Dossier – Progetti di futuro

“Le due parole centrali della Torah – scriveva rav Benedetto Carucci Viterbi sul Portale dell’ebraismo italiano, moked.it – sono darosh darash: ripetizione rafforzata di cercare; ma anche di studiare e di interpretare. Il cuore della Torah è dunque nello studio e nel tentativo di comprendere. E nessuno si può sottrarre a questo compito fondante: neanche Mosé il nostro maestro, colui che cerca al centro della Torah”. Per l’ebraismo, come spiega il rav, lo studio è uno dei pilastri della vita ebraica e nessuno può sottrarvisi. Un concetto da tenere presente anche nella vita quotidiana, in particolare per chi si appresta a diplomarsi e si trova davanti alla scelta se proseguire nello studio oppure no. Con la disoccupazione giovanile arrivata in Italia al 40% e una profonda disillusione sulle prospettive di lavoro, c’è il rischio che attecchisca una diffusa retorica che arriva, nei casi più eclatanti, a definire la laurea “carta straccia”. “Sempre più vengono veicolati messaggi che scoraggiano i giovani dal continuare gli studi a livello avanzato – affermava sul Sole 24 Ore non senza preoccupazione il presidente del Consorzio interuniversitario Almalaurea Andrea Cammelli – dimenticando di sottolineare che se negli Stati Uniti i laureati sono il 42% della popolazione di 25-34 anni, in Italia raggiungono solo quota 21%. Siamo un paese che avrebbe bisogno di più laureati, non il contrario”.
Premessa dovuta a un dossier che vuole offrire uno spaccato delle possibilità che si presentano ai giovani a livello universitario. Nella realtà ebraica – ma non solo – in molti guardano a Israele, alla sua dinamicità ed effervescenza, come possibile meta per proseguire gli studi. Una via ancor più percorribile con l’introduzione nel 2014, per la prima volta, del test psicometrico in versione italiana. La traduzione dell’esame, valido per ottenere l’ammissione alle facoltà israeliane e voluta dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, è un’ulteriore chiave per aprire la porta del mondo universitario israeliano. Realtà da qualche anno a cui le stesse università italiane hanno rivolto il proprio interesse, con l’avvio di progetti di collaborazione negli ambiti più disparati e una sinergia sempre più stretta, testimonianza peraltro della vicinanza tra i due paesi.
In generale l’esperienza all’estero attira sempre più studenti: dalla Gran Bretagna agli Stati Uniti, sono in tanti a lasciare casa per dare seguito ai propri sogni fuori dai confini nazionali. Il punto è seguire, con cognizione, le proprie passioni che sia la ricerca scientifica quanto la fotografia o la moda. “Ho scelto in base a quello che mi piacerebbe fare. Avrei potuto frequentare facoltà considerate intellettualmente più alte ma non volevo rischiare di studiare cose che non mi appassionano”, spiega Shirley Piperno, studentessa di fashion styling a Londra nonché del Diploma triennale in Cultura Ebraica. Un ambito, quello di Studi Ebraici, forse sottovalutato ma che in un mercato occupazionale in cui il lavoro a volte bisogna “inventarselo”, come afferma la professoressa Roberta Ascarelli, apre diverse porte e possibilità, grazie soprattutto al suo essere interdisciplinare. Spunti per una scelta, quella della facoltà e dell’ateneo, di studiare all’estero o in Italia, che rimane personale ma che richiede, in una realtà fortemente interconnessa e globalizzata, di essere sempre più dinamici, creativi e aperti al mondo.
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Pagine Ebraiche, gennaio 2014