
Paolo Sciunnach,
insegnante
|
Ama
la pace, insegui la pace, ama le creature e avvicinale alla Torah
(Avoth 1, 12). In questi giorni abbiamo avuto conferma del fatto che
dialogo interreligioso continua ad essere visto come una strada di
speranza per portare comprensione, impegno e una pacifica coesistenza
tra israeliani e palestinesi. Quando però il dialogo interreligioso si
basa solamente su gesti simbolici ma estranei al concreto contesto
sociale e alla sofferenza reale dei popoli coinvolti, diventa
irrilevante e perde la sua carica morale.
|
|
Leggi
|
Anna
Foa,
storica
|
Salviamo
Razieh Ebrahimi, fatta sposare in Iran a 14 anni, madre a 17, la stessa
età in cui ha ucciso il marito che la sottoponeva a violenze di ogni
tipo, che potrebbe essere impiccata la prossima settimana. In
Iran, come in molti altri paesi islamici, le ragazze possono essere
sposate a 13 anni e i ragazzi a 15. E ancora, nonostante l'Iran abbia
aderito alla Convenzione internazionale sui diritti dell'infanzia,
continua a violarla punendo anche con la pena capitale i ragazzi a 15
anni e le ragazze a 9 anni. Si, avete capito bene: 9. Salviamo Razieh,
stuprata per anni, e ora destinata al cappio del boia.
|
|
 |
Studenti israeliani rapiti,
veglia al Tempio Maggiore
|
Proseguono
senza sosta le operazioni di ricerca dei tre studenti israeliani rapiti
nel Gush Etzion e, parallelamente, sale la tensione con alcuni segmenti
della società palestinese. Sul Corriere della sera, in un articolo che
dà adito a non poche perplessità (si parla ad esempio di studenti
“scomparsi”), Cecilia Zecchinelli descrive la rabbia della popolazione
di Ramallah. “Al di là dei morti, delle decine di prigionieri in
sciopero della fame, delle nuove colonie, è la leadership il problema
chiave dei palestinesi. Mahmoud Abbas ha condannato tre volte
pubblicamente il rapimento dei giovani ebrei, pur dicendo di non aver
visto prove su Harnas, e ha sottolineato la sua collaborazione nelle
ricerche e per la sicurezza nei Territori dove i servizi dell’Autorità
lavorano a fianco degli israeliani. Dichiarazioni e azioni – scrive
Zecchinelli – che gli hanno rivoltato contro la piazza, non solo di
Hamas o della Jihad, ottenendo in risposta da Netanyahu altri attacchi
personali e l’escalation antipalestinese”.
Dei rischi di una nuova Intifada parla tra gli altri anche Fiamma
Nirenstein sul Giornale. “Che succederà adesso – si chiede la
giornalista – dopo che in una serie di scontri generati dalla presenza
dei soldati nelle strade sono rimasti uccisi due giovani palestinesi?
Si spezzerà l’unità Hamas-Fatah, o vedremo una nuova Intifada? Il filo
è molto sottile, quasi spezzato, e i ragazzi rapiti non si trovano, ciò
che obbliga Israele a continuare le ricerche”.
|
|
Leggi
|
 |
|
|
|
INFORMAZIONE
Eyal, Gilad, Naftali. I loro nomi per dire: la pace si fa con i fatti
Eyal,
Gilad, Naftali. Grida i nomi dei tre adolescenti israeliani rapiti dai
terroristi palestinesi il titolo di testa che apre il nuovo numero del
giornale dell’ebraismo italiano Pagine Ebraiche in distribuzione nei
prossimi giorni. L’immagine scelta dalla redazione per simboleggiare
queste drammatiche giornate di tensione, ma anche la speranza della
loro immediata liberazione, è quella delle tre madri dei ragazzi
abbracciate.
