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18 dicembre 2014 -  26 Kislev 5775
PAGINE EBRAICHE 24

ALEF / TAV DAVAR PILPUL

alef/tav


Elia Richetti,
rabbino
L’atteggiamento di Yosèf verso i suoi fratelli ci può apparire sconcertante: dopo tanti anni di forzata distanza, sembra faccia di tutto per umiliarli e terrorizzarli. Perfino ‘Esàv si era comportato meglio nei confronti di Ya‘aqòv: dopo ciò che era successo fra di loro, a ventott’anni di distanza gli era corso incontro e lo aveva abbracciato. Perché Yosèf, sempre definito tzaddìq, si comporta in maniera così riprovevole? In realtà, c’è una differenza sostanziale fra i due episodi: ‘Esàv abbraccia suo fratello dopo che ne ha visto l’umiltà e la disponibilità, i fratelli di Yosèf giungono a lui in atteggiamento assai diverso, quello di chi tratta da pari a pari, di qua il grano, di là i soldi.
 
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Sergio
Della Pergola,
Università
Ebraica
Di Gerusalemme
L'eterna questione di chi è ebreo? e la questione associata: che cosa sta succedendo agli ebrei? sono state discusse di nuovo e intensamente questa settimana al congresso annuale dell'AJS, l'associazione americana di studi ebraici, a Baltimora, proprio mentre un gruppetto di hassidim di Chabad si dava da fare nell'accensione della prima luce di una gigantesca lampada di Chanukkàh vicino alle banchine del porto al centro della città. Sempre più critica nel dibattito sull'identità ebraica diventa la questione se chi viene riconosciuto come ebreo in un paese, lo sia anche in un altro. Negli Stati Uniti, dove la percentuale di matrimoni misti ha ampiamente superato il 50%, molti ricercatori e dirigenti comunitari tendono ad allargare i criteri della definizione del gruppo. Il rabbinato centrale in Israele, invece, tende per qunto posibile a restringerli. La tesi che sia in corso un'erosione dei vecchi, classici, tradizionali contenuti, che ci hanno aiutato fin qui a riconoscere ciò che è ebreo da ciò che non lo è, viene contestata, soprattutto in America, da chi sostiene invece che sia in corso semplicemente una reinvenzione dell'identità ebraica. Aumenta cosí il rischio che si allarghi il divario fra l'ebraismo americano e quello del resto del mondo, e che si dissolva quella dimensione di solidarietà transnazionale che è stata sempre vitale nella perpetuazione dell'ebraismo.
 
Lo strappo: Hamas fuori dalla lista dei terroristi
Lo strappo. I difficili equilibri del Medio Oriente si complicano sempre di più, dopo l’approvazione da parte del Parlamento europeo di una risoluzione che sostiene il riconoscimento dello Stato della Palestina “purché – ricorda Luigi Offeddu sul Corriere della Sera – la proposta sia legata allo sviluppo dei colloqui di pace”. E, proprio nella giornata di ieri, la Corte europea ha rimosso Hamas dalla lista europea delle organizzazioni terroristiche, per “ragioni procedurali”. Due decisioni che hanno scaldato gli animi del premier israeliano Benjamin Netanyahu (“Questo è l’esempio dell’ipocrisia dell’Europa”, ha dichiarato), ma non solo.

Lo strappo/2. Sul Giornale, il commento di Fiamma Nirenstein riguardo la rimozione di Hamas dalla lista nera: “La Corte insiste che la sua è una scelta solo procedurale: Hamas ha impugnato la decisione sulla scorta di un’azione simile delle Tigri Tamil dello Sri Lanka, e la Corte, come per loro, ha stabilito che le accuse non sono sostenute da prove processuali, ma solo da notizie politiche e di stampa. La Corte spiega, in modo un po’ ridicolo perché purtroppo tutti abbiamo visto il sangue versato da Hamas, che se nei prossimi tre mesi le prove verranno presentate, essa verrà reinserita nella lista. Ma per ora Hamas festeggia”. Nella rubrica Andrea’s Version del Foglio il commento amaro: “E così, un gruppo come Hamas, che ha nel suo statuto la distruzione di Israele, che educa i ragazzini a diventare martiri, mette le cinture di dinamite alle sue donne per farle esplodere nei bar o sugli autobus di Tel Aviv, spara razzi sugli asili nido, accoppa i ragazzi che fanno l’autostop e trucida con il colpo alla nuca perfino i soci di al Fatah, perché non vuole impicci (poi si potrebbe andare avanti ancora per un’ora), non sarebbe un’organizzazione terroristica”.

