Pierpaolo Pinhas Punturello, rabbino
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“Dio
vendichi il loro sangue, Hashem Inkom Damam". Questa espressione
accompagna ormai da cinque giorni il nome di Gilad, Naftali ed Eyal, i
tre ragazzi rapiti ed uccisi da Hamas. Dio vendichi il loro sangue. Un
frase che fa gelare il sangue ma che in realtà porta con sé, nel dolore
più tragico, un profondo insegnamento per ogni cuore che si definisca
umano. La vendetta non è un diritto dell’uomo, la vendetta non è nelle
nostre mani e non può mai essere un atto giustificato. Hashem, Dio,
vendicherà il loro sangue. Noi rimettiamo a Lui gli atti di
misericordia e gli atti di giustizia, noi ci fermiamo stringendo i
pugni della nostra legittima rabbia davanti al confine della umana
comprensione e del giusto agire e diciamo: “Dio vendichi il loro
sangue”.
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Gadi
Luzzatto
Voghera,
storico
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Chi
distrugge una vita è come se distruggesse un mondo intero, chi salva
una vita è come se salvasse il mondo intero (Yerushalmi, Sanhedrin
22a). Per questo noi decretiamo per i figli di Israel che colui che
uccide chi non ha commesso un omicidio o un orrendo crimine, sarebbe
come se uccidesse tutto il popolo. E chiunque risparmia una vita è come
se risparmiasse le vite di tutto il popolo (Corano 5:32). Il valore
della vita è un concetto profondamente radicato nelle culture religiose
che animano il panorama mediorientale. Eppure la modernità, intesa
nella accezione pericolosa di un nuovo sistema di relazioni sociali non
mediate da eventi straordinari (come per l’Europa la rivoluzione
francese), ha introdotto criteri di comportamento e dinamiche politiche
che mettono decisamente in secondo piano l’idea di sacralità della vita.
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Ucei-Fondazione Cantoni
Borse di studio per Israele
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Anche
per l’anno accademico 2014-2015 l’Unione delle Comunità Ebraiche
Italiane e la Fondazione Raffaele Cantoni tornano a offrire borse di
studio per ragazzi italiani che intendono sostenere un progetto di
formazione nello Stato di Israele. |
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Medio Oriente,
sale la tensione
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Proseguono
le operazioni di ricerca degli assassini di Eyal, Gilad e Naftali in
Cisgiordiania. E contestualmente proseguono gli scontri tra forze di
sicurezza israeliane e militanti palestinesi così come, dalla Striscia
di Gaza, incessante è il lancio di razzi verso il Sud del paese e in
particolare verso la città di Sderot: azioni cui sono seguite le
reazioni dell’esercito. Gli ultimi venti di tensione sono oggi
raccontati da tutti i principali quotidiani: nel sottolineare gli
spostamenti di truppe di Tsahal verso Gaza, Davide Frattini del
Corriere della sera riporta le dichiarazioni di un portavoce
dell’esercito. “Non sono i preparativi a un’operazione militare.
Vogliamo mandare un messaggio ad Hamas – afferma il portavoce – deve
fermare il bombardamento, nelle prossime 24 ore vedremo se ha capito”.
Oggi dovrebbe essere intanto il giorno del funerale di Mohammed Adu
Khadeir, il 17enne palestinese barbaramente ucciso nelle scorse ore da
ignoti. Tante le piste che si rincorrono in queste ore: dall’ipotesi
vendetta a un regolamento di conti tra palestinesi per la presunta
omosessualità del giovane. “La polizia israeliana ancora non ha un
movente – scrive Maurizio Molinari sulla Stampa – ma per i feddayn di
Shuafat, il quartiere dove vive la famiglia Abu-Khadeir i colpevoli
sono ben noti”. A infuocare gli animi (e gli scontri che sono seguiti a
Gerusalemme Est) anche il gran muftì di Gerusalemme, che ha dichiarato:
“Questo bambino è stato ucciso dai coloni, che agiscono come gangster”.
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rav zalman schachter shalomi (1924-2014)
“Se
la lunga durata della tua vita non è supportata da un’estesa
consapevolezza, non stai vivendo a lungo. Stai solo morendo a lungo”.
