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24 gennaio 2014 - 23 Shevat 5774
PAGINE EBRAICHE 24

ALEF / TAV DAVAR PILPUL

alef/tav

Pierpaolo Pinhas Punturello, rabbino
Che qualcuno ci dica davvero di cosa possono parlare i rabbini. Che qualcuno ci indichi la strada del nostro pensiero, dei nostri interventi, delle nostre analisi sociali. Che qualcuno ci dica anche come parlare. Che qualcuno ci faccia sapere se è lecito per un rabbino avere un’idea politica, dei pensieri sul sociale, delle energie rivolte al mondo in cui vive e persino entusiasmi per l’azione politica. Che qualcuno ci faccia sapere se è giusto che un rabbino scriva di grammatica francese come faceva Rashi, di astronomia, di storia, di pensiero politico.
 
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Gadi
Luzzatto
Voghera,
storico
Fra le numerose dimostrazioni di civiltà che Israele esprime, credo vada segnalato il lavoro dell’associazione no-profit IsraAid. Nata nel 2001, ha effettuato interventi umanitari in numerosi paesi e finanzia alcuni progetti continuativi ad Haiti, in Kenia, nel Sudan e altrove. Fra le sue azioni spicca per il grande significato politico l’aiuto profuso in generi alimentari e beni di prima necessità distribuiti ai rifugiati scampati al conflitto siriano e attualmente raccolti nei campi profughi della Giordania.
 
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ROMA - In occasione del Giorno della Memoria torna l'appuntamento con "Memorie di famiglia". L'iniziativa, in programma al centro Pitigliani, si aprirà alle 10.30 con i giovani impegnati a raccontare i ricordi dei loro nonni.
 
Progetti Otto per Mille Presentazione domande
Scadrà il 28 febbraio il termine per la presentazione dei progetti da realizzare con il contributo Otto per Mille. Gli Enti o associazioni interessati dovranno compilare l'apposita scheda dimostrando di aver presentato il modello EAS all'Agenzia delle Entrate. La Commissione Bilancio e Otto per Mille valuterà l'ammissibilità dei progetti e proporrà l'assegnazione del contributo previa approvazione del Consiglio dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane.
 
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Tutelare la Memoria
Si avvicina il Giorno della Memoria e il ricordo di quello che avvenne durante la Shoah, ma anche il dibattito su quali siano le modalità per evitare il rischio di banalizzazioni o eccessi di retorica, è in primo piano sui giornali. “Il racconto corale di un pezzo d’Italia nel suo periodo storico più terribile, di un’Italia indifesa, abbandonata, perseguitata, straziata, ma che ha trovato la forza di ricostruire una vita dignitosa”. Così il presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Renzo Gattegna definisce il volume “Il Libro della Shoah italiana” che sarà in edicola con Repubblica in due volumi nei prossimi giorni (Venerdì di Repubblica). Tra gli spunti di riflessione sulla Memoria maggiormente approfonditi è il saggio della scrittrice Elena Loewenthal “Contro il Giorno della Memoria” (recensione della storica Anna Foa su Avvenire). Tra le altre, da leggere, sul Fatto Quotidiano, l’analisi di Furio Colombo che da parlamentare si batté per l’istituzione della Giornata. “Io avrei voluto il 16 ottobre 1943, giorno del rastrellamento nel ghetto di Roma – ricorda – Se fosse stato scelto il 16 ottobre, questo libretto contro il Giorno della Memoria non avrebbe potuto essere scritto. La mia ostinazione nel volere il 16 ottobre, tra l’altro, incontrò una forte ostilità dei miei colleghi parlamentari. Perché metteva a nudo quella verità di cui parlavo prima: la Shoah è un delitto italiano, che può avvenire a pochi passi dal Vaticano, senza che nessuno, o quasi, dica nulla. Il 27 gennaio era più ecumenico”. La Stampa pubblica una difesa del Giorno della Memoria nello spazio “Editoriale dei lettori”, a firma di un ex dirigente scolastico.
 
