
Pierpaolo Pinhas Punturello, rabbino
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Le
parole che Yaakov, in questa parashah settimanale di Vaichi'
rivolge ai propri figli prima di lasciare questo mondo, non sono sempre
belle per tutti, non sono sempre fonti di beracha' per tutti e a volte
sono stimoli per profondi cambiamenti e prese di coscienza di elementi
caratteriali sui quali gli interessati dovrebbero lavorare.
Eppure per ogni figlio Yaakov esprime qualcosa di particolare, a ogni
figlio dedica un proprio momento e una specifica profezia. Nulla è
generico, nulla è lasciato al senso generale di una vaga benedizione
onnicomprensiva, ma Yaakov si relazione in maniera differente ad ogni
figlio, ad ogni famiglia, ad ogni caso.
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Gadi
Luzzatto
Voghera,
storico
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La
HarperCollins, una delle case editrici più importanti al mondo nel
campo della produzione di atlanti, si è ufficialmente scusata per aver
pubblicato una mappa del Medio Oriente che non indica l'esistenza di
Israele. Il prodotto - stampato per le scuole di lingua inglese nel
mondo arabo - è stato ufficialmente ritirato dal mercato. Tuttavia la
questione rimane: esiste oltre al conflitto guerreggiato una dimensione
virtuale dello scontro mediorientale a cui è necessario volgere
particolare attenzione. Si tratta del livello educativo e
propagandistico, che giocando sulla non-definizione ufficiale dei
confini di Israele e del nascente stato di Palestina presenta immagini
manipolate della realtà che decisamente non aiutano nell'elaborazione
di un percorso di pace. La partita si gioca nelle scuole (sono molti i
testi scolastici palestinesi in cui Israele non esiste come luogo
geografico ed è sostitito da una mappa della Palestina) ma si sviluppa
anche nelle infinite riproduzioni possibili delle carte geografiche:
gadgets, bandiere, loghi su siti internet riportano l'area di Israele
come un luogo geograficamente omogeneo, cui a volte si dà il nome di
Palestina, ma altre volte anche il nome di Israele.
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La reazione di Abu Mazen |
“Togliersi lo schiaffo dalla faccia”
Così Fiamma Nirenstein su Il Giornale descrive la decisione di Abu
Mazen di replicare immediatamente alla sconfitta rimediata al Consiglio
di sicurezza dell’Onu che, senza nemmeno che gli Stati Uniti dovessero
opporre il veto, non ha dato ai palestinesi i nove voti necessari al
riconoscimento della mozione presentata dalla Giordania. Firmare il
trattato di Roma per entrare a far parte della Corte Criminale dell'
Aja è una “pallida vendetta che apre un 2015 infuocato in Medio
Oriente”. La Nigeria “evidentemente grata a Israele per i consigli e
l'aiuto contro i terroristi di Boko Haram” e una “timida Europa” hanno
portato al rifiuto di una mozione impresentabile: “aboliva del tutto di
fatto il principio della trattativa, definiva i futuri confini dello
Stato palestinese, stabilendo che fossero quelli del 1967. Ma persino
la risoluzione 242 dell'Onu non prevede che lsraele dobba lasciare
completamente i territori conquistati in una guerra di difesa, e
necessari, almeno in parte, alla sicurezza. La mozione arrivava a dire
che se in tre anni non saranno raggiunti insultati desiderati dai
palestinesi, compresa Gerusalemme capitale e diritto al ritorno, questo
avverrà automaticamente.”
Internazionalizzare il conflitto.
Questa pare essere la decisione presa da Abu Mazen: dopo aver acquisito
nel 2012 lo status di osservatore dell'Assemblea delle Nazioni Unite,
ora ha deciso di porre la propria firma sotto venti trattati
internazionali e ha siglato anche lo Statuto di Roma, che gli
permetterà di chiedere che la Corte penale internazionale processi
Israele per crimini di guerra.
Per il Corriere della Sera “Con questo colpo di coda, l'ottantenne
presidente dell'Anp riprende un po' di scena, incassa il plauso dei
rivali-alleati di Hamas e porta scompiglio in Israele, a due mesi e
mezzo dal voto.” Ma iI ministro israeliano Naftali Bennett ricorda che
all'Aja pendono anche le denunce contro Hamas e l'uso di scudi umani, e
Netanyahu replica che “Ci aspettiamo che la Corte respinga l'ipocrita
richiesta palestinese”.
Irritazione e delusione
L’ambasciatore di Francia in Israele ha ricevuto un invito ufficiale
per recarsi oggi al ministero degli Affari Esteri. Non una
convocazione, per ora, ma il testo dell’invito è chiaro: “Desideriamo
chiarire un punto d’attrito, di disaccordo, ed esprimere la nostra
delusione in seguito al voto di martedì espresso dalla Francia al
Consiglio di Sicurezza dell’Onu in favore di un progetto di risoluzione
palestinese particolarmente estremista.” (Le Figaro)
E a Gaza a Capodanno... Sul
lungomare, in un grande albergo inaugurato pochi mesi prima dell’ultimo
conflitto, c’è chi ha comunque festeggiato: “Notabili, proprietari
terrieri in affari con gli enti umanitari, quel che resta del ceto
imprenditoriale dopo le distruzioni a tappeto della zona industriale di
Shujaiyeh, maghi dell'import export attraverso i tunnel di Rafah. (...)
Il cenone, a buffet, viene servito in terrazza da una squadra di
camerieri che indossano cappelli di paillettes, gilet dorati e papillon
in tono. Sotto di noi è la spiaggia che le bombe non hanno risparmiato.
