Elia Richetti,
rabbino
|
Dal
linguaggio usato nella Torà in merito allo Shabbat, i nostri Maestri
ricavano il concetto dell’esistenza di una speciale “anima aggiunta”
che entra nella persona dall’inizio del Sabato per uscirne al momento
della Havdalà; anzi, il fatto che l’Havdalà preveda l’uso di spezie
odorose è messo in rapporto col fatto che si cerca di preservare un po’
della piacevolezza ottenuta con l’”anima aggiunta”.
|
|
Leggi
|
Sergio
Della Pergola,
Università
Ebraica
Di Gerusalemme
|
Alle
persone di buona volontà che hanno votato a favore e applaudito il
riconoscimento italiano di uno Stato palestinese, e alle persone
scontente che ritengono che ciò che è stato deciso in Parlamento sia
insufficiente, credo sia utile ricordare che uno Stato non sussiste
solamente in funzione dei suoi confini ma anche delle sue istituzioni.
Le istituzioni palestinesi sono tuttora divise in due fazioni, solo in
parte separate territorialmente e solo in parte rivali, sotto l’egida
rispettiva dell’OLP e di Hamas.
|
|
Leggi
|
|
Il discorso di Bibi
|
Il
discorso pronunciato al Congresso degli Stati Uniti dal premier
israeliano Benjamin Netanyahu sul pericolo del nucleare iraniano
continua ad essere al centro dell’attenzione della stampa italiana ed
estera. Secondo i sondaggi successivi all’intervento – si legge sul
Messaggero – sarebbe cresciuto il consenso verso Netanyahu, tanto da
potergli far guadagnare due seggi in più al voto del 17 marzo.
Nonostante le critiche suscitate dalla scelta di intervenire così a
ridosso delle elezioni, a condividere il pensiero del premier sul
pericolo Iran è lo scrittore israeliano storicamente di sinistra David
Grossman che dichiara a Repubblica: “Le mie impressioni sul suo
discorso sono da dividere in due parti: la prima riguarda senz’altro il
danno che ha provocato ai rapporti fra Israele e Stati Uniti, con i
democratici e soprattutto con il presidente Obama. Di questo hanno già
parlato in tanti e non credo di avere molto da aggiungere. Ma c’è anche
una seconda parte, che riguarda i punti in discussione che Netanyahu ha
sollevato nel suo discorso, ritengo che siano importanti e debbano
essere ascoltati".
|
|
Leggi
|
|
|
TERZA GIORNATA EUROPEA DEI GIUSTI
"Una luce che irradia l'umanità"
“La
luce dei Giusti irradia l’intera umanità e rappresenta un formidabile
paradigma sia in tempo di pace che in tempo di crisi, quando il buio
cala sul nostro mondo e la violenza, l’odio, la negazione dei diritti
costituiscono una minaccia quotidiana alla vita democratica. Conoscere
e divulgare le storie di chi si è opposto all’oscurità, nei diversi
periodi del nostro recente passato, rappresenta pertanto un’opportunità
di inestimabile valore che ci aiuta a capire il valore delle conquiste
ottenute dal mondo progredito e il loro peso specifico nelle nostre
esistenze. Celebrando gli eroi di ieri e di oggi, raccontando il loro
coraggio, il loro sogno, la loro tenacia, rafforziamo i valori che
uniscono popoli e culture diverse nel comune anelito di pace, libertà e
fratellanza universale”. È quanto afferma il presidente dell’Unione
delle Comunità Ebraiche Renzo Gattegna (nell'immagine) alla vigilia
della terza edizione della Giornata Europea dei Giusti.
|
purim 5775 Ridere per sconfiggere i nemici
Chi
come me, ha insegnato in una scuola ebraica, quando si avvicina Purim
non può fare a meno di immaginare spunti per ipotetiche recite,
scenette o sketch, o magari un testo per qualche inserto semiserio di
un giornale ebraico.
E così ogni anno in questa stagione mi ritrovo a riflettere sugli
spunti di attualità presenti nella Meghillat Ester, possibilmente anche
divertenti: il femminismo, i pericoli insiti nei leader politici troppo
abituati all’adulazione, il coraggio di chi rifiuta di comportarsi come
la massa. O, anche, la diaspora, l’assimilazione, l’identità ebraica
prima nascosta e poi orgogliosamente dichiarata.
Quest’anno mi è venuto in mente che un altro spunto niente male per
attualizzare la storia potrebbero essere i rapporti istituzionali
all’interno del mondo ebraico, su cui i cenni fugaci della Meghillà
lasciano ampio spazio alla fantasia. Eccomi dunque a immaginare
l’Unione delle Comunità Ebraiche Persiane e i problemi organizzativi di
un parlamentino che doveva riunire i rappresentanti delle 127 province
del regno di Achashverosh; come avrà fatto la newsletter dell’UCEP a
dar conto di tutte le manifestazioni nelle 127 province elencando
dettagliatamente per ciascuna tutti i presenti e le loro cariche? E poi
la newsletter avrebbe ospitato gli interventi di vari rabbini, di
alcuni illustri storici; l’indagine di un importante demografo sulla
persistenza dell’antisemitismo in Persia anche dopo l’impiccagione di
Haman; la messa in guardia di uno storico sociale delle idee contro il
pericolo di trasformare Purim in un vuoto rituale senza una puntuale
riflessione storico-culturale; e, soprattutto, un accorato intervento
del direttore in difesa di Mordechai e della Regina Ester contro le
vergognose voci irresponsabilmente messe in giro su di loro in qualche
social network.
