
Elia Richetti,
rabbino
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La
Parashà di questa settimana contiene moltissime norme e regole che
attengono ad ogni ambito della vita, sia sociale, sia giuridica, o
cultuale, o familiare. Tutte queste norme sono introdotte dalla frase
“We-élle ha-mishpatìm ashèr tassìm lifnehèm”, “E queste sono le norme
che porrai davanti a loro”. Rashì, utilizzando un noto Midràsh, rileva
che il brano, il capitolo, comincia con una congiunzione; ciò non può
essere né casuale, né un errore linguistico o di copiatura. Difatti,
spiega Rashì, la congiunzione collega queste norme a quelle date
precedentemente: “Come quelle erano state date dal Sinai, anche queste
vengono dal Sinai”. In altri termini, non c’è differenza fra le norme
esposte in questa Parashà e quelle, ad esempio, del Decalogo: uguale è
la fonte, cioè Ha-Qadòsh Barùkh Hu’, uguale l’obbligatorietà, uguale la
gravità in caso di trasgressione.
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Sergio
Della Pergola,
Università
Ebraica
Di Gerusalemme
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Sull’ormai
logora questione se Netanyahu verrà ricordato dagli storici con un
capitolo, una pagina o una nota a margine, una cosa è ormai certa: Bibi
è il premier israeliano che passerà alla storia per aver più di ogni
altro danneggiato la relazione strategica fra gli Stati Uniti e
Israele. Il problema non è tanto la sua accettazione dell’invito a
parlare al Congresso il 3 marzo, due settimane prima delle elezioni in
Israele in quello che appare come un plateale espediente di campagna
elettorale. Il vero danno deriva dal cocciuto attivismo del premier a
favore del partito repubblicano che oggi controlla entrambe le camere
statunitensi, e contro il partito democratico.
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Ddl sul negazionismo,
Grasso scrive a Gattegna
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Grande
evidenza, sui principali quotidiani, per le parole con cui il
presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna
ha commentato l’approvazione da parte del Senato del disegno di legge
sul negazionismo.
“Vietato minimizzare i genocidi. La soddisfazione dell’UCEI”, titola
tra gli altri il Corriere della sera. “Si scrive una pagina importante
nella storia del nostro Paese. Un provvedimento – ha infatti affermato
Gattegna – che costituisce un baluardo per la difesa della libertà di
tutti, mirato a colpire i falsari che tentano di negare la Shoah, di
offenderne le vittime e di colpire chi difende il valore universale
della Memoria”. Sul Corriere (Paolo Conti) si dà conto anche della
lettera che il presidente del Senato Pietro Grasso ha inviato a
Gattegna una volta concluse le operazioni di voto. “L’Italia – scrive
Grasso – finalmente esprime in maniera chiara l’adesione agli
orientamenti normativi presenti in altri Paesi e già in vigore a
livello europeo”. Per poi sottolineare: “In questo giorno importante
per le istituzioni del nostro Paese, desidero rinnovare i sentimenti di
amicizia che mi legano a Lei e alle Comunità ebraiche italiane”.
Soddisfazione per il voto del Senato è espressa anche dal presidente della Comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici.
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GRASSO SCRIVE AL PRESIDENTE UCEI
"Legge contro il negazionismo,
lavoro equilibrato e condiviso"
Di
seguito il testo del messaggio inviato dal presidente del Senato Pietro
Grasso al Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo
Gattegna subito dopo il via libera dell’Aula al ddl n. 54, “Modifica
all’articolo 3 della legge 13 ottobre 1975, n. 654, in materia di
contrasto e repressione dei crimini di genocidio, crimini contro
l’umanità e crimini di guerra, come definiti dagli articoli 6, 7 e 8
dello statuto della Corte penale internazionale”.
Gentilissimo Presidente,
Sono
sinceramente orgoglioso del fatto che oggi il Senato della Repubblica
abbia approvato il "Disegno di Legge n. 54 - Modifica all'articolo 3
della legge 13 ottobre 1975, n. 654, in materia di contrasto e
repressione dei crimini di genocidio, crimini contro l'umanità e
crimini di guerra, come definiti dagli articoli 6, 7 e 8 dello statuto
della Corte penale internazionale", e sono certo che Lei condividerà la
mia stessa soddisfazione.
Come Presidente del Senato ho più volte espresso la necessità di
dotarci di una legge che introducesse il reato di negazionismo:
l'Italia finalmente esprime in maniera chiara l'adesione agli
orientamenti normativi presenti in altri Paesi e già in vigore a
livello europeo.
