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23 Luglio 2015 - 7 Av 5775
PAGINE EBRAICHE 24
ALEF / TAV DAVAR PILPUL

alef/tav


Elia Richetti,
rabbino
Moshè comincia il primo discorso di commiato dal popolo ricordando che Ha-Qadòsh Barùkh Hu’, dopo molto tempo, ha autorizzato il popolo ad andar via dalla zona del monte Sinài, dicendo loro “Rav lakhèm shéveth ba-hàr ha-zè”, “smettetela di starvene presso questo monte”. L’espressione suona quasi come un rimprovero, ed è per questo che i Maestri del Midràsh vedono in queste parole l’accenno a qualcosa che va al di là dell’aspetto letterale dell’essere presso un determinato monte. Difatti considera il monte come simbolo di problemi insormontabili, ed afferma che l’ordine divino significava che bisognava smettere di considerare la situazione insormontabile come un monte, e decidersi a mettere in pratica la volontà divina; solo così si sarebbe scoperto che le supposte difficoltà erano superabili come un capello.
 
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Sergio
Della Pergola,
Università
Ebraica
Di Gerusalemme
In un recente amichevole incontro nella residenza del Console Generale d’Italia a Gerusalemme, Davide La Cecilia, un gruppo di rappresentanti della comunità italiana in Israele ha sollevato la questione della dicitura che sui passaporti italiani definisce la città di residenza degli abitanti della capitale dello Stato d’Israele. Col passare degli anni questa dicitura ha subito una specie di escalation, passando da: ‘Gerusalemme’, a: ‘Jerusalem (.)’, e finalmente a: ‘Jerusalem (ZZZ)’. Incredibile ma vero: questa è la scritta che appare sui passaporti italiani dei gerosolimitani. La probabile spiegazione è che il governo italiano come quasi tutti gli altri non riconosca formalmente lo statuto di Gerusalemme come parte integrante di Israele. Ma tutti i dignitari dello Stato italiano quando compiono una visita ufficiale alle istituzioni israeliane, dal Capo dello Stato al Primo ministro alla Knesset, come ha fatto ieri il Premier Matteo Renzi, sono ben consci di trovarsi a Gerusalemme. Il Console Generale La Cecilia ha definito “aberrazione informatica” questa dicitura di Jerusalem (ZZZ). Altri si sono divertiti a trovarvi un nesso con i giornalini a fumetti nei quali ZZZ indicava l’atto del dormire, implicando forse con eccessivo sarcasmo un atteggiamento dormiente da parte della Farnesina, responsabile dell’emissione dei passaporti degli Italiani all’estero. Certo è invece che ZZZ è una formula squisitamente politica, ossia riflette il non voler dire ciò che è ovvio per cercare di non infastidire la controparte palestinese. Infatti il Consolato Generale d’Italia a Gerusalemme funziona come una vera e propria Ambasciata in Palestina. Ben venga allora ZZZ se si dimostrerà carta vincente e decisiva nel risolvere in tempi brevi il lungo conflitto in Medio Oriente. Altrimenti, venga immediatamente soppressa la ridicola tripla consonante.
 
Renzi conquista Israele
“Voi non avete il diritto, ma il dovere di esistere”. Sono queste le parole con le quali il Corriere della Sera condensa il discorso tenuto ieri dal primo ministro Matteo Renzi alla Knesset, il Parlamento israeliano.
Un intervento pronunciato anche alla presenza del presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna, come ricorda il Messaggero, nel quale Renzi non ha mancato di ricordare le vicende di alcuni italiani illustri: dal rabbino capo emerito di Roma Elio Toaff, scomparso lo scorso aprile, ad Enzo Sereni che coraggiosamente si paracadutò nel campo di concentramento di Dachau nel tentativo di liberare gli ebrei deportati, fino al Giusto tra le Nazioni e indimenticabile ciclista Gino Bartali e all’amicizia che lo lega a Nedo Fiano, fiorentino anch’egli, sopravvissuto ad Auschwitz e testimone della Shoah. “Chi pensa di boicottare Israele non si rende conto di boicottare se stesso” ha affermato Renzi. Per poi aggiungere: “La pace che domandiamo per Gerusalemme sarà possibile solo quando sarà interamente compiuto il progetto due Stati per due popoli”. Nel pomeriggio il premier ha incontrato il presidente dell’Autorità palestinese Abu Mazen, al quale ha promesso “l’impegno di tutti” nell’intenzione di raggiungere un accordo di pace.
Rivlin a Roma. Il presidente israeliano Reuven Rivlin ha accolto ieri l’invito di Renzi a visitare Roma in settembre. Durante il loro incontro Rivlin ha definito Renzi “un leader del futuro” e ha rivelato che “non vede l’ora” di tornare in Italia (Messaggero).
 
