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26 dicembre 2014 - 4 Tevet 5775
PAGINE EBRAICHE 24

ALEF / TAV DAVAR PILPUL

alef/tav

Pierpaolo Pinhas Punturello, rabbino
"Pronto rav, buongiorno vorrei sapere se a Shabbat potrei essere vostra ospite?"
"Certo parlo con mia moglie, ma non credo ci siano problemi."
"Bene però io vorrei farle qualche domanda sul vostro livello di kasherut perché sa, caro rav, io sono a livelli molto alti."
Faccio appello a tutta la tendenza omertosa dei mie siculi antenati e silenzio la passionale veemenza di quelli napoletani e non rispondo come vorrei e dico: "Prego chieda pure."
Partono a questo punto una serie di domande sul tipo di latte che beviamo, sul tipo di frutta e verdura che compriamo in questo anno sabbatico, sul tipo di carne, glatt o non glatt, che consumiamo.
 
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Gadi
Luzzatto
Voghera,
storico
"Mosè non dettò articoli di fede, perché Dio non comanda la credenza, cioè non comanda ciò che non può comandarsi. Egli non condanna mai i discorsi antireligiosi, tranne la seduzione all'idolatria e la bestemmia. La Scrittura detesta l'ateo ma l'ateo di depravata condotta. D'altronde Mosè non istituiva una religione, ma sulle basi di una esistente, alzava l'edifizio di uno Stato e d'una legislazione" (S.D.Luzzatto, Epistolario I, p.286).
 
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  davar
israele - la bimba vittima ieri di un attentato
Ayala lotta per la vita
Sono leggermente migliorate le condizioni di Ayala Shapira, la bimba di undici anni rimasta vittima ieri del lancio di una bomba molotov a Maale Shomron, nella zona di Gush Etzion. Ad essere colpita dalla molotov, l'auto in cui si trovava la piccola Ayala assieme al padre Avner. Il veicolo ha preso fuoco, procurando gravi ustioni alla bambina che è riuscita a portarsi da sola fuori dalla macchina, come ha raccontato il padre – anche lui ferito ma in buone condizioni - al sito di informazione ynet. Ayala è ricoverata al Sheba Medical Center, ha subito ustioni di terzo grado sul 30%-40% del corpo, per la maggior parte sul volto e sul petto. “Faremo di tutto per salvarle la vita”, ha dichiarato nella notte  Zeev Rotstein, direttore Sheba Medical Center, e sembra che le condizioni della piccola – al momento in coma indotto - siano leggermente migliorate. “Sono stati colpiti nella stessa zona in cui ci avevano già lanciato una volta una bomba molotov – ha raccontato la madre di Ayala, sottolineando di essere stata lei stessa vittima di un attacco simile un mese fa – quella volta alla guida c'ero io e solo la macchina era stata danneggiata”. Siamo profondamente tristi nel sapere che Ayala sta lottando per la sua vita – ha dichiarato il presidente di Israele Reuven Rivlin – I nostri pensieri e le nostre preghiere sono per lei e per la sua famiglia perché guarisca completamente”.

