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Paolo Sciunnach,
insegnante
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Per quale motivo l'albero della conoscenza del bene e del male si chiama in questo modo?
Solitamente, a livello elementare, si immagina che l'albero della
conoscenza del bene e del male abbia avuto il potere di concedere la
conoscenza del bene e del male ad Adam e Chavah. Ma se fosse veramente
così sarebbe stato più logico chiamarlo "albero del bene e del male".
Si potrebbe tuttavia interpretare l'albero della conoscenza del bene e
del male come "l'albero di colui che possiede la conoscenza del bene e
del male". Non è l’albero che concede la conoscenza del bene e del
male, ma colui che ne mangia il frutto pretende di possedere la
conoscenza del bene e del male. Adam e Chavah ricevono un solo
comandamento (Mitzvah) da parte di D-o: “Tu potrai mangiare di tutti
gli alberi del giardino, ma dell’albero della conoscenza del bene e del
male non devi mangiare, perché, quando tu ne mangiassi, certamente
moriresti”.
Questa Mitzvah implica già il libero arbitrio dell’uomo: “potrai
mangiare di tutti gli alberi”, “ma dell’albero della conoscenza del
bene e del male non devi mangiare”. L’uomo è libero di fare la sua
scelta. Questo, in un certo senso, implica già la conoscenza della
differenza tra il bene e il male: in questo caso il bene è l’osservanza
del comandamento di D-o, il male è la trasgressione del comandamento di
D-o. L’uomo è difronte alla libera scelta tra il bene e il male. Su
questa base si deduce che la conoscenza del bene e del male era già
parte della vita del primo uomo e della prima donna. Ma allora perché
l’albero della conoscenza del bene e del male si chiama così? Quale è
il ruolo di questo albero simbolico?
Secondo un’interpretazione l’albero della conoscenza del bene e del
male ha questo nome proprio per via del fatto che colui che ne mangia,
attraverso l’azione di trasgredire il comandamento divino, si arroga il
diritto di ignorare il comandamento e di mettere da parte la legge di
D-o, di ritenersi detentore della conoscenza di che cosa sia giusto o
sbagliato, di che cosa sia bene o male, indipendentemente dal volere di
D-o. Come dire che l’uomo si arroga il diritto di sapere sempre cosa
sia bene e cosa sia male per se stesso e per gli altri,
indipendentemente dal comandamento di D-o. Ed è proprio quando l’uomo
pretende di conoscere in assoluto che cosa sia bene e che cosa sia male
per sé stesso e per il suo prossimo che iniziano i problemi. Proprio
quando l’uomo crede di conoscere in assoluto il bene e il male, le
conseguenze sociali si fanno pericolose. Ecco perché l’albero è
chiamato “della conoscenza del bene e del male”.
Infatti, le conseguenze di questo umanesimo esasperato, al punto da ignorare il comandamento di D-o, non tardano a farsi vedere:
“Il Signore vide che la malvagità degli uomini era grande sulla terra e
che ogni disegno concepito dal loro cuore non era altro che male”. “Ma
la terra era corrotta davanti a D-o e piena di violenza. D-o guardò la
terra ed ecco essa era corrotta, perché ogni uomo aveva pervertito la
sua condotta sulla terra”.
Ecco che quando l’umanità si arroga il diritto di conoscere sempre che
cosa sia il bene e che cosa sia il male per se stessa, ignorando il
consiglio di D-o, la terra si riempie di violenza e tende ad
autodistruggersi.
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Anna
Foa,
storica
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La
foto mi arriva su Facebook ed è recente, anche se il testo non dice
quando né dove esattamente. Un cimitero ebraico ungherese, un ebreo di
schiena con la kippah e tante svastiche accuratamente tracciate con la
vernice colorata sulle tombe. Una fila di tombe, una fila di svastiche
grandi a riempire tutto lo spazio della lapide, ad essere ben visibili.
Sono accurate ad indicare che chi le ha tracciate ha preso il suo
tempo, non si è sentito di fretta. Non aveva paura di essere arrestato.
È l'Ungheria di Jobbik, l'Ungheria delle ultime elezioni, l'Ungheria
che fa parte di questa nostra Europa. Ed è questo un fatto che comunque
rappresenta per gli ebrei ungheresi, e per la democrazia ungherese
tanto minacciata e diminuita, una difesa e un argine. Eppure quelle
immagini colpiscono al cuore più di tante analisi e di tanti discorsi.
Hag Pesach Sameach.