Zalman Schachter-Shalomi, il fondatore e più importante leader del
Renewal Judaism, il movimento per il rinnovamento ebraico, è scomparso
in Colorado a 89 anni (nell’immagine in uno storico incontro in Tibet
con il Dalai Lama insieme a un gruppo di rabbini, raccontato nel libro
“The Jew in the Lotus” di Rodger Kamenetz). Reb Zalman, come era
affettuosamente noto, era nato in Polonia nel 1924 e cresciuto a
Vienna. Con la sua famiglia riuscì a raggiungere l’America nel 1941,
dopo un periodo di internamento in un campo del governo di Vichy. Si
avvicinò al chassidismo e in particolare al mondo dei Lubavitch da cui
ricevette l’ordinazione rabbinica nel 1947. A completare il suo
percorso di studi furono un master in Psicologia delle religioni alla
Boston University e un dottorato alla Hebrew Union College, istituto
legato all’ebraismo riformato. All’inizio degli anni ’60 infatti il
rabbino cominciò ad allontanarsi da Chabad, mantenendo però quello che
in molti definiscono un approccio “neochassidico”, fortemente
incentrato su alcuni elementi essenziali del chassidismo, e
contemporaneamente influenzato da forti ideali progressisti.
Spiritualità, canto, danza, meditazione, mistica, ma anche femminismo,
diritti civili, attenzione all’ambiente, giustizia sociale, fusi in un
approccio da molti definito come New Age, che si propone di dare una
risposta ebraica alla vita contemporanea e che ha saputo avere nei
decenni una forte influenza ben oltre i confini della comunità di chi
oggi si riconosce apertamente nel Renewal Judaism. “Ho trascorso del
tempo con Reb Zelman l’ultima volta un mese fa, durante Shavuot.
Dimostrava tutti i suoi 89 anni – ha scritto sul Forward Jay
Michaelson, giornalista e scrittore, fondatore del magazine ebraico
progressista Zeek, ricordando la figura del suo Maestro – Aveva chiara
la percezione di essere vicino alla fine dei suoi giorni. È stata dura
sentirlo, ma anche stranamente confortante. Mi sono trovato di fronte a
un Maestro capace di morire nello stesso modo in cui aveva vissuto: con
consapevolezza, onestà e insegnamenti per tutti noi”. Tra i pilastri
del Renewal Judaism, un approccio nuovo all’Halakhah, l’integrazione
fra il mondo fisico, spirituale, emozionale e intellettuale,
l’importanza del dialogo interreligioso e dell’ecumenismo inteso come
legame fra le varie fedi, il concetto di “cambiamenti di paradigma”
(che nel mondo scientifico indica un cambiamento nelle assunzioni
basilari nell’ambito di una teoria dominante) nell’ebraismo. Nel 1962,
Schachter-Shalomi aveva fondato in Massachusets B’nai Or Religious
Fellowship, una congregazione basata su affinità e partecipazione senza
un leader, ma invece basata su un approccio partecipatorio,
introducendo momenti di meditazione, canto e danza, durante la
preghiera. Nel 1993 B’nai Or (letteralmente “i figli della luce”) si
fuse con lo Shalom Center del rabbino Arthur Waskow’s, dando vita ad
Aleph, the Alliance for Jewish Renewal. Così Michaelson spiega
l’impatto di Reb Zalman sulla sua vita e sul mondo ebraico, ricordando
il loro primo incontro, una lezione alla Hillel House mentre studiava
legge a Yale. “Sarebbero passati molti anni prima che ci rivedessimo.
Quando accadde, nel 2002, esercitava già un’influenza fondamentale
nella mia vita, spesso senza che io nemmeno me ne rendessi conto.
L’ebraismo che io praticavo era l’ebraismo che aveva contribuito a
creare: partecipatorio e progressista, ma allo stesso tempo fortemente
impegnato sul fronte della potente spiritualità delle comunità ebraiche
tradizionali. Nonostante il Rinnovamento ebraico sia spesso etichettato
con lo stereotipo di New Age è in realtà alquanto intransigente,
rifiutandosi di rinunciare alla politica progressista (nel senso più
ampio del termine) o al potere spirituale del Chassidismo o della
Kabbalah. Pratichiamoli entrambi, insiste”.
Rossella Tercatin twitter @rtercatinmoked
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israele
Lutto e forte tensione
Un
clima di forte tensione, nuovi scontri e episodi di violenza
palestinese hanno contrassegnato in una giornata rovente le esequie
dell'adolescente arabo
Mohammed Abou Khoudaïr avvenute nel primo venerdì del Ramadan.