“È una stagione – si legge nel testo d’apertura - quantomai
difficile e delicata, ma soprattutto crudele, per la negazione di ogni
speranza e di ogni prospettiva di confronto, per la mancanza di
rispetto di ogni elementare regola del vivere civile, per l’attacco a
freddo a giovani civili, indifesi e disarmati. Una stagione dura per il
brusco risveglio dal breve conforto di spiritualità e di comprensione
conquistato nel corso della preghiera comune che si era svolta in
Vaticano solo pochi giorni prima. Certo, le parole di pace e le
dichiarazioni di buone intenzioni non sono mancate. Ma mai come oggi la
realtà ci costringe a ricordare che la pace da un punto di vista
ebraico non è uno slogan, non è una parola, non è una formale
dichiarazione di intenti. È un fatto. È un’azione tangibile e chiara.
La pace non è la semplice, empirica constatazione di una temporanea
assenza di conflitti, è la concreta volontà di superare i conflitti, di
rigettare la violenza e la prevaricazione. A chi ha pronunciato, ieri,
sincere parole di pace, si presenta oggi una sfida difficile e si offre
un’occasione nuova. Passare dai gesti simbolici ai fatti, compiere ogni
sforzo perché la pace diventi realtà e non sia solo vana speranza”.
All’interno, fra le numerose opinioni, anche quella del politologo e
demografo Sergio Della Pergola, che sferra un duro attacco alle
ambiguità della politica italiana nei confronti del rapporto con il
mondo ebraico e con Israele. “Con il rapimento nella zona di Gush Eziòn
di tre giovani studenti, pedoni, civili e disarmati – afferma fra
l’altro l’illustre studioso puntando il dito sulla pochezza della
retorica politica italiana e prendendo spunto da alcune dichiarazioni
del sindaco di Napoli Luigi De Magistris - si è creata una nuova
opportunità per capire la vera natura” del mondo politico italiano. “Se
De Magistris, per esempio, vuole compiere il suo dovere di democratico,
e in particolare di primo cittadino di un grande centro della civiltà
mediterranea, ci aspettiamo da lui una chiara, inequivocabile e
incondizionata dichiarazione di condanna nei confronti dei rapitori dei
tre ragazzi israeliani e dell'ideologia fondamentalista che sta a monte
di questo gesto di criminalità politica. Chi ha detto che bisogna
liberare tutti i prigionieri politici, nomini esplicitamente i nomi dei
tre ragazzi. Magari offra alle loro famiglie la cittadinanza onoraria
di Napoli. Se invece non fosse in grado o non volesse esprimere una
tale presa di posizione, in primo luogo dimostrerebbe di avere un
rapporto falso e anche antitetico rispetto alla piattaforma di
democrazia, legalità e uguaglianza sulla quale è stato eletto. E,
peggio, dimostrerebbe definitivamente di non essere un uomo di
giustizia, ma un silenzioso fiancheggiatore degli atti di terrorismo”.
|
#eyalgiladnaftali
Uniti nella solidarietà
Prosegue
la mobilitazione dell'Italia ebraica per chiedere la liberazione dei
tre studenti israeliani rapiti nel Gush Etzion. Tra gli appuntamenti
più significativi l'iniziativa in programma questa sera al Portico
d'Ottavia con centinaia di magliette recanti la scritta
#BringBackOurBoys in distribuzione e con un collegamento video che
verrà approntato con i familiari e la yeshiva in cui studiano Eyal,
Gilad e Naftali. Seguirà una tefillà al Tempio Maggiore condotta dal
rabbino capo Riccardo Di Segni.
