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2 ottobre 2014 - 8 Tishri 5775
PAGINE EBRAICHE 24

ALEF / TAV DAVAR PILPUL

alef/tav


Elia Richetti,
rabbino
In questi giorni noi chiamiamo Ha-Qadòsh Barùkh Hu, “Ha-mélekh ha-qadòsh”, il Re santo. Se tale è la Sua qualità, ne consegue che tutto ciò che Lui fa, che crea, anch’esso partecipa della santità. Tutto il mondo è santo, ma c’è un luogo più santo degli altri, dove sorgeva il Santuario. Tutte le persone sono sante, ma il livello del Kohèn Gadòl era di maggiore santità. Tutti i giorni sono santi, ma Kippur viene vissuto con una particolare santità.
 
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Sergio
Della Pergola,
Università
Ebraica
Di Gerusalemme
Vittorio Segre – Dan Avni, di cui abbiamo compianto la scomparsa questa settimana a 92 anni, è stato per moltissimi anni il capofila degli interpreti in lingua italiana delle problematiche complesse dell’esistenza ebraica contemporanea. Oltre che un osservatore fine e originale, e spesso imprevedibile e sorprendente, era stato un attivo protagonista delle vicende di molti decenni drammatici ma anche gratificanti. Dan Segre aveva conosciuto da vicino tutti i principali attori della rinascita del popolo ebraico in Israele, e in questa rinascita aveva svolto un ruolo concreto anche se non sempre dichiarato. Ma quello che lo distingueva maggiormente era la lucida capacità di espressione che compendiava una profonda cultura ebraica e generale, una fede adamantina negli obiettivi ideali dell’ebraismo, e a una assolutamente indipendente e a volte anticonformista analisi delle contingenze. Era molto difficile farlo rientrare in categorie di ideologia politica, ed era possibile a volte sentirlo deplorare il crollo inesorabile di certe strutture istituzionali o concezioni di partito, ma in ogni caso si sapeva di aver di fronte uno strenuo e positivo difensore dei diritti e delle prerogative di Israele. Dietro il pubblicista scorrevole e non privo di una sua particolare narrativa stava sempre l’analista profondo e irreprensibile sui fatti e il loro significato. Nell’attuale costellazione della politica e della stampa in Israele, in Italia e negli altri paesi, la voce di Dan Avni Segre ci manca molto e sarà molto difficile eguagliarla.
Blogger antisemita,  Tsipras fa marcia indietro
Passo indietro della Lista Tsipras al Parlamento Europeo: il blogger antisemita Alla Adbel Fattah, che su Twitter aveva invitato all’uccisione di cittadini israeliani, non sarà più candidato al premio Sakharov. A darne notizia è il Corriere della sera. Scrive Massimo Rebotti: “La presidente del gruppo ieri ha convocato una riunione e, all’unanimità, è stata decisa la marcia indietro. Sempre all’unanimità, qualche giorno prima, il gruppo aveva scelto il blogger”. Ieri, sul Corriere, Pierluigi Battista aveva denunciato l’indecenza di questa candidatura.

Studiosi a confronto, all’Università Marconi di Roma, sulla figura di Pio XII durante la Shoah. Il quotidiano della Santa Sede L’Osservatore Romano anticipa alcune riflessioni di Anna Foa. Afferma la storica: “Esiste una vera e propria leggenda nera, che ha fatto di Pio XII un papa nazista o favorevole ai nazisti, una leggenda nata negli anni Sessanta e che è ora più viva che mai, almeno a livello del grosso pubblico. Il tono difensivo e apologetico spesso adottato dai sostenitori di una opposta leggenda rosa non aiuta a cambiare questo clima, mentre si ha l’impressione che anche i lavori più rigorosi di molti storici, e non solo cattolici, che hanno dato spiegazioni ponderate della questione dei ‘silenzi’ di Pio XII non siano recepite dal pubblico e non influiscano sul comune senso storiografico”.

Lo straordinario rinvenimento di alcuni family movies sull’Italia ebraica pre Shoah da parte del giornalista del tg5 Claudio Della Seta, fatto che vi avevamo raccontato sul nostro notiziario quotidiano del 23 settembre, è oggi illustrato da Gabriele Isman su Repubblica. “Due dei personaggi che si vedono nel film dopo il matrimonio, Giulia Di Segni e Samuele Della Seta che erano i genitori del mio nonno paterno, il 16 ottobre 1943 furono catturati nel rastrellamento del Ghetto, e morirono nel campo di concentramento di Auschwitz. Oggi – spiega Della Seta – sono ricordati da due ‘pietre di inciampo’ che sono state poste davanti al loro portone proprio in via Arenula e anche per questo il film mi ha commosso”.

Un migliaio di invitati alla festa per i 25 anni di riunificazione tedesca. Tra gli invitati, come riporta il Messaggero, anche il presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna e l’ambasciatore dello Stato di Israele a Roma Naor Gilon.
 
