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5 marzo 2015 - 14 Adar 5775
PAGINE EBRAICHE 24

ALEF / TAV DAVAR PILPUL

alef/tav


Elia Richetti,
rabbino
Dal linguaggio usato nella Torà in merito allo Shabbat, i nostri Maestri ricavano il concetto dell’esistenza di una speciale “anima aggiunta” che entra nella persona dall’inizio del Sabato per uscirne al momento della Havdalà; anzi, il fatto che l’Havdalà preveda l’uso di spezie odorose è messo in rapporto col fatto che si cerca di preservare un po’ della piacevolezza ottenuta con l’”anima aggiunta”.
 
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Sergio
Della Pergola,
Università
Ebraica
Di Gerusalemme
Alle persone di buona volontà che hanno votato a favore e applaudito il riconoscimento italiano di uno Stato palestinese, e alle persone scontente che ritengono che ciò che è stato deciso in Parlamento sia insufficiente, credo sia utile ricordare che uno Stato non sussiste solamente in funzione dei suoi confini ma anche delle sue istituzioni. Le istituzioni palestinesi sono tuttora divise in due fazioni, solo in parte separate territorialmente e solo in parte rivali, sotto l’egida rispettiva dell’OLP e di Hamas.
 
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Il discorso di Bibi
Il discorso pronunciato al Congresso degli Stati Uniti dal premier israeliano Benjamin Netanyahu sul pericolo del nucleare iraniano continua ad essere al centro dell’attenzione della stampa italiana ed estera. Secondo i sondaggi successivi all’intervento – si legge sul Messaggero – sarebbe cresciuto il consenso verso Netanyahu, tanto da potergli far guadagnare due seggi in più al voto del 17 marzo. Nonostante le critiche suscitate dalla scelta di intervenire così a ridosso delle elezioni, a condividere il pensiero del premier sul pericolo Iran è lo scrittore israeliano storicamente di sinistra David Grossman che dichiara a Repubblica: “Le mie impressioni sul suo discorso sono da dividere in due parti: la prima riguarda senz’altro il danno che ha provocato ai rapporti fra Israele e Stati Uniti, con i democratici e soprattutto con il presidente Obama. Di questo hanno già parlato in tanti e non credo di avere molto da aggiungere. Ma c’è anche una seconda parte, che riguarda i punti in discussione che Netanyahu ha sollevato nel suo discorso, ritengo che siano importanti e debbano essere ascoltati".
 
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  davar
TERZA GIORNATA EUROPEA DEI GIUSTI
"Una luce che irradia l'umanità"
“La luce dei Giusti irradia l’intera umanità e rappresenta un formidabile paradigma sia in tempo di pace che in tempo di crisi, quando il buio cala sul nostro mondo e la violenza, l’odio, la negazione dei diritti costituiscono una minaccia quotidiana alla vita democratica. Conoscere e divulgare le storie di chi si è opposto all’oscurità, nei diversi periodi del nostro recente passato, rappresenta pertanto un’opportunità di inestimabile valore che ci aiuta a capire il valore delle conquiste ottenute dal mondo progredito e il loro peso specifico nelle nostre esistenze. Celebrando gli eroi di ieri e di oggi, raccontando il loro coraggio, il loro sogno, la loro tenacia, rafforziamo i valori che uniscono popoli e culture diverse nel comune anelito di pace, libertà e fratellanza universale”. È quanto afferma il presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Renzo Gattegna (nell'immagine) alla vigilia della terza edizione della Giornata Europea dei Giusti.

