Benedetto
Carucci Viterbi,
rabbino
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Abramo,
dice il midrash, è il primo uomo ad avere i segni della anzianità. Ed è
lui che li chiede a Dio per distinguersi da suo figlio Isacco, che era
in tutto e per tutto – persino nella voce – identico a lui. I padri,
per far crescere i figli, debbono accettare l’invecchiamento.
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David
Bidussa,
storico sociale
delle idee
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In
sinagoga centrale a Milano a partire dal volume di Moshe Halbertal “Sul
sacrificio” (Giuntina) proviamo a riflettere sui molti significati che
contiene quella parola. Per esempio: qualcuno che compie un atto
estremo in nome di un ideale volto al bene per tutti (almeno nelle sue
convinzioni). Detta così potrebbe apparire anche altruista. Proviamo a
dare un luogo, una data e un nome: Utoja il 22 luglio 2011; Anders
Breivik. E ora mi chiedo: è ancora altruista?
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In Belgio torna la paura,
aggredito un rabbino
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Il
Belgio torna ad essere nel mirino di violenti attacchi antisemiti: ieri
ad Anversa un rabbino è stato aggredito e ferito al collo mentre andava
in sinagoga. A dare la notizia, Avvenire: “la vittima è stata
ricoverata in gravi condizioni ma la sua vita non è in pericolo.
L’aggressione è avvenuta ieri mattina mentre il rabbino, 31 anni, si
stava recando in sinagoga. La polizia belga ha aperto immediatamente
un’indagine e al momento non è chiaro se si tratti di un’aggressione
antisemita o dovuta a motivi criminali. Ad Anversa vive una numerosa
comunità ebraica di 15-18mila persone, per la maggior parte
ultraortodossi”. E se per il momento i moventi non sono ancora stati
confermati, in Belgio torna l’incubo, dopo l’attentato al Museo Ebraico
di Bruxelles dello scorso maggio nel quale morirono quattro persone.
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qui torino - l'insediamento di rav ariel di porto
Il giorno del nuovo Rav
Torino
ha un nuovo rabbino capo e nel suo insediamento ufficiale, avvenuto nel
corso di una toccante cerimonia cui ha partecipato una folla
straboccante, molte voci dell'Italia ebraica hanno voluto vedere un
segno di continuità e di fiducia nel futuro.
Nel giorno del nuovo Rav non sono bastati gli spazi del centro sociale
della comunità ebraica di Torino per accogliere le tante persone,
torinesi e non torinesi, che nonostante il maltempo erano giunte da
tutta Italia per l’insediamento di rav Ariel Di Porto, ora
ufficialmente insediato come rabbino capo della Comunità.
Alla presenza di numerosi rappresentanti istituzionali e delle altre
fedi presenti a Torino e in particolare nel popoloso quartiere di San
Salvario dove la comunità ha radicato le proprie istituzioni, vero
melting pot culturale e religioso, il pomeriggio si è svolto in
un’alternanza festosa di canti e discorsi dei vari rabbanim e dei
leader delle istituzioni dell'ebraismo italiano. Rav Giuseppe
Momigliano, presidente dell’Assemblea Rabbinica Italiana, ha parlato
per primo, dopo un Baruch ha-bà corale, che è stato solo il primo dei
canti che hanno inframmezzato gli interventi. Ricordando grandi maestri
maestri avuti in sorte, e la storica grandezza dell’ebraismo
piemontese, rav Momigliano ha augurato a rav Di Porto di proseguire
nella tradizione dei grandi rabbini che ha avuto la comunità di Torino,
accompagnando la comunità in un percorso di studio, coesione e
partecipazione. Il
presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna,
che aveva a fianco fra gli altri il vicepresidente dell'Unione Giulio
Disegni, portando i suoi saluti e auguri oltre che a rav Di Porto anche
al Presidente Beppe Segre e all’intera Comunità di Torino, ha ricordato
come un’occasione lieta come questa sia “giusta e adatta per avviare
una riflessione comune fra i consiglieri della Comunità, i rabbini e
gli iscritti.” E, ha aggiunto: “La natura degli enti che rappresentiamo
è così complessa, così particolare che appare non opportuno né
appropriato che ognuno di noi si affatichi a ragionare, e spesso a
tormentarsi, in solitudine. Sono certo che molti di voi sentano
l’esigenza di realizzare un confronto meditato e approfondito su una
situazione che, se non adeguatamente affrontata, potrebbe nel giro di
pochi anni, vedere l’ebraismo italiano ulteriormente depauperato sul
piano umano e culturale e sul piano materiale.” Sottolineando come i
dirigenti comunitari non possano pretendere di parlare di ebraismo e di
cultura senza coinvolgere e rapportarsi con i loro Maestri e sarebbe
impossibile per i rabbini parlare dell’organizzazione della vita delle
Comunità senza la partecipazione dei dirigenti, ha incitato ad una
presa di coscienza e a una grande consapevolezza del patrimonio
culturale, delle tradizioni, della religione e a concentrarsi sul
lavoro di riavvicinamento delle persone, di mantenimento di contatti
con coloro che mostrano tendenze all’allontanamento.
