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13 settembre 2015 - 29 Elul 5775
PAGINE EBRAICHE 24

ALEF / TAV DAVAR PILPUL

alef/tav
Benedetto
Carucci Viterbi,
rabbino
La radice shanah, in ebraico, contiene tanto il significato della ripetizione quanto quello del rinnovamento. Rosh ha Shana - il capodanno - è, in questa un po' paradossale congiunzione di senso, 'capo di ripetizione e di novità'. E dunque: auguriamoci di poter mantenere saldamente la nostra identità - individuale e collettiva - attivando allo stesso tempo la capacità che abbiamo di rinnovarci continuamente.
 
David Bidussa,
storico sociale
delle idee
Noi laici viviamo la festa nel tempo dell’attesa e non in quello del suo svolgersi. Forse perché siamo più propensi a riconoscerci nel mito anziché nel rito.
Nel momento della festa valgono norme che regolano atti, gesti, parole, riti appunto, che crediamo (forse impropriamente) non esprimano una condizione di libertà.
D’altra parte è indubbio che non c’è festa senza rito: solo in forza del rito si mantiene la dimensione della festa, perché le feste sono soprattutto espressioni di coralità e il rito induce una dimensione di collettività che oggi il vissuto laico non è capace di suscitare o di produrre.
A noi laici, anche per questo, alla fine rimane una dimensione “triste”. Una condizione in cui l’attesa è il momento di massima tensione, in cui vale lo sforzo, ma non il risultato, perché non c’è appagamento nella festa che rimane una “sospensione del tempo” senza riuscire a dare, per noi laici, significato allo scorrere del tempo.
Ad ogni buon conto Shanà Tovà.
Emergenza migranti
Vienna contro Orban
È sempre la questione migranti a tenere banco sui quotidiani di oggi. A far discutere l’accusa mossa dal governo di Vienna contro i provvedimenti presi da Budapest per fermare la fuga di migliaia di persone verso l’Europa: una barriera lungo la ferrovia per bloccare ai profughi l’accesso ai binari che si dirigono a ovest (Corriere della Sera). Un’iniziativa che ha scatenato le polemiche contro il governo ungherese di Victor Orban, accusato dal cancelliere austriaco Werner Fayman di usare metodi che rievocano il nazismo: “Stipare i rifugiati in treni e inviarli in posti totalmente differenti da quelli dove credono di andare – ha dichiarato al settimanale Der Spiegel Fayman – ci ricorda i capitoli più bui della storia”. Uno spettro che ritorna anche nella testimonianza della filosofa ungherese Agnes Heller, sopravvissuta alla Shoah, di cui compare su Repubblica un duro J’accuse nei confronti di Budapest: “Il governo ungherese ha dato il via a una campagna di odio contro gli stranieri ancora prima che i profughi siriani arrivassero da noi”, scrive Heller ricordando che quell’odio lei lo ha sperimentato sulla sua pelle da bambina, “a quei tempi l’antisemitismo e il nazionalismo erano le principali armi ideologiche che usava il governo ungherese per garantirsi il consenso a favore di una guerra micidiale e ingiusta”.
 
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  davar
ROSH HASHANA 5776 - il presidente ucei
"Lottare contro l'indifferenza,
il nostro impegno per il futuro"

Alla vigilia del capodanno ebraico, Rosh Hashanah 5776, Il Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna ha inviato, tramite i canali radiofonici della Rai, il seguente messaggio augurale:

