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Pierpaolo Pinhas Punturello, rabbino
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All’unità
delle voci e dei propositi espressi a Kippur, come un solo uomo con un
solo cuore, segue la diversità della festa di Sukkot. Una diversità che
si esprime in capanne che, entro i limiti imposti dalla Halakhah,
possono essere più ampie, più alte, più strette, con pareti in legno,
in stoffa, in muratura. Una diversità che trova la propria unità nel
tetto: da esso, di qualunque forma o materiale ‘casher’ sia fatto,
bisogna poter intravedere le stelle ed il cielo, cioè la dimensione a
noi lontana, il luogo simbolico delle nostre aspirazioni, dei nostri
buoni propositi.
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Gadi
Luzzatto
Voghera,
storico
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Insegnando
storia dell’emigrazione (argomento piuttosto rilevante di questi
tempi), capita di imbattersi in due vuoti molto visibili nella
letteratura scientifica italiana sul tema. Sia che si parli di
movimenti migratori, sia che si parli di minoranze linguistiche nella
Penisola, gli ebrei e la loro storia non mi sembra vengano in alcun
modo considerati. Esiste una legge, la n. 482/1999 con cui giustamente
“la Repubblica tutela la lingua e la cultura delle popolazioni
albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle
parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino,
l’occitano e il sardo”. Ma se si va a vedere la consistenza numerica –
ad esempio – dei parlanti la variante del tedesco nella val dei
Mòcheni, vicino a Trento, si scopre che si tratta di qualche centinaio
di persone in tutto, che ancora resistono (opportunamente tutelati e
considerati dalla legge) nel portare avanti le proprie tradizioni. Non
che gli ebrei in Italia siano stati mai tantissimi, ma credo che
includere la loro storia nella nostra Penisola osservandola anche dal
particolare prisma delle migrazioni e dell’insediamento delle minoranze
linguistiche (senza relegarla nello stretto ambito della storia
‘religiosa’) contribuirebbe più di ogni altra cosa a riaffermare l’idea
che la storia degli italiani è una storia di sovrapposizioni,
interazioni e integrazioni plurietniche.
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Appuntamento a NY
per i leader mondiali |
Questa
settimana e la prossima, centosessanta leader mondiali saranno accolti
a New York per la settantesima Assemblea Generale delle Nazioni Unite.
Tra questi, spicca il premier israeliano Netanyahu che, spiega la
Stampa, porterà all’Onu due messaggi: il primo riguarda “la minaccia
globale dell’estremismo islamico nella versione sciita guidata
dall’Iran e nella versione sunnita al momento guidata dall’Isis” e il
secondo sarà sul Medio-Oriente e la soluzione dei due Stati secondo la
quale propone che “ogni Nazione assorba i suoi profughi” ovvero “come i
profughi ebrei dei paesi arabi sono stati accolti da Israele, dovrà
essere lo stato palestinese, smilitarizzato, ad occuparsi dei suoi”.
Lunedì inoltre, ricorda Repubblica, il presidente Usa Barack Obama
incontrerà il suo omologo russo Vladimir Putin per fare il punto
sull’entrata in scena della Russia nel conflitto siriano in merito alla
quale “resta difficile la questione del ruolo del presidente siriano
Assad. La Casa Bianca ne ha auspicato la destituzione immediata. Mosca
non ci sta”.
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torinospiritualità Le religioni di fronte al male
Delusione
per il pubblico di Torinospiritualità che ha visto annullare, ieri, la
prevista lezione di rav Giuseppe Laras, che avrebbe dovuto dedicare il
suo intervento a “La contemplazione del creato”, raccontando al
pubblico – che continua numerosissimo ad affollare tutti gli spazi
dedicati alla manifestazione – come la dottrina ebraica non guardi alla
natura esclusivamente in relazione all’uomo e al mondo, ma la veda
sempre in relazione a Dio, perché “La natura, profondamente intrisa di
spiritualità, rende testimonianza della grandezza di chi l’ha creata”.
Il centro studi Sereno Regis, invece, ha ospitato un incontro
intitolato “Le religioni tra violenza e non violenza, a cui hanno
partecipato esponenti di varie tradizioni religiose, tra cui, per la
comunità ebraica, Franco Segre, noto per la sua profonda cultura e per
la pazienza e la dedizione con cui insegna da anni i fondamenti
dell’ebraismo ai tanti che seguono i suoi corsi. Muovendo dalla
consapevolezza che le religioni possono produrre sia violenza che
nonviolenza, il pomeriggio ha mostrato come, dentro le contraddizioni
della storia esistano reali possibilità per una convivenza e un dialogo
che a Torino, città multireligiosa, fanno parte del quotidiano. In
serata Haim Fabrizio Cipriani è stato impegnato in “‘E Dio vide che era
buono’, ma era davvero così buono? Bene e male nella mistica ebraica”.