Lo strappo/3. Benjamin Netanyahu è sempre più preoccupato e perplesso. A tracciarne la sagoma, Davide Frattini sul Corriere della Sera che scrive: “Come le candele della festa di Hannukah accese in queste sere una dopo l’altra, Benjamin Netanyahu deve affrontare le scintille diplomatiche che si stanno infuocando attorno al suo governo”.

Il pianto del Pakistan. Dopo il massacro perpetrato dai talebani in una scuola di Peshawar, il paese è vestito a lutto con 150 funerali di cui 130 sono di bambini. Il Corriere della Sera riporta le parole del premier Nawaz Sharif che ha annunciato il ripristino della pena di morte: “Faremo guerra ai talebani sino a quando non saranno eliminati tutti. Non ci saranno più distinzioni tra talebani buoni e cattivi”.

Benigni superstar. Le due puntate in tv dell’attore Roberto Benigni dedicate ai Dieci Comandamenti hanno fatto il boom di ascolti: tantissima l’attenzione sui social network nei quali le citazioni del Talmud sono oramai diventate virali, numerosi i commenti dal mondo ecclesiastico (papa Bergoglio ha fatto la tanto attesa telefonata) e non solo. Il portale dell’ebraismo italiano Moked.it (per leggere cliccare qui e qui) ha raccolto in questi giorni le reazioni del rabbinato italiano, reazioni riportate oggi da Silvia Fumarola de la Repubblica: “Applaude la comunità ebraica italiana e il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, twitta:#Diecicomandamenti, ormai le cose serie si ascoltano solo dai comici. «Sono rimasto piacevolmente stupito dalla quantità di messaggi midrashici che sono passati e dal modo in cui è stato presentato il Talmud. Si vede» aggiunge in un intervento rilanciato da Moked, portale d’informazione ebraico «che Benigni si è preparato a fondo, attingendo in modo significativo da libri e testi ebraici»”. Le parole del rav Di Segni e di rav Adolfo Locci sono state inoltre riprese da Avvenire e la Gazzetta del Mezzogiorno. Su la Stampa, la scrittrice Elena Loewenthal fa invece un appunto: “Nelle due ore dedicate al secondo emistichio delle Tavole, da «onora il padre e la madre» in poi, Benigni non ha mai nominato la parola «ebraico». In questa lingua è stata scritta la Bibbia. A questo universo culturale appartiene la stragrande maggioranza delle cose che Benigni ha raccontato. Ha, è vero, citato il Talmud a proposito della donna. Giusto, bello. Ma quanti telespettatori sanno che il Talmud è la Torah orale, il corpus della tradizione ebraica, quel «mare» su cui naviga la parola d’Israele? Lui non l’ha detto”.
 
