Elia Richetti,
rabbino
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Moshè
comincia il primo discorso di commiato dal popolo ricordando che
Ha-Qadòsh Barùkh Hu’, dopo molto tempo, ha autorizzato il popolo ad
andar via dalla zona del monte Sinài, dicendo loro “Rav lakhèm shéveth
ba-hàr ha-zè”, “smettetela di starvene presso questo monte”.
L’espressione suona quasi come un rimprovero, ed è per questo che i
Maestri del Midràsh vedono in queste parole l’accenno a qualcosa che va
al di là dell’aspetto letterale dell’essere presso un determinato
monte. Difatti considera il monte come simbolo di problemi
insormontabili, ed afferma che l’ordine divino significava che
bisognava smettere di considerare la situazione insormontabile come un
monte, e decidersi a mettere in pratica la volontà divina; solo così si
sarebbe scoperto che le supposte difficoltà erano superabili come un
capello.
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Sergio
Della Pergola,
Università
Ebraica
Di Gerusalemme
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In
un recente amichevole incontro nella residenza del Console Generale
d’Italia a Gerusalemme, Davide La Cecilia, un gruppo di rappresentanti
della comunità italiana in Israele ha sollevato la questione della
dicitura che sui passaporti italiani definisce la città di residenza
degli abitanti della capitale dello Stato d’Israele. Col passare degli
anni questa dicitura ha subito una specie di escalation, passando da:
‘Gerusalemme’, a: ‘Jerusalem (.)’, e finalmente a: ‘Jerusalem (ZZZ)’.
Incredibile ma vero: questa è la scritta che appare sui passaporti
italiani dei gerosolimitani. La probabile spiegazione è che il governo
italiano come quasi tutti gli altri non riconosca formalmente lo
statuto di Gerusalemme come parte integrante di Israele. Ma tutti i
dignitari dello Stato italiano quando compiono una visita ufficiale
alle istituzioni israeliane, dal Capo dello Stato al Primo ministro
alla Knesset, come ha fatto ieri il Premier Matteo Renzi, sono ben
consci di trovarsi a Gerusalemme. Il Console Generale La Cecilia ha
definito “aberrazione informatica” questa dicitura di Jerusalem (ZZZ).
Altri si sono divertiti a trovarvi un nesso con i giornalini a fumetti
nei quali ZZZ indicava l’atto del dormire, implicando forse con
eccessivo sarcasmo un atteggiamento dormiente da parte della Farnesina,
responsabile dell’emissione dei passaporti degli Italiani all’estero.
Certo è invece che ZZZ è una formula squisitamente politica, ossia
riflette il non voler dire ciò che è ovvio per cercare di non
infastidire la controparte palestinese. Infatti il Consolato Generale
d’Italia a Gerusalemme funziona come una vera e propria Ambasciata in
Palestina. Ben venga allora ZZZ se si dimostrerà carta vincente e
decisiva nel risolvere in tempi brevi il lungo conflitto in Medio
Oriente. Altrimenti, venga immediatamente soppressa la ridicola tripla
consonante.
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Renzi conquista Israele
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“Voi
non avete il diritto, ma il dovere di esistere”. Sono queste le parole
con le quali il Corriere della Sera condensa il discorso tenuto ieri
dal primo ministro Matteo Renzi alla Knesset, il Parlamento israeliano.
Un intervento pronunciato anche alla presenza del presidente
dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna, come
ricorda il Messaggero, nel quale Renzi non ha mancato di ricordare le
vicende di alcuni italiani illustri: dal rabbino capo emerito di Roma
Elio Toaff, scomparso lo scorso aprile, ad Enzo Sereni che
coraggiosamente si paracadutò nel campo di concentramento di Dachau nel
tentativo di liberare gli ebrei deportati, fino al Giusto tra le
Nazioni e indimenticabile ciclista Gino Bartali e all’amicizia che lo
lega a Nedo Fiano, fiorentino anch’egli, sopravvissuto ad Auschwitz e
testimone della Shoah. “Chi pensa di boicottare Israele non si rende
conto di boicottare se stesso” ha affermato Renzi. Per poi aggiungere:
“La pace che domandiamo per Gerusalemme sarà possibile solo quando sarà
interamente compiuto il progetto due Stati per due popoli”. Nel
pomeriggio il premier ha incontrato il presidente dell’Autorità
palestinese Abu Mazen, al quale ha promesso “l’impegno di tutti”
nell’intenzione di raggiungere un accordo di pace.