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  davar
L'intervista al presidente gattegna
"L'intervento di Renzi in Israele

coglie lo spirito dell'ebraismo"
L’immagine della missione in Israele del primo ministro italiano Matteo Renzi è tutta nel prolungato applauso tributato dalla Knesset al suo discorso. La riaffermazione del diritto di Israele a esistere, il riconoscimento dell’universalità degli ideali che portarono alla sua costruzione e in cui l’Italia si rispecchia ma anche il rapporto con l’ebraismo, visto come patrimonio della società italiana, sono alcuni dei temi con i quali Renzi ha conquistato il parlamento israeliano. Un discorso che ha saputo “volare alto senza essere retorico” e ha saputo “centrare i sentimenti dell’ebraismo italiano”, la valutazione del presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna, parte della delegazione che ha accompagnato il Primo ministro in Israele.  Secondo Gattegna, intervistato dall’agenzia Ansa, quelli espressi da Renzi sono “pensieri e sentimenti che non sono solo degli ebrei italiani ma di tutte le persone che vogliono comprendere il contributo dato dal popolo ebraico all’intera umanità nel corso dei millenni”. Tra i vari passaggi del discorso del Premier, il presidente UCEI rileva l’importanza dell’aver ribadito con forza il diritto di Israele a esistere, nonostante i tentativi di delegittimarlo. Ricordando tra gli altri il fatto che quel diritto-dovere all’esistenza dello Stato ebraico, così fortemente rivendicato, "non sia una compensazione e un risarcimento per il genocidio e gli stermini effettuati dai fascisti e dai nazisti”. 
“Le origini dello stato di Israele risalgono indietro nel tempo, nei millenni. Lo stato ebraico esiste non per la Shoah ma nonostante la Shoah”, sottolinea il presidente citando l’affermazione di Renzi alla Knesset, il quale aveva anche sottolineato che “Israele non ha solo il diritto di esistere ma il dovere di esistere. Anche per i miei figli”. Apprezzati inoltre, rileva Gattegna, i riferimenti a personaggi del sionismo e dell’ebraismo italiano, tra cui il rabbino emerito di Roma rav Elio Toaff, scomparso lo scorso aprile e il sopravvissuto Nedo Fiano, definito dal premier un amico personale. Commovente anche il ricordo dei giovani volontari della Brigata Ebraica, "che combatterono in Italia contro gli eserciti fascista e nazista”. Un omaggio terminato con uno straordinario saluto rivolto ad un anziano combattente della Brigata, Asher Dishon.
Tanti intrecci, tra ebraismo, Italia e Israele, che secondo il presidente Gattegna testimoniano come il Primo ministro italiano sia consapevole dell'indissolubile fratellanza tra i due paesi in quanto, al di là delle differenze, "molte cose li uniscono e soprattutto hanno un comune destino”.
qui trieste - redazione aperta
I conflitti e l'educazione alla pace
Tra le mete di Redazione aperta, il laboratorio giornalistico UCEI organizzato con il supporto della Comunità ebraica triestina, il Museo della guerra per la pace istituito nel nome di Diego de Henriquez, eccentrico collezionista che ha trascorso la sua vita ad accumulare cimeli di ogni sorta, in particolare armi e mezzi pesanti dei due conflitti mondiali. Insieme alla redazione il segretario generale dell’Unione Gloria Arbib, lo scrittore Veit Heinichen, il giornalista e scrittore Alessandro Marzo Magno. Lo studio attorno a questo personaggio collima, per Heinichen, con la pubblicazione nel 2006 di un romanzo noir, Le lunghe ombre della morte, dove le vicende di Diego de Henriquez si intrecciano con quelle di un altro personaggio della Trieste del XX secolo, il professor Perusini, accumunati da una fine incerta, il primo trovato senza vita nel suo magazzino dopo un incendio, il secondo morto per mano di un assassino.
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J-CIAK
La "Hotline" dei rifugiati
È uno di quei film capaci di aprirci nuovi mondi e domande infinite. “Hotline”, il documentario di Silvina Landsmann che si è aggiudicato il premio della Van Leer Foundation al Jerusalem Film Festival da poco concluso, mette il dito su una piaga che solo di tanto in tanto negli ultimi anni è balzata all’attenzione dei media. Narrando il paziente lavoro quotidiano dei volontari dell’omonima Ong di Tel Aviv, la regista israelo-argentina illumina infatti di una luce inconsueta il problema dei rifugiati africani in Israele. Uomini, donne e bambini (spesso nati in Israele) che qui hanno trovato scampo da guerre, persecuzioni e miseria. Ma che qui non hanno status legittimo né alcuna speranza di poterlo un giorno ottenere.