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Temi e immagini
del pensiero ebraico
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"Temi
e immagini del pensiero ebraico”. Questo il titolo del ciclo di
incontri ospitato presso la nuova sede della Biblioteca Universitaria
di Genova, l’ex Hotel Colombia (luogo storico della città, che ospitò e
fece cantare grandi nomi tra cui anche i Beatles). L'iniziativa è
organizzata da Laura Mincer (Università di Genova) da Alberto Rizzerio
(Centro Culturale Primo Levi) e Ilana Bahbout (DEC-UCEI).
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il messaggio del presidente ucei
"Un Pesach di consapevolezza"
Cari amici,
la festa di Pesach costituisce per ciascuno di noi, in ogni
generazione, un forte richiamo a compiere una verifica, un fermo invito
a formulare la domanda se ci sentiamo “come se noi stessi fossimo stati
liberati con i nostri padri in Egitto”. Il che significa che non si
festeggia l’evento lieto che accadde ai nostri padri, ma il nostro
evento lieto, la nostra personale e attuale liberazione.
Ognuno è quindi investito delle responsabilità conseguenti all’acquistata libertà, solo con la propria coscienza.
Ma il racconto dell’Esodo ci insegna anche che non c’è posto per la
piena libertà politica e sociale della comunità se in questa non
vengono rispettati i principi etici e i diritti fondamentali di ogni
persona.
Ogni anno l’uscita dall’Egitto viene vissuta come una nuova nascita.
Ma sapersi rinnovare non è mai solo dimensione interiore e nemmeno
abbandono di ciò che è alle spalle, ma piuttosto, capacità di dare un
senso nuovo e rinnovato alla nostra vita individuale e comunitaria.
Nulla di positivo può essere conquistato senza un nostro impegno forte, coerente e rispettoso delle idee e del lavoro di tutti.
Anteporre la nostra coesione e la nostra concordia, rispetto a
qualsiasi altro desiderio o esigenza costituisce un valore
imprescindibile.
Il bene del popolo viene prima e costituisce il presupposto di quello individuale.
Pesach Kasher ve Sameach.
Renzo Gattegna,
presidente Unione delle Comunità Ebraiche Italiane
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QUI ROMA
Emanuele Pacifici (1931-2014)
Raccontare
storia, cultura e memoria degli ebrei italiani. Catalogare e
indicizzare ogni informazione rilevante e metterla a disposizione di
chiunque ne facesse richiesta, dagli studiosi più affermati ai giovani
delle scuole che gli si rivolgevano con interesse e amicizia. Un
impegno di conoscenza che Emanuele Pacifici ha portato avanti per tutta
la vita e nonostante le numerose avversità contro le quali si è trovato
a combattere. Oggi sono in molti a piangerlo e a stringersi al figlio
Riccardo, presidente della Comunità ebraica di Roma e Consigliere
dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, e a tutti i familiari.
Nato a Roma nel 1931 dal rabbino Riccardo Pacifici e da Wanda Abenaim
(entrambi deportati e uccisi ad Auschwitz-Birkenau), Emanuele
sopravvive alle persecuzione nascondendosi nel collegio delle suore di
Santa Marta a Settignano (Firenze). Finita la guerra, viene ritrovato
da un soldato della Brigata Ebraica. Cerca di fare l'aliyah, ma una
grave malattia gli impedisce di partire alla volta di Israele. Resta
così in Italia, dove nel tempo si affermerà come uno dei più
importanti custodi della memoria ebraica del Novecento.
“Emanuele Pacifici – si legge in una nota diffusa dalla Comunità
ebraica di Roma – ha dedicato tutta la sua vita alla registrazione
degli eventi che hanno coinvolto l’ebraismo lungo decenni. Grazie al
suo lavoro di raccolta ha ricostruito la storia delle Comunità ebraiche
italiane, in particolar modo di quelle scomparse, e ha conservato la
più ampia documentazione sul rabbinato di Elio Toaff”. Il 9 ottobre del
1982 una nuova terribile prova: Pacifici è infatti coinvolto
nell'attentato al Tempio Maggiore in cui viene ucciso il piccolo
Stefano Gaj Taché. L'esplosione lo lascia in fin di vita. A salvarlo,
dopo mesi in difficili condizioni di salute, sono i medici
dell'ospedale Fatebenefratelli. Una volta tornato in forze, Emanuele
sceglie di riprendere la sua missione per lasciare in eredità, alle
nuove generazioni, un archivio sempre più significativo e articolato.