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  davar
qui roma
Conservare la Memoria
"Conservare la Memoria". Questo il tema della giornata di studio organizzata per il terzo anno consecutivo dalla Scuola Superiore di Amministrazione dell'Interno in occasione del Giorno della Memoria e con il patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Nell'aula magna dell'istituto, gremita di autorità dello Stato e allievi delle scuole di formazione, il dramma della persecuzione e il ruolo dei Testimoni è stato affrontato - con grande densità - nei diversi interventi. In apertura i saluti del presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna, del direttore della SSAI Emilia Mazzuca, del viceministro dell'Interno Filippo Bubbico e del presidente della Fondazione Museo della Shoah di Roma Leone Paserman. A seguire le riflessioni del sovrintendente dell'Archivio Centrale dello Stato Agostino Attanasio e del regista Ruggero Gabbai, che hanno fatto da preludio alla presentazione del film-documentario "Il viaggio più lungo. Rodi-Auschwitz" diretto dallo stesso Gabbai. Le parole del Testimone della Shoah Sami Modiano, tra i pochissimi ebrei dell'isola sopravvissuti al massacro, hanno concluso l'incontro. "Sami e tutti gli altri Testimoni, a prezzo di grandi sofferenze, ci indicano quale strada percorrere per un futuro di pace e fratellanza tra tutti gli uomini. Il loro coraggio sia per tutti noi un esempio e un monito", ha affermato Gattegna. Il presidente UCEI si è quindi soffermato sull'importanza del legame educativo instauratosi con la Scuola in questi tre anni di comune impegno per la Memoria.
iSRAELE
Shulamit Aloni (1928-2014)
“Una contestatrice ante litteram, spietatamente razionale, ma mai distruttiva”. Così Amos Luzzatto, studioso, intellettuale, giàpresidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane descrive la sua compagna di classe Shulamit Adler nella Palestina del Mandato britannico. Shulamit che alcuni anni più tardi, dopo aver combattuto nella Guerra d’Indipendenza del 1948, sposò Reuven Aloni di cui assunse il cognome. Con quel cognome divenne nota come figura centrale della vita politica e culturale dello Stato d’Israele. Parlamentare, ministro, Premio Israele, attivista conosciuta per essere portatrice di posizioni anche molto controverse, Shulamit Aloni, è scomparsa nelle prime ore della giornata all’età di 85 anni.
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QUI ROMA
L'arte, la testimonianza
“Le mie opere sono una partecipazione al dolore di tutti i tempi”, spiega l'artista Eva Fisher. Rappresentazioni della sofferenza della Shoah nella sua unicità ma anche messaggi universali che esprimono un dolore umano da condividere. E l'arte diventa strumento di testimonianza come dimostrano i lavori di Eva Fisher così come le opere degli artisti Georges de Canino, Adriano Mordenti e Justin Peyser e dei pittori ungheresi Szabolcs Simon e István Papp Sebők, esposte nella mostra “Camminando nella Valle dell'ombra”, inaugurata oggi all'Accademia di Ungheria di Roma. Ad aprire l'evento, patrocinato dalla Comunità ebraica di Roma e del Touro University Rome, le parole del direttore dell'Accademia Antal Molnár, a cui sono seguiti gli interventi Mónika Balatoni, sottosegretario per le relazioni pubbliche del ministero della Pubblica Amministrazione e della Giustizia d’Ungheria e del vicepresidente della Comunità ebraica capitolina Giacomo Moscati.
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QUI VENEZIA
Kaddish in Ghetto Nuovo
Consueta visita del governatore del Veneto Luca Zaia per la deposizione di una corona d’alloro sul memoriale della Shoah in campo di Ghetto Nuovo. Ad accompagnarlo il presidente del Consiglio Regionale Clodovaldo Ruffato e una folta delegazione di consiglieri. Una cerimonia a cui hanno partecipato gli esponenti della Comunità ebraica di Venezia e tra questi il presidente Paolo Gnignati e il rabbino capo Ghili Benyamin. Il rabbino ha recitato la preghiera del kaddish e un salmo in onore delle vittime per poi procedere all’accensione dei sei lumi in ricordo di altrettanti milioni di ebrei deportati e sterminati nei campi di concentramento nazisti.
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QUI ROMA - DOPO I FATTI DEL 14 GENNAIO
Consiglio, voto unitario
Non è certo, come alcuni avevano paventato, il desiderio di divisione, ma piuttosto la consapevolezza del valore inestimabile di una comunità unita, ad aver caratterizzato il Consiglio straordinario della Comunità ebraica di Roma convocato a seguito dei fatti avvenuti nel Centro sociale di via Balbo la sera del 14 dicembre.
I Consiglieri delle tre componenti rappresentate (Per Israele, Efshar, Hazak) si sono a lungo confrontati in un clima di grande collaborazione per prendere atto del monito lanciato dal rabbino capo della Capitale Riccardo Di Segni e raggiungere un’identità di vedute. Al termine del dibattito è stato stilato un lungo documento indirizzato poi agli iscritti della Comunità, disponibile sui siti della comunitari e diffuso anche mediante social network.
I Consiglieri romani sono concordi nel condannare fermamente ogni tipo di intimidazione e di violenza verbale, fisica e psicologica e l’uso dell’aggressione fisica denunciato da alcuni presenti alla serata. Ma il documento prende in esame anche gli altri numerosi aspetti di questa complessa vicenda, rispettando tutte le posizioni messe in gioco e deplorando la scarsa attenzione degli organizzatori dell’evento per le diverse sensibilità presenti nel mondo ebraico romano e manifestando disagio per una campagna mediatica definita aggressiva e strumentale, rivolta a tratti contro i vertici della Comunità, che ha trovato spazio in particolare su alcuni blog e preoccupazione per il tenore di alcune esternazioni apparse sui social network. I sentimenti di gratitudine sono stati rinnovati nei confronti dei volontari responsabili comunitari della sicurezza, che con il loro impegno hanno arginato le contrapposizioni registrate in sala e a tutti i Consiglieri della Comunità e dell'Ucei che si sono adoperati per smorzare i toni. Il documento esprime altresì, sebbene nel corso delle presentazioni siano emerse anche false informazioni, la propria vicinanza agli oratori presenti.
Al forte richiamo all’unità ha fatto da preludio un serrato confronto costruttivo fra tutti i partecipanti, aperto dal Presidente della Comunità Riccardo Pacifici, che si è concluso solo quando è stato possibile trovare l’intesa su ogni singola valutazione. Numerosi i contributi e ricco di spunti il dibattito che ha portato alla stesura definitiva. A prendere la parola, tra gli altri, i Consiglieri dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Elvira Di Cave, Victor Magiar e Raffaele Sassun. Presenti in sala, inoltre, i Consiglieri dell’Unione Sabrina Coen, Noemi Di Segni, Simona Nacamulli e Barbara Pontecorvo.