medio oriente - la sfida dell'energia
Israele - Egitto, timori condivisi
Oltre a Israele, tra coloro che guardano con preoccupazione alle trattative tra Usa e Iran sul nucleare troviamo l'Egitto del generale Al-Sisi. Le relazioni tra il Cairo e Teheran sono complicate e gli egiziani non vedono di buon occhio un possibile consolidamento del potere del regime iraniano in Medio Oriente. Di converso, vista la sua politica ferocemente anti-israeliana condita con invocazioni alla distruzione dello Stato ebraico, a Teheran rimarrà indigesto il sempre più vicino accordo tra Israele ed Egitto in merito alla fornitura di gas. In un'intervista al Wall Street Journal, infatti, il ministro egiziano dell'Energia Sherif Ismail ha dichiarato che se il prezzo offerto per il gas della piattaforma israeliana Tamar sarà conveniente e se si supererà il contenzioso con un altro fornitore, allora l'Egitto potrebbe rifornirsi da Israele.
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purim 5775
La Meghillah di Ester. E noi
Dopo essersi riuniti nelle sinagoghe per leggere la Meghillah di Ester, le comunità ebraiche del mondo intero hanno iniziato i festeggiamenti per Purim, la ricorrenza ebraica dedicata al cambio della sorte. Si ripercorrono la vicenda degli ebrei residenti nell’antica Persia che, condannati a morte dal consigliere del re Haman, l’astuto e assai antisemita consigliere del goffo re Achashverosh, riuscirono miracolosamente a salvarsi. Il drammatico destino cambiò grazie al saggio ebreo Mordechai e sua nipote Ester che sacrificò la sua libertà per sposare il re ed essere ammessa a corte. A festeggiare il capovolgimento della sorte sonno tutte le 21 comunità dell’Italia ebraica. E intanto Israele si riempie di coloratissime parate e migliaia di maschere originali. Ad arricchire il tutto banchetti, dolci e vino per rispettare il tacito: “Ci hanno provato ad uccidere. Non ci sono riusciti. Mangiamo!”. Ma la storia di Purim raccolta nella Meghillah, spiegano i Maestri, offre continui spunti da applicare all’ebraismo 2.0 di oggi.
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purim 5775
 Ridere per sconfiggere i nemici
Chi come me, ha insegnato in una scuola ebraica, quando si avvicina Purim non può fare a meno di immaginare spunti per ipotetiche recite, scenette o sketch, o magari un testo per qualche inserto semiserio di un giornale ebraico.
E così ogni anno in questa stagione mi ritrovo a riflettere sugli spunti di attualità presenti nella Meghillat Ester, possibilmente anche divertenti: il femminismo, i pericoli insiti nei leader politici troppo abituati all’adulazione, il coraggio di chi rifiuta di comportarsi come la massa. O, anche, la diaspora, l’assimilazione, l’identità ebraica prima nascosta e poi orgogliosamente dichiarata.
Quest’anno mi è venuto in mente che un altro spunto niente male per attualizzare la storia potrebbero essere i rapporti istituzionali all’interno del mondo ebraico, su cui i cenni fugaci della Meghillà lasciano ampio spazio alla fantasia. Eccomi dunque a immaginare l’Unione delle Comunità Ebraiche Persiane e i problemi organizzativi di un parlamentino che doveva riunire i rappresentanti delle 127 province del regno di Achashverosh; come avrà fatto la newsletter dell’UCEP a dar conto di tutte le manifestazioni nelle 127 province elencando dettagliatamente per ciascuna tutti i presenti e le loro cariche? E poi la newsletter avrebbe ospitato gli interventi di vari rabbini, di alcuni illustri storici; l’indagine di un importante demografo sulla persistenza dell’antisemitismo in Persia anche dopo l’impiccagione di Haman; la messa in guardia di uno storico sociale delle idee contro il pericolo di trasformare Purim in un vuoto rituale senza una puntuale riflessione storico-culturale; e, soprattutto, un accorato intervento del direttore in difesa di Mordechai e della Regina Ester contro le vergognose voci irresponsabilmente messe in giro su di loro in qualche social network.
La Meghillà, però, parla soprattutto di antisemitismo, e a leggere il testo in questi giorni passa un po’ la voglia di scherzare. Haman è un personaggio profondamente inquietante e il suo discorso sintetizza in poche frasi tutti i principali argomenti degli odiatori degli ebrei nei 2500 anni successivi, compresi quelli di oggi. L’idea di un massacro totale degli ebrei, uomini, donne e bambini, preceduto da undici mesi di campagna diffamatoria è decisamente angosciante. Eppure da 2500 anni esiste la tradizione di riderci sopra. Anche nei momenti bui. Perché gli ebrei non hanno mai rinunciato a questa strana festa dall’allegria un po’ sopra le righe?
Si possono dare tante risposte: forse un bisogno di evasione, forse il desiderio di esorcizzare il presente con una vicenda a lieto fine (che poi tutto sommato non è neppure così lieto, se consideriamo che la storia si conclude con il re sempre tranquillamente sul suo trono, che non si assume neanche una briciola di responsabilità per il proprio decreto e non fa nulla, personalmente, per annullarlo, limitandosi a concedere agli ebrei il diritto di arrangiarsi e difendersi da soli). Tralascio volutamente le spiegazioni “storiche” che legano la festa a riti pagani preesistenti perché, oltre ad essere ovviamente inaccettabili da un punto di vista ortodosso, mi sembrano comunque irrilevanti: qualunque cosa fosse Purim prima di Purim resta il fatto che si tratta di una festa che da più di due millenni fa parte a pieno titolo della liturgia ebraica con tutte le sue usanze sopra le righe, compresa quella di ubriacarsi, e la sua vocazione alle risate.
I nostri Maestri hanno deciso consapevolmente che almeno una volta all’anno è giusto, anzi doveroso ridere. E non ridere dimenticando gli antisemiti, ma ridere proprio degli antisemiti. Perché, nonostante tutto, ridere di loro è un modo per combatterli. Forse non è un caso se – come abbiamo visto a Parigi e a Copenaghen – le stesse persone che se la prendono con gli ebrei se la prendono anche con chi ama ridere e far ridere. Forse la risata può essere un mezzo per combattere l’idolatria.