“Il ricordo della figura di Emanuele Pacifici z.l – afferma il
presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Renzo Gattegna – mi
riporta indietro nel tempo, ai primi Anni Sessanta, quando le nostre
famiglie e la famiglia Orvieto formarono un gruppo organizzato, una
coalizione di forze, che per alcuni decenni svolse un lavoro
fondamentale nell'ambito giovanile della Comunità di Roma. In
particolare Emanuele, appassionato di documentazione e archiviazione,
iniziò a costruire un suo centro privato nel quale è stata raccolta e
conservata la memoria storica dei fatti più importanti che
interessarono l'ebraismo romano e italiano soprattutto in relazione con
lo Stato di Israele. Siamo stati ininterrottamente legati da grande
stima, amicizia e affetto”. In un messaggio rivolto al figlio Riccardo
e a nome di tutto il Consiglio dell'Unione, Gattegna scrive: “Per tanti di noi
che lo hanno conosciuto e frequentato, non solo della mia generazione,
è stato un grande esempio di vita, di generosità e di impegno ebraico
che ci ha segnato profondamente e che vogliamo ricordare con nostalgia
e affetto”.
I funerali si svolgono, dopo il passaggio del feretro sotto il Tempio
maggiore della Capitale, oggi alle 13.45 al cimitero di Prima Porta.
A Riccardo, a tutti i familiari e agli amici di Emanuele Pacifici, il commosso saluto della redazione.
a.s twitter @asmulevichmoked
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antisemitismo
Orrore a Kansas City
Già
in passato aveva fatto aperta ostentazione del suo antisemitismo il
neonazista del Missouri che ieri ha ucciso tre persone seminando il
panico nella località di Overland, Kansas City. Frazier Glenn Cross, 73
anni, ha iniziato a sparare nel parcheggio del locale Jewish Community
Center e si è poi recato al Village Shalom, casa di riposo a meno di
due chilometri di distanza. Il bilancio finale è di tre morti, tra cui
una anziana donna e un teenager. Un adolescente di 14 anni lotta tra la
vita e la morte in ospedale. Al momento della cattura l'assassino
avrebbe urlato: "Heil Hitler".
Oggi, in segno di lutto, i locali comunitari resteranno chiusi. “Il
nostro pensiero – si legge in una nota diffusa ai media – va a tutte le
famiglie che hanno sofferto in questo giorno tragico. Ringraziamo
inoltre tutti coloro che, a Kansas City e nel mondo, ci hanno
immediatamente manifestato vicinanza e sostegno”. Veglie di preghiera
interreligiose sono proseguite tutta la notte. Un messaggio di
cordoglio per l'accaduto è arrivato anche dal presidente degli Stati
Uniti Barack Obama.
(Nell'immagine l'esterno del Jewish Community Center)
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Tea
for two - Bagagli esistenziali |
Ogni
volta che imbarco la valigia, provo lo stesso brivido: arriverà sana e
salva? Ci ricongiungeremo dopo mille peripezie come due amanti in un
romanzo d'appendice? Per la prima volta, provo a guardare oltre me
stessa, ad entrare in empatia con i miei compagni. La famiglia russa
che aspetta di ricongiungersi con il proprio borsone che sembra essersi
perso nel cielo tra Parigi e Roma e la coppia radical chic con gli
zainetti: lei cappellino e portachiavi a forma di lama, lui occhialini.
Un mare di -ini ed -etti. Si sbaciucchiano mentre aspettano il loro
bagaglio, incuranti, perché alla fine conta pur sempre l'essere
arrivati a destinazione insieme ed aver superato la prova viaggio
d'amore senza essersi uccisi barbaramente.
Rachel Silvera, studentessa/stagista
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Non rompiamoci le ossa
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Molti
aspetti caratterizzano Pèsach, che è simboleggiato dal sacrificio
pasquale: una delle norme più strane che lo caratterizzano è che nel
mangiarlo bisogna stare attenti a non scomporlo nelle sue ossa. Il
testo recita: “Un osso non spezzerete in esso”. Pèsach è la festa della
nascita e dell’unità del popolo ebraico e bisogna stare attenti a non
romperla attraverso le controversie: la tendenza a far prevalere,
talvolta anche con la forza, la propria verità sulle altre finisce per
distruggere la Comunità d’Israele. È già successo altre volte in
passato e questa è l’erba più amara di tutte, perché nasce dall’interno.
Scialom Bahbout, rabbino capo di Napoli
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