L'approvazione del Ddl ad amplissima maggioranza, quasi all'unanimità,
conferma l'intenzione, da parte delle Istituzioni repubblicane, di
compiere un ulteriore e decisivo passo nel contrasto a tutte le forme
di offesa alle vittime e di negazione di quella terribile pagina della
nostra storia che è stata la Shoah.
Se da un lato era unanimemente riconosciuta l'esigenza di introdurre
una norma in grado di sanzionare ogni condotta lesiva della dignità
umana, era altrettanto sentita l'importanza di mantenere intatta la
libera espressione delle opinioni e della ricerca storica: in questo
senso, il Senato ha svolto un lavoro meticoloso, esplorando e
approfondendo tutti gli aspetti connessi alla trattazione di una
materia così complessa e giungendo infine alla stesura di un testo
condiviso ed equilibrato. Sono certo che la Camera dei Deputati saprà
affrontare con uguale sensibilità questa materia per approvare
definitivamente, e in tempi brevi, la Legge contro il negazionismo.
In questo giorno importante per le Istituzioni del nostro Paese -
conclude il messaggio del Presidente Grasso - desidero rinnovare i
sentimenti di amicizia che mi legano a Lei e alle Comunità ebraiche
italiane.
Pietro Grasso, presidente del Senato
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IL DDL SUL NEGAZIONISMO va alla camera
Un baluardo per la libertà di tutti
Grande
evidenza, sui principali quotidiani, per le parole con cui il
presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna
ha commentato l'approvazione da parte del Senato del disegno di legge
sul negazionismo.
“Vietato minimizzare i genocidi. La soddisfazione dell'UCEI”, titola tra gli altri il Corriere della sera.
Larghissima la maggioranza a sostegno del ddl: 234 i voti favorevoli,
otto gli astenuti, tre i contrari. Il disegno di legge, che passerà
adesso all'esame della Camera, prevede l'introduzione di un’aggravante
di pena di tre anni se i reati inquadrati dalla legge Reale del ’75 –
ovvero la propaganda, la pubblica istigazione e il pubblico incitamento
a commettere atti di discriminazione razziale – si fondano in tutto o
in parte sulla negazione della Shoah, dei crimini contro l’umanità e
dei crimini di guerra, come definiti dallo statuto della Corte penale
internazionale.
Il presidente dell'Unione ha parlato di “pagina importante nella storia
del nostro Paese” definendo il provvedimento un baluardo per la difesa
della libertà di tutti “mirato a colpire i falsari che tentano di
negare la Shoah, di offenderne le vittime e di colpire chi difende il
valore universale della Memoria”.
A testimonianza della necessità e dell'importanza di introdurre una
legge che punisca il negazionismo, arrivata dopo anni di dibattiti e
approfondimenti, “il largo sostegno ottenuto dal provvedimento da parte
di tutto l'arco parlamentare, dimostrazione di come siamo di fronte a
una lotta che non ha bandiere politiche ma che coinvolge tutta la
società italiana”.
In una lettera inviata al presidente UCEI una volta concluse le
operazioni di voto il presidente del Senato Pietro Grasso scrive:
“L'Italia finalmente esprime in maniera chiara l'adesione agli
orientamenti normativi presenti in altri Paesi e già in vigore a
livello europeo”. Per poi sottolineare: "In questo giorno importante
per le istituzioni del nostro Paese, desidero rinnovare i sentimenti di
amicizia che mi legano a Lei e alle Comunità ebraiche italiane”.
"L'approvazione del Ddl sul negazionismo in Senato – spiega la
senatrice Silvana Amati, prima firmataria del Ddl – è un atto di
concreto contrasto ad una delle forme più sottili di diffamazione
razziale, xenofoba, antisemita e di incitazione all'odio. Un atto che
dà finalmente seguito alle dichiarazioni che si susseguono ogni anno in
occasione del Giorno della Memoria, affinché simili orrori non possano
mai più accadere. Il negazionismo è un inaccettabile abuso di diritto,
che non può essere protetto dal diritto alla libertà d'espressione o di
ricerca, così come stabilito dalla stessa Corte Europea dei Diritti
dell'Uomo".
Soddisfazione è stata espressa anche dal presidente della Comunità
ebraica di Roma Riccardo Pacifici. “È un atto che ci commuove – afferma
– perché la mente va soprattutto a tutti quei sopravvissuti che hanno
dato e ancora danno la loro vita per raccontare alle future generazioni
l’orrore della macchina della morte nazista e l’inferno dei campi di
sterminio”.