Anna Segre, insegnante

Pagine Ebraiche Marzo 2015

qui roma
Urtisti, un futuro è possibile
“Facciamo parte del tessuto storico-sociale della città. E per questo vogliamo essere protagonisti del suo rilancio”. A parlare è Fabio Gigli, presidente degli urtisti, i venditori di ricordi (a carattere religioso e non) istituiti nell’Ottocento a seguito della concessione di una dispensa papale agli ebrei romani. La categoria affronta giorni incerti, in attesa di capire cosa sarà del suo futuro. C’è preoccupazione, ma anche la consapevolezza delle proprie potenzialità. Un know-how da veicolare sfruttando anche le strade offerte dalle moderne tecnologie. .
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j-ciak
La banda dei sopravvissuti
“Hanno provato a distruggerci. Siamo sopravvissuti. Andiamo a mangiare”. La storia ebraica, dice una celebre battuta, si riassume così. Nel caso della Holocaust Survivor Band, anziché mangiare si suona. E da quei suoni si sprigionano un gusto per la vita e un’allegria che saziano l’anima e sono perfetti per Purim. Alla batteria c’è Saul Dreier, 89 anni; alle tastiere e fisarmonica Reuven “Ruby” Sosnowic, quattro anni più giovani.

Sono sopravvissuti alla Shoah, si sono rifatti una vita in America e la scorsa estate hanno lanciato la loro klezmer band. Piacciono così tanto che sono volati a Las Vegas ad aprire il concerto dell’israeliano Dudu Fisher e poi si sono fatti immortalare in un video del giovane filmaker Joshua Z. Weinstein. Un ritratto tra Woody Allen e il delizioso Buena Vista Sociale Club di Wim Wenders, che si intitola semplicemente “Holocaust Survivor Band” ed è rimbalzato anche nella prestigiosa rubrica Op-Docs del New York Times.

Daniela Gross
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qui trani - lech lecha 2015
L'Europa e Israele dopo Parigi
Quarta giornata di incontri per la settimana di arte, cultura e letteratura ebraica Lech Lechà promossa da Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, Comunità ebraica di Napoli e Regione Puglia. Numerosi gli interventi in programma oggi a Trani con baricentro l'antica sinagoga Scolanova (che ha appena riaperto le porte dopo un restauro) e l'auditorium S.Luigi. Proprio in sinagoga il maskil Marco Dell’Ariccia ha tenuto questa mattina una lezione sul significato della festa di Purim. Sempre alla ricorrenza che celebra la vittoria degli ebrei di Persia sul perfido Amman è stata dedicato un successivo incontro dal titolo “Unità del popolo d’Israele e la lezione storica del Purìm”. Nel pomeriggio si parlerà invece di produzione di vino kasher e di Europa delle culture religiose dopo i fatti di Parigi. Concluderà la giornata un concerto all'auditorium con musiche di Caesar Franck, Frederic Chopin, Sergej Rachmaninov.
(Nell'immagine un momento della sessione su “Parigi 9 gennaio 2015 e la geopolitica di un nuovo antisemitismo” con interventi del coordinatore dei dipartimenti Informazione e Cultura UCEI Guido Vitale, Cosimo Yehudàh Pagliara, Piero Di Nepi e Dov Holzer).
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  pilpul
Setirot - Per amore o per paura
Nel bel saggio introduttivo di David Bidussa a “Le origini del fascismo italiano” di Enzo Sereni (Castelvecchi Editore), leggo questa frase: «… al di là del giudizio politico sul sionismo, le domande che apre [il sionismo medesimo, ndr] si presentano come una risposta alla crisi di identità dell’ebreo assimilato e integrato, ma senza per questo configurarsi come un porto sicuro a fronte delle minacce o dei pericoli esterni». Si parla, ovviamente, di un’altra epoca – lo scritto di Sereni è del 1939 e viene elaborato in Palestina soprattutto per i compagni del kibbutz –, di un contesto assai differente dall’attuale. Da allora, per esempio, il sionismo ha diffusamente acquisito carattere più religioso. E tuttavia è incredibile la sovrapposizione della disputa politico-culturale di ieri e di oggi: si fa l’aliyah per amore di Israele (laico o pio che questo amore sia) oppure per paura, per fuggire a una minaccia?

Stefano Jesurum, giornalista

Time out - Purim e Iran
Cercare di mostrare similitudini e affinità tra una festa ebraica e l’attualità è sempre azzardato e rischioso. Si corre il rischio di politicizzare una festività e di incorrere in facili polemiche, eppure vista la minaccia di un Iran atomico, nessuna festa più di Purim, in cui ricordiamo il tentativo di uccidere tutti gli ebrei nella Persia di Assuero, sembra essere più attuale tra quelle che celebriamo. Ho letto che qualcuno è andato oltre: Netanyahu sarebbe il nuovo Mordechai che cerca di mettere in guardia gli ebrei dal rischio che corrono, Obama il re che come Assuero non si preoccupa del destino del popolo ebraico e i persiani sarebbero ovviamente gli iraniani. Ester, sono invece coloro che hanno timore di dire al Re che la situazione è grave e preoccupante e che forse sarebbe il caso di provvedere il prima possibile.

Daniel Funaro
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