Daniela Gross
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REaltà di israele - il progetto goebbels
Conoscere è la difesa migliore
Realtà di Israele, lo dice il nome, è un nuovo spazio per comprendere cosa Israele sia davvero. Difficile? Noioso? Troppo complicato per chi è ormai abituato a sorbirsi solo slogan? Forse. Eppure, qualcuno conosce forse un modo migliore per capire e difendere Israele?
Anni di compiacenza e di passività nei confronti del cretinismo digitale hanno finito per produrre un mostro. Qualcuno, certamente in buona fede, evoca in pubblico un cavallo di battaglia del profeta hitleriano della propaganda: “Una bugia ripetuta ossessivamente diventa verità”. Un altro, certamente in buona fede, gli fa da sponda: “Difenderemo Israele utilizzando le stesse armi della propaganda”. “Ma questo – avrebbe detto una celebre filosofa – è un problema, mica una soluzione”. Basta passare in rassegna qualche puntello metodologico piantato da Joseph Goebbels a reggere la sua delirante costruzione mentale per vedere che la sua preoccupazione immediata non erano le folli idee di discriminazione, odio, distruzione, sterminio. Quelle furono purtroppo una conseguenza. Il suo punto di forza era l’imposizione di un linguaggio, la manipolazione della pubblica opinione per renderla una massa informe, impaurita, irragionevole, gonfia d’odio e facilmente pilotabile a distanza. Prima ancora che una belva disumana, Goebbels era convinto di saperne più degli altri. Nella cabina di regia ci stanno in pochi, gli altri nel gregge a fare il tifo. Certo il delirio di onnipotenza prima o poi viene messo a nudo. Ma a che prezzo?
Non aiuta Israele e non serve a noi, questa degradazione. Non è mai stata e mai sarà giocare a chi grida più forte, la nostra forza. Al contrario, nel mondo dell’informazione i metodi non sono un giocattolo o un ornamento: condizionano il contenuto e l’identità di chi li utilizza.
Apriamo queste pagine credendo fortemente nell’urgenza di difendere Israele e rigettare l’antisemitismo. È necessario parlare di Israele di più e con maggiore coraggio. Ma vorremmo farlo rendendo giustizia alla realtà di Israele, raccontando questo universo prezioso e minacciato nella sua complessità e anche, perché no, nelle sue contraddizioni, nelle sue fragilità.
Dovremmo allora prendere le distanze da quel coro che in perfetta buona fede si lascia trascinare dalla demenza digitale dei social network, si abbandona alla propaganda, piuttosto che alla conoscenza e l’analisi? Sarebbe un grande errore. L’impegno su tutti i fronti, anche quello dell’editoria digitale e dei social network, resta fondamentale e tutte le energie devono essere valorizzate.
Resta però l’esigenza di capire la realtà di Israele. Altrimenti si proclama Israele, ma si finisce per parlare d’altro. Delle nostre paure, dei nostri problemi irrisolti, delle nostre incertezze identitarie, dei nostri interessi. E delle nostre ambizioni insoddisfatte. Una strada molto pericolosa, perché la migliore risposta ai piazzisti della propaganda, quella di Abraham Lincoln, parla ancora molto chiaro: “Si può ingannare poca gente per molto tempo o molta gente per poco tempo. Ma non si può prendere in giro molta gente per molto tempo”.

Pagine Ebraiche, luglio 2015

PROGETTO GOEBBELS - IL DELIRIO DELLA PROPAGANDA

“La propaganda deve essere adatta alla massa, la comunicazione deve essere adatta al meno intelligente degli individui nella massa cui viene diretta. Quanto maggiore è la massa da coinvolgere, tanto minore deve essere lo sforzo mentale da compiere. La capacità ricettiva della massa è circoscritta e la capacità di comprensione e di memoria scarsa”.