“Mi appello a tutti i cittadini di Israele e vi chiedo: vi prego di
usare moderazione nelle vostre azioni e parole. I nostri cuori
soffrono, il nostro sangue ribolle, ma dobbiamo ricordarci che siamo
prima di tutto essere umani e siamo cittadini di uno Stato in cui le
leggi si rispettano. Noi prendiamo decisioni in modo responsabile,
ponderato e a mente fredda”. È l'appello che ha voluto intanto lanciare
ieri il Primo ministro di Israele Benjamin Netanyahu a tutta la
nazione. Un richiamo alla responsabilità pronunciato nel corso di un
evento organizzato all'ambasciata statunitense in Israele. La tensione
nel paese è alta e negli occhi degli israeliani è ben presente la
dolorosa immagine dei funerali di Eyal, Gilad e Naftali, i tre ragazzi
israeliani rapiti e uccisi da terroristi palestinesi e i cui corpi sono
stati ritrovati lunedì scorso. Le autorità israeliane stanno lavorando
senza sosta per assicurare i responsabili del brutale omicidio alla
giustizia. Perché Israele, ha affermato il premier, è uno Stato di
diritto. “Rivolte, istigazioni e vigilantes non hanno spazio nella
nostra democrazia”, ha ribadito Netanyahu rispetto a episodi di
intolleranza legati a estremisti israeliani.
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#eyalgiladnaftali
Una preghiera per la pace
Continuano
a susseguirsi momenti di raccoglimento e riflessione in tutta l'Italia
ebraica. A Venezia (nell'immagine) preghiera in Ghetto Novo condotta
dal rabbino capo Scialom Bahbout, a Firenze "apertura per lutto" al
Balagan Cafè organizzato dalla locale Comunità ebraica.
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Memorie ebraiche
Dalla Libia a Roma
Cadeva
negli scorsi giorno il 47esimo anniversario dalla cacciata degli ebrei
di Libia e dall'arrivo di una significativa componente di questi a
Roma. Racconti, storie, emozioni dalla viva voce dei protagonisti sono
oggi a disposizione degli interessati sul sito www.memoriebraiche.it
allestito dal Centro di Cultura della Comunità ebraica romana con il
sostegno dell'Otto per Mille destinato all'UCEI. Tra le varie
testimonianze il racconto di Ruben Braha, Ever Cohen, Hatikwa Gabison,
David Habib, Simeone Habib, Fortuna Halfon, Linda Hassan, Liliana
Gerbi, Yvette Journò, Gino Mantin, Elsa Mimun e Shalom Tesciuba.
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Studiare per studiare |
Difficoltà
delle prove, tipologie, punteggi, criteri di valutazione, voti giusti e
ingiusti, troppo severi o troppo larghi. Mentre mi perdo in questi
discorsi, tipici degli insegnanti nel periodo degli esami di stato, mi
viene ricordato che nelle yeshivot si studia in coppia e non esistono
voti. Qualche ora dopo sento il telegiornale che parla dei “tre
seminaristi uccisi” e con un po’ di sconcerto cerco di ricostruire il
percorso logico che ha portato a questa definizione: yeshivà = scuola
rabbinica = scuola per diventare rabbini = seminario. Forse chi ha
scelto questa parola non aveva capito che si può studiare in una
yeshivà e poi magari esercitare qualunque tipo di mestiere.
Anna Segre, insegnante
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Salvare il legno |
Tra
le ricchezze travolte dalla furia distruttiva nazista, non si possono
dimenticare le originali sinagoghe di legno (in polacco Drewniane
Synagogi) diffuse in gran numero prima del 1939 nell’Ex Confederazione
Polacca-Lituana. Costruite prevalentemente nel Seicento e nel
Settecento, in un periodo relativamente prospero per le comunità
ebraiche della zona, rappresentano come le analoghe chiese in legno dei
Carpazi, del Maramuresh e dell’Ucraina Occidentale, un raro esempio di
architettura vernacolare ebraica.
Francesco Moises Bassano, studente
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Dal caos alla legge |
"In
quel tempo non c'era un re in Israele; ognuno faceva quel che gli
pareva meglio”. Questa frase, che troviamo spesso nel libro dei
Giudici, mi ha sempre colpito: secca e lapidaria allude a un mondo
caotico in cui le tribù si facevano spesso giustizia da sole. Il testo
ce lo racconta così, varie volte, con il medesimo inciso.
Ilana Bahbout
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