbinica) è giustizia e amore, come possono
attestare numerose fonti che non c'è spazio qui per citare. E' il Dio
misericordioso (Es. 34:6) che perdona i suoi servi (sì, servi suoi, ma
solo di lui e per questo liberi, servi di nessun uomo!) proprio quando
non hanno eseguito la sua legge. Nulla avrebbe senso nell'ebraismo
senza il perdono. Il Signore della legge mosaica non ricorda i peccati
di gioventù (Salmo 25:7) e di questo anche chi ha scritto evocando
fantasmi antigiudaici dovrebbe essere grato.
Che poi Gesù di Nazareth sia solo amore e non giustizia, in una melensa
rappresentazione di comodo buonismo imperante, è tutto da dimostrare.
Il marcionismo qui rispolverato in un’affrettata esposizione
parateologica è in altri contesti ancora più pericoloso. E' stato ed è
la chiave di interpretazione della politica israeliana, che è cattiva e
vendicatrice per definizione, appunto perché viziata dalla macchia
ancestrale della religione che la esprime. Quando il giudizio va oltre
la politica partendo da un pregiudizio religioso introiettato anche da
chi si dichiara laico, i risultati sono disastrosi. Proprio nel
giornale diretto da Scalfari non sono mancati testi e titoli (“la
vendetta di Israele”) ispirati a questi concetti.
Nei secoli che seguirono,
fino all'editto di Costantino che riconobbe l'ufficialità del culto
cristiano, il popolo che aveva seguito Gesù offrì martiri alla verità
della fede, fondò comunità, predicò amore verso Dio e soprattutto verso
Cristo che trasferì quell'amore alle creature umane affinché lo
scambiassero con il loro prossimo. Nacquero così l'agape, la carità e
l'esortazione evangelica "ama il tuo prossimo come te stesso".
Questo è il Dio che
predicò Gesù e che troviamo nei Vangeli e negli Atti degli apostoli. Un
Dio estremamente misericordioso che si manifestò con l'amore e il
perdono.
Il popolo ebraico non ricorda in verità molti esempi di amore e perdono
nei suoi confronti da parte delle comunità che in Gesù si riconoscevano.
L'esortazione evangelica "ama il tuo prossimo come te stesso" è anche
evangelica ma viene dalla legge mosaica, Levitico 19:18.
In conclusione: gli errori citati non sono la simpatica confusione di
una rispettabile tarda età, ma vengono da molto lontano, nella
biografia dell’autore e in una lunga storia di opposizione e
disinformazione teologica.
Riccardo Di Segni, rabbino
capo di Roma
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Setirot
- Pensare la pace |
Il
prossimo 17 gennaio, in tutta Israele, nelle città grandi e piccole, a
nord come a sud, è in programma una mobilitazione indetta da Peace Now
e dal Forum delle ONG israeliane per la pace con lo scopo di sostenere
i negoziati e chiedere al governo di rispondere positivamente alle
proposte di John Kerry. Anche questo – piaccia o no – è un modo di
augurare e di testimoniare che Am Israel Hai, di far sentire l'amore
per il proprio popolo e per lo Stato di Israele.
Cocciuti, anche se in apparenza perdenti, ma tuttora convinti che “Due
Stati per Due Popoli” sia la sola strada percorribile, dobbiamo
continuare a dire che gli israeliani e i palestinesi sono diversi da
chi oggi li governa, che gli israeliani e i palestinesi continuano, per
il 60-65%, a essere in ambedue i campi favorevoli ai due Stati.
Stefano Jesurum, giornalista
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Time
out - Violenza delle parole |
Vi
è un pericoloso equivoco nell'idea che la democrazia consista nella
libertà di parola in termini assoluti. Per carità, la bontà delle idee
non va decisa per legge, ma non si può pensare che il diritto
all'offesa e l'incitamento alla violenza possano costituire una
prerogativa della democrazia liberale. Una società dove in nome della
libertà nessun comportamento è regolato, più che alla democrazia dei
nostri sogni assomiglia allo stato di natura descritto da Hobbes. Un
luogo dove il più forte urla di più e ci si augura che sia solo la
cultura l'unico antidoto a fermare la violenza. Purtroppo non è così. E
per questo sbaglia chi ritiene che Dieudonnè non debba essere punito
per le sue affermazioni.
Daniel Funaro
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