Formulando
i suoi migliori auguri a rav Di Porto, ha aggiunto: “Sappiamo che ne ha
bisogno, perché lo aspetta un compito non facile, ma sappiamo anche che
egli merita la fiducia che in lui è stata riposta per lavorare in una
Comunità come quella di Torino stimolante e ricca di storia. Spero
infine che la Comunità di Torino possa trovare in rav Di Porto un
elemento di concordia e di solidarietà circondandolo della
collaborazione dell’affetto di cui ha bisogno.”
Il presidente della comunità, Beppe Segre è partito dalla parasta di
Chaje’ Sarah, letta ieri, per riflettere su quella che ha definito
un’altra storia di ricerca, di trasferimento e di incontro: “La
Comunità aveva deciso di cercare un rabbino simile a lei per indole e
cultura. E lungo la strada pensava: come farò a riconoscere il rabbino
giusto? E si rispondeva: quello tra i rabbini a cui chiederò di venire
e mi risponderà: vengo e cercherò di risolvere problemi, quello saprò
che è il rabbino giusto. E infatti abbiamo chiesto a rav Di Porto di
venire e lui ha accettato. E ha incontrato una Comunità che passeggiava
(un po’ stanca) nel pomeriggio e si sono subito piaciuti.” Ha
continuato rivendicando la fierezza di una comunità, che è contenta di
vivere a Torino, ed è orgogliosa della propria storia e delle proprie
identità, pure nella consapevolezza delle difficoltà.
Rav
Riccardo Di Segni, che di rav Di Porto è stato maestro e che ha a lungo
assunto l’interim come rabbino capo della comunità di Torino, ha
ricordato nel suo discorso come “La scelta di una persona è sempre
difficile e importante, e le comunità, spiegano i maestri, sono fatta
di tante persone e di tanti spiriti differenti. Il ruolo di chi la
conduce deve essere di sapere parlare, e di sapersi misurare con
tutti.” Rav Di Segni ha poi aggiunto che rav Di Porto è la persona
adatta per una comunità complessa come quella torinese, sede di una
prestigiosa scuola rabbinica. “Rav Di Porto ha lavorato per molto tempo
con me e, vi confesso, ne sento molto la mancanza. Ma mi rendo conto
come sia giusto che l’esperienza da lui acquisita sia ora impegnata in
una comunità che sicuramente merita un rav come lui”
Rav Di Porto, circondato dall'affetto e dalla commozione dei tanti
presenti e dai tanti accorsi da fuori Torino e visibilmente
emozionato dopo aver salutato i vari amici, rabbanim, rappresentanti
religiosi e istituzionali convenuti in suo onore nella sinagoga
torinese, ha raccontato del suo incontro con la comunità. Ringraziando
i suoi maestri e tutti coloro che lo hanno accompagnato e sostenuto nel
suo percorso, ha ricordato come “Ciò che è mio ed è vostro, appartiene
innanzitutto a mia moglie e ai miei figli, che si sono imbarcati con me
in quest’avventura”. Circondato dai tanti rabbanim e dal calore e
dall’affetto di tutta la comunità, ha nascosto la commozione fino alla
benedizione finale, poco prima che la voce di rav Alberto Funaro
portasse, come ha commentato sorridendo “una nota di romanità in
questa cerimonia torinese”.
Il convegno Torah e scienza organizzato in onore del nuovo rabbino capo
aveva visto, in mattinata, gli interventi di rav Riccardo Di Segni, rav
Alfonso Arbib, rav Giuseppe Momigliano e rav Alberto Somekh, per
chiudersi con la lezione dello stesso rav Di Porto, è stato seguito,
nel pomeriggio, dalla commovente cerimonia dell’insediamento.
Ada Treves twitter @atrevesmoked.
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qui torino - il convegno rabbinico La ricerca nella Legge ebraica Il
prodotto di secoli, millenni, di ragionamento e il suo confronto con il
progresso scientifico. Legge ebraica e scienze a confronto nel convegno
tenutosi oggi nelle sale della Comunità ebraica di Torino. Un
appuntamento dal grande successo di pubblico e organizzato in onore di
rav Ariel Di Porto, nuovo rabbino capo della Comunità ebraica di
Torino. Alla presenza, tra gli altri, del presidente dell'Unione delle
Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna, del vicepresidente Giulio
Disegni, del presidente della Comunità ebraica di Torino Beppe Segre,
del presidente della Fondazione per i beni culturali ebraici italiani
Dario Disegni, alcuni tra i più autorevoli rabbanim italiani si sono
confrontati su tematiche di grande attualità mettendo in relazione la
Torah con la scienza. Tra il pubblico Paolo Simone, direttore sanitario
ASL TO1, la dottoressa Giovanna Briccarello, direttore generale ASL TO1
e Umberto Fiandra, direzione sanitaria ospedale Molinette. Leggi
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Qui milano - Bookcity
Cosa chiediamo a Primo Levi?
