1° agosto 2014 - 5 Av 5774 |
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Su Pagine Ebraiche 24, la Newsletter
quotidiana di metà giornata, oggi i pensieri di Pierpaolo Pinhas
Punturello e di Gadi Luzzatto Voghera. Nella sezione pilpul una
riflessione di Anna Segre, Francesco Moises Bassano, Ilana Bahbout e
Laura Salmon.
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Embassy of Israel @IsraelinUK
(1° agosto)
@IsraelinUK: #Hamas have already broken the Ceasefire by firing on Kerem Shalom. #IDF returned fire.
Amit Zarouk @portavoceIsrael
(1° agosto)
#hamas nonostante la tregua di 72 ore spara ancora razzi sul sud #israele, un pugno in faccia alle speranze
Maurizio Molinari @Maumol
(1° agosto)
#Israele, Shoshanna Evron, 78 anni, obbligata a lasciare il kibbutz
#Saad dai razzi: "#Hamas agisce come i nazisti" http://bit.ly/WQLu0x
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Hamas viola la tregua
Sui giornali si parla della tregua
umanitaria, raggiunta ieri in serata e appena violata da Hamas con
nuovi missili su Israele. Sull’edizione del mattino del Sole 24 Ore Ugo
Tramballi scrive che “Il segretario di Stato americano John Kerry e il
segretario generale dell'Onu, Ban Ki Moon, in un comunicato congiunto
affermano di aver ricevuto assicurazioni da tutte le parti per un
cessate il fuoco incondizionato durante il quale ci saranno trattative
per una tregua più duratura”. Il portavoce delle Nazioni Unite Stephane
Dujarric ha aggiunto che “le delegazioni israeliana e palestinese
andranno immediatamente al Cairo per intraprendere negoziati con il
governo egiziano, su invito dell'Egitto, per tentare di raggiungere
l'accordo su un cessate il fuoco durevole”.
Tramballi scrive anche che “per quanti tunnel la fanteria riesca a
scoprire e distruggere, ne rimane sempre uno attraverso il quale i
miliziani continuano a infiltrarsi. E quando le truppe se ne andranno,
altri cunicoli saranno scavati”. Aggiunge che Iron Dome salva la vita
agli israeliani “ma paradossalmente accentua la sproporzione con i
morti civili palestinesi, ponendo Israele in una posizione deplorevole
sul piano politico e morale”.
La notizia della tregua è presente anche sull’edizione della mattina
del Corriere della Sera su cui Frattini descrive quella sorta di L “che
l'esercito ha creato attorno alla Striscia di Gaza. Da qui, proclama il
premier Benjamin Netanyahu, le truppe non se ne vanno fino a quando
‘non avranno distrutto tutti i tunnel del terrore’”.
Maurizio Molinari, sulla Stampa, riporta l’opinione di Sami Turgeman,
capo del comando Sud delle forze armate, secondo cui “serve qualche
altro giorno” per completare la missione contro i tunnel di Hamas, Il
premier israeliano Benjamin Netanyahu ha dichiarato: “Completeremo la
missione contro i tunnel di Hamas, con o senza il cessate il fuoco”.
L’Onu accusa gli Stati Uniti di fornire armi ad Israele, e il portavoce
del Pentagono, ammiraglio John Kirby, spiega che “gli Usa sono
impegnati a garantire la sicurezza di Israele ed è vitale assistere
l'alleato nel rafforzare le capacità di autodifesa”. La fornitura di armi,
che Israele ha chiesto a Washington, passa per l’apertura dei depositi
creati in Israele negli ultimi dieci anni per sostenere le truppe
americane in Medio Oriente. La consegna di munizioni è prevista dal
trattato bilaterale sui depositi Usa e implica che la scelta di dare a
Israele tempo per concludere la distruzione dei tunnel.
Per raccontare la vita dei soldati israeliani e spiegare chi sono
Fiamma Nirenstein (il Giornale) ha intervistato due ragazzi italiani:
Leonardo, venticinque anni, arruolato nei Golani - una unità
dell’esercito che è mito per tutti gli israeliani, su cui si cantano
canzoni epiche - spiega che dall’inizio delle operazioni le ore di
sonno non son mai state più di tre o quattro e che comunque non ha mai
dormito in un letto. “Ho avuto l'impressione che i cittadini di Gaza
siano autentici schiavi. Ho visto case in cui la camera dei bambini è
adornata con fotografie dei terroristi, cartine da cui è cancellata
Israele, stelle di Davide trasformate in svastiche, depositi di armi.
