24 novembre 2014 - 2 Kislev 5775 |
|
|
Su Pagine Ebraiche 24, la Newsletter
quotidiana di metà giornata, oggi i pensieri di Paolo Sciunnach e di
Anna Foa. Nella sezione pilpul una riflessione di Daniela Fubini e
Daniele Liberanome.
|
|
 |
Maurizio Molinari
@Maumol (23 Nov.) #BeitEl, il luogo dove archeologi e ebrei ortodossi ritengono si svolse l'episodio biblico del sogno…
PM of Israel
@IsraeliPM (23 Nov.) Therefore,
no agreement at all would be preferable to a bad agreement that would
endanger Israel, the Middle East and all of humanity.
|
|
 |
#PE24BreakingNews
|
Aggiornamenti regolari e notizie provenienti dal mondo ebraico, sulla homepage del portale dell'ebraismo italiano www.moked.it oppure seguendo il link diretto http://bit.ly/1uQoBHo
Le notizie vengono pubblicate anche su twitter, @paginebraiche, con l'hashtag #PE24BreakingNews.
|
|
|
|
L'identità d'Israele,
opinione pubblica divisa
L’approvazione del disegno di legge presentato dal premier Benjamin Netanyahu che prevede la definizione giuridica di Israele
come Stato della nazione ebraica viene accolta dalla stampa italiana ed
estera con molte peplessità. La votazione del consiglio dei ministri ha
visto 14 favorevoli e 6 contrari. John Reed sul Financial Times scrive:
“La decisione di definire giuridicamente Israele come stato-nazione
ebraico ha suscitato reazioni negative sia dai palestinesi, che la
difiniscono disciminatoria, che dagli israeliani moderati che lo vedono
come un possibile ostacolo alla natura democratica del paese”. “Una
mossa che rischia di infiammare ulteriormente le tensioni con i
cittadini arabi d’Israele - scrive Fabio Scuto su Repubblica – La
decisione è arrivata al termine di un tumultuoso consiglio dei ministri
che ha diviso il governo e che rischia di mettere in crisi la fragile
maggioranza su cui poggia”. La Nazione riporta poi le parole polemiche
del ministro delle Finanze Yair Lapid (“Oggi nemmeno Menachem Begin il
leader storico della Destra si troverebbe a suo agio nel Likud”) e
Tzipi Livni.
“Israele Stato ebraico, ma è bufera sul governo” titola il Mattino
nell’articolo di Fabio Morabito che scrive: “Quella che in altri
situazioni potrebbe essere solo una questione di politica interna, se
avveine in Israele è difficile pensare che non possa avere
ripercussioni in tutto il Medio Oriente”. E sul Messaggero si allarga
il quadro: “Tutto questo avviene in un clima continuamente teso, del
quale la strage nella sinagoga di sei giorni fa (con l’uccisione di 4
rabbini e un poliziotto) è stato l’apice dell’orrore. Ieri i soldati
israeliani hanno ucciso un civile palestinese di 32 anni, che si
sarebbe avvicinato al reticolato di confine e non avrebbe risposto
all’alt. (…) Anche per questa situazione di tensione costante dentro
gli stessi confini di Israele, tra ebrei e arabi, l’opposizione rileva
l’inopportunità della scelta di Netanyahu. Il quale sostiene che i
diritti civili di ciascun cittadino saranno garantiti. Ma è necessario
ribadire – ha detto il premier – che Israele è lo stato nazionale del
popolo ebraico perché questo viene sempre più spesso messo in
discussione. I due attentatori della sinagoga erano palestinesi, ma
avevano la cittadinanza israeliana. E proprio ieri si è appreso che un
arabo israeliano è stato arrestato dai servizi segreti di Tel Aviv
perché avrebbe partecipato, in Siria, a un addestramento di dieci
giorni con i terroristi dell’Isis”. Ma lsraele come Stato degli ebrei
che cosa significa? A rispondere, Maurizio Molinari sulla Stampa: “La
legge approvata è frutto di due testi presentati da deputati del Likud
e di Israel Beytenu, il partito del ministro degli Esteri Avigdor
Lieberman, ed è stato votato da tutti i ministri di questi partiti
(tranne un’astensione) come anche di Ha Bayt Ha-Yehudi di Naftali
Bennet: diventa così il punto di incontro delle forze politiche di
centro-destra della coalizione. A votare contro sono stati invece tutti
i ministri di Yesh Mid, il partito di Yair Lapid, più il titolare della
Giustizia Tzipi Livni, del vecchio Kadima: sono le forze di
centro-sinistra accomunate ai laburisti di Yizhak Herzog dal condannare
una legge che «penalizza le minoranze e non sarebbe stata mai stata
approvata da Ben Gurion, Menachem Begin e Zeev Jabotinsky» assicura
Lapid, citando i padri fondatori dello Stato”. Una contrapposizione,
spiega Molinari, netta che allontana le due fazioni. E se Netanyahu
spiega di voler difendere l’identità ebraica del paese, Lapid obietta
che “che così vengono lesi i diritti delle minoranze, inclusi drusi,
circassi, arabo-israeliani e beduini che servono nell’esercito. Per
questo Lapid va a trovare la famiglia di Zidan Sai’, l’agente druso
morto nel contrastare gli attentatori di Har Nof, accusando il premier
di volerli trattare da cittadini di serie B”.
