
Paolo Sciunnach,
insegnante
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Un
ebreo deve pagare un alto prezzo per vivere. Per essere ebreo in un
mondo che non è propizio né favorevole alla sua sopravvivenza deve
mirare alto. Alcuni di noi ebrei stanchi di sacrifici e di sforzi, si
chiedono spesso: l'esistenza ebraica vale il prezzo che costa? Altri
ebrei sono sopraffatti dal panico: sono perplessi e disperano che la
piaga dell’antisemitismo possa essere sanata. Il significato
dell'esistenza ebraica, il tema essenziale di ogni pensiero ebraico, è
fondamentale. Adattarlo alla cornice delle predilezioni intellettuali
personali o delle mode correnti del nostro tempo equivale a distorcerlo.
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Anna
Foa,
storica
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È
stato opportunamente ricordato, nella polemica nata a Roma intorno alla
manifestazione del 25 aprile, che nella guerra portata da Hitler al
mondo democratico i palestinesi si trovarono dalla parte dei nazisti.
Per quanto ignoto alla maggior parte delle persone, si tratta di un
fatto storico indiscutibile e incontestabile. Dal 1921 Gran Muftì di
Gerusalemme, Amin al Husayni, fu il leader incontrastato delle rivolte
arabe contro gli ebrei in Palestina a partire dal 1920 fino alla grande
rivolta del 1936. Favorevole al nazismo fin dall’avvento al potere di
Hitler nel 1933, legato al fascismo italiano fin dal 1934, al Husayni
si stabilì a Berlino nel 1941 dove intrattenne stretti rapporti con
Hitler. Nel 1942 sollecitò la creazione di un’unità militare araba
italiana e nel 1943 si impegnò nella creazione di una speciale unità
bosniaca musulmana delle Waffen SS. La partecipazione alla guerra
nazista non fu quindi solo ideologica, in nome della lotta
antibritannica e antisionista, ma militare e operativa. Tutto questo è
storia.
Non si capisce quindi che cosa abbiano a che fare le organizzazioni
filopalestinesi nella preparazione della manifestazione per il 70°
anniversario della Liberazione, un fatto storico che non coinvolge il
conflitto israelo-palestinese ma la guerra di liberazione antinazista,
ed entro questo contesto lo sterminio degli ebrei in Europa e il ruolo
della Brigata Ebraica nelle operazioni militari in Italia a fianco
degli inglesi e degli americani. Che tutti, individualmente, abbiano il
diritto di partecipare alla manifestazione del 25 aprile, sionisti o
antisionisti che siano, è evidente. Ma che delle sigle che in questo
contesto specifico non possono non richiamare il fronte su cui i
palestinesi militavano durante la seconda guerra mondiale non solo si
pongano fra gli organizzatori ma si permettano di conferire patenti di
democrazia agli altri, è pura follia.
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Leggere per crescere
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Si
intitola “Leggere per crescere” il dossier di aprile che ogni anno
Pagine Ebraiche dedica alla letteratura per bambini e ragazzi in
occasione della Bologna Childen’s Book Fair, la più importante fiera
sulla letteratura per l’infanzia, dove il giornale, insieme a DafDaf, è
stato distribuito in tutti i padiglioni.
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basket - harik henig SI RACCONTA
I segreti di "Mister Nba"
In testa c’è il calcio. A breve distanza segue la pallacanestro. Un abisso separa queste discipline dalle altre opzioni.
Non c’è storia in Israele: la passione popolare si infiamma soltanto per questi due sport, il resto è contorno.
Ma se nel calcio le soddisfazioni sono state finora modeste, e niente
di realmente significativo sembra alle porte, nel basket la nazionale,
ma soprattutto il Maccabi Tel Aviv, spesso dettano legge. Basta
ricordare il trionfo del quintetto gialloblu nell’ultima Eurolega e
piazza del Duomo, a Milano, letteralmente presa d’assalto dalla sua
festante torcida.
In un paese di pionieri come Israele anche lo sport ha i suoi “olim”. A
portare Israele nella mappa del basket fu lo squadrone del ’77 guidato
da Tal Brody, americano di nascita ma israeliano d’adozione. La prima
Eurolega, il primo tassello nella leggendaria trafila di successi
targati Maccabi (ad oggi sei trofei continentali). Una vittoria più
forte di ogni ostacolo: di avversari temibili, di tifoserie ostili, di
condizioni ambientali complesse dovute anche all’ostracismo della
dirigenza del Cska Mosca, che impose la semifinale in campo neutro (si
giocò in Belgio) per gli sporchi giochi della politica sovietica in
regime di guerra fredda.