Sull'orizzonte scuro incrociano, minacciose, le navi della marina
israeliana. Ma nessuno ci fa caso. La politica sembra bandita.”
L’inviato di Repubblica dopo aver descritto la serata scrive che “Gaza
è l'emblema della spaccatura che da quasi 10 anni lacera il popolo
palestinese.” Hamas non sembra in grado di governare la ricostruzione
ma il governo "di consenso", voluto dal presidente Abu Mazen dopo
l'apparente riconciliazione con gli islamisti non è meno impotente e
nessuno ora pare sapere chi governa la Striscia. “Nessuno, continua, si
fa molte illusioni che le cose cambieranno” e “a sentire il popolo che
abita tra le macerie, nessuno finora si è fatto vivo”.
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dafdaf - gennaio 2015
La storia di Paddington,
piccolo grande orso rifugiato
Una
città invasa dagli orsi: a Londra, in questo periodo, è facile
incontrare una statua che ritrae l’orso più amato dai bambini inglesi.
Sono infatti cinquanta, tutte uguali ma decorate in maniera differente,
le statue che fanno parte di una campagna pubblicitaria creata in
occasione dell’uscita di “Paddington” nei cinema inglesi a fine
novembre. Il film, pieno di star, è un’ottima occasione per riscoprire
le origini del famosissimo e inconfondibile orso, che ha dietro di sé
una storia poco conosciuta. 
La sua prima storia è stata pubblicata nel
1958, con le illustrazioni di Peggy Fortnum, e l’autore che lo ha
creato, Michael Bond, ha recentemente raccontato da dove ha tratto
ispirazione.
Chi conosce Paddington sa bene che intorno al collo ha un
cartellino, su cui, nella versione originale, si legge “Please, look
after this bear. Thank you”, ossia “Per favore prendetevi cura di
quest’orso. Grazie”.
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italia ebraica - gennaio 2015
Cultura, progettualità, Memoria
Il
2015 sarà un anno di ricambio per molte Comunità ebraiche italiane. E
il 2014 si è chiuso con una conferma: la rielezione ai vertici della
Comunità triestina di Alessandro Salonichio. La notizia della sua
nomina, avvenuta a poche ore dalla chiusura del giornale, apre il
numero di gennaio del giornale di cronache comunitarie Italia Ebraica.
Ad affiancare Salonichio i membri di Giunta Ariel Camerini e Nathan
Israel e i consiglieri Mauro Tabor (che è anche consigliere UCEI),
Davide Belleli, Livio Vasieri e Alessandro Treves.
In prima pagina anche l'impegno per ricordare Davide Cavaglion, grande
memoria storica dell'ebraismo piemontese, attraverso l'istituzione di
una biblioteca in suo onore. A lanciare l'iniziativa, con una
commovente testimonianza, è il fratello Alberto.
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Festeggiare o riflettere |
Il
Capodanno che coincide con il 10 di Tevet suona decisamente poco
appropriato, ma a ben pensarci l’atmosfera del 1 gennaio in giro per le
città italiane è tutt’altro che allegra: strade deserte, cocci di
bottiglia, l’impressione di una festa già finita. Iniziare l’anno con
grandi festeggiamenti che devono essere gioiosi a tutti i costi apre
pericolosamente la strada alla disillusione precoce: se il Capodanno
non è all’altezza delle aspettative (ed è ben difficile che lo sia
perché - come insegna Leopardi - le aspettative sono sempre smisurate)
il buon augurio per l’anno nuovo parte già un po’ compromesso.
Anna Segre, insegnante
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Il silenzio |
Roberto
Benigni conclude eccellentemente il commento del quarto precetto del
decalogo sullo Shabbat, con un invito a coltivare il silenzio: “D-o sta
nei frammenti del silenzio […] Il senso del tutto è nel silenzio. […] -
oggi - siamo tutti sempre connessi con tutto il mondo, ma
disconnessi con noi stessi.”. Un silenzio che è scintilla del riposo di
D-o dopo la creazione, e al tempo stesso un silenzio che dovrebbe
riempire lo shabbat, perché anteprima del mondo messianico, quel
“Sabato senza fine” come descritto più volte da Erich Fromm.
Francesco Moises Bassano, studente
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Humans of Israel - Aaron |
"Rimani
seduto, ascolta la melodia. Nulla più della musica ha il potere di
rievocare ricordi, stimolare emozioni o far rivivere momenti
particolari.
La musica ci accompagna in ogni momento e in ogni età, in ogni strada, in ogni festa, in ogni capitolo della nostra vita…”
Jonathan Misrachi
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Libertà della cultura |
"La
cultura deve essere libera" recita la nostra costituzione. Secondo
Zagrebelsky non si tratta di teorizzare "una cultura per la cultura".
Piuttosto, la cultura ha una funzione e una responsabilità sociale che
esige libertà: la cultura deve essere libera ma non può vivere isolata.
È qui la difficoltà, perchè le insidie sorgono dietro l'angolo: la
tentazione di porsi a servizio, quella di cercare il successo in questa
per spenderlo poi in altre funzioni e quella di conformarsi per
ottenere riconoscimento. Servizio, strumentalità e conformismo sono tre
insidie che minano la libertà della cultura e l'autonomia della
funzione intellettuale. Questo mi sembra un bel post-it da mettere
sulla scrivania, sul frigorifero o nel portafoglio.
Ilana Bahbout
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