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JUDAICA PEDEMONTANA, OGGI L'INAUGURAZIONE
Torino, luce sul tesoro dei libri
Pagine
preziose, illustrazioni colorate, calligrafie eleganti. La mostra
Judaica Pedemontana, promossa e organizzata dalla Fondazione per i Beni
Culturali Ebraici in Italia e la Biblioteca Nazionale Universitaria di
Torino, presentata in anteprima alla stampa questa mattina a Torino,
espone per la prima volta al pubblico il fondo di volumi ebraici della
Biblioteca. La mostra, la cui inaugurazione avverrà questo pomeriggio e
che rimarrà aperta nella Biblioteca stessa fino al 6 aprile 2015,
comprende anche argenti e tessuti ebraici antichi di proprietà di
Istituzioni e privati, che rimandano ai contenuti o alla provenienza
geografica dei volumi. “La Fondazione ha aderito con grandissimo
entusiasmo all'iniziativa della Biblioteca, in quanto vi si
rispecchiano molti aspetti importanti per la sua attività, ovvero la
divulgazione, il restauro e la ricerca”, ha sottolineato il Presedente
della Fbcei Dario Disegni, che insieme ad Andrea De Pasquale, direttore
della Biblioteca Nazionale di Roma, ha curato l'ideazione e la
progettazione della mostra. Missioni che sono le stesse anche del
Ministero per i Beni e le Attività Culturali, come ha affermato Rossana
Rummo, direttore generale per le Biblioteche, gli Istituti Culturali e
il Diritto d'Autore. “Non bisogna concentrarsi esclusivamente sulla
tutela o in alternativa sulla valorizzazione, e questa mostra lo
dimostra benissimo”, ha aggiunto. A rappresentare il Ministero presente
inoltre Micaela Procaccia, a capo della direzione generale per gli
archivi. Il grande patrimonio di testi ebraici della Biblioteca è
costituito da manoscritti e libri a stampa, tra cui numerosi incunaboli
e cinquecentine.
“Questi
volumi non sono stati danneggiati dall'incendio che ha colpito la
Biblioteca nel 1904 e non hanno subito interventi di restauro
successivi, e la loro esistenza e conservazione sono il frutto del
grande interesse sempre dimostrato della casata dei Savoia”, ha
spiegato De Pasquale. Il patrimonio deve la sua ricchezza in
particolare a Vittorio Amedeo II, che volle che il prefetto fosse di
nomina regia e scelto tra professori universitari. Nel corso degli anni
molti di quelli che si susseguirono furono ordinari di Sacra Scrittura
e lingue orientali, e questo fece sì che lo studio della lingua e della
letteratura ebraiche fosse costantemente praticato nella Biblioteca e
che le acquisizioni di pregiati testi la impreziosissero. Essi sono
disseminati in varie collocazioni, tra cui vi è il fondo Hebr.,
contenente esclusivamente libri antichi in caratteri ebraici. Tra gli
incunaboli, notevoli sia per l'edizione sia per le note, Il direttore
De Pasquale ha sottolineato in particolare l'editio princeps dell’Arba
Turim di Jacob ben Ascher, stampato a Piove di Sacco da Meshullam Cuzi
nel 1475, il primo libro ebraico stampato con datazione certa. Spiccano
inoltre un Commento al Pentateuco di Levi ben Gerešon successivo di un
paio d'anni e stampato a Mantova, un esemplare in pergamena del
Pentateuco con la parafrasi aramaica di Onqelos e il commento di
Šelomoh Jishaqi del 1482, e alcuni volumi stampati nella tipografia di
Gershom ben Mosheh Soncino. Presente in sala anche Evelina Christillin,
presidente della Fondazione del Museo Egizio di Torino, del quale sono
state usate delle vetrine dismesse e restaurate per esporre gli oggetti
in mostra, come ha ricordato De Pasquale. “Questa mostra costituisce
inoltre una grande occasione di approfondimento, in quanto ospiterà
anche un un Convegno internazionale sul collezionismo di libri ebraici
in Europa tra XVIII e XIX secolo che si terrà il 27 marzo, con ospiti
ed esperti che offriranno un momento di confronto di grande rilievo”,
ha affermato Disegni. “Una grande occasione di conoscenza e cultura”,
così ha invece definito la mostra l'assessore alla cultura del Comune
di Torino Maurizio Braccialarghe. Oltre a lui presenti in sala tra gli
altri anche il presidente dell'archivio ebraico Terracini Marco
Luzzati, che ha collaborato con la mostra per quanto riguarda gli
argenti, il presidente della Comunità ebraica di Torino Beppe Segre, i
membri del comitato scientifico che ha curato la realizzazione
dell'esposizione composto da Gianfranco Fina, Lucia Frattarolo, Baruch
Lampronti, Chiara Pilocane e Franca Porticelli. Gli allestimenti e il
progetto grafico sono invece dell’Officina delle Idee, sotto la
direzione di Diego Giachello.