Nella notte l'esercito ha arrestato dodici palestinesi ritenuti coinvolti nell'attacco terroristico, che ha avuto luogo sulla Strada 55 nei pressi dell'insediamento di Maale Shomron attorno alle 18.30 di pomeriggio. Questa mattina, invece, due agenti di polizia israeliani sono stati aggrediti da un uomo armato di coltello questa mattina nella Città Vecchia. L’aggressore ha ferito al collo uno dei due agenti mentre l’altro è stato colpito alla mano. Le ferite riportate sono leggere e i due agenti sono stati ricoverati in buone condizioni allo Shaare Zedek Medical Center. L’attentatore è riuscito a scappare e le forze di polizia stanno conducendo delle ricerche nell’area per assicurarlo alla giustizia.
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j-ciak
Himmler, l’indecenza del male
“Malgrado tutto il lavoro che ho da fare, sto bene e dormo bene”. A scrivere così è Heinrich Himmler, che mentre la guerra si avvia alle battute finali rassicura la moglie Marga. Una lettera banale: un marito che il lavoro costringe a lungo fuori casa e scrive ai suoi, raccontando di sé e del suo impiego come burocrate dello sterminio. La corrispondenza della famiglia Himmler – centinaia di lettere, documenti e foto rocambolescamente divenuti pubblici a gennaio – sono diventate un film inquietante: “The Decent One”, diretto dalla filmaker israeliana Vanessa Lapa (nell'immagine), da poco nelle sale americane
Presentato al Festival di Berlino, il documentario non aggiunge nuovi particolari alla storia già ben nota di quegli anni. Ci schiude però un altro prezioso spiraglio sui meccanismi mentali dei carnefici. La corrispondenza della famiglia Himmler, per un arco di tempo che va dal 1927 al 1945, è un close-up estremo sull’intimità di una famiglia per cui gli orrori del nazismo sono il pane quotidiano; andare ad Auschwitz è una trasferta come un’altra e il campo di Dachau la meta di una gita con la figlia dodicenne.
L’intreccio degli scritti con i fatti di quegli anni, che Vanessa Lapa ripercorre grazie a pregevoli filmati d’epoca, ci mostra Henrich Himmler nelle vesti di marito e padre affettuoso. Ne emergono tanti aspetti insospettati. Il fastidio nei confronti del figlio adottivo (che per aver fumato una sigaretta verrà spedito nelle SS e diventerà il più giovane prigioniero di guerra sul fronte sovietico).

Daniela Gross
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pagine ebraiche - gennaio 2015
Curare con i valori ebraici
“Il medico non dovrebbe curare la malattia, ma il paziente che ne soffre". La famosa citazione di Maimonide ha attraversato i secoli ma rimane attuale. La medicina si è evoluta, ha fatto progressi enormi ma, in questa continua trasformazione, il benessere del paziente è rimasto al centro. Lo sancisce la Dichiarazione di Ginevra dell'Associazione medica mondiale (“Mi impegno solennemente a consacrare la mia vita al servizio della umanità”). Lo afferma, tornando indietro di qualche centinaia d'anni, il Talmud (“Chi salva una vita salva il mondo intero”). Il benessere del prossimo è ciò che guida l'idea della medicina. E su questo fronte l'ebraismo continua a dare il suo contributo e per raccontare questo intreccio Pagine Ebraiche ha voluto dedicarvi il dossier (clicca qui) del numero di gennaio attualmente in distribuzione. Pagine in cui si raccontano le attività dell'Associazione medica ebraica, del progetto Do Good – un servizio ideato dal presidente della Comunità ebraica di Sofia Alek Oscar in cui si prestano visite oculistiche gratuite a coloro che non possono permettersele -, e dell'iniziativa sulla psicomotricità infantile che vede la collaborazione di Italia e Israele e il coinvolgimento delle scuole ebraiche delle Comunità italiane. Si parla di Rewalk, la creazione israeliana di Amit Goffer che permette a persone con la spina dorsale danneggiata di poter camminare nuovamente. Ma il progresso ha portato con sé anche nuove domande, interrogativi che intrecciano etica e medicina, temi su cui i rabbanim italiani Riccardo Di Segni, Ariel Di Porto e Alberto Moshe Somekh si confrontano in questo dossier. Etica e medicina è il binomio che anche quest'anno sarà al centro della conferenza mondiale organizzata dall'Unesco a Gerusalemme. In rappresentanza dell'Italia, la giornalista scientifica Daniela Ovadia e il gastroenterologo Cesare Efrati, che racconta la posizione della Halakhah, la Legge ebraica, sui doveri di un medico quando si trova a curare una persona affetta da malattia infettiva pericolosa, come l’infezione da Ebola. Un'emergenza quest'ultima che riflette la necessità di creare una collaborazione tra sistemi sanitari. Questo è proprio l'ambizioso obiettivo di una nuova realtà, l'Associazione di Solidarietà Mediterranea guidata da Enrico Mairov: unire i paesi del Mediterraneo per curare insieme i pazienti, senza distinzioni.
 

pilpul
Visti da fuori
Vivendo in un Paese in cui gran parte della popolazione è cristiana, per circa due mesi all’anno mi ritrovo immersa nell’atmosfera natalizia. Eppure, in fin dei conti, mi rendo conto che del Natale so pochissimo, e quasi solo ciò che si vede dall’esterno. Cosa fanno davvero le famiglie italiane nel chiuso delle loro case tra le sera del 24 e il 25 dicembre? D’accordo, mangiano e si scambiano i regali, ma come? Ci sono regole generali sugli orari e le modalità oppure ogni famiglia ha le sue abitudini? E ci sono momenti specifici dedicati ai canti tradizionali? C’è un’infinità di film americani sull’argomento, ma quanto sono veritieri? E in che misura le tradizioni italiane sono simili a quelle americane? È più facile immaginare cosa facciano le famiglie religiose, ma le altre? In quale misura rispettano le tradizioni pur non essendo credenti? Insomma, non ho affatto le idee chiare. Eppure si tratta di colleghi, amici, persone che conosco fin dall’infanzia. Per di più, da insegnante di italiano, che deve spiegare Dante e Manzoni, mi capita talvolta di dover chiarire elementi del cristianesimo, che non sempre sono scontati per tutti gli allievi (a proposito, come festeggiavano il Natale Dante e Manzoni? Cosa facevano? Cosa mangiavano? Confesso che non ne ho la più pallida idea). Credo che la mia ignoranza sia comune a moltissimi ebrei, anche tra quelli considerati “lontani” o “assimilati”. Ma forse l’assimilazione è molto più selettiva e parziale di quanto si possa credere: assorbiamo dalla società in cui viviamo solo gli elementi che possiamo facilmente integrare con la nostra identità; gli altri semplicemente non ci appartengono e facilmente ci rimangono estranei.

Anna Segre, insegnante
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Il veleno dell’islamofobia
Nell’Europa del presente, colpita dalla crisi e dal malcontento popolare si aggira sempre più indisturbato lo spettro della xenofobia, con obiettivi diversi ma con caratteristiche comuni trovando una propria realizzazione nell’anti-europeismo e in un rinnovato e barcollante nazionalismo intriso di populismo. Se l’antisemitismo è circoscritto soprattutto agli ambienti dell’Islam radicale avvalendosi di un tacito appoggio dell’estrema sinistra e dell’immobilismo dei governi liberali, ugualmente il nuovo fenomeno dell’islamofobia riscuote consensi in tutti gli strati sociali e può contare su svariati gruppi politici e propri “intellettuali” di punta. Lo scenario che in un futuro prossimo l’Europa sgretolandosi si trasformi con la crescente immigrazione, in una fattispecie di califfato islamico, con minareti al posto dei campanili delle chiese, e con l’imposizione a tutta la popolazione della shari’a, è un timore condiviso non solo da qualche agitatore di piazze o da scrittori scomodi come Michel Houellebecq ma anche da personaggi di indubbia lucidità e intelligenza, come testimoniano le ultime opere di Oriana Fallaci.  Gli artefici o i responsabili di questa distopia o di questo “suicidio” – usando le parole di Eric Zemmour in riferimento alla Francia – sarebbero, a seconda dei vari orientamenti, le contestazioni del sessantotto che sotto l’influenza del decostruttivismo e della Scuola di Francoforte avrebbero corroso le fondamenta dell’Occidente attraverso il multiculturalismo e il relativismo culturale, o altrimenti, secondo tesi più cospirazioniste, spesso conniventi con le prime, vi sarebbe in ciò, come sempre, un disegno ben preciso da parte di banche, lobby e istituzioni governative per portare al tracollo il continente.

Francesco Moises Bassano, studente
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Avraham Joshua Heschel
Tre giorni a Gerusalemme sono stati dedicati ora alla grande personalità, rabbino e filosofo, Avraham Joshua Heschel.
Figura di cui emerge subito la grande umanità, profondità e umiltà che si manifesta,tra le tante, nella grande capacità di stupirsi. Solo chi può sempre stupirsi può aprirsi al mondo, alla conoscenza, all'esperienza della fede e agli altri. Allora non siamo mai soli e non è mai detta l'ultima parola
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Ilana Bahbout
 




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