Rivlin a Roma. Il
presidente israeliano Reuven Rivlin ha accolto ieri l’invito di Renzi a
visitare Roma in settembre. Durante il loro incontro Rivlin ha definito
Renzi “un leader del futuro” e ha rivelato che “non vede l’ora” di
tornare in Italia (Messaggero).
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L'intervista al presidente gattegna
"L'intervento di Renzi in Israele
coglie lo spirito dell'ebraismo"
L’immagine
della missione in Israele del primo ministro italiano Matteo Renzi è
tutta nel prolungato applauso tributato dalla Knesset al suo discorso.
La riaffermazione del diritto di Israele a esistere, il riconoscimento
dell’universalità degli ideali che portarono alla sua costruzione e in
cui l’Italia si rispecchia ma anche il rapporto con l’ebraismo, visto
come patrimonio della società italiana, sono alcuni dei temi con i
quali Renzi ha conquistato il parlamento israeliano. Un discorso che ha
saputo “volare alto senza essere retorico” e ha saputo “centrare i
sentimenti dell’ebraismo italiano”, la valutazione del presidente
dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna, parte
della delegazione che ha accompagnato il Primo ministro in
Israele. Secondo Gattegna, intervistato dall’agenzia Ansa, quelli
espressi da Renzi sono “pensieri e sentimenti che non sono solo degli
ebrei italiani ma di tutte le persone che vogliono comprendere il
contributo dato dal popolo ebraico all’intera umanità nel corso dei
millenni”. Tra i vari passaggi del discorso del Premier, il presidente
UCEI rileva l’importanza dell’aver ribadito con forza il diritto di
Israele a esistere, nonostante i tentativi di delegittimarlo.
Ricordando tra gli altri il fatto che quel diritto-dovere all’esistenza
dello Stato ebraico, così fortemente rivendicato, "non sia una
compensazione e un risarcimento per il genocidio e gli stermini
effettuati dai fascisti e dai nazisti”.
“Le origini dello stato di Israele risalgono indietro nel tempo, nei
millenni. Lo stato ebraico esiste non per la Shoah ma nonostante la
Shoah”, sottolinea il presidente citando l’affermazione di Renzi alla
Knesset, il quale aveva anche sottolineato che “Israele non ha solo il
diritto di esistere ma il dovere di esistere. Anche per i miei figli”.
Apprezzati inoltre, rileva Gattegna, i riferimenti a personaggi del
sionismo e dell’ebraismo italiano, tra cui il rabbino emerito di Roma
rav Elio Toaff, scomparso lo scorso aprile e il sopravvissuto Nedo
Fiano, definito dal premier un amico personale. Commovente anche il
ricordo dei giovani volontari della Brigata Ebraica, "che combatterono
in Italia contro gli eserciti fascista e nazista”. Un omaggio terminato
con uno straordinario saluto rivolto ad un anziano combattente della
Brigata, Asher Dishon.
Tanti intrecci, tra ebraismo, Italia e Israele, che secondo il
presidente Gattegna testimoniano come il Primo ministro italiano sia
consapevole dell'indissolubile fratellanza tra i due paesi in quanto,
al di là delle differenze, "molte cose li uniscono e soprattutto hanno
un comune destino”.
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qui trieste - redazione aperta
I conflitti e l'educazione alla pace
Tra
le mete di Redazione aperta, il laboratorio giornalistico UCEI
organizzato con il supporto della Comunità ebraica triestina, il Museo
della guerra per la pace istituito nel nome di Diego de Henriquez,
eccentrico collezionista che ha trascorso la sua vita ad accumulare
cimeli di ogni sorta, in particolare armi e mezzi pesanti dei due
conflitti mondiali. Insieme alla redazione il segretario generale
dell’Unione Gloria Arbib, lo scrittore Veit Heinichen, il giornalista e
scrittore Alessandro Marzo Magno. Lo studio attorno a questo
personaggio collima, per Heinichen, con la pubblicazione nel 2006 di un
romanzo noir, Le lunghe ombre della morte, dove le vicende di Diego de
Henriquez si intrecciano con quelle di un altro personaggio della
Trieste del XX secolo, il professor Perusini, accumunati da una fine
incerta, il primo trovato senza vita nel suo magazzino dopo un
incendio, il secondo morto per mano di un assassino.