Adam Smulevich
pilpul
Livelli di guardia
All’appuntamento con il Giorno della Memoria 2014, il mondo ebraico italiano si presenta avvertendo tensioni e segnali che richiedono vigilanza e fermezza. Le contraddizioni che attraversano la società italiana lasciano trasparire segni di immaturità e di instabilità e le farneticazioni che mischiano pregiudizio, antisionismo e antisemitismo vanno moltiplicandosi. In una realtà dove i valori condivisi e i capisaldi del vivere civile sono certo saldamente ancorati, ma pur sempre minacciati, anche il mondo ebraico risente delle tensioni e si interroga per preservare il proprio ruolo di sigillo di garanzia del pluralismo, della democrazia e della tolleranza.
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gv
Parlare del dopo
“Non avrei mai pensato di vedere Moni Ovadia recitare in un film così sionista!” è stato il mio primo commento uscendo dalla visione di “Anita B” di Roberto Faenza. Una battuta a caldo non troppo meditata e ovviamente non da prendere troppo sul serio: il film in effetti non parla di sionismo o di Israele, ma piuttosto del sogno di Israele che potevano avere nel 1945 e 1946 gli ebrei sopravvissuti alla Shoah; e, al di là delle battute, non ho motivi per supporre che Moni Ovadia, per quanto sia aspramente critico verso l’Israele di oggi, non condivida il desiderio di far comprendere quanto fosse luminoso quel sogno.

Anna Segre, insegnante
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Un futuro migliore
Nell’approccio storico, una certa distanza temporale dagli avvenimenti è spesso auspicata per una più lucida analisi a 180 gradi. Questo dovrebbe permettere che con il trascorrere di anni e secoli, non solo negli storici, ma anche nell’uomo e nella società in cui egli è immerso, si giunga sempre a una maggiore comprensione e consapevolezza del passato e dei suoi sviamenti e si cerchi con questi presupposti di affrontare e di riservarci un futuro migliore.

Francesco Moises Bassano, studente
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Dove avvengono le cose
Tra le interviste a italiani di diversa generazione che hanno fatto l’aliyah, mi ha colpito il bolognese e psichiatra Etan Lwow-Maier, trasferitosi in Israele a vent’anni nel ’73. Gli ho chiesto: “Rifaresti oggi l’aliyah?” E lui, dopo aver espresso il suo forte legame con Israele, le sue delusioni dopo l’uccisione di Rabin e i suoi conflitti con l’odierna società israeliana dove crescono le sue figlie, ha concluso che di una cosa è certo: “Rifarei l’aliyah per il semplice fatto che le cose avvengono qui. Su questo non c’è dubbio”. Spesso sono i luoghi a dare senso alle nostre battaglie, e non viceversa.

Ilana Bahbout
Meditazioni
Data la mia patologica dedizione al lavoro, con bonaria ironia un amico mi ha regalato un libretto dal titolo “Meditazioni per uomini che non fanno niente”. Il libro, piuttosto arguto, riporta innumerevoli aforismi e citazioni da autori di ogni nazione e tempo. Il suo scopo è quello di indurre il lettore ad apprezzare l’inerzia. Mentre leggevo, pensavo che non avrei trovato neppure un nome ebraico. E invece, verso la fine, è venuta fuori una strana massima di Benjamin Disraeli.

Laura Salmon, slavista
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