
Elia Richetti,
rabbino
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La
parashà di Ki Thetzè contiene settantaquattro mitzvoth, la maggior
parte delle quali riguarda i rapporti interpersonali. Una mitzvà è però
di dubbia attribuzione: c’è chi la considera – appunto –
interpersonale, e chi la vede come appartenente a quelle mitzvoth che
riguardano i nostri rapporti con Ha-Qadòsh Barùkh Hu’. Il versetto che
ne parla dice così: “Ciò che esce dalle tue labbra ossservalo e mettilo
in pratica, quando hai promesso al Signore tuo D. un dono di cui hai
parlato con la tua bocca”.
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Sergio
Della Pergola,
Università
Ebraica
Di Gerusalemme
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In
clima di anniversari in cifra tonda, dopo i 100 anni dall’inizio della
Prima Guerra Mondiale (senza dimenticare i 200 dallo sbarco di
Napoleone all’Isola d’Elba) siamo al 75° dall’inizio della Seconda
Guerra Mondiale. 75 anni sono un brevissimo periodo in una visione
universale della storia. Ma se vogliamo dare retta a coloro che hanno
dato della storia una lettura deterministica, lineare o ciclica, il
confronto fra il 1939 e il 2014 è piuttosto problematico.
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Museo della Shoah, accordo sull'ipotesi Eur
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Sarà
l’edificio di piazzale Marconi, all’Eur, a ospitare il Museo della
Shoah di Roma. La decisione, riporta Gabriele Isman su Repubblica, è
arrivata ieri nel corso di una riunione “a cui hanno partecipato gli
assessori comunali Paolo Masini ( Politiche per le Periferie) e
Giovanna Marinelli (Cultura), il presidente e il direttore della
Fondazione (del Museo della Shoah di Roma) Leone Paserman e Marcello
Pezzetti e il numero uno della comunità ebraica romana Riccardo
Pacifici”. In poche settimane, scrive Isman, dovrebbero essere a
disposizione del Museo 4500 metri quadrati di spazio espositivo e la
prima mostra sarà sulla liberazione dei campi di concentramento tra il
1944 e il 1945. Il Museo sarà dunque pronto – accogliendo l’appello di
Piero Terracina, sopravvissuto alla Shoah – entro il prossimo 27
gennaio, 70esimo anniversario della liberazione di Auschwitz.
Sull’Huffigton Post, il senatore Luigi Manconi pubblica una lettera
diretta al sindaco della Capitale Ignazio Marino minacciando di
denunciarlo per danno erariale se il museo non sarà realizzato a villa
Torlonia, come da progetto originario.
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QUI ROMA - LA MEMORIA ALL'EUR
Museo della Shoah, primo passo una mostra nell'area commerciale
Le
polemiche non si placano, ma dopo tante voci l'ipotesi prende corpo:
con ogni probabilità saranno i locali di Eur Spa in piazza Guglielmo
Marconi ad ospitare il Museo della Shoah di Roma. È l'orientamento che
sembra emergere a seguito della riunione svoltasi ieri pomeriggio nei
locali della Fondazione dedicata al museo in via Florida.
L'allestimento e l'area commerciale di lusso White Gallery, almeno in
un primo momento, saranno costrette a coabitare sotto lo stesso tetto
in un'area di seimila quadrati in tutto, di cui quattromila e 500
dedicati alla Memoria. Le installazioni museali, all'inizio, saranno
comunque ridotte a una mostra che potrà essere circoscritta in un
migliaio di metri quadrati.
Presenti alla riunione, fra gli altri, il presidente della Fondazione
Leone Paserman, il direttore scientifico Marcello Pezzetti, il
presidente della Comunità ebraica Riccardo Pacifici, gli assessori di
Roma Capitale Paolo Masini e Giovanna Marinelli.
Sarebbe stato quindi definitivamente accantonato il prestigioso e
simbolico progetto di Villa Torlonia, per 18 anni residenza di Benito
Mussolini, sul quale lavorava da anni l'architetto Luca Zevi dopo
l'acquisto del fondo da parte di Roma Capitale con un'operazione di
permuta (15 milioni di euro) e la deroga al patto di stabilità voluta
dal governo Monti che aveva permesso l'erogazione di altri 21 milioni
dalla cassa depositi e crediti. Erogazione, quest'ultima, non
convertibile per altre destinazioni.