”È necessario sviluppare continuamente nuove informazioni e nuovi argomenti raggiungendo un tale ritmo che, anche se l’avversario rispondesse, il pubblico sia già nel frattempo interessato ad altre cose. Le eventuali risposte non devono mai avere la possibilità di rallentare il livello crescente delle accuse”.

“Gli argomenti espressi devono trovare radice nei sentimenti più primitivi. Bisogna limitarsi a un piccolo numero di idee e ripeterle instancabilmente, presentandole sempre sotto diverse prospettive, ma convergendo sempre sullo stesso concetto. Senza mai lasciare spazio al dubbio o all’incertezza”.
”È necessario identificare l’avversario in un nemico, nell’unico responsabile di tutti i mali e adottare un’unica idea, un solo simbolo. Meglio ancora raggruppare diversi avversari in un’unica categoria”.

”Bisogna portare la gente a credere che le opinioni ossessivamente espresse siano condivise da tutti, creando una illusoria impressione di unanimità”.

A chi appartengono queste farneticazioni?

Clicca qui per scaricare le pagine “Realtà di Israele” da Pagine Ebraiche di luglio
ISRAELE, IN VIAGGIO CON TAGLIT
Il valore delle piccole cose
Roma, Milano, Firenze, Palermo, Malta, Verona, Venezia, Bologna, Torino, Trieste, ma anche Svizzera, Regno Unito e Lettonia. Vengono da tutta Italia (e non solo) i ragazzi in viaggio con l’edizione tricolore di Taglit-Birthright, organizzazione che offre la possibilità di visitare Israele a giovani dai 18 ai 26 anni.
Su Pagine Ebraiche le testimonianze dei partecipanti.
 
Come primo giorno di Taglit direi che è stato un successo. I ragazzi mi sembravano parecchio entusiasti, nonostante il caldo stancante. La guida, Naama, è molto esaustiva sugli argomenti che tratta, oltre a conoscere bene l'italiano. Le cascate di Banias sono un luogo più che adatto per dare al gruppo il primo impatto con il luogo, così come la visita alle rovine di Gamal, entrambe esperienze molto piacevoli e coinvolgente. Anche la visita a Olea Essence è stata interessante: in particolare questa ha fatto capire ai partecipanti la capacità di Israele nello sfruttare fino in fondo ogni singola risorsa che produce, in questo caso persino una semplice oliva. Quando abbiamo raggiunto il confine con la Siria, ci è stata raccontata parte della storia dei passati conflitti nei quali ha preso parte Israele, argomento che è fondamentale affrontare in presenza di persone come noi che arrivano per la prima volta in questo paese e intendono conoscerlo in profondità.
 
Yehonatan Avrilingi, madrich
  pilpul
Setirot - Allo stesso punto
Era il gennaio del 1991 e su Gerusalemme tuonava la Guerra del Golfo. Una sera entrai nella casa/caverna del Saggio alla ricerca di un senso. Yeshayahu Leibowitz (z.l.) aveva occhi malinconici – non stanchi né vinti – mentre diceva che «non è questione di ideologia, è un dato di fatto: la terra che noi chiamiamo Eretz Israel e loro Palestina va divisa tra due popoli. Molti temono che questa spartizione ci venga imposta, io me lo auguro. Perché è l’unica via che permetterà al mio paese di sopravvivere». Sono passati più di vent’anni – guerre, attentati, infinità di morti – e siamo ancora più o meno allo stesso punto.

Stefano Jesurum, giornalista 
Uomini che temono l'amore
La paura per le donne, il desiderio di controllarle, l’idea che li amino nonostante tutto, nonostante la loro presunzione, alberga da sempre nel cuore degli uomini. Ne parla in uno straordinario libriccino Israel Jhosua Singer, l’autore dell’indimenticabile ‘La famiglia Karnowski’. Il libriccino in questione appena edito da Adelphi prende il titolo di ‘Sender Prager’ dal nome del protagonista, un ristoratore ebreo di Praga prossimo a sposarsi… controvoglia, chè lui se ne starebbe ben più volentieri in compagnia delle sue cameriere (che lo adorano). È l’insistenza del rabbino a costringerlo, in nome dell’ebraismo, a metter su famiglia.
Sender non ne è per niente convinto, lui sta benissimo così, ma la paura della morte vince ed ecco che il rabbino lo porta a casa di una hassidica né bella né brutta, un po’ strana, dai grandi occhi neri impauriti.


