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La HarperCollins, una delle case editrici più importanti al mondo nel campo della produzione di atlanti, si è ufficialmente scusata per aver pubblicato una mappa del Medio Oriente che non indica l’esistenza di Israele. Il prodotto – stampato per le scuole di lingua inglese nel mondo arabo – è stato ufficialmente ritirato dal mercato. Tuttavia la questione rimane: esiste oltre al conflitto guerreggiato una dimensione virtuale dello scontro mediorientale a cui è necessario volgere particolare attenzione. Si tratta del livello educativo e propagandistico, che giocando sulla non-definizione ufficiale dei confini di Israele e del nascente stato di Palestina presenta immagini manipolate della realtà che decisamente non aiutano nell’elaborazione di un percorso di pace. La partita si gioca nelle scuole (sono molti i testi scolastici palestinesi in cui Israele non esiste come luogo geografico ed è sostitito da una mappa della Palestina) ma si sviluppa anche nelle infinite riproduzioni possibili delle carte geografiche: gadgets, bandiere, loghi su siti internet riportano l’area di Israele come un luogo geograficamente omogeneo, cui a volte si dà il nome di Palestina, ma altre volte anche il nome di Israele. Sono comuni ad esempio le mappe stradali di Israele, o quelle turistiche, in cui il territorio è rappresentato come omogeneo e si omette di segnare – ad esempio – la Linea verde che ancora delinea sulla base del diritto internazionale un territorio oggetto di contenzioso. Se la vogliamo guardare con un occhio positivo, questa situazione può prefigurare una soluzione di pace che potrebbe prevedere nel futuro l’esistenza di uno stato binazionale in cui la convivenza sarebbe di fatto un dato acquisito e ratificato da una mappa geografica omogenea. Possiamo anche auspicare una soluzione del genere, ma temo che il significato profondo dell’omissione dei confini dalle mappe geografiche di Israele e della Palestina assuma al momento ben altri significati. Si tratta di un messaggio politico aggressivo e per nulla pacificante, utilizzato come strumento di propaganda e come modello per un’educazione distorta. Rappresentare la realtà come “non-è” e come “si vorrebbe che fosse” può solo produrre un inasprimento del conflitto. Cancellare virtualmente il nemico manipolando le carte geografiche è un esercizio che genera un sentimento positivo e autocompiacente sul piano psicologico, ma che sul lungo periodo può avere effetti devastanti.

Gadi Luzzatto Voghera, storico

(2 gennaio 2015)