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Giorgio Israel (1945-2015)
Illustre
matematico, epistemologo e storico della scienza, il professor Giorgio
Israel ha concluso nelle scorse ore a Roma la sua vita terrena all’età
di 70 anni. Membro della Académie Internationale d’Histoire des
Sciences e docente dell’Università La Sapienza di Roma, Israel è stato
autore di più di 200 articoli scientifici e 30 volumi. Attivo in
prestigiosi gruppi di lavoro internazionali dedicati al mondo
dell’università e della ricerca, ha fatto parte anche della commissione
per il riordino del fondo d’archivio Vito Volterra presso l’Accademia
Nazionale dei Lincei e del Comitato Nazionale per le celebrazioni in
onore di Enrico Fermi.
Ha
inoltre diretto, dal 1976 al 2012, numerosi programmi di ricerca presso
l’Università La Sapienza, il ministero della Pubblica Istruzione, il
Consiglio Nazionale delle Ricerche e guidato l’unità di Roma dei
Progetti di ricerca di interesse nazionale (PRIN) nell’area della
storia della matematica. Intensa l’attività pubblicistica sulle pagine
di quotidiani come L’Osservatore Romano, Il Messaggero, Il Mattino, Il
Foglio, Avvenire, Paese Sera, L’Unità, Il Giornale, Libero, Tempi. E
prezioso il suo contributo come collaboratore di diverse testate
ebraiche, in particolare negli anni in cui nuove sfide e nuove
iniziative venivano lanciate rivolgendosi a fasce sempre più ampie di
opinione pubblica. L’impegno nel mondo ebraico si è esplicato anche
attraverso una costante partecipazione alla sua vita politica e ai suoi
momenti di incontro. Come delegato ai congressi UCEI o ancora, pochi
mesi fa, come candidato nella lista guidata da Fiamma Nirenstein alle
elezioni di rinnovo del Consiglio comunitario romano. Sempre stimolanti
e attuali gli interrogativi suscitati dai suoi interventi. Ammoniva ad
esempio il professore in un editoriale pubblicato su Pagine Ebraiche
alla vigilia di importanti cambiamenti che avrebbero ridefinito
l’assetto dell’Unione delle Comunità, la massima assise dell’ebraismo
italiano: “Si sente in giro un certo trionfalismo – scriveva Israel –
mai come in questi tempi l’ebraismo e la cultura ebraica sono al centro
di un interesse diffuso. È vero. Ma dire che ciò sia prova di
interesse, e magari anche di simpatia, per gli ebrei, comporta un salto
logico avventato. Chi può negare che la cultura greca sia da secoli
circondata da un interesse e un’ammirazione immensi, che il tempo non
consuma? Ma di qui a dire che da ciò derivi interesse e simpatia per i
greci contemporanei ne corre”. Naturalmente, proseguiva, il
parallelismo è grossolano: gli ebrei di oggi hanno una relazione con la
loro tradizione di gran lunga più forte.
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giorgio israel (1945-2015)
La lezione più grande
Ricordare
Giorgio Israel, la forza del suo slancio, l’impegno del suo lavoro, il
coraggio delle sue idee, la scontrosità della sua ruvida, autentica
amicizia, richiama molteplici pensieri e innumerevoli spunti di
riflessione.
Fra
tutti, oggi che è l’ora di rivolgergli un ultimo, commosso saluto,
emerge la memoria di un limpido scambio di idee che mostrava come si
possa essere chiari nella difesa di Israele, fermi nella lotta
all’antisemitismo, determinati nella definizione della propria identità
di ebrei italiani, senza per questo cedere alle semplificazioni, alle
sguaiataggini e all’aggressività di chi, incapace di fare
un’informazione convincente, si degrada nella propaganda e nel
linguaggio della demenza digitale. Commentando assieme il contenuto
della recente pubblicazione di un collega dichiaratamente orientato a
denunciare gli ebrei accusati di odiare se stessi, a tracciare una
lista dei buoni e dei cattivi nel mondo ebraico, Giorgio, che pure per
il rigore delle sue idee poteva essere tranquillamente accreditato fra
i primi della classe, rigettò questo indegno modo di fare con parole
chiare e indimenticabili.
Quando
si affronta la grande diversità di opinioni che caratterizza il mondo
ebraico italiano – disse allora – “bisogna trovare il giusto punto di
equilibrio. Penso che Pagine Ebraiche contribuisca a fare questo”. E
riferendosi all’autore della pubblicazione appena contestata aggiungeva
come avesse “sollevato problemi autentici, ma nel modo più sbagliato e
superficiale possibile. Per
giunta compilando liste di proscrizione, il che trovo sia la cosa
peggiore che si possa fare (e lo dico con cognizione di causa essendone
stato vittima)”. Nella scienza come nella politica Giorgio Israel aveva
molto da insegnare. Ma la sua lezione più alta, quella che induce a
inchinarsi al suo ultimo passaggio, è che senza libertà di critica, di
pensiero e d’espressione la nostra identità di ebrei italiani è
compromessa e gravemente minacciata. Di questa sua lezione, la più
grande, nessuno di noi può fare a meno.
gv
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giorgio israel (1945-2015) Il veleno dell'antisionismo
Il
carattere