Sul Corriere della Sera, Davide Frattini intervista l’analista Jacky Hugi
che “nel libro Arabian Nights ha cercato di spiegare gli arabi, i
vicini di casa che li circondano, agli israeliani”. Hugi interviene
dopo la dichiarazione dell’egiziano Abdel Fattah al Sis che si riteneva
pronto ad “inviare forze militari all’interno dello Stato palestinese”
per “aiutare la polizia locale e rassicurare gli israeliani”. “Ma prima
– spiega al Sisi – deve esistere lo Stato palestinese dove inviare le
truppe”. L’analista si sofferma su questo ultimo passaggio, che prevede
una condizione al momento non praticabile: “I negoziati sono fermi,
qualunque accordo sembra lontano. Questo permette a Benjamin Netanyahu
di prendere tempo e non rispondere all’offerta di al Sisi. Il premier
israeliano deve anche tenere conto della diffidenza dei suoi elettori:
le relazioni tra i due Paesi sono molto migliorate di recente, ma è
difficile che la gente qui accetti di affidare la sicurezza sui confini
a un esercito arabo. Verso l’Egitto resiste un atteggiamento sospettoso
legato alle guerre combattute in passato”. E aggiunge Hugi: “Non
dimentichiamo però che anche per Hamas l’Egitto resta Umm A-Dunya, la
madre del mondo, lo Stato arabo più importante. È vero, l’ostilità in
questo periodo esiste, Hamas sa che il popolo e qualunque regime
egiziani saranno sempre leali alla causa palestinese”.
Nuova strage in Afghanistan: un
terrorista con un giubbotto pieno di esplosivo si è fatto esplodere
causando più di 50 morti. A riprendere la notizia anche la Repubblica:
“Nemmeno lo sport in Afghanistan si sottrae alla rabbia degli
attentati: ieri un kamikaze si è fatto saltare in aria, straziando le
persone accanto a lui, sul bordo di un campo di pallavolo, durante la
finale di un torneo locale nel distretto di Yahya Khel, nella provincia
di Paktika”. Un agguato legato ad una nuova offensive dei Taliban,
spiega Repubblica, in una provincia già colpita fortemente: “La Paktika
è stata sede di uno degli attentati più micidiali nello scorso luglio,
quando 89 persone sono rimaste uccise per l’esplosione di una bomba in
un mercato molto affollato”.
Sul Corriere della Sera Cesare Rimini racconta Viviane,
il film degli israeliani Shlomi e Ronit Elkabetz presentato questa sera
al Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea di Milano: “Questa è
la storia di Viviane Amsalem, una parrucchiera, madre di quattro figli,
che vuole il divorzio da suo marito perché lei non lo ama più, ma egli
rifiuta il ghet, cioè rifiuta di firmare l’atto di ripudio. La storia
di Viviane ha le radici nel Deuteronomio, il quinto libro della Torah
ebraica e della Bibbia cristiana, la cui redazione si colloca nel VI e
V secolo a.C. Nel Deuteronomio a proposito del ripudio ci sono parole
che pesano come pietre e che a ben guardare sono alla base del
bellissimo film”. Rimini torna sulla citazione biblica: “Quando un uomo
abbia sposato una donna e abbia con lei convissuto, se a lui non
piacerà più perché ha trovato in lei qualcosa di sconveniente, scriverà
per lei un documento di ripudio, il ghet, glielo consegnerà nelle sue
mani e la manderà via dalla sua casa”. Nonostante gli sforzi per
cercare di far ottenere a Viviane il divorzio (“Una donna è stata data
per vivere, non per soffrire “ricorda lei), il Deuteronomio, “ha sullo
sfondo il problema di cercare di indurre il marito a compiere il ghet,
che dovrebbe essere una scelta libera. Questo è il grande contrasto, il
problema di fondo”.