La Meghillà, però, parla soprattutto di antisemitismo, e a leggere il
testo in questi giorni passa un po’ la voglia di scherzare. Haman è un
personaggio profondamente inquietante e il suo discorso sintetizza in
poche frasi tutti i principali argomenti degli odiatori degli ebrei nei
2500 anni successivi, compresi quelli di oggi. L’idea di un massacro
totale degli ebrei, uomini, donne e bambini, preceduto da undici mesi
di campagna diffamatoria è decisamente angosciante. Eppure da 2500 anni
esiste la tradizione di riderci sopra. Anche nei momenti bui. Perché
gli ebrei non hanno mai rinunciato a questa strana festa dall’allegria
un po’ sopra le righe?
Si possono dare tante risposte: forse un bisogno di evasione, forse il
desiderio di esorcizzare il presente con una vicenda a lieto fine (che
poi tutto sommato non è neppure così lieto, se consideriamo che la
storia si conclude con il re sempre tranquillamente sul suo trono, che
non si assume neanche una briciola di responsabilità per il proprio
decreto e non fa nulla, personalmente, per annullarlo, limitandosi a
concedere agli ebrei il diritto di arrangiarsi e difendersi da soli).
Tralascio volutamente le spiegazioni “storiche” che legano la festa a
riti pagani preesistenti perché, oltre ad essere ovviamente
inaccettabili da un punto di vista ortodosso, mi sembrano comunque
irrilevanti: qualunque cosa fosse Purim prima di Purim resta il fatto
che si tratta di una festa che da più di due millenni fa parte a pieno
titolo della liturgia ebraica con tutte le sue usanze sopra le righe,
compresa quella di ubriacarsi, e la sua vocazione alle risate.
I nostri Maestri hanno deciso consapevolmente che almeno una volta
all’anno è giusto, anzi doveroso ridere. E non ridere dimenticando gli
antisemiti, ma ridere proprio degli antisemiti. Perché, nonostante
tutto, ridere di loro è un modo per combatterli. Forse non è un caso se
– come abbiamo visto a Parigi e a Copenaghen – le stesse persone che se
la prendono con gli ebrei se la prendono anche con chi ama ridere e far
ridere. Forse la risata può essere un mezzo per combattere l’idolatria.
Anna Segre, insegnante
Pagine Ebraiche Marzo 2015
|
Setirot
- Per amore o per paura |
Nel
bel saggio introduttivo di David Bidussa a “Le origini del fascismo
italiano” di Enzo Sereni (Castelvecchi Editore), leggo questa frase: «…
al di là del giudizio politico sul sionismo, le domande che apre [il
sionismo medesimo, ndr] si presentano come una risposta alla crisi di
identità dell’ebreo assimilato e integrato, ma senza per questo
configurarsi come un porto sicuro a fronte delle minacce o dei pericoli
esterni». Si parla, ovviamente, di un’altra epoca – lo scritto di
Sereni è del 1939 e viene elaborato in Palestina soprattutto per i
compagni del kibbutz –, di un contesto assai differente dall’attuale.
Da allora, per esempio, il sionismo ha diffusamente acquisito carattere
più religioso. E tuttavia è incredibile la sovrapposizione della
disputa politico-culturale di ieri e di oggi: si fa l’aliyah per amore
di Israele (laico o pio che questo amore sia) oppure per paura, per
fuggire a una minaccia?
Stefano Jesurum, giornalista
|
|
Time
out - Purim e Iran |
Cercare
di mostrare similitudini e affinità tra una festa ebraica e l’attualità
è sempre azzardato e rischioso. Si corre il rischio di politicizzare
una festività e di incorrere in facili polemiche, eppure vista la
minaccia di un Iran atomico, nessuna festa più di Purim, in cui
ricordiamo il tentativo di uccidere tutti gli ebrei nella Persia di
Assuero, sembra essere più attuale tra quelle che celebriamo. Ho letto
che qualcuno è andato oltre: Netanyahu sarebbe il nuovo Mordechai che
cerca di mettere in guardia gli ebrei dal rischio che corrono, Obama il
re che come Assuero non si preoccupa del destino del popolo ebraico e i
persiani sarebbero ovviamente gli iraniani. Ester, sono invece coloro
che hanno timore di dire al Re che la situazione è grave e preoccupante
e che forse sarebbe il caso di provvedere il prima possibile.
Daniel Funaro
Leggi
|
|
|