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  davar
QUI Roma
Il coraggio di Vera Bazzini,

da oggi nel libro dei Giusti
“Cara signora Bazzini-Giorgi, siamo lieti di annunciarle che la Commissione per la designazione dei Giusti ha deciso di conferire il riconoscimento di Giusto tra le Nazioni ai suoi genitori scomparsi Eteocle e Adele, a suo cugino Nello Giorgi (scomparso anch’esso) e a lei per l’aiuto profuso nei confronti di persone ebree durante l’Olocausto, mettendo a rischio la vostra stessa vita”. Così lo Yad Vashem ha riconosciuto il coraggio di Vera Bazzini, la donna che settant’anni fa salvò Dario Tedeschi, la sorella Lucilla, i genitori Oscar e Elena e che oggi verrà celebrata al Centro Bibliografico dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane “Tullia Zevi” alle ore 16.30. È il 1943 quando Oscar Tedeschi, dopo essere stato licenziato per motivi ‘razziali’ dalla banca nella quale lavorava ed aver continuato segretamente a fare consulenze presso diverse aziende, si ritrova senza un rifugio sicuro e con una famiglia sulle spalle. A questo punto Vera Bazzini, 25 anni, impiegata della Sartoria Cifonella (alla quale Oscar faceva consulenza contabile), si offre di ospitare la famiglia Tedeschi. I genitori di Vera sono consenzienti ed incuranti del pericolo imminente fanno spazio ai nuovi quattro componenti della casa. “In precedenza non avevamo alcun particolare legame con lei. La signorina Bazzini aveva incontrato casualmente mio padre in una delle tante riunioni aziendali”, ricorda Dario Tedeschi, che si è battuto per vederle conferire il titolo di Giusta. “Quella di Vera e della sua famiglia, tra i quali spicca il cugino Nello, è stata una pura scelta morale”. I Bazzini-Giorgi ancor prima di mettere la famiglia Tedeschi in condizioni di ‘dover chiedere’, provvedono ai loro bisogni: in accordo con il portiere escono di notte per prendere dalla loro abitazione abbandonata alcuni averi, fanno da tramite per portare notizie riguardo gli altri parenti, nascosti in diversi rifugi. Dario Tedeschi scrive nella testimonianza inviata allo Yad Vashem: “Nessun corrispettivo fu mai chiesto o pagato per la protezione e la ospitalità che ricevemmo, alla quale penso che i nostri soccorritori si sentissero spinti in quanto motivati da grande religiosità e da profondi sentimenti di solidarietà umana. Furono adottate tutte le possibili precauzioni perché la nostra presenza (di ben 4 persone, tra cui 2 ragazzi) non desse nell’occhio: dopo la retata del 16 ottobre fu deciso di rimanere tutto il giorno in casa; solo talvolta uscivamo a sera inoltrata, con il buio dovuto all’oscuramento, per un breve giro nei dintorni. Tuttavia, dopo qualche tempo cominciarono ad essere percepiti segnali che nel vicinato qualcosa era trapelato, tanto che alla fine di dicembre 1943, in concomitanza anche con l’obbligo imposto dall’occupante tedesco di esporre, all’esterno di ciascuna abitazione, un cartello con la indicazione delle generalità di tutti coloro che vi risiedevano, si considerò prudente e indifferibile cautela un cambiamento di alloggio”. Quando viene imposto a tutti i cittadini di dichiarare il numero di persone per abitazione, la stessa Vera decide di non abbandonare la famiglia Tedeschi e vaga per Roma in cerca di un luogo sicuro nel quale trasferirli, fino a trovare il Convento di Suore in Via dei Santi Quattro Coronati. “Anche dopo il nostro trasferimento nel nuovo rifugio, Vera Bazzini e il cugino Nello Giorgi non ci lasciarono soli e mai ci fecero mancare la loro presenza e il la loro amicizia, venendoci frequentemente a trovare, ora l’uno e ora l’altra”, un’amicizia e un legame che è durato e dura ancora. “Adele, Eteocle, Nello e Vera si sono esposti al pericolo per noi, prevenivano qualsiasi tipo di nostra richiesta e soprattutto ci hanno dato calore umano”. Un calore umano nel gelido autunno del 1943.

(nella foto, da sinistra: Adele Giorgi, Nello Giorgi, Vera Bazzini)


