Benedetto
Carucci Viterbi,
rabbino
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Il libro di Devarim si apre con un nuovo
censimento, dopo precedenti recentissimi raccontati nel libro di
Shemot. Dio, spiega Rashi, conta e riconta il popolo di Israele come
forma di affetto; come modo per averlo sempre presente alla Sua mente.
E' dunque per Lui dolore quando qualcuno - assassinato in un museo,
davanti a una scuola o a una sinagoga - manca all'appello.
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David
Bidussa,
storico sociale
delle idee
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L’attentato di ieri appartiene al profondo
antieuropeismo che è radicato in molta parte dell’opinione pubblica e
che ieri ha scelto con efficacia: il tempo, una città, un quartiere
specifico, un oggetto-memoria, un momento politico per esprimere con un
solo atto che cosa pensa. Nell’ordine: l’Europa che non vuole; che cosa
identifica con ciò che odia; chi vorrebbe espellere per fare un’altra
Europa.
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"Shoah, rigettiamo paragoni fuori luogo" |
"Gli ebrei italiani assistono con sgomento e
preoccupazione a una campagna elettorale in cui ripetutamente si
evocano simbologie, fatti e personaggi di un passato terrificante per
lanciare messaggi subliminali e denigrare avversari, nella illusoria
speranza di raccogliere facili consensi fra un elettorato che in realtà
è molto più maturo di quanto non si ritenga”. Così è intervenuto il
presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna.
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L'odio antisemita
colpisce Bruxelles |
Opinione pubblica scossa dall’attacco
antisemita di Bruxelles. La notizia occupa infatti le prime pagine dei
principali giornali ed è corredata da intervista e approfondimenti che
inquadrano l’episodio alla vigilia di un voto decisivo per il futuro
delle istituzioni europee. Di attacco al cuore della civiltà ha parlato
il presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo
Gattegna in una dichiarazione diffusa al termine del riposo ebraico
dello Shabbat e riportata, in ampi stralci, dal Corriere della sera
(articolo a firma di Luigi Offeddu). “La nostra risposta a questa
ennesima violenza – ha affermato il presidente UCEI – deve essere nella
coesione di tutti coloro che si riconoscono in quei valori di pace,
unità e fratellanza che i nostri nemici, i nemici dell’Europa libera e
plurale sorta sulle ceneri di Auschwitz, cercano di mettere una nuova
volta sotto attacco”.
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Qui
bruxelles - attacco al museo ebraico
Renzo
Gattegna: 'Violato il cuore dell'Europa civile'
Al termine dello Shabbat il presidente
dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna ha
dichiarato:
“Ancora una volta l’odio torna a colpire nel cuore della nostra civiltà
mostrando il suo volto più bieco e miserabile. Ancora una volta
innocenti cadono sotto i colpi del fanatismo e dell’intolleranza.
Nel piangere le vittime dell’attentato di Bruxelles esprimiamo
preoccupazione e sgomento per un’Europa violata nella sua stessa anima
da chi, animato da un’ideologia malata, cerca di sradicare dalle nostre
vite la democrazia, i diritti, persino la speranza.
La nostra risposta a questa ennesima violenza deve essere nella
coesione di tutti coloro che si riconoscono in quei valori di pace,
unità e fratellanza che i nostri nemici, i nemici dell’Europa libera e
plurale sorta sulle ceneri di Auschwitz, cercano di mettere una nuova
volta sotto attacco. Per raggiungere questo obiettivo non possiamo
quindi limitarci a generiche parole di condanna ma impegnarci a fondo
in una mobilitazione coordinata a livello internazionale, guidata dalle
forze dell’ordine dei diversi paesi, per individuare tutti i gruppi
potenzialmente nocivi allo scopo di evitare che episodi simili
avvengano in futuro.
A tal fine la nostra attenzione deve essere dedicata anche a far sì che
cessino, nel nome di una mal interpretata libertà di espressione,
iniziative illegali di natura razzista, xenofoba e antiebraica.
Scoprire al più presto gli autori di questo orrendo crimine aiuterà a
fare chiarezza sulla dimensione e sulla portata del pericolo che ci
troviamo a fronteggiare”.