Non un segno di umanità, di pace - dice desolato - Hamas è vile.
Abbiamo fermato il fuoco molte volte perché un terrorista si copriva
con un bambino, o perché comparivano donne e vecchi. Dietro arrivano i
terroristi. Prima di entrare in azione tuttavia l'ultima indicazione
che ti dà il comandante è di non puntare il fucile su chi non è armato,
condividere il tuo stesso cibo e la tua acqua con chi non ha da
mangiare o da bere, fermare tutto se appare un bambino”. Daniel,
ventenne arruolato in Marina, racconta invece che due dei suoi migliori
amici sono stati uccisi: “Sappiamo che la morte è una possibilità, ma
non ci si pensa. La mia famiglia sta in pensiero, telefono ogni volta
che arrivo in porto, circa due volte a settimana. Quelli che non
capiscono cosa stiamo facendo devono venire per un paio di giorni a
Ashkelon o in un kibbutz con scoppi, sirene, distruzioni, dove la gente
non può uscire, i bambini devono restare nel sottosuolo, le famiglie
non hanno più lavoro... C'è un Paese che deve essere salvato, io sono
qui per questo”. Sulla Stampa Maurizio Molinari racconta la storia di
chi si trova dopo una vita a lasciare la propria casa, troppo vicina al
confine con la Striscia di Gaza e impossibile da proteggere, con ancora
nel cuore la memoria delle persecuzioni nazifasciste subite in Italia,
prima di emigrare in Israele.
Matteo Renzi,
ieri, mentre si preparava a partire per il Cairo, dove incontrerà oggi
il presidente Al Sisi e il premier Mahlab, ha dichiarato (il
Messaggero, La Stampa) che bisogna “Insistere e investire sulla
proposta egiziana”, perché è “l'unica carta da giocare”. Sul Financial
Times, invece, vengono presentate quattro diverse strade per arrivare
alla fine del conflitto, uno dei più lunghi in cui sia mai stato
coinvolto Israele, che ha sempre combattuto guerre molto brevi.
Contemporaneamente in Italia, alla vigilia del trentaquattresimo anniversario della strage di Bologna,
viene archiviata la “pista palestinese”, oggetto di polemiche da anni.
Secondo i magistrati non esistono piste alternative a quella
neofascista e (Corriere) nonostante alcun fatti alimentino “un grumo
residuo di sospetto” questo non è sufficiente alla formulazione di
accuse. La storia della pista palestinese è vecchia quanto la strage,
ma, riporta Luigi Spezia su la Repubblica, essa “non esiste o comunque
non è dimostrabile”; ma la decisione della procura di Bologna ha
generato subito altre polemiche.
Su La Stampa due pagine sono dedicate alla polemica fra il giurista
statunitense Alan Dershowitz, che scrive al filosofo Giovanni Vattimo dopo
le sue dichiarazioni fatte nel corso di una trasmissione radiofonica,
riprese dal quotidiano israeliano Haaretz. Dershowitz lancia la sua
“sfida” all’intellettuale italiano, che gli risponde.
Sul Corriere Sergio Romano, rispondendo a una lettera che chiede spiegazioni sull’antisemitismo
in Francia, si sofferma sulla storia degli ebrei nella nazione europea
in cui le manifestazioni sono state maggiori e più violente. E il
Giornale riporta un caso - in Belgio - in cui un medico ha rifiutato di
curare un’anziana, ebrea, suggerendo: “Mandatela qualche ora a Gaza,
poi non sentirà più alcun dolore”.
Anna Foa sull’Avvenire presenta la Storia degli ebrei italiani
di Riccardo Calimani, il cui secondo uscito da poco analizza le vicende
dell’ebraismo italiano dall’età romana al periodo napoleonico. Stefano
Jesurum, su Sette del Corriere, racconta la storia dello scrittore
israelo-palestinese Sayèd Kàshua che abbandona Gerusalemme “perché il
sogno di pace è ormai spezzato”.
Ada Treves
twitter @atrevesmoked
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