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REaltà di israele - il progetto goebbels
Conoscere è la difesa migliore
Realtà
di Israele, lo dice il nome, è un nuovo spazio per comprendere cosa
Israele sia davvero. Difficile? Noioso? Troppo complicato per chi è
ormai abituato a sorbirsi solo slogan? Forse. Eppure, qualcuno conosce
forse un modo migliore per capire e difendere Israele?
Anni di compiacenza e di passività nei confronti del cretinismo
digitale hanno finito per produrre un mostro. Qualcuno, certamente in
buona fede, evoca in pubblico un cavallo di battaglia del profeta
hitleriano della propaganda: “Una bugia ripetuta ossessivamente diventa
verità”. Un altro, certamente in buona fede, gli fa da sponda:
“Difenderemo Israele utilizzando le stesse armi della propaganda”. “Ma
questo – avrebbe detto una celebre filosofa – è un problema, mica una
soluzione”. Basta passare in rassegna qualche puntello metodologico
piantato da Joseph Goebbels a reggere la sua delirante costruzione
mentale per vedere che la sua preoccupazione immediata non erano le
folli idee di discriminazione, odio, distruzione, sterminio. Quelle
furono purtroppo una conseguenza. Il suo punto di forza era
l’imposizione di un linguaggio, la manipolazione della pubblica
opinione per renderla una massa informe, impaurita, irragionevole,
gonfia d’odio e facilmente pilotabile a distanza. Prima ancora che una
belva disumana, Goebbels era convinto di saperne più degli altri. Nella
cabina di regia ci stanno in pochi, gli altri nel gregge a fare il
tifo. Certo il delirio di onnipotenza prima o poi viene messo a nudo.
Ma a che prezzo?
Non aiuta Israele e non serve a noi, questa degradazione. Non è mai
stata e mai sarà giocare a chi grida più forte, la nostra forza. Al
contrario, nel mondo dell’informazione i metodi non sono un giocattolo
o un ornamento: condizionano il contenuto e l’identità di chi li
utilizza.
Apriamo queste pagine credendo fortemente nell’urgenza di difendere
Israele e rigettare l’antisemitismo. È necessario parlare di Israele di
più e con maggiore coraggio. Ma vorremmo farlo rendendo giustizia alla
realtà di Israele, raccontando questo universo prezioso e minacciato
nella sua complessità e anche, perché no, nelle sue contraddizioni,
nelle sue fragilità.
Dovremmo allora prendere le distanze da quel coro che in perfetta buona
fede si lascia trascinare dalla demenza digitale dei social network, si
abbandona alla propaganda, piuttosto che alla conoscenza e l’analisi?
Sarebbe un grande errore. L’impegno su tutti i fronti, anche quello
dell’editoria digitale e dei social network, resta fondamentale e tutte
le energie devono essere valorizzate.
Resta però l’esigenza di capire la realtà di Israele. Altrimenti si
proclama Israele, ma si finisce per parlare d’altro. Delle nostre
paure, dei nostri problemi irrisolti, delle nostre incertezze
identitarie, dei nostri interessi. E delle nostre ambizioni
insoddisfatte. Una strada molto pericolosa, perché la migliore risposta
ai piazzisti della propaganda, quella di Abraham Lincoln, parla ancora
molto chiaro: “Si può ingannare poca gente per molto tempo o molta
gente per poco tempo. Ma non si può prendere in giro molta gente per
molto tempo”.
Pagine Ebraiche, luglio 2015
PROGETTO GOEBBELS - IL DELIRIO DELLA PROPAGANDA
“La propaganda deve essere adatta alla massa, la comunicazione deve
essere adatta al meno intelligente degli individui nella massa cui
viene diretta. Quanto maggiore è la massa da coinvolgere, tanto minore
deve essere lo sforzo mentale da compiere. La capacità ricettiva della
massa è circoscritta e la capacità di comprensione e di memoria scarsa”.
”È necessario sviluppare continuamente nuove informazioni e nuovi
argomenti raggiungendo un tale ritmo che, anche se l’avversario
rispondesse, il pubblico sia già nel frattempo interessato ad altre
cose. Le eventuali risposte non devono mai avere la possibilità di
rallentare il livello crescente delle accuse”.
“Gli argomenti espressi devono trovare radice nei sentimenti più
primitivi. Bisogna limitarsi a un piccolo numero di idee e ripeterle
instancabilmente, presentandole sempre sotto diverse prospettive, ma
convergendo sempre sullo stesso concetto. Senza mai lasciare spazio al
dubbio o all’incertezza”.
”È necessario identificare l’avversario in un nemico, nell’unico
responsabile di tutti i mali e adottare un’unica idea, un solo simbolo.
Meglio ancora raggruppare diversi avversari in un’unica categoria”.
”Bisogna portare la gente a credere che le opinioni ossessivamente
espresse siano condivise da tutti, creando una illusoria impressione di
unanimità”.
A chi appartengono queste farneticazioni?
Clicca qui per scaricare le pagine “Realtà di Israele” da Pagine Ebraiche di luglio
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ISRAELE, IN VIAGGIO CON TAGLIT
Il valore delle piccole cose
Roma,
Milano, Firenze, Palermo, Malta, Verona, Venezia, Bologna, Torino,
Trieste, ma anche Svizzera, Regno Unito e Lettonia. Vengono da tutta
Italia (e non solo) i ragazzi in viaggio con l’edizione tricolore di
Taglit-Birthright, organizzazione che offre la possibilità di visitare
Israele a giovani dai 18 ai 26 anni.
Su Pagine Ebraiche le testimonianze dei partecipanti.
Come primo giorno di Taglit direi che è stato un successo. I ragazzi mi
sembravano parecchio entusiasti, nonostante il caldo stancante. La
guida, Naama, è molto esaustiva sugli argomenti che tratta, oltre a
conoscere bene l'italiano. Le cascate di Banias sono un luogo più che
adatto per dare al gruppo il primo impatto con il luogo, così come la
visita alle rovine di Gamal, entrambe esperienze molto piacevoli e
coinvolgente. Anche la visita a Olea Essence è stata interessante: in
particolare questa ha fatto capire ai partecipanti la capacità di
Israele nello sfruttare fino in fondo ogni singola risorsa che produce,
in questo caso persino una semplice oliva. Quando abbiamo raggiunto il
confine con la Siria, ci è stata raccontata parte della storia dei
passati conflitti nei quali ha preso parte Israele, argomento che è
fondamentale affrontare in presenza di persone come noi che arrivano
per la prima volta in questo paese e intendono conoscerlo in profondità.
Yehonatan Avrilingi, madrich
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Setirot
- Allo stesso punto |
Era
il gennaio del 1991 e su Gerusalemme tuonava la Guerra del Golfo. Una
sera entrai nella casa/caverna del Saggio alla ricerca di un senso.
Yeshayahu Leibowitz (z.l.) aveva occhi malinconici – non stanchi né
vinti – mentre diceva che «non è questione di ideologia, è un dato di
fatto: la terra che noi chiamiamo Eretz Israel e loro Palestina va
divisa tra due popoli. Molti temono che questa spartizione ci venga
imposta, io me lo auguro. Perché è l’unica via che permetterà al mio
paese di sopravvivere». Sono passati più di vent’anni – guerre,
attentati, infinità di morti – e siamo ancora più o meno allo stesso
punto.
Stefano Jesurum, giornalista
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Uomini che temono l'amore |
La
paura per le donne, il desiderio di controllarle, l’idea che li amino
nonostante tutto, nonostante la loro presunzione, alberga da sempre nel
cuore degli uomini. Ne parla in uno straordinario libriccino Israel
Jhosua Singer, l’autore dell’indimenticabile ‘La famiglia Karnowski’.
Il libriccino in questione appena edito da Adelphi prende il titolo di
‘Sender Prager’ dal nome del protagonista, un ristoratore ebreo di
Praga prossimo a sposarsi… controvoglia, chè lui se ne starebbe ben più
volentieri in compagnia delle sue cameriere (che lo adorano). È
l’insistenza del rabbino a costringerlo, in nome dell’ebraismo, a
metter su famiglia.
Sender non ne è per niente convinto, lui sta benissimo così, ma la
paura della morte vince ed ecco che il rabbino lo porta a casa di una
hassidica né bella né brutta, un po’ strana, dai grandi occhi neri
impauriti.
Tiziana Della Rocca
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La Chuppah |
Finalmente
giunge anche questo momento e il terzo dei nostri figli convola a
nozze. Si festeggerà in Kibbutz con tutti i haverim ed altrettanti
ospiti dal mondo. La sposa è di origine francese. La chuppah – la
cerimonia nuziale – chiamata cosi dal baldacchino che si usa stendere
sugli sposi in segno di benedizione affinché non manchi loro mai un
tetto e affinché la Shinà, la presenza divina sia sempre sui loro capi,
si celebrerà in una radura, davanti al Monte Hermon e ai paesaggi della
loro infanzia, nella parte estrema del Kibbutz.
La data è il 15 di Av il giorno in cui, secondo la tradizione ebraica,
la fanciulle si vestivano di bianco e danzando tra i filari di
aranceti, nei campi e nei villaggi, si incontravano con coloro che
sarebbero diventati i loro compagni per tutta la vita. Una festa
dell’amore.
Angelica Edna Calò Livne
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Time out - Il puzzle
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Se
i dati dell’Otto per mille testimoniano la crescita di firme nei
confronti delle comunità ebraiche, ben più difficile è comprenderne le
motivazioni. In assenza di dati scientifici che analizzino le ragioni
dei contribuenti è da diverso tempo che i dirigenti delle varie
comunità discutono tra di loro per attribuirsi i meriti delle firme
ricevute e incolpare gli altri per quelle non ottenute. Il presidente
Gattegna sostiene, per esempio, che il merito della crescita dipende
dalla nuova comunicazione Ucei. Senza voler smentire o confermare è
abbastanza complesso sapere se davvero la scelta di firmare per l’Ucei
dipenda da Pagine Ebraiche o dal lavoro di una comunità locale. Chi ci
dice che per esempio il lavoro della Comunità di Milano o di Torino non
aiuti a raccogliere firme anche oltre i loro confini? Tra l’altro
l’ebraismo italiano era in grado di parlare con autorevolezza verso
l’esterno anche prima del cambio del modello di comunicazione ed ogni
tentativo di giustificare l’aumento delle firme sembra piuttosto
irrealistico. Un altro aspetto da considerare è l’utilizzo dei social
network. Sempre per prendere un esempio, come classificare l’ottimo
lavoro di Progetto Dreyfus che combatte sul web l’antisemitismo e
racconta la verità nei confronti d’Israele? È un progetto nato a Roma i
cui risvolti però, svolgendosi sul web, sono difficilmente
classificabile in quanto i suoi utenti sono sparsi su tutta Italia.
Come uscirne? Forse pensando che siamo tutti piccoli tasselli di un
puzzle in cui ciascuno contribuisce a modo suo e che permette al
variegato mondo della società italiana di trovare ottime ragione per
affidare una parte dei loro contributi a noi. Un puzzle complesso che
ha bisogno dell’aiuto di tutti e che ci ricorda che, nel messaggio che
mandiamo all’esterno, ogni contributo è importante e da tenere in
considerazione.
Daniel Funaro
La libertà d’espressione è un bene prezioso, ma fino a dove può spingersi?
Il Presidente
dell’Unione ha chiarito inequivocabilmente che l’ebraismo accresce le
proprie risorse quando smette di giocare con gli slogan e si impegna
sul fronte del ragionamento e della conoscenza. Una realtà
incontrovertibile, e un’ovvietà per tutte le persone di buon senso.
Eppure non piace a chi al bene comune antepone le fortune dei propri
amici e delle loro aziendine a furia di slogan e di propaganda. Nel
goffo tentativo di appuntare una medaglietta del tutto immeritata a
realtà che quando queste risorse si producevano al costo di tanti
sacrifici e di un duro lavoro non erano solo inutili e forse anche
controproducenti, ma semplicemente nemmeno esistevano. Del resto, non
stiamo parlando delle stesse aziende che nelle loro molteplici attività
hanno anche fatto da cassa di risonanza ad appelli per invitare a non
firmare per l’Otto per mille e quindi impoverire l’ebraismo italiano?
Eppure dobbiamo
confidare che il lettore non voglia lasciarsi prendere in giro in una
maniera tanto grossolana. E noi continuare a pubblicare le opinioni di
tutti. Perché la libertà d’espressione è un bene prezioso.
gv
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