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  davar
israele
Contro le ipocrisie diplomatiche
Una “altra mossa aggressiva”. Così il ministro degli esteri israeliano Avigdor Lieberman ha definito la Risoluzione presentata la notte scorsa dai palestinesi nel Consiglio di sicurezza dell'Onu. “Abu Mazen - ha detto il ministro - sta guidando un'operazione il cui obiettivo è la censura di Israele. Ma non ci saranno benefici per i palestinesi, bensì l'opposto”. La via intrapresa da Ramallah di chiedere all'Onu il riconoscimento dello Stato palestinese e di costringere Israele al ritiro entro i confini del 1967, è l'oggetto della critica del capo della diplomazia che ricorda alla controparte così come all'intera comunità internazionale che alla pace si può arrivare solo con il negoziato e non con azioni unilaterali. “Sarebbe meglio che il Consiglio di sicurezza si occupasse di questioni che sono realmente importanti per il mondo, come i sanguinosi attacchi di questa settimana in Australia e Pakistan, o di discutere quanto accade in Siria e in Libia e non perdere tempo con i trucchi palestinesi”.
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qui trieste
Alessandro Salonichio confermato alla presidenza
Conferma alla guida della Comunità ebraica di Trieste per Alessandro Salonichio, al suo secondo mandato da presidente, cui è andato ieri il favore del nuovo Consiglio comunitario riunitosi per assegnare incarichi e deleghe all’interno dell’esecutivo votato domenica scorsa dagli iscritti della kehillah giuliana. Completano il Consiglio i membri di Giunta Ariel Camerini e Nathan Israel e i consiglieri Mauro Tabor, Davide Belleli, Livio Vasieri e Alessandro Treves.
Salonichio ha voluto assumere due deleghe specifiche: Finanze e Sicurezza, mentre Camerini si occuperà di Immobli, Culto e Giovani e Israel di Istruzione e Personale. Rinnovato l’impegno per Cultura e Museo ebraico di Tabor, mentre a Belleli vanno Bilancio e Amministrazione e a Vasieri Cimitero e beni culturali. Treves si occuperà infine della casa di riposo.

(Nell’immagine il presidente della Comunità ebraica triestina Alessandro Salonichio assieme al rabbino capo Eliezer Di Martino e al governatore del Friuli-Venezia Giulia Debora Serracchiani)
 

Qui Roma - i 90 anni della vittorio  polacco
Una scuola che cresce
Cronaca di un compleanno speciale: la musica di Raiz, accompagnato dai Radicanto, si spande con una versione dell’Hallel che affonda le radici nel Sud. Fa la sua maestosa entrata una piramide di sufganyoth sulla quale troneggiano delle candeline, all’ingresso si viene accolti da foto d’annata ed un manto di kippoth formato mini. La scuola ebraica elementare di Roma “Vittorio Polacco” festeggia 90 anni. Quasi un secolo, tra gioie e dolori, pagelle, Hatikvah cantate con le lacrime agli occhi e recite di Purim che racchiudono le metamorfosi generazionali pur rimanendo fedeli alla storia. A fare gli onori di casa, la direttrice della “Vittorio Polacco” Milena Pavoncello: “Festeggiamo durante Chanukkah, perché proprio nella radice di questa parola si ritrova l’accezione di ‘educazione’ ma anche ‘inaugurazione’. Con la scuola elementare i bambini inaugurano ed attivano il ruolo che poi svolgeranno nella società. Nata nel 1924, ha da sempre lo scopo di formare buoni ebrei e buoni cittadini. Polacco, da cui prende il nome, fu un giurista, socio dell’Accademia dei Lincei e senatore di altissimo livello. Voglio terminare con un pensiero per quello che è accaduto in Pakistan, un paese nel quale la scuola si è trasformata in un incubo”. Interviene poi il presidente della Comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici: “Festeggiare questo anniversario importante a Chanukkah è stata una intuizione brillante. Cosa è più adatto in effetti di una festa che celebra la rinascita e la speranza? C’è inoltre un ringraziamento particolare che mi sento di fare e lo rivolgo alle moroth ed i morim, gli insegnanti che da 90 anni si spendono per questa scuola e per la formazione culturale della nostra comunità”. L’ambasciatore d’Israele Naor Gilon lancia un suo messaggio: “Tenevo molto a presenziare a questo evento. La scuola di Roma è uno strumento fondamentale per mantenere viva la propria identità e non perdersi nell’assimilazione; esattamente come la storia di Chanukkah ci insegna simbolicamente attraverso le vicende dei Maccabei”.
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qui Roma
 Un secolo di vita ebraica
Il momento è delicato: cosa è successo nel secolo trascorso tra il 1814 e 1914? Come è cambiata la condizione della Comunità ebraica della Capitale? A parlarne oggi, il giornalista Stefano Caviglia, la storica Anna Foa, il sofer di Amedeo Spagnoletto e l’assessore alla Cultura della Comunità Gianni Ascarelli alle ore 17 presso la Sala Mostre e Convegni Cangemi editore di via Giulia. Un’occasione importante per riflettere, legata alla presentazione del volume curato da Claudio Procaccia “Gli ebrei a Roma tra Risorgimento ed emancipazione”(ed. Cangemi). Un periodo fondamentale, quello scelto da Procaccia, che comprende i grandi mutamenti subiti dalla longeva Comunità ebraica di Roma dopo quasi 2000 anni nel lasso temporale che parte dal ritorno in città del papa Pio VII all’inaugurazione dell’Oratorio Di Castro, la sinagoga di via Balbo, fuori dall’ex Ghetto e simbolo una libertà conquistata. Cento anni di storia ebraica italiana che precedono le drammatiche vicende purtroppo ben note: dallo scoppio della Grande Guerra all’avvento del Fascismo fino alla promulgazione delle leggi razziste.