La solennità ebraica di Rosh Hashana celebra la Genesi, l’inizio, la creazione dell’universo e dei primi esseri umani ai quali D. stesso infuse la vita.
Tale inizio costituisce inequivocabile conferma che tutti gli esseri umani discendono dall’unica coppia originaria composta da Adamo e Eva e rimangono legati da un vincolo di fratellanza quindi sono tutti titolari degli stessi diritti, degli stessi doveri e della stessa libertà.
Il genere umano non sempre ha fatto un buon uso della libertà che gli stata conferita e la storia dell’umanità è fatta di un alternarsi di epoche di progresso ed altre di regresso, di periodi di pace ed altri di feroci e disumani conflitti. Nel corso dell’anno che sta per chiudersi siamo stati costretti ad assistere impotenti all’espansione del dominio di gruppi che propongono l’esaltazione della morte di chiunque professi idee o religioni diverse.
La festa di Rosh Hashanà segna l’inizio di un periodo di dieci giorni durante il quale tutti sono tenuti a compiere un profondo esame di coscienza circa i comportamenti tenuti nell’anno trascorso allo scopo di proseguire e incrementare le cose positive e a emendare quelle negative. Ma in un periodo come quello attuale di così grandi sconvolgimenti, tante morti, tante sofferenze e tante ingiustizie, nessuno può limitarsi ad analizzare solo il proprio comportamento individuale; ogni valutazione e ogni giudizio sulle cause e sulle conseguenze deve essere allargato e prendere in considerazione anche il ruolo che ognuno svolge nell’ambito della società.
Oltre alle responsabilità individuali è necessario che ognuno si domandi se è stato positivo e corretto il ruolo che ha svolto nell’ambito della collettività alla quale appartiene. A questa esigenza nessuno può sottrarsi, né i comuni cittadini, né tantomeno coloro che svolgono funzioni di rappresentanza pubblica o di governo. Soprattutto è necessario che da parte di tutti venga respinta la tentazione di rimanere immobili, silenziosi e indifferenti mentre tutto intorno dilagano violenze e ingiustizie.
L’indifferenza e l’opportunismo sono i pericoli più grandi, voltare la testa dall’altra parte e far finta di non vedere è l’atteggiamento più facile e più comodo, ma anche il più deleterio. Nel prossimo anno 5776 che sta per iniziare sarà necessario che ognuno svolga fino in fondo il proprio dovere e si impegni con tutte le proprie forze nella conquista di una pace che potrà essere solida ed eticamente fondata solo se basata sulla libertà, l’eguaglianza e la fratellanza.

Renzo Gattegna
Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane
 

Rosh Hashanah 5776 - il presidente ari
"Ascoltare il suono dello shofar
e aprire il cuore al prossimo"

Nel quadro di forte preoccupazione per le situazioni di sofferenza e di crisi su tanti e diversi fronti, l’inizio del nuovo anno porta per ogni ebreo occasioni di riflessione, momenti di preghiera, di intimo approfondimento, la riscoperta di valori e sentimenti, l’invito all’azione nei termini ebraici delle Mizvot, con impegno, fiducia e responsabilità.
Il percorso che si snoda attraverso le solennità del mese di Tishrì è veramente ricco di occasioni, se solo le sappiamo cogliere.
Rosh Hashanah, incentrata sul ricordo della creazione, sulla responsabilità di tutti i popoli, per il bene dell’universo, è una ricorrenza che ribadisce l’unità del genere umano di fronte a D.O, ci impone di guardare ai nostri doveri con uno sguardo ampio, rivolto al mondo, a non chiudere gli occhi e il cuore di fronte ai problemi che incombono, da vicino e da lontano.
Lo shofar, la cui mizvah è “l’ascolto del suono” ci invita fra l’altro a saper ascoltare, con più attenzione e disponibilità il prossimo, sia quando si esprime con le parole, sia quando ci invia dei segnali, richieste di attenzione, meno espliciti ma comunque comprensibili. Lo shofar, è però innanzitutto ricordo della Akedat Izhak del drammatico momento in cui Abramo aveva legato all’altare il proprio amato figlio, pronto a corrispondere alla prova estrema richiestagli da D.O; nella storia del popolo ebraico, la akeda si è poi ripetuta tante volte fino all’estremo sacrificio di tanti nostri fratelli, che non rinnegarono la fede in D.O e il nome d’Israele. Questo richiamo che ci giunge dallo shofar dobbiamo ben ricordarlo nel corso dell’anno, quando l’impegno ebraico ci appare talvolta gravoso, quasi un intralcio ai nostri programmi personali.
Yom Kippur, attraverso la ricerca del perdono, dall’uomo e da D.O, ci riporta ad una dimensione più intima e personale, siamo all’esame di coscienza che dobbiamo compiere dentro di noi, al rapporto che abbiamo in prima persona con altre persone, che può richiedere azioni di correzione e ripresa, siamo al momento in cui dobbiamo essere sinceri ed autentici innanzitutto nel giudicare noi stessi, senza di che non può darsi iniziativa veramente costruttiva nella vita, né sul piano materiale né in quello spirituale.
Sukkot, attraverso la suggestiva e accogliente capanna, simbolo della protezione che ci viene data dal Signore, ci proietta verso i ricordi del deserto biblico in cui vissero i nostri padri, ma anche verso quello simbolico che rappresenta la nostra condizione ebraica, sempre ancora in marcia ‘in un deserto’, cioè nell’incertezza del presente, delle scelte necessarie per ravvivare e far fiorire il nostro ebraismo, nella ricerca della strada da seguire per arrivare,insieme a tutto il nostro popolo alla meta, la Terra d’Israele.