Quel giorno segnò l’inizio di un grande amore. Un amore rafforzato,
pochi anni dopo, grazie all’intuizione del regista e produttore
cinematografico Harik Henig. Fu lui infatti a regalare agli sportivi
israeliani la ciliegina sulla torta: le partite della Nba, l’Olimpo del
basket, finalmente appannaggio dei circuiti televisivi. Era la Nba del
primo Michael Jordan, che proprio allora spiccava il volo candidandosi
a guidare i Chicago Bulls più forti di sempre. Duelli e partite
indimenticabili, storie di sport che ancora oggi si tramandano nel
cuore dei tifosi. In quei giorni un nuovo mondo si apriva al pubblico
israeliano, cambiando la percezione del basket nei media e tra gli
appassionati. Ma cosa c’è dietro questa impresa? Quali furono le
passioni, quali gli uomini, quali le situazioni a muovere i passi
decisivi? Henig ha annunciato che presto svelerà tutto in un libro e,
conoscendo il personaggio, è lecito attendersi anche una nuova
testimonianza d’autore dietro la cinepresa.
(Nell'immagine Harik Henig e Michael Jordan)
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informazione - international edition
Difendere il valore della libertà
La
conquista della libertà che viene festeggiata a Pesach, la celebrazione
della libertà ritrovata dopo gli anni più bui della storia europea. Ad
aprire l’edizione settimanale di Pagine Ebraiche internazionale è il
messaggio di auguri per Pesach del presidente dell’Unione delle
Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna. “La libertà non è un bene
stabile e scontato – afferna – ma una conquista quotidiana. Un bene da
coltivare, tutelare, difendere dalle minacce di chi, ancora oggi,
vorrebbe imporre modelli non compatibili con i valori su cui si fondano
le società democratiche. Un bene di cui è parte integrante la libertà
di manifestazione del pensiero e di cui non dobbiamo comprendere il
valore solo quando, per disgrazia, venisse a mancare”.
Polemiche minacciano le celebrazioni del 25 aprile, giornata in cui
ricorre l’anniversario della Liberazione dell’Italia dai nazifascisti,
il settantesimo quest’anno: come già accaduto negli anni passati,
episodi di intolleranza si sono verificati nei confronti della presenza
della Brigata ebraica.
Per il pubblico internazionale, l’intervista al nuovo presidente del
Comité de coordination des organisations juives de Belgique, Serge
Rozen.
A Roma si è ricordata la figura di Emanuele Pacifici, storico volto
della Comunità ebraica della Capitale, a un anno dalla scomparsa.
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qui torino
Primo Levi, la mostra chiude
e dà appuntamento a Fossoli
Si
chiude oggi, con ottimi riscontri, la mostra “I mondi di Primo Levi.
Una strenua chiarezza” organizzata dal Centro Internazionale Studi
Primo Levi a Palazzo Madama. Nella giornata di ieri la biglietteria
segnava infatti oltre 31mila visite complessive dal giorno
dell'inaugurazione (fine gennaio) oltre a un libro delle firme gremito
di testimonianze di apprezzamento e amicizia.
Organizzata in occasione del 70esimo anniversario della liberazione di
Auschwitz-Birkenau, la mostra sarà adesso trasferita nel campo di
concentramento di Fossoli da cui transitarono molte migliaia di ebrei
italiani prima della loro deportazione nei lager nazisti.
Allestita nella Corte Medievale su progetto dell’architetto Gianfranco
Cavaglià e curata da Fabio Levi e Peppino Ortoleva, la mostra ha
offerto al pubblico in una organizzazione non cronologica documenti,
oggetti, immagini, citazioni, ricreando in tappe tematiche, quelli che
sono i diversi mondi dello scrittore torinese. Tra i protagonisti
Ernesto Ferrero, direttore editoriale del Salone del Libro di Torino e
autore del volume, dedicato proprio a Primo Levi, “Ranocchi sulla luna
e altri animali” (Einaudi).
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Oltremare
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Il
vantaggio di abbandonare temporaneamente Israele subito dopo le
elezioni e mentre si finisce di discutere il piano internazionale per
arginare il nucleare iraniano, è che da un giorno all’altro si entra in
una bolla di notizie rarefatte e filtrate. Dal commento diretto, dal
battibecco sempiterno ad ogni livello da parte di quelli che il nuovo
governo di Bibi e l’atomica iraniana li hanno a pendere sul capo come
una spada di Damocle ben poco metaforica (noi tutti), a commentatori
televisivi che dispongono di un comprensibile distacco pragmatico e
scambi di battute fra ebrei diasporici, che con l’andar del tempo
comprendo invece sempre meno.
Forse eravamo andati tutti un po’ in overdose di notizie elettorali, e
avremmo risentito comunque di questa improvvisa apnea anche restando in
Israele per la festa. Ma mi capita ogni volta che ritorno per un tempo
limitato nel lato del mare che per me ha dato inizio a tutto: le
notizie su Israele in diaspora sono come guardare dentro un
caleidoscopio che contiene esattamente gli stessi pezzetti di vetri
colorati, ma che è stato appena scosso a formare una composizione del
tutto irriconoscibile rispetto a quella guardata appena prima di
imbarcarsi al Ben Gurion.
Daniela Fubini, Tel Aviv
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Fratelli americani, io vi accuso
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Chi
scrive queste poche righe è un ebreo israeliano che fino a pochi anni
fa è vissuto in golà. Sono nato e cresciuto in Italia, dove mi sono
formato come uomo e come ebreo.
Miky Steindler
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