Tiziana Della Rocca
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La Chuppah
Finalmente giunge anche questo momento e il terzo dei nostri figli convola a nozze. Si festeggerà in Kibbutz con tutti i haverim ed altrettanti ospiti dal mondo. La sposa è di origine francese. La chuppah – la cerimonia nuziale – chiamata cosi dal baldacchino che si usa stendere sugli sposi in segno di benedizione affinché non manchi loro mai un tetto e affinché la Shinà, la presenza divina sia sempre sui loro capi, si celebrerà in una radura, davanti al Monte Hermon e ai paesaggi della loro infanzia, nella parte estrema del Kibbutz.
La data è il 15 di Av il giorno in cui, secondo la tradizione ebraica, la fanciulle si vestivano di bianco e danzando tra i filari di aranceti, nei campi e nei villaggi, si incontravano con coloro che sarebbero diventati i loro compagni per tutta la vita. Una festa dell’amore.


Angelica Edna Calò Livne
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Time out - Il puzzle
Se i dati dell’Otto per mille testimoniano la crescita di firme nei confronti delle comunità ebraiche, ben più difficile è comprenderne le motivazioni. In assenza di dati scientifici che analizzino le ragioni dei contribuenti è da diverso tempo che i dirigenti delle varie comunità discutono tra di loro per attribuirsi i meriti delle firme ricevute e incolpare gli altri per quelle non ottenute. Il presidente Gattegna sostiene, per esempio, che il merito della crescita dipende dalla nuova comunicazione Ucei. Senza voler smentire o confermare è abbastanza complesso sapere se davvero la scelta di firmare per l’Ucei dipenda da Pagine Ebraiche o dal lavoro di una comunità locale. Chi ci dice che per esempio il lavoro della Comunità di Milano o di Torino non aiuti a raccogliere firme anche oltre i loro confini? Tra l’altro l’ebraismo italiano era in grado di parlare con autorevolezza verso l’esterno anche prima del cambio del modello di comunicazione ed ogni tentativo di giustificare l’aumento delle firme sembra piuttosto irrealistico. Un altro aspetto da considerare è l’utilizzo dei social network. Sempre per prendere un esempio, come classificare l’ottimo lavoro di Progetto Dreyfus che combatte sul web l’antisemitismo e racconta la verità nei confronti d’Israele? È un progetto nato a Roma i cui risvolti però, svolgendosi sul web, sono difficilmente classificabile in quanto i suoi utenti sono sparsi su tutta Italia. Come uscirne? Forse pensando che siamo tutti piccoli tasselli di un puzzle in cui ciascuno contribuisce a modo suo e che permette al variegato mondo della società italiana di trovare ottime ragione per affidare una parte dei loro contributi a noi. Un puzzle complesso che ha bisogno dell’aiuto di tutti e che ci ricorda che, nel messaggio che mandiamo all’esterno, ogni contributo è importante e da tenere in considerazione.

Daniel Funaro

La libertà d’espressione‎ è un bene prezioso, ma fino a dove può spingersi?
Il Presidente dell’Unione ha chiarito inequivocabilmente che l’ebraismo accresce le proprie risorse quando smette di giocare con gli slogan e si impegna sul fronte del ragionamento e della conoscenza. Una realtà incontrovertibile, e un’ovvietà per tutte le persone di buon senso. Eppure non piace a chi al bene comune antepone le fortune dei propri amici e delle loro aziendine a furia di slogan e di propaganda. Nel goffo tentativo di appuntare una medaglietta del tutto immeritata a realtà che quando queste risorse si producevano‎ al costo di tanti sacrifici e di un duro lavoro non erano solo inutili e forse anche controproducenti, ma semplicemente nemmeno esistevano. Del resto, non stiamo parlando delle stesse aziende che nelle loro molteplici attività hanno anche fatto da cassa di risonanza ad appelli per invitare a non firmare per l’Otto per mille‎ e quindi impoverire l’ebraismo italiano?
Eppure dobbiamo confidare che il lettore non voglia lasciarsi prendere in giro in una maniera tanto grossolana‎. E noi continuare a pubblicare le opinioni di tutti. Perché la libertà d’espressione è un bene prezioso.

gv



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