Giuseppe Momigliano
presidente dell’Assemblea rabbinica italiana

 
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Rosh Hashanah 5776 - gli auguri da israele
Un anno per lavorare insieme
Dobbiamo lavorare internamente per rafforzare i legami tra di noi, tra le diverse comunità che compongono il popolo israeliano, e tra i nostri fratelli e sorelle, amici e sostenitori di Israele in tutto il mondo”. È l'appello lanciato dal presidente di Israele Reuven Rivlin ai suoi concittadini e alle Comunità della Diaspora alla vigilia del periodo di festività che il mondo ebraico si accinge a celebrare. “Abbiamo molte sfide che ci aspettano, interne ed esterne; sociali, economiche e ovviamente legate ala sicurezza. Sfide che possiamo affrontare e che riusciremo a superare”, ha affermato il presidente, sottolineando la necessità di fare questo percorso “uniti”. Anche il Primo ministro Benjamin Netanyahu, come da tradizione, ha inviato un messaggio alla vigilia di Rosh Hashanah, postandolo sul suo profilo Facebook.
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Rosh Hashanah 5776
Un anno per costruire il futuro
Scrive Rav Sacks: “Il mondo che stiamo costruendo per domani nasce dalle preghiere che stiamo esprimendo oggi”.
Con questa consapevolezza dovrebbe cominciare il nostro anno. Dalla speranza che le nostre preghiere vengano ascoltate ed esaudite, che sono i nostri sforzi a rappresentare il primo passo per costruire un futuro migliore per noi e per la nostra Comunità. Un futuro fatto di una sempre maggiore osservanza delle mitzvot, di una educazione e istruzione ebraica fondata sui principi e sui valori che i nostri maestri ci hanno trasmesso e che veda quindi la scuola al centro delle vita Comunitaria, un futuro in cui non si trascurino mai i bisogni dei nostri fratelli meno fortunati e che veda nella tzedaka non solo un monito ma  un momento e un opportunità di crescita per tutti noi.

Ruth Dureghello, presidente della Comunità di Roma
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rosh hashanah 5776
Un anno di solidarietà
L’anno che questa sera inizia si apre in uno scenario internazionale denso di gravi preoccupazioni.
Le Comunità ebraiche saranno pertanto chiamate a fare la propria parte per far sì che il 5776 possa segnare significativi passi in avanti verso un futuro di pace e di giustizia.
In questa prospettiva si renderanno necessari:
Una maggiore coesione, pur nel rigoroso rispetto di una sana dialettica interna, dell’Ebraismo italiano
Una sempre più ampia partecipazione di tutti gli iscritti alla vita delle proprie Comunità, in tutti i molteplici aspetti in cui questa si articola
Una incessante vigilanza nei confronti delle crescenti manifestazioni di antisemitismo, razzismo e xenofobia
Una sentita vicinanza allo Stato d’Israele e una costante denuncia delle vergognose campagne di delegittimazione della sua esistenza e di boicottaggio economico, culturale e scientifico
Una forte solidarietà nei confronti di coloro che, a iniziare dai membri delle nostre Comunità, si trovano in condizioni di gravi difficoltà economiche e psicologiche.

