Roberto
Della Rocca,
rabbino
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Nella
tradizione ebraica, la giustizia non è solo un mezzo per placare l’odio
e per dirimere conflitti, ma la sua applicazione serve anche a
correggere l’amore. Il rav Dessler scrive che il solo amore è
pericoloso perché è probabile che sia spesso accompagnato da un
sentimento non completamente puro. Se l’amore e la generosità non sono
arginati dal rigore c’è il rischio che si trasformino in un amore
finalizzato alla gratificazione di se stessi.
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Dario
Calimani,
anglista
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Lo
confesso, a me Elton John è sempre piaciuto. Meno mi piacciono, devo
ammetterlo, il sindaco Brugnaro e la sua battaglia contro i libri che
trattano questioni di gender, famiglie eterodosse e via dicendo. C’è
chi vede in questa censura una giusta battaglia per la difesa della
famiglia tradizionale, ma c’è un malinteso. Oppure abbiamo
semplicemente idee diverse. Non ho mai saputo che la scuola faccia
opera di educazione o, peggio, di persuasione affinché i bambini si
formino in futuro una famiglia secondo criteri ‘anomali’. Credo invece
che la scuola abbia il dovere di insegnare il principio di rispetto e
di accettazione dell’altro, a qualunque famiglia appartenga; e i
bambini, in classe, le diversità le vedono davanti agli occhi, non
gliele si può nascondere. È come se si pretendesse che chiudessero gli
occhi davanti al bambino nero o al bambino ebreo che sta seduto accanto
a loro. Ed è questo, forse, quello che quei libri intendono insegnare.
Se avessero cominciato prima a farlo, e magari li avessero letti anche
certi insegnanti, i miei figli non sarebbero stati costretti, da gente
come il sindaco Brugnaro, a vedersi costruire alberi di natale e
presepi in classe anche nelle ore di didattica non religiosa. E in una
classe uguale per tutti non ci sarebbero i crocifissi appesi alla
parete. Così come non dovrebbero esserci nelle aule dei tribunali.
D’altronde, si sa che la maggioranza le regole se le costruisce da
sola, ad hoc. E di volta in volta le applica o le abroga, secondo
convenienza. Ma non è la cultura della maggioranza a dover essere
difesa, bensì quella della minoranze. La maggioranza ha sempre saputo
difendere da sola, e con grande efficacia, la propria ideologia.
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Germania, Merkel:
"È allarme razzismo"
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Dura
condanna da parte della cancelliera Angela Merkel per l’attacco
perpetrato ieri in Sassonia, nell’Est della Germania a pochi chilometri
da Dresda, da parte di un gruppo di neonazisti, accompagnato da altri
cittadini, contro un centro di accoglienza per 600 profughi. Una
trentina i poliziotti feriti “Occorre lavorare in modalità di crisi”,
le parole di Merkel, che ha ammesso la gravità del problema nel paese,
con il numero degli episodi xenofobi che si moltiplicano da est a ovest
e quello degli immigrati in arrivo quadruplicato rispetto al 2014.
Questo, riporta il Messaggero, il tema al centro di un vertice svoltosi
ieri a Berlino con il presidente francese François Hollande, in cui non
sono mancate riflessioni sulle politiche dell’Unione Europea.
Nuove minacce Isis: presto a Roma. “La
Libia è la porta per arrivare a Roma”. È questo l’ultimo messaggio
diffuso su Twitter da un combattente dello Stato Islamico, Abu Gandal
el Barkawi, e riportato dal Corriere della sera. Il cinguettio è
accompagnato da alcune immagini che mostrano la capitale in fiamme
sovrastata da una mappa della Libia dove campeggia la bandiera nera del
Califfato accanto a un miliziano armato.
Libano nel caos.
Infuria da due giorni a Beirut una protesta per denunciare l’incapacità
del governo di trovare una soluzione al problema dei rifiuti che stanno
invadendo la città, che ha portato a scontri con le forze dell’ordine,
con un morto e oltre 400 feriti. Le proteste, riporta Avvenire, si sono
trasformate in manifestazioni contro l’inettitudine e la corruzione del
governo, paralizzato dalle rivalità interne aggravate dal conflitto in
Siria, e che ora rischia di crollare per le dimissioni minacciate dal
primo ministro Tamam Salam. In tale ambito il Fatto Quotidiano
ripercorre la storia dell’organizzazione terroristica Hezbollah,
fondata con una missione antisraeliana, che oggi su mandato dell’Iran
sostiene e finanzia Assad in funzione anti Isis.
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il nuovo incarico della germanista romana
Roberta Ascarelli a Villa Sciarra:
"Rilancio gli Studi Germanici"
Scherza
sul suo “primo giorno di scuola” Roberta Ascarelli, neoeletta
presidente dell'Istituto Italiano di Studi Germanici su indicazione del
ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca Stefania
Giannini. Un incarico che viene affrontato con entusiasmo e orgoglio,
anche in virtù della storia di successo che caratterizza uno dei dodici
enti di ricerca ministeriali. L'unico, sottolinea, "che si occupa di
letteratura e studi umanistici".
Ordinario di letteratura tedesca all'Università di Siena, Ascarelli ha
avuto esperienze di studio e di insegnamento anche a Vienna, Toronto,
Rochester, Harvard e Bonn, tra le altre cose nel campo della
letteratura ashkenazita e di quellla yiddish. È inoltre docente al
master in Cultura Ebraica e Comunicazione e al diploma triennale in
Studi Ebraici dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane.
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il progetto di un fotografo italiano
The Sound of Tel Aviv,
la città che batte il ritmo
La
musica di Tel Aviv si annida ovunque. Dietro la fontana arcobaleno di
Dizengoff, alla fermata dell'autobus, in riva al mare. È il ritmo dei
matkot, i famigerati racchettoni, che scandiscono i pomeriggi della
città, sono dei secchi di vernice rivoltati che fanno da tamburi
improvvisati. A raccontarla è “The Sound of Tel Aviv”, la mostra
fotografica di Mario Troiani che riempirà le sale del Felicja Blumental
Music Center, l'associazione cittadina dedicata alla musica nel cuore
di Bialik street, fino a ottobre.
Nato a Milano, Troiani vive a Tel Aviv da tre anni e da uno è diventato
cittadino israeliano. Ha lavorato come fotoreporter in Cina, India e
Indonesia e si è dedicato alla fotografia in ambito cinematografico per
Medusa Film e Istituto Luce. A Pagine Ebraiche racconta i suoi nuovi
progetti.
(In alto una foto di Mario Troiani, parte della mostra “The sound of Tel Aviv”)
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gli studenti alla prova con i tirocini
Master UCEI, è tempo di stage
La
prima edizione del master in Cultura Ebraica e Comunicazione
dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane sta per volgere al
termine. Dopo aver superato gli esami è ora giunto il momento per gli
studenti di dedicarsi agli stage. L’organizzazione del Master infatti
prevede, oltre alla didattica frontale, un tirocinio della durata di
125 ore da svolgere presso realtà ebraiche o vicine al mondo ebraico.
Molti hanno già cominciato e alcuni addirittura finito, come Ivan
Grosso di Milano, che ha svolto il suo stage lavorando come guida al
Binario 21, il Memoriale della Shoah che si trova presso la stazione
centrale del capoluogo lombardo. A proposito della sua esperienza
Grosso ha detto: “Le visite al Memoriale sono veri e propri viaggi, non
del dolore né del terrore, ma didattici. Sono un arricchimento per gli
insegnanti i quali, inizialmente timorosi, escono sorpresi per come si
possa raccontare la Shoah. La scritta ‘indifferenza’ apposta sul muro
di cemento armato accompagna i visitatori durante tutto il loro viaggio
come monito a fare proprio l’opposto, a non rimanere indifferenti alle
varie situazioni della vita e a raccontare alle famiglie il viaggio
della memoria da loro intrapreso”.
Manuela Giuili
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La fatica di studiare
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Ho
conosciuto un vecchio yemenita a Tel Aviv. Mi sono reso conto che
riusciva a leggere da tutti e quattro gli angoli del tavolo, senza
problemi. Al contrario e dai lati. Gli ho chiesto come avesse
sviluppato questa abilità: da bambino, in Yemen, c’era un solo libro
per tutta la classe, e il rabbino stava nel mezzo insieme all’unico
scritto. Di necessità virtù. Mi pare di ricordare che don Lorenzo
Milani abbia descritto qualcosa di simile a proposito della scuola di
Barbiana. E immagino che esperienze analoghe vi siano anche oggi in
Africa e in tanti contesti di miseria. Alcuni mesi fa il mondo si
commosse scoprendo le immagini di un padre, credo in Asia, che ogni
giorno trasporta il figlio invalido per chilometri sia all’andata sia
al ritorno dalla scuola. Se dovessi dare un’immagine a ciò che
chiamiamo cultura, ne prenderei una di queste.
Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas
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