Hamas viola la tregua

rassegnaSui giornali si parla della tregua umanitaria, raggiunta ieri in serata e appena violata da Hamas con nuovi missili su Israele. Sull’edizione del mattino del Sole 24 Ore Ugo Tramballi scrive che “Il segretario di Stato americano John Kerry e il segretario generale dell’Onu, Ban Ki Moon, in un comunicato congiunto affermano di aver ricevuto assicurazioni da tutte le parti per un cessate il fuoco incondizionato durante il quale ci saranno trattative per una tregua più duratura”. Il portavoce delle Nazioni Unite Stephane Dujarric ha aggiunto che “le delegazioni israeliana e palestinese andranno immediatamente al Cairo per intraprendere negoziati con il governo egiziano, su invito dell’Egitto, per tentare di raggiungere l’accordo su un cessate il fuoco durevole”.
Tramballi scrive anche che “per quanti tunnel la fanteria riesca a scoprire e distruggere, ne rimane sempre uno attraverso il quale i miliziani continuano a infiltrarsi. E quando le truppe se ne andranno, altri cunicoli saranno scavati”. Aggiunge che Iron Dome salva la vita agli israeliani “ma paradossalmente accentua la sproporzione con i morti civili palestinesi, ponendo Israele in una posizione deplorevole sul piano politico e morale”.
La notizia della tregua è presente anche sull’edizione della mattina del Corriere della Sera su cui Frattini descrive quella sorta di L “che l’esercito ha creato attorno alla Striscia di Gaza. Da qui, proclama il premier Benjamin Netanyahu, le truppe non se ne vanno fino a quando ‘non avranno distrutto tutti i tunnel del terrore’”.
Maurizio Molinari, sulla Stampa, riporta l’opinione di Sami Turgeman, capo del comando Sud delle forze armate, secondo cui “serve qualche altro giorno” per completare la missione contro i tunnel di Hamas, Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha dichiarato: “Completeremo la missione contro i tunnel di Hamas, con o senza il cessate il fuoco”. L’Onu accusa gli Stati Uniti di fornire armi ad Israele, e il portavoce del Pentagono, ammiraglio John Kirby, spiega che “gli Usa sono impegnati a garantire la sicurezza di Israele ed è vitale assistere l’alleato nel rafforzare le capacità di autodifesa”. La fornitura di armi, che Israele ha chiesto a Washington, passa per l’apertura dei depositi creati in Israele negli ultimi dieci anni per sostenere le truppe americane in Medio Oriente. La consegna di munizioni è prevista dal trattato bilaterale sui depositi Usa e implica che la scelta di dare a Israele tempo per concludere la distruzione dei tunnel.

Per raccontare la vita dei soldati israeliani e spiegare chi sono Fiamma Nirenstein (il Giornale) ha intervistato due ragazzi italiani: Leonardo, venticinque anni, arruolato nei Golani – una unità dell’esercito che è mito per tutti gli israeliani, su cui si cantano canzoni epiche – spiega che dall’inizio delle operazioni le ore di sonno non son mai state più di tre o quattro e che comunque non ha mai dormito in un letto. “Ho avuto l’impressione che i cittadini di Gaza siano autentici schiavi. Ho visto case in cui la camera dei bambini è adornata con fotografie dei terroristi, cartine da cui è cancellata Israele, stelle di Davide trasformate in svastiche, depositi di armi. Non un segno di umanità, di pace – dice desolato – Hamas è vile. Abbiamo fermato il fuoco molte volte perché un terrorista si copriva con un bambino, o perché comparivano donne e vecchi. Dietro arrivano i terroristi. Prima di entrare in azione tuttavia l’ultima indicazione che ti dà il comandante è di non puntare il fucile su chi non è armato, condividere il tuo stesso cibo e la tua acqua con chi non ha da mangiare o da bere, fermare tutto se appare un bambino”. Daniel, ventenne arruolato in Marina, racconta invece che due dei suoi migliori amici sono stati uccisi: “Sappiamo che la morte è una possibilità, ma non ci si pensa. La mia famiglia sta in pensiero, telefono ogni volta che arrivo in porto, circa due volte a settimana. Quelli che non capiscono cosa stiamo facendo devono venire per un paio di giorni a Ashkelon o in un kibbutz con scoppi, sirene, distruzioni, dove la gente non può uscire, i bambini devono restare nel sottosuolo, le famiglie non hanno più lavoro… C’è un Paese che deve essere salvato, io sono qui per questo”. Sulla Stampa Maurizio Molinari racconta la storia di chi si trova dopo una vita a lasciare la propria casa, troppo vicina al confine con la Striscia di Gaza e impossibile da proteggere, con ancora nel cuore la memoria delle persecuzioni nazifasciste subite in Italia, prima di emigrare in Israele.

Matteo Renzi, ieri, mentre si preparava a partire per il Cairo, dove incontrerà oggi il presidente Al Sisi e il premier Mahlab, ha dichiarato (il Messaggero, La Stampa) che bisogna “Insistere e investire sulla proposta egiziana”, perché è “l’unica carta da giocare”. Sul Financial Times, invece, vengono presentate quattro diverse strade per arrivare alla fine del conflitto, uno dei più lunghi in cui sia mai stato coinvolto Israele, che ha sempre combattuto guerre molto brevi.

Contemporaneamente in Italia, alla vigilia del trentaquattresimo anniversario della strage di Bologna, viene archiviata la “pista palestinese”, oggetto di polemiche da anni. Secondo i magistrati non esistono piste alternative a quella neofascista e (Corriere) nonostante alcun fatti alimentino “un grumo residuo di sospetto” questo non è sufficiente alla formulazione di accuse. La storia della pista palestinese è vecchia quanto la strage, ma, riporta Luigi Spezia su la Repubblica, essa “non esiste o comunque non è dimostrabile”; ma la decisione della procura di Bologna ha generato subito altre polemiche.

Su La Stampa due pagine sono dedicate alla polemica fra il giurista statunitense Alan Dershowitz, che scrive al filosofo Giovanni Vattimo dopo le sue dichiarazioni fatte nel corso di una trasmissione radiofonica, riprese dal quotidiano israeliano Haaretz. Dershowitz lancia la sua “sfida” all’intellettuale italiano, che gli risponde.

Sul Corriere Sergio Romano, rispondendo a una lettera che chiede spiegazioni sull’antisemitismo in Francia, si sofferma sulla storia degli ebrei nella nazione europea in cui le manifestazioni sono state maggiori e più violente. E il Giornale riporta un caso – in Belgio – in cui un medico ha rifiutato di curare un’anziana, ebrea, suggerendo: “Mandatela qualche ora a Gaza, poi non sentirà più alcun dolore”.

Anna Foa sull’Avvenire presenta la Storia degli ebrei italiani di Riccardo Calimani, il cui secondo uscito da poco analizza le vicende dell’ebraismo italiano dall’età romana al periodo napoleonico. Stefano Jesurum, su Sette del Corriere, racconta la storia dello scrittore israelo-palestinese Sayèd Kàshua che abbandona Gerusalemme “perché il sogno di pace è ormai spezzato”.

Ada Treves twitter @atrevesmoked

(1° agosto)