Il
racconto di Primo Levi non è solo quello della testimonianza ma quello
articolato e straordinario di un uomo. Questa la definizione dell’opera
dello scrittore italiano data stamane da Fabio Levi, direttore del
Centro Internazionale di Studi Primo Levi di Torino, alla conferenza
dal titolo “Cosa chiediamo a Primo Levi?” organizzata nell’ambito del
festival Milanese Bookcity dal CISPL e dalla Fondazione Centro di
Documentazione Ebraica Contemporanea, e svoltasi nella sala Buzzati
della Fondazione Corriere della Sera. A intervenire oltre a Levi, Mario
Barenghi, insegnante di letteratura italiana contemporanea
all’Università di Milano Bicocca e autore di “Perché crediamo a Primo
Levi?” (Einaudi), e Stefano Bartezzaghi, giornalista e scrittore,
autore di “Una telefonata con Primo Levi” (Einaudi), introdotti e
moderati da Michele Sarfatti, direttore del Cdec.
Francesca Matalon
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è stato l'anima della cuneo ebraica Davide Cavaglion (1964 - 2014)
Anima
della Comunità ebraica di Cuneo ed erede di una dinastia di
commercianti, è scomparso all’età di 50 anni Davide Cavaglion. Con
energia e passione aveva dedicato il proprio impegno nel mantenere le
tradizioni della piccola realtà ebraica cuneese, organizzando nel Bet
HaKnesset dell’antica contrada di Mondovì funzioni religiose, incontri,
visite guidate. Del tempio aveva seguito, passo dopo passo, il restauro
avviato su impulso del padre Enzo e conclusosi pochi anni fa. “Non sono
riuscito a trattenere i ricordi – aveva raccontato visibilmente
emozionato durante la cerimonia di inaugurazione del centro sociale
della comunità nel 2010 – appena sono iniziati i lavori di restauro il
passato ha cominciato a riaffiorare: il rumore dei banchi, l’odore
ottocentesco delle sale, l’immagine della volta del tempio per metà
bianca”. L’idea di Cavaglion era far diventare la Comunità, pur esigua
nei numeri, un punto di riferimento per l’intera città, un luogo di
incontro in cui ospitare vita ebraica ma anche dove potersi confrontare
con tutta la cittadinanza. Orgoglioso delle proprie radici, aveva
portato avanti l’attività famigliare, avviata nel 1860 dal trisavolo
Giacobbe Cavaglion. Nell’antico ghetto cittadino, all’alba
dell’unificazione dell’Italia sotto il vessillo sabaudo, Giacobbe aveva
infatti aperto il suo negozio di tessuti e tendaggi, spostandolo poco
più tardi nella più centrale via Roma. Il negozio Cavaglion ha così
attraversato 150 anni di storia italiana, segnato dalle difficoltà e
dalle pagine buie dell’epoca nazifascista, rinato con il boom economico
del dopoguerra (a cui seguì l’apertura di un secondo esercizio in
piazza Statuto), tramandato di generazione in generazione. L’ultimo
passaggio di chiavi è stato quello tra Davide ed Enzo, suo padre,
colonna portante dell’ebraismo cuneese. “Davide, oltre che un amico, è
stato anche un grande compagno di lavoro. I nostri negozi sono uno
vicino all’altro da moltissimi anni, da quando ancora c’erano i nostri
genitori a gestirli – il ricordo dell’amica Gisella Fontana – Di Davide
posso dire che era un imprenditore serio e preparato, una persona mite
e sempre disponibile”. Alla famiglia le sentite condoglianze della
redazione. I funerali si svolgeranno lunedì 17 alle 11 nel cimitero
ebraico di Cuneo.
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Pensare il radicalismo islamico/9 |
Non
si comprende il radicalismo politico-religioso islamista se non si
sposta l’attenzione su quella che rimane, a tutt’oggi, la sua
organizzazione più longeva e diffusa, i Fratelli musulmani, ovvero
Jama’at al-Ihwan al-muslimin («Associazione dei fratelli musulmani»).
Presenti in Egitto, oggi soprattutto per il tramite del loro braccio
politico, costituito dal Partito libertà e giustizia, che nelle
elezioni del 2012 è riuscito a fare eleggere il suo più importante
esponente, Mohamed Morsi, a Presidente della Repubblica, vantano un
solido insediamento anche nei Territori palestinesi, ed in particolare
a Gaza, con Hamas.
Claudio Vercelli
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Nugae - Startup |
Certo
che questa storia delle startup sta diventando un tantino esagerata.
Certo, avere delle idee e poterle realizzare è straordinario. Ci sono
così tante persone che a ogni incontro stanno lavorando a qualche idea
diversa, spesso e volentieri anche tre o quattro colpi di genio in
contemporanea, che però a distanza anche solo di settimane risultano
già oltrepassatissimi. Per carità, è tutto bellissimo, ma sembra che
con tutte queste lampadine accese non ci si riesca più a concentrare.
In realtà, visto che in teoria qualunque cosa è potenzialmente una
startup ed è così facile farsi prendere la mano, alla fine ci si
diverte.
Francesca Matalon, studentessa di lettere antiche
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