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IL
NUOVO SCENARIO POLITICO
L'odio
che minaccia l'Europa
Le
elezioni europee di questo 25 maggio si annunciano molto diverse dalle
precedenti, anzitutto perché si potranno misurare le conseguenze della
peggiore crisi economica dal ’29, anno da cui l’Europa precipitò nel
più tragico scenario della sua storia. Sarà, dunque, anche un modo per
riflettere sullo stato della coscienza collettiva europea a
settant’anni dal secondo conflitto mondiale. Vediamo come ci si
presenta il quadro elettorale. Il dato più appariscente, più volte
discusso su queste pagine, è la crescita di una destra nazionalista,
che non si rifà ai valori del costituzionalismo europeo. Il folto
gruppo è capitanato dal Front National di Marine Le Pen, diretto
discendente dei collaborazionisti di Vichy, che si appresta a diventare
il primo partito di Francia. A ruota segue l’esperienza di governo
dell’ultranazionalista ungherese Viktor Orban (appena riconfermato),
che si ispira esplicitamente a un fantomatico modello euroasiatico,
apertamente distante dal modello democratico occidentale. Innumerevoli
sono le dichiarazioni di Orban in proposito. Ci sono, poi, il Partito
delle Libertà dell’olandese Geert Wilders, la FPÖ austriaca di Strache,
i Veri Finlandesi di Timo Soini, la Lega Nord di Matteo Salvini, per
molta parte (a seconda dei giorni e delle convenienze propagandistiche)
il M5S di Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio. All’estremo di questo
estremismo, i partiti neonazisti: lo Jobbik ungherese e l’Alba Dorata
greca. Le percentuali di consenso di questa compagine sono incredibili
se viste con gli occhi solo di pochi anni fa: tra il 20 ed il 30% nei
rispettivi Paesi. Gli argomenti di questi partiti sono comuni: messa in
discussione dell’attuale UE, dell’Euro, rivendicazione dell’orgoglio
nazionale, critica al processo di globalizzazione (riedizione
dell’antico odio verso l’internazionalismo), islamofobia.
Anche a sinistra si registrano novità. La più significativa è
l’affermazione di Alexis Tsipras in Grecia, il Paese più colpito dalla
crisi, dunque luogo di osservazione privilegiato. Il partito del
giovane leader greco è passato, in questi anni di declino economico,
dal 3% al 30%, soppiantando di fatto la sinistra governativa del Pasok.
Per le elezioni europee, il Partito di Tsipras si è proposto come lista
traversale a tutto il continente, raccogliendo il malcontento diffuso
per un centro-sinistra percepito come troppo accondiscendente verso
l’attuale progetto europeo. Quali sono le posizioni di questa Lista?
Nei fatti, non così distanti dal folto gruppo di destra: critica
all’Europa germanocentrica, critica all’Euro (ricordate la minaccia di
Tsipras del 2009?), rivendicazione di una sovranità nazionale contro
l’ingerenza della Troika. E’ verissimo che le ispirazioni di fondo di
destra e sinistra sono assai distanti, per certi versi diametralmente
opposte, ma le conclusioni appaiono sinistramente simili, con la sola
differenza di una maggiore dose di ambiguità nello schieramento che si
rifà a Tsipras. Cosa avverrebbe se l’Europa rifiutasse la revisione
degli attuali trattati richiesta da questa nuova sinistra europea?
Insomma, le due novità della politica europea sono opposte, ma
convergono su ricette simili, e noi sappiamo bene che quando acque
superiori e inferiori si toccano, è il mabbul (diluvio).
Ci sarebbe da argomentare assai riguardo il modo in cui avvengono
questi slittamenti culturali, sui modi in cui idee considerate fino a
poco fa tabù riescano a insinuarsi in un quadro sociale e culturale
estraneo, sulle strategie da adottare per respingere questi attacchi.
Per ragioni di spazio e a motivo del giornale su cui scriviamo, optiamo
per una “conclusione ebraica”, essendo anche gli ebrei coloro che
maggiormente conservano la memoria degli anni ’30 e ’40. Spesso il
mondo ebraico ha sostenuto, in funzione pro-Israele, le pulsioni
islamofobe cavalcate dai partiti più conservatori. È una grave miopia.