Rachel Silvera twitter @rsilveramoked
J-Ciak
"Kol Nidre" nella Grande Mela
Film perfetto per questi giorni, fin dal titolo. E di fatto “Kol Nidre” venne proiettato la prima volta due settimane prima di Kippur a New York al Clinton Theater, nell’East Side. Era il 7 settembre 1939, una settimana dopo l’invasione nazista della Polonia, e la pellicola portava sullo schermo un’intricata storia d’amore che culmina proprio nel giorno del digiuno. Firmato da Joseph Seiden, uno dei grandi innovatori di quella cinematografia yiddish, il film ci rimanda al tempo in cui la lingua degli ebrei dell’Est era viva, diffusa e protagonista di una grande stagione culturale che il nuovo film di Amos Gitai “Tsili” ci ha da poco riportato alla mente. Restaurato dal National Center for Jewish Film della Brandeis University, “Kol Nidre” (con nuovi sottotitoli in inglese) sta ora girando gli Stati Uniti di festival in festival sempre riscuotendo forte interesse. A decretare il successo del film contribuì allora la coppia di protagonisti, Leone Liebgold e Lili Liliana, due attori di Varsavia nella vita marito e moglie, celebri per la loro interpretazione di The Dibbuk. Ma certo la formula di “Kol Nidre” era un tale mix di musica, canzoni, melodie tradizionali, colpi di scena, amori infelici, colpa e redenzione, da accontentare qualsiasi palato.


Daniela Gross
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iTALIA EBRAICA - oTTOBRE 2014
Porte aperte all'incontro
Da Jewish and the City alla Giornata Europea della Cultura Ebraica al Festival Internazionale di Cultura e Letteratura Ebraica di Roma. Il mese di settembre è stato costellato di iniziative rivolte a tutta la cittadinanza. Un’impostazione che il numero di ottobre del mensile Italia Ebraica-Voci dalle Comunità in distribuzione racconta con una ampia fotogallery e con alcuni approfondimenti dalle varie kehillot. In prima pagina anche un appello per salvare l’antico cimitero ebraico di Finale Emilia, luogo carico di storie, memorie e suggestioni, mentre nelle pagine milanesi si getta lo sguardo sui lavori della quinta edizione del Meeting of Presidents of Jewish Organization in programma nel capoluogo lombardo dal 21 al 23 novembre. Notizie e riflessioni anche dal resto dell’Italia ebraica: da Merano a Livorno, da Casale Monferrato a Verona.

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qui roma
 Giancarlo Spizzichino

(1938-2014)
È scomparso all’età di 76 anni Giancarlo Spizzichino, colonna dell’archivio storico della Comunità ebraica di Roma. Il suo lavoro, le sue pubblicazioni confluiranno presto in una raccolta unica a beneficio di studiosi e appassionati. Tra i vari impegni in ambito ebraico, Spizzichino è stato anche presidente del Tempio Bet Michael del quartiere Monteverde. Nel dare la notizia della sua scomparsa la Comunità ebraica lo ricorda con affetto “per il lavoro di valorizzazione della Comunità stessa e per il grande esempio di moralità e rettitudine”.

Con l’entrata di Kippur finirà il settimo di Giancarlo Spizzichino z.l. scomparso lo scorso Shabbad Teshuvà. A lui la Comunità di Roma deve essere riconoscente. Lo deve perché ha contribuito con una riservatezza e una costanza incredibile a riordinare l’archivio, perché ha condotto importanti ricerche sugli ebrei. Ha individuato e ben documentato la sorte di quel fazzoletto di terreno, esterno e adiacente al ghetto, dove gli ebrei tenevano case, botteghe e persino una Scola fino a quasi la metà del Settecento. Perché ha studiato nascita e vicissitudini degli “ortacci”, i cimiteri ebraici della città eterna, e anche per la descrizione dei tumulti sanfedisti all’origine del monghed di Piombo. Ma credo che il grazie più sentito gli vada rivolto perché ha insegnato a tutti la qualità che può raggiungere il volontariato. Una abnegazione “a pieno servizio” seria e piena di passione per quindici anni. I risultati del suo lavoro sono sotto gli occhi di tutti, basta gettare lo sguardo su quel gioiello, scrigno di memoria e storia che è l’archivio della Comunità ebraica. Un esempio di come si può fare, e fare bene Le-shem shamaim u-be-emunà.

Amedeo Spagnoletto
 
pilpul
Setirot - Disagio
Con più o meno forza, a volte – certo – ancora con troppa timidezza, in quasi tutto il mondo occidentale stanno allargandosi le manifestazioni di cittadini di religione/cultura/radici islamiche contro la barbarie perpetrata in nome di Allah. Se l’ISIS chiede ai “fratelli” di «sgozzare gli sporchi francesi», molti di loro rispondono «siamo tutti sporchi francesi» (manifestazioni a Parigi nonché appello sul “Figaro” – e reazioni simili si sono viste in UK, USA, mezza Europa e, timidamente appunto, anche in Italia). Di ciò non possiamo che essere contenti e anche riconoscenti perché sono gesti comunque coraggiosi, soprattutto quando compiuti mettendoci una faccia, un nome, un cognome. Voglio però esprimere un disagio su cui non ho le idee affatto chiare e purtuttavia mi gira per la testa da un po’. Non ha forse ragione – mi domando – chi protesta perché «tutti ci chiedono di dissociarci dai terroristi, come se l’essere musulmani ci rendesse fiancheggiatori di quei pazzi»? Non so darmi una risposta, ma sento l’interrogativo particolarmente “nostro”.

Stefano Jesurum, giornalista




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