Dario Disegni, presidente della Comunità di Torino
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Rosh Hashanah 5776 
Un anno di bontà
Siamo alla fine del mese di Elul, mese di introspezione, di bilanci, di preparazione a Rosh Hashanah e ai Moadim autunnali.
Si rinnoveranno tradizioni, riaffioreranno ricordi, cercheremo con ancora maggiore determinazione di trasmettere a figli e a nipoti il significato profondo dell’essere ebrei e dei valori della nostra identità e tradizione.

Sara Cividalli, presidente Comunità di Firenze
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Rosh Hashanah 5776
Un anno di umanità
Da quando è stato distrutto il Bet haMikdash, i Maestri della Mishnà e del Talmud hanno voluto redigere le tefillot di Rosh Hashanah al Bet haKnesset intorno a tre concetti: La regalità di HaShem, chiamata Malchuiot; il Suo ricordarsi di noi e la Sua misericordia per noi, chiamati Zichronot; la speranza in tempi futuri migliori, tempi di salvezza e consolazione, chiamati Shofarot – i suoni del corno, il senso simbolico dello shofar dai tempi di Abramo ed Isacco attraverso il Sinai e fino ai tempi futuri messianici, i tempi della Geulà.

Joseph Levi, rabbino capo di Firenze
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Rosh Hashanah 5776
Un anno di Tikkun
I‎l mio augurio, soprattutto per chi sta vivendo momenti difficili, è che ciascuno possa trovare una soluzione ai suoi problemi o comunque trovare intorno l’aiuto della gente. Un augurio che vuole essere una chiamata all’impegno, affinché mai si faccia strada l’indifferenza e tra il bene e il male la scelta sia sempre la prima opzione. Che il 5776 sia un anno di Tikkun, di riparazione.

Ariel Dello Strologo, presidente della Comunità di Genova
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Rosh Hashanah 5776
Un anno per la fratellanza
"Innè ma tov uma’ na’im shevet achim gam jachad”, “Ecco come è bello e come è piacevole essere insieme tra fratelli”.
Con questo spirito vorrei che all’interno delle comunità si affrontasse il nuovo anno.

Vittorio Mosseri, presidente Comunità di Livorno
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Rosh Hashanah 5776
Un anno per la comunità
È noto che la tradizione ebraica consideri Rosh Hashanah come il giorno del ricordo della Creazione del mondo. Due maestri della Mishnà, hanno largamente disputato sulla questione del momento della Creazione: Rabbì Eliezer sosteneva che il mondo fosse stato creato il mese di Tishri mentre per Rabbì Yehoshua il mese di Nissan.

Adolfo Locci, rabbino capo di Padova 
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Rosh Hashanah 5776
Un anno per i giovani
Auguro a tutti che, con l’aiuto di D-o, il 5776 sia un anno di vita nuova e ricca, piena di Ebraismo nelle nostre case e nella nostra quotidianità. Dobbiamo continuare a nutrirci delle nostre radici e farle germogliare, goderne i frutti e ogni volta trovare nuova linfa per dare energia alle generazioni più giovani.

Luciano Caro, rabbino capo di Ferrara 
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Rosh Hashanah 5776
Un anno per la collettività
Dalle tefillot di Rosh Hashanah emerge la tensione e l’alternanza tra la dimensione individuale e quella collettiva del giudizio a cui siamo sottoposti. Infatti così come ognuno di noi viene esaminato individualmente, allo stesso modo siamo valutati come parte di uno tzibbur, una comunità, una congregazione, un Popolo.

Giorgio Yehuda Giavarini, presidente Comunità di Parma
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Rosh Hashanah 5776 
Un anno di amicizia
Voglio fare mie le parole di un visitatore della nostra Comunità in occasione della Giornata Europea della Cultura Ebraica del 6 settembre: “La forza ed il significato della presenza della Comunità ebraica a Napoli non è basata sui numeri, ma sulla qualità dei valori da portare avanti”.