“La riunione – afferma Paserman – è stata utile per ottenere alcuni
chiarimenti. In particolare sul fatto che fossi stato tenuto all'oscuro
dell'operazione Eur: l'assessore Masini mi ha spiegato che ciò è
avvenuto perché aspettava di avere tutti i dettagli prima di
informarmi. Se di questa cosa si è saputo prima sui giornali è perché
c'è stata una fuga di notizie”.
L'iter deliberativo passerà ora dalla trattativa tra Eur Spa e il
Campidoglio fino alla presentazione di una proposta alla fondazione. La
sfida, ribadita ieri in via Florida, è quella di inaugurare i locali
con la mostra sulla liberazione dei lager, inizialmente prevista negli
spazi del Vittoriano. La data, simbolica, quella del prossimo 27
gennaio: in quel giorno ricorrerà infatti il settantesimo anniversario
dalla liberazione di Auschwitz-Birkenau.
“Il nostro impegno è questo. L'esposizione – sottolinea Paserman –
occuperà tra l'altro una superficie di circa 1000 metri quadrati,
quindi pienamente integrabile nel nuovo contesto. Per procedere
all'allestimento della mostra sarà sufficiente avere accesso alla
struttura qualche settimana prima. Per allestire il Museo della Shoah
vero e proprio i tempi saranno invece molto più lunghi”.
Le molte ipotesi che si sono rincorse in questi giorni, i nuovi scenari
che prendono forma, le diverse impostazioni adottate in corsa hanno
suscitato un vivace dibattito nell'opinione pubblica e, da parte di
alcuni, forti perplessità. Ultimo in ordine di tempo ad intervenire il
senatore del Pd Luigi Manconi, che ha espresso il proprio rammarico in
una lettera aperta inviata al sindaco Ignazio Marino: “Non posso
pensare – si legge – che un’amministrazione per la quale ho votato con
convinzione voglia affossare un’iniziativa così importante per lo
sviluppo culturale e civile della nostra città e del nostro paese. Per
questo ti anticipo che, se questa ipotesi non venisse abbandonata,
sarei dalla parte di chi riterrà necessario, e ancor prima doveroso,
chiedere alla magistratura e alle autorità competenti di verificare la
sussistenza di un grave danno erariale. Un danno provocato dall’inutile
acquisto dell’area destinata al Museo della Shoah e dalle spese già
sostenute e da sostenere”.
Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked
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J-CIAK Toronto Festival, Ronit
nella trappola del "Ghett"
Venezia
e i suoi Leoni sono ancora tutti da archiviare e già ci si avvia a
Toronto, mentre qui negli States appena iniziamo a digerire il
Telluride Festival, piccola e sofisticata maratona cinematografica tra
le montagne del Colorado spesso anticipatrice degli Oscar. Ma come ogni
anno l’alluvione di cinema indipendente in arrivo dal Canada (trecento
i film in concorso) accende ottimismi ed energie. E basta un’occhiata
al programma per rendersene conto.
Presente in forze il cinema israeliano, con uno stuzzicante filone
documentaristico – che merita un capitolo a sé - e alcune belle
riconferme sul fronte della fiction: “Mita Tova” (The Farewell Party,
Israele, Germania, 93’) di Sharon Maimon e Tal Granit, commedia
dolceamara appena presentata a Venezia e soprattutto “Ghett” (Francia,
Germania, Israele, 116’) di Ronit Elkabetz, già presentato a Cannes e
poi vincitore a pari merito con “Princess” di Tali-Shalom Ezer del
recente Jerusalem Film Festival funestato dalla guerra.
Dopo la prima veneziana arriva a Toronto anche “Villa Touma” (85’) di
Suha Arraf, lavoro divenuto però “no country” dopo una polemica al
vetriolo sull’uso di finanziamenti israeliani per un lavoro che la
Arraf desiderava presentare come palestinese.