Francesca Matalon
(Nell'immagine, da sinistra a destra, Dario Disegni, Rossana Rummo e Andrea De Pasquale)
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israele
Netanyahu-Herzog, sfida accesa
Fare
previsioni su come andranno le elezioni in Israele, previste per il
prossimo 17 marzo, è impossibile. Il testa a testa tra il Likud guidato
dall'attuale premier Benjamin Netanyahu e il duo Yitzhak Herzog - Tzipi
Livni, a capo dei laburisti il primo, dei centristi di Hatnua la
seconda, lascia la porta aperta a tutte le opzioni. Forse una scossa
potrebbe darla il confronto televisivo tra i leader politici dei vari
partiti israeliani che in queste ore Arutz 2, tra i principali canali
televisivi nazionali sta cercando di organizzare. Herzog ha già detto
che ci sarà, lanciando la sfida a Netanyahu sui social network: “Quindi
Bibi non vuoi discutere con me? Hai paura di me?”, la provocazione del
leader laburista all'attuale premier israeliano. E Netanyahu, che
sembrava inizialmente contrario a partecipare a un confronto
televisivo, fa sapere, attraverso il suo entourage, che ci sarà ma il
dibattito dovrà essere fatto dopo il suo tanto discusso intervento al
Congresso degli Stati Uniti, previsto per il prossimo 3 marzo.
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J-CIAK
Chi marcia a Selma??
Tra
un mese a Selma arriverà anche il presidente Obama per celebrare i
cinquant’anni della marcia per i diritti civili guidata da Martin
Luther King, che partì da questa cittadina dell’Alabama e scatenò una
violenta repressione destinata a sconvolgere l’America. Intanto
“Selma”, il film diretto da Ava DuVernay che oggi arriva in Italia, ha
già fatto molto parlare di sé. Per motivi squisitamente cinematografici
(la mancata nomination all’Oscar sia della regista, che poteva essere
la prima afroamericana candidata al premio, sia di David Oyelowo come
migliore attore protagonista). Ma non solo. “Selma”, comunque
aggiudicatosi due candidature come miglior film e miglior colonna
sonora, ha fatto discutere in modo particolare il mondo ebraico
americano. E il dibattito è entrato nel merito, perché la pellicola è
accusata di aver oscurato la fondamentale partecipazione ebraica alle
lotte dei neri d’America. Dov’è finito, tanto per fare un nome, rav
Avraham Joshua Heschel? Dov’è l’amico e alleato del reverendo King, che
marciò alla sua destra, ben riconoscibile dalla lunga barba bianca in
una delle foto più celebri di quella giornata?
Daniela Gross
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La mia risposta al rav Di Segni
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Gli
interventi del rav Giuseppe Laras (Corriere della sera, 13 gennaio) e
del priore Enzo Bianchi (La Stampa, 18 gennaio) avevano suscitato una
presa di posizione del rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni, che
denunciava sul nostro notiziario quotidiano il pericolo, da parte
cristiana, di una lettura a senso unico delle Scritture (29 gennaio).
Oggi, sempre sul nostro notiziario quotidiano, la risposta del priore,
che ringraziamo per i chiarimenti forniti.
Non sono solito rispondere a critiche e obiezioni ingiuste ai miei
interventi sulla stampa, ma l’amicizia e la stima che nutro verso rav
Giuseppe Laras e verso rav Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma, con
i quali ho tenuto conferenze e dibattiti, mi chiedono di ritornare su
alcune mie affermazioni apparse nell’articolo pubblicato su La Stampa
il 18 gennaio scorso e di interloquire rispettosamente con l’intervento
di rav Di Segni su Pagine ebraiche 24 del 29 gennaio.
Lo faccio in ritardo, essendo venuto a conoscenza di tale intervento
solo pochi giorni fa. I lettori che hanno seguito il dibattito non
hanno bisogno che lo ripeta qui. Nel mio articolo affermavo
semplicemente che sul tema della terra e dello Stato di Israele non
pare esserci comprensione della posizione cristiana da parte degli
ebrei. Questa mia affermazione ha suscitato le reazioni di rav Di
Segni, alle quali per chiarezza voglio rispondere (me ne scuso con i
lettori!) attraverso punti precisi.