Iniziata ieri “The common challenges of tomorrow”, il progetto promosso dal ministero degli Esteri israeliano
che prevede: “la partecipazione di una quarantina di rappresentanti di
spicco delle giovani generazioni, la «Future european leadership» di
industriali, imprenditori, politici e amministratori locali di 17 Paesi
europei. Che potranno conoscere l’eccellenza nei vari campi dello
sviluppo e le molte sfaccettature della società israeliana”. In
rapprestanza dall’Italia Marco Gay, presidente dei Giovani di
Confindustria, e Gian Giacomo Gellini, vicepresidente con delega
all’innovazione e internazionalizzazione. A dare la notizia il Sole 24
Ore, che continua: “Nei quattro giorni della missione i partecipanti
incontreranno giovani imprenditori locali che operano negli stessi
settori e sono impegnati in aree d’interesse degli ospiti europei per
confrontarsi e discutere di problemi e sfide comuni. Tra i molti
appuntamenti in calendario sono previsti una visita all’Università
Weizmann, specializzata nella ricerca scientifica (…), incontri con
parlamentari della Knesset, con rappresentanti dell’amministrazione
comunale di Tel Aviv-Jaffa, visita al Technion, il Politecnico di
Haifa. Per finire è previsto un tour alla scoperta dell’ecosistema di
start-up che gravita nell’area di Tel Aviv e dintorni”.
Sempre più forte il legame tra la leader del Fn francese e la Russia di
Putin. Scrive Anais Ginori su la Repubblica: “La scalata al potere di Marine Le Pen non
ha solo la benedizione politica di Mosca, ma anche un concreto aiuto
finanziario. II Front National ha ricevuto un prestito di 9 milioni di
euro dalla First Czech Russian Bank, fondata nella Repubblica Ceca e
ora basata a Mosca”. Una cifra che dovrebbe servire per riorganizzare
il partito in vista delle presidenziali del 2017. Le Pen assicurà che
il prestito verrà rimborsato ed ha dichiarato: “il vero scandalo è che
il nostro partito ha presentato domande di prestiti a tutte le banche
francesi e nessuno ha mai accettato”.
La Gazzetta del Mezzogiorno riporta la notizia del progetto
“Promemoria” per il quale una deligazione di 50 pensionati dello
Spi-Cgil pugliese partirà oggi da Bari per un viaggio ad Aushwitz-Birkenau.
Rachel Silvera
twitter @rsilveramoked
Leggi
|
|
|



|
Seguici
su
Pagine
Ebraiche 24 e l'Unione Informa sono pubblicazioni edite dall'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane. L'UCEI sviluppa mezzi di
comunicazione che incoraggiano la conoscenza e il confronto delle
realtà ebraiche. Gli articoli e i commenti pubblicati, a meno che non
sia espressamente indicato il contrario, non possono essere intesi come
una presa di posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione
delle persone che li firmano e che si sono rese gratuitamente
disponibili. Gli utenti che fossero interessati a offrire un proprio
contributo possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it Avete ricevuto questo messaggio
perché avete trasmesso a Ucei l'autorizzazione a comunicare con voi. Se
non desiderate ricevere ulteriori comunicazioni o se volete comunicare
un nuovo indirizzo e-mail, scrivete a: desk@ucei.it indicando nell'oggetto del
messaggio "cancella" o "modifica". © UCEI - Tutti i diritti riservati -
I testi possono essere riprodotti solo dopo aver ottenuto
l'autorizzazione scritta della Direzione. l'Unione informa - notiziario
quotidiano dell'ebraismo italiano - Reg. Tribunale di Roma 199/2009 -
direttore responsabile: Guido Vitale. |