Così facendo si aprirà quella stessa deriva xenofoba che si rivolgerà
inevitabilmente verso l’ebreo, lo straniero per definizione. I
pronunciamenti di Marine Le Pen riguardo la carne di maiale nelle mense
scolastiche francesi si inquadrano, in questo senso, in una cornice
europea dove sovrapposizioni fra circoncisione islamica ed ebraica,
kasherut e carne halal sono all’ordine del giorno. Non è cavalcando
l’islamofobia europea che si difende Israele. Lo Stato ebraico è la
principale vittima di una gigantesca guerra civile interna al mondo
musulmano, che va avanti da almeno un secolo, spesso alimentata dalle
fallimentari strategie occidentali. Uno scenario che non ha nulla a che
fare con il quadro europeo, dove, negli ultimi decenni, si sono
riversate masse di derelitti in fuga da fame e guerre, che, oggi, il
fallimento delle politiche di integrazione in alcune aree del
Continente rischia di spingere verso gli interessi del fondamentalismo
terrorista. Già abbiamo visto esempi in questo senso. Al Liceo, avevo
un professore di filosofia assai eccentrico, un vecchio prete
scomunicato. Erano gli anni novanta e ci raccontava come l’immigrazione
islamica fosse parte di una strategia che mirava a scatenare una guerra
capace di abbattere il nemico dall’interno e come, con gli immigrati,
entravano in Europa anche le armi. Mai avrei pensato che la tesi di un
anziano prete scomunicato, che ancora praticava l’esorcismo, avrebbe
penetrato la coscienza ebraica europea, quella che ha prodotto i Freud
e gli Einstein. È bene uscire subito da questa ambiguità prima di
finire come gli ebrei fascisti delusi da Mussolini; negli argomenti di
Le Pen, Wilders, Strache il futuro è già scritto. E non c'è islamofobia
che tenga.
Davide Assael
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Definire
l'antisionismo |
Non
è agevole argomentare sull'antisionismo cercando di evitare da subito
un giudizio di valore su di esso. Il fatto stesso che porti il prefisso
“anti” rivela esplicitamente la sua natura avversativa e, in immediato
riflesso, la sua carica di secca opposizione a qualcosa così come a
qualcuno. Rispetto a una definizione che non sia unicamente schiacciata
sull'attualità politica, che rischia altrimenti di travolgerne tutti i
significati possibili, l'antisionismo può essere ricondotto, nella sua
essenzialità, a un ampio spettro di convinzioni e credenze che
dall'opinione possono giungere al pregiudizio e, infine, alla
giustificazione di un'azione di offesa nei confronti di cose e persone.
Claudio Vercelli
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Non
perdere il senso critico |
La
visita di Papa Francesco in Israele risveglia un interesse evidente.
Nella prima visita di un pontefice nel 1964, Paolo VI interruppe ciò
che fino a quel momento aveva rappresentato la posizione tradizionale
del Vaticano di astenersi da contatti. Nell’anno 1993 furono stabilite
le relazioni diplomatiche tra la Santa Sede e Israele. Giovanni Paolo
II fu ricevuto con tutti gli onori nel 2000 mentre Benedetto XVI nel
2009 fu accolto con qualche remora.
La soddisfazione nel vedere qui il Capo della Chiesa cattolica, sembra
oggi comprensibile ma è meno evidente la mancanza di qualsiasi senso
critico sul fatto in sé.
Sergio Minerbi, diplomatico
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Nugae
- Non questa domenica |
Anche
per chi avrebbe sempre qualcosa da dire, la domenica è un giorno che si
presta particolarmente alla scrittura, con l'eredità di pensieri della
settimana e dello shabbat appena conclusi che convive proficuamente con
l'inerzia da negozi chiusi. Non questa domenica. A questa domenica è
più adatta una pagina bianca.
Francesca Matalon, studentessa di lettere antiche
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Identità:
Mordecai Kaplan
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Nel
1958 l’allora Primo ministro dello Stato di Israele, David Ben Gurion
si è trovato a gestire il fatto che la nozione stessa di identità
ebraica era diventata in Israele oggetto di una legislazione che
avrebbe avuto implicazioni pratiche cruciali. A cinquanta “Saggi di
Israele” Ben Gurion pose la domanda divenuta il titolo del lavoro del
professor Eliezer Ben Rafael, che in un e-book intitolato “Cosa
significa essere ebreo?” – scaricabile dai siti www.proedieditore.it e
www.hansjonas.it – ha messo in luce per la prima volta in Italia quella
discussione sistematica sull’identità ebraica. Ogni domenica, sul
nostro notiziario quotidiano e sul portale www.moked.it, troverete le
loro risposte. Oggi è la volta di Mordecai Menahem Kaplan (1881-1983).
Nel 1902 è ordinato rabbino dal Jewish Theological Seminary
(JTS). Crea anche la World Union for Progressive Judaism e, nel 1935,
il periodico The Reconstructionist, esperienze base della corrente
ricostruzionista nell’ebraismo americano. Sionista, Kaplan approva al
contempo la permanenza dell’ebraismo in diaspora.
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