Enzo Bianchi
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Setirot
- Il voto a Montecitorio
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Giovedì
prossimo, salvo imprevisti, l’Aula di Montecitorio discuterà il
riconoscimento dello Stato di Palestina. A confrontarsi su questo tema
Sinistra per Israele e Jcall hanno invitato, qualche sera fa a Milano,
la socialista Pia Locatelli, la Pd Lia Quartapelle, Arturo Scotto di
Sel e poi Janiki Cingoli del Cipmo, Giorgio Gomel di JCall e il
giornalista televisivo israeliano Carmel Luzzatti. Dal dibattito è
apparso del tutto evidente lo sforzo della sinistra politica italiana
per arrivare a un testo di mediazione che possa raccogliere il sostegno
più ampio possibile. Così come è parsa finalmente chiara la volontà
collettiva (con diverse sfumature, ovviamente) di non fare sconti ad
alcuna delle parti in campo e di non privilegiare le ragioni
palestinesi rispetto a quelle israeliane o viceversa.
Stefano Jesurum, giornalista
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Uno scarso spettacolo |
Dunque
la mozione sul gemellaggio di Livorno con Gaza, ovvero Hamas (gruppo
riconosciuto come terroristico anche dall’UE) è passata. Lo spettacolo
reso dal Consiglio comunale è stato assai scarso: il trionfo del
cerchiobbotismo (con l’ipocrita riproposizione di una mozione parallela
sul gemellaggio con Bat Yam che però data luglio 1961!), palesi
imbarazzi, imbarazzati silenzi e utili assenze, senza farsi mancare
anche qualche strafalcione. Il prezzo ideologico è stato quindi pagato,
con tanto di ormai trite e ritrite riproposizioni di mantra
antisraeliani “a prescindere”, per dirla alla Totò.
Gadi Polacco
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Time
out - Indifferenza
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Siamo
indifferenti, quasi addormentati di fronte alla notizia che sono morte
300 persone di fronte alle nostre coste. Un dramma che si ripete ormai
da anni, ma che oltre a qualche breve momento di indignazione non
sembra risvegliare il torpore delle nostre coscienze. Non si tratta di
essere buonisti né di pensare che gli immigrati vadano accolti tutti e
senza distinzioni, ma è evidente che esista un problema e che l’Europa
lo debba risolvere. Come farlo spetta ai politici europei che oltre a
litigare su vincoli di bilancio e austerity dovranno dare una visione
politica all’Europa, magari propendo l’immagina di un continente che
difende i propri valori anche fuori dai propri confini terrestri.
Daniel Funaro
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Un attimo del nostro dolore
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In
una sua recente nota apparsa in questa rubrica, l'illustre storico e
letterato Alberto Cavaglion attribuisce a questa redazione il merito di
aver posto in evidenza, come immagine simbolica del tragico attentato
dell'ottobre 1982 alla sinagoga di Roma, l'immagine di un bambino
ferito portato in braccio dai vigili urbani. L'immagine, scattata da un
professionista generoso e sensibile come Massimo Capodanno, si trova da
trent'anni negli archivi dell'agenzia Ansa e non è certo né inedita né
sconosciuta. Lo stesso fotografo aveva ricevuto un riconoscimento dalla
Comunità ebraica di Roma non per questa immagine in particolare, e
nemmeno per il suo lavoro di fotografo in generale, ma piuttosto per la
sua azione mirata al salvataggio dei feriti.
Vero è, invece, che questa redazione ha scelto al contrario di
altre di metterla con forza in evidenza già negli scorsi anni
come icona di un momento, il più doloroso, il più lacerante, della
nostra storia recente. Altri non lo fecero e puntarono su altre pur
sempre legittime scelte. Non lo fecero i grandi quotidiani dell'epoca e
nemmeno, se la memoria non mi inganna, lo fece la stampa comunitaria.
Quella foto assume secondo Cavaglion ora nuova evidenza alla luce del
chiaro riferimento segnato dal Presidente della Repubblica Sergio
Mattarella nel suo discorso di qualche giorno fa. Una sintonia che ci
onora e che spiega al meglio l'alto significato simbolico che avevamo
visto in quella immagine più che in altre. Ma i veri meriti restano ben
altri. A cominciare da quelli di coloro che alla retorica e al
vittimismo hanno preferito la chiarezza. Degli intellettuali
coraggiosi, come lo stesso Cavaglion, e come i suoi colleghi Arturo
Marzano e Guri Schwarz, che hanno dedicato molte energie e studi perché
su questa terribile vicenda e sulla mostruosa impalcatura ideologica
che le aprì la strada si facesse piena luce, anche a costo di suscitare
qualche dispiacere o qualche imbarazzo fra i primi della classe che
oggi colgono ogni pretesto per salire ingiustificatamente in cattedra.
gv
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