(Nell'immagine
il messaggio di solidarietà lanciato dai partecipanti al raduno della
Federazione Giovanile Ebraica d'Italia svoltosi nelle scorse ore a
Firenze).
|
qui firenze - SEMINARIO MERCATI E VALORI
Interpretare i segnali economici
Le
notizie economiche sono diventate un elemento costante della nostra
quotidianità. Ci si trova a interrogarsi su quale futuro avranno le
istituzioni europee e su come affrontare la crisi e quali sistemi
alternativi a quello attuale è lecito immaginarsi, magari auspicando
una virata verso la sostenibilità, in particolare ecologica, del
mercato globale. E poi, come minoranza ebraica, non possiamo che
guardare al nostro rapporto con la società civile, dal sostegno che
quest'ultima può dare ai valori di cui l'ebraismo italiano è portatore,
ad esempio con l'8 per mille. Argomenti di stretta attualità, legati
alla dimensione economica e intrecciati alla visione ebraica del mondo,
che tornano ad essere protagonisti con la seconda edizione del
seminario Mercati e Valori organizzato dalla redazione del portale
dell'ebraismo italiano www.moked.it e Pagine Ebraiche in collaborazione
con la Comunità ebraica fiorentina. Tra gli ospiti di questa edizione,
che prenderà il via nelle prossime ore, uno dei più noti economisti
internazionali, Luigi Zingales (Chicago Booth School of Business),
intervistato da Pagine Ebraiche nel numero di giugno.
(Nell'immagine Zingales ritratto dalla matita di Giorgio Albertini)
Leggi
|
Oltremare
- Misto israeliano |
Bisognerebbe
avere sempre sotto gli occhi una cartina, possibilmente aggiornata, di
Israele, Libano, Siria, Giordania, Egitto. Anche senza andare fino a
Turchia, Iraq e Iran, si capirebbe molto di quello che succede qui da
noi. Le distanze sono quello che sono, e nessuno si stupisce più se
mentre in Siria ancora ci si ammazza in una guerra civile, da mesi
passano in territorio israeliano feriti gravi che non avrebbero nessuna
possibilità di cavarsela dall'altra parte del confine. Ma capita anche
il contrario: capita che in Golan un ragazzino convinca il padre a
portarlo con se’ al lavoro nel primo giorno delle vacanze estive, e che
il camion su cui viaggiano venga centrato in pieno da un missile
sparato dal lato siriano del confine, vicinissimo alla strada. E capita
che il tredicenne muoia quasi sul colpo. E che la famiglia sia di arabi
israeliani.
Daniela Fubini, Tel Aviv
Leggi
Finestra sul confine - Samar |
Samar
Sahar è nata a Gerusalemme est. Durante il periodo nefasto della
seconda intifada, quando avevamo tre attentati al giorno perpetrati dai
terroristi palestinesi, mi chiesero di andare a intervistarla. Ci
incontrammo dopo alcune perplessità a casa di sua madre, io andai
“scortata” da Yehuda e quasi in incognito ma dopo pochi minuti di
conversazione capimmo che era come se ci fossimo conosciute da sempre:
due educatrici, due madri, io dei miei quattro figli, lei dei suoi 120
ragazzi orfani di Betania e delle 40 ragazze di Lazarus Home for girls,
lei cristiana, io ebrea. La nostra amicizia dette vita a una serie di
progetti straordinari in piena guerra: la giornata del pane della pace,
dove donne israeliane e palestinesi cuociono i pani tradizionali e li
condividono, conferenze in giro per il mondo, premi e riconoscimenti.
Tutto questo fino a che il quadro politico di Betania è cambiato.
Angelica Edna Calò Livne
Leggi
|
|
|
|
Tea
for two - L'attesa |
Scrivo
mentre nell'inquietante bar sotto casa, qualcuno canta live canzone da
torero triste o da tanguero innamorato. Mai come di questi tempi il
mondo è indiavolato: ci guardiamo persi, in attesa di veder tornare a
casa tre ragazzi; sul volto di tutti un unico grande punto
interrogativo.
"Cosa accadrà poi?" e non lo sai davvero cosa ne sarà di tutti noi. Sai
solo che non è giusto. L'inquietudine sale. Non puoi fare a meno di
vivere, di tentare di non pensare e di sentirti in colpa per questo. Ma
è la vita che deve vincere. Solo questa. Allora aspetto, aspettiamo,
perché voglio, vogliamo, che anche questa volta vinca.
Rachel Silvera, studentessa/stagista
|
|
|