Daniela Gross
(Nell'immagine una scena di "Ghett" di Ronit Elkabetz)
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qui mantova - festivaletteratura
Scrivere, leggere, raccontare
La
passione per i libri e per la lettura può essere declinata in tanti
modi, e anche se a un primo sguardo superficiale potrebbe sembrare un
controsenso, la scelta dei primi due documentari della rassegna “Pagine
nascoste” che ogni anno al Festivaletteratura parla di letteratura,
libri e scrittori non potrebbe essere più azzeccata. Mentre le strade e
le piazze di Mantova si riempiono, gente, autori, pubblico e volontari
di Festivaletteratura si mescolano nel flusso costante di persone che
si spostano da un evento all’altro e Pagine Ebraiche fa capolino dalle
borse con il logo del festival, nei cestini delle onnipresenti
biciclette - in assoluto il modo migliore per spostarsi e non perdere
nulla - e le sue pagine vengono sfogliate in attesa dell’inizio degli
incontri. E al cinema, prima della proiezione dei documentari che
compongono una rassegna ogni anno sorprendente, emozionante, e capace
di coinvolgere un pubblico numeroso.
(Nell'immagine
Robert Silvers, fondatore ed editor della New York Review of Books, tra
i grandi protagonisti della prima giornata di Festivaletteratura)
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ISRAELE - volontariato Un aiuto senza frontiere
Ogni
anno centinaia di ragazzi israeliani, finito il servizio militare,
partono per lunghi viaggi attorno al mondo. Scaricano la mente,
raggiungendo le mete più disparate, India, Nepal ed Estremo Oriente in
testa. Un flusso costante di giovani, spinti da curiosità e desiderio
di avventura. A loro si rivolge una nuova organizzazione israeliana,
creata da ufficiali e soldati di Tsahal, e impegnata a progettare
missioni umanitarie nei paesi del terzo mondo. Combattenti senza
frontiere, il nome dell'istituzione, che promuove progetti di
volontariato diretti ad aiutare le popolazioni in difficoltà di paesi
come India, Vietnam, Eritrea, Bolivia. Nata un anno fa,
l'organizzazione si rivolge in particolare ai ventenni, ragazzi e
ragazze, che hanno compiuto il servizio militare in Israele e
desiderano abbinare al sogno di viaggiare la chance di fare del bene.
“Crediamo che le nostre attività possano essere motore di un
cambiamento”, si legge sul sito di Combattenti senza frontiere, che si
ispira dichiaratamente al più famoso Medici senza frontiere, di cui
vuole seguire le orme con l'obiettivo aggiuntivo di mostrare al mondo
“il vero volto di Israele e del suo esercito”. Non più conflitti e
scontri ma aiuto umanitario e sostegno alle realtà più svantaggiate, in
Israele e all'estero. Così in questi giorni è partita la prima missione
fuori dai confini nazionali, direzione India (nella foto, alcuni
volontari sul campo).
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Setirot
- Milena |
«Morire
per la libertà è un dovere e un diritto». Milena Jesenská non è stata
semplicemente l’amica molto amata da Franz Kafka. No, Milena Jesenská è
stata una donna piuttosto eccezionale: giornalista di vaglia,
traduttrice attenta, attivista politica instancabile. Insomma, una
testimone eccezionale della Boemia anni Venti e Trenta, ricca di
fermenti e infuocata di orrore.
Stefano Jesurum, giornalista
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Time
out - Un museo dove |
Il
fatto che il Museo della Shoah nasca, seppur in una sede diversa, è
sicuramente una bella notizia. Troppi impedimenti avevano fatto pensare
nel corso degli anni che tra le difficoltà della burocrazia il progetto
non avrebbe mai visto la luce. D’altronde solo l’idea che il cambio di
sede e l’inaugurazione a gennaio faccia felici i sopravvissuti spiega
perché una soluzione di questi tipo debba farci felici. Alcune domande
però nascono spontanee e se è vero che gli ex deportati meritano di
visitare il museo mentre sono in vita, la nostra volontà di garantire
che il museo abbia un valore per le future generazioni ci impone una
riflessione.
Daniel Funaro
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