  pilpul
Otto giorni, otto luci
III Candela - Giovedì sera 27 Kislew/18 Dicembre

Nel commento alla Parashà di Miqqez che leggeremo il prossimo Shabbat, il Maggid MiTrisk (Sefer Maghen Avraham; Rabbì Avraham Twersky 1806-1889) insegna che “come la festa di Shavu‘ot è il tempo del ricevimento della Torà scritta, la festa di Chanukkà è il tempo del ricevimento della Torà orale e per questo, nei giorni di Chanukkà, ogni persona deve occuparsi della Torà scritta e di quella orale”. A sostenere quest’opinione, nel trattato talmudico di Yomà (29a) c’è questo detto: “Il miracolo di Chanukkà non è dato essere scritto e il miracolo di Purim è stato l’ultimo ad esserlo”. E al riguardo, diversi commentatori hanno affermato che il miracolo di Chanukkà non può essere scritto perché è il tempo del raggiungimento dei significati, anche quelli più segreti e profondi, della Torà orale.
 
Adolfo Locci, rabbino capo di Padova                                                                                                                                                     Otto giorni, otto luci. Leggi qui i pensieri per la luce dei giorni scorsi.


Setirot - Chanukkah Sameach 
I due pensieri più belli li ho ricevuti da mia figlia e da Mauro Tabor, e li faccio miei. Rachele scrive: «Buon Chanukkah a tutti, con l’augurio di alimentare sempre la luce che è in ognuno di noi». Mauro: «Un grande Morè che ho avuto l’onore di conoscere, Hugo Gryn z”l, mi aprì il suo cuore. Era il 1944, lui è suo padre erano rinchiusi a Bergen Belsen. Suo padre salvava la misera razione di pane e di margarina per creare una lampada di Chanukkah. Il figlio gli fece notare che non aveva senso perché stavano morendo. Il padre gli rispose “figlio mio, questo pane è così poco che non sarà certo la ragione della nostra sopravvivenza, ma Chanukkah ci dà la speranza e senza speranza siamo già morti”». Chag Chanukkà sameach a tutti.

Stefano Jesurum, giornalista


Time out - Stati
Sarebbe curioso sapere se gli Stati che stanno votando per il riconoscimento dello Stato palestinese considereranno come dichiarazione di guerra i missili e gli attentati di Hamas. Uno Stato, per chi non lo sapesse, non dipende dal riconoscimento di altri paesi, ma è una situazione de facto per cui in un determinato territorio esiste un’autorità politica in grado di mantenere l’autorità. Nei territori palestinesi questa situazione non è presente e neanche i falsi accordi tra Fatah e Hamas possono illudere che esista un’autorità unica in grado di detenere il potere. Riconoscere oggi la Palestina significa legittimare il fondamentalismo nell’area. Non è Abu Mazen ad uscire rinforzato dai vari riconoscimenti, ma Hamas che dimostra come sia possibile ottenere dei successi diplomatici pur cercando di distruggere Israele.

Daniel Funaro
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