kasher…

“Pronto rav, buongiorno vorrei sapere se a Shabbat potrei essere vostra ospite?”
“Certo parlo con mia moglie, ma non credo ci siano problemi.”
“Bene però io vorrei farle qualche domanda sul vostro livello di kasherut perché sa, caro rav, io sono a livelli molto alti.”
Faccio appello a tutta la tendenza omertosa dei mie siculi antenati e silenzio la passionale veemenza di quelli napoletani e non rispondo come vorrei e dico: “Prego chieda pure.”
Partono a questo punto una serie di domande sul tipo di latte che beviamo, sul tipo di frutta e verdura che compriamo in questo anno sabbatico, sul tipo di carne, glatt o non glatt, che consumiamo.
Con fierezza e consapevolezza halachica mi ritrovo a rispondere camminando su strade facilitanti per qualcuno e di antica modernità ebraica per qualcun altro.
” Ah rav…ma se voi mangiate questo e questo non siete al mio alto livello, grazie non verrò.”
Saluto, attacco il telefono e ringrazio Dio. Quel Dio che “guida i passi dell’uomo” e mi ha portato ad incontri significativi con  maestri, colleghi, amici che  hanno il senso del derech erez, giusto comportamento, molto più spiccato dell’appartenenza ad alti livelli che forse sono kasher per ciò che entra in bocca, ma profondamente taref per ciò che ne esce.

Pierpaolo Pinhas Punturello, rabbino

(26 dicembre 2014)