Lydia Schapirer, presidente Comunità di Napoli
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qui Milano - tra i rifugiati siriani  
“Il nostro nemico resta Israele”
“Sono stanchi, ma con la luce negli occhi di chi attorno a sé non vede più guerra, ma colorati disegni di bambini e borse arancioni piene di articoli da toilette per alleviare i lunghi giorni trascorsi in viaggio. Al presidio di accoglienza migranti presso la stazione centrale di Milano che il Comune ha affidato alla gestione della onlus Arca, l’atmosfera è indaffarata ma positiva. In decine si mettono in fila, si registrano (a ciascuno viene dato un bigliettino con nome, provenienza e membri dell’eventuale nucleo familiare) e aspettano di essere smistati nei vari centri per passare la notte approntati in città.
Seduti sulle sedie di plastica verde, i rifugiati siriani accettano di parlare con una giornalista, anche quando l’argomento di conversazione si fa spinoso: Israele. Che nonostante tutto ciò che hanno visto e patito a opera della loro stessa gente, rimane il nemico numero uno.

Rossella Tercatin
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qui mantova - festivaletteratura
Pagine Ebraiche incontra i lettori
Si avvia alla chiusura in queste ore la diciannovesima edizione del Festivaletteratura di Mantova, capostipite dei festival letterari italiani, il cui successo – con quasi 70mila biglietti staccati e quasi 60mila presenze agli eventi liberi, arrivando a superare i 120mila partecipanti – conferma la validità di un’idea di evento culturale che ha ogni anno più imitatori, in tante città e cittadine che ne riproducono il formato, declinato però in mille argomenti diversi, e attirando ovunque centinaia di persone. Code, sempre pazienti e divertite, incontri per cui i biglietti erano esauriti addirittura prima dell’apertura ufficiale del festival e ovunque libri, e soprattutto lettori, intenti ad ascoltare, incontrare, discutere e scoprire le mille offerte e proposte di un festival che quest’anno tanto si è dedicato ai temi attuali e scottanti di un mondo sempre più globalizzato. Pagine Ebraiche, come sempre presente sia con le centinaia di copie distribuite a cura dell’organizzazione del festival che con la redazione, ha raggiunto anche quest’anno a Mantova un pubblico di lettori giù naturalmente propensi ad interessarsi alla cultura.
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QUI MANTOVA - FESTIVALETTERATURA
Primo Levi, la scrittura liberata
È stato un dialogo appassionato su Primo Levi quello tenutosi tra Marco Belpoliti, saggista, scrittore e docente di sociologia della letteratura, e il giornalista Wlodek Goldkorn di fronte al pubblico accorso a riempire platea e loggioni del teatro Bibiena di Mantova. In centinaia hanno composto una di quelle code pazienti che caratterizzano ogni edizione del Festivaletteratura, questa volta per l’appuntamento intitolato “Tornare a Primo Levi”. Belpoliti già nel 2007 fu ispiratore al festival di una serie di incontri intitolati “Scuola Levi”, un percorso per parole chiave nel pensiero e nelle opere dello scrittore, e il suo recentissimo Primo Levi. Di fronte e di profilo, portato da Guanda nelle librerie a fine agosto è un’opera poderosa che si pone quasi come un’enciclopedia, in un certo senso destinata a chiudere un periodo ventennale di studi dedicati a Levi. L’uscita del volume, su cui alcuni dei collaboratori di
Pagine Ebraiche si erano espressi a poche ore dall’arrivo nelle librerie, ha anticipato di pochi giorni l’uscita in America dell’opera completa di Levi, tradotta da Ann Goldstein e pubblicata da Liveright, mentre la pubblicazione della seconda edizione italiana delle opere, curata dallo stesso Belpoliti per Einaudi è prevista per la fine del 2016 anche se, come ha spiegato lo stesso curatore dopo l’incontro di Mantova “Sto lavorando, ma siamo indietro, c’è tanto da fare, ancora”.
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 pilpul
Lo sgambetto e le giravolte
Hanno fatto il giro del web le immagini di una video-operatrice, Petra Laszlo, di origine ungherese, legata al partito estremista Jobbik, che riprende i convulsi tafferugli, ma sarebbe meglio parlare di drammatico impatto umano, tra migranti e polizia al confine tra la Serbia e l’Ungheria, una delle zone di transito per i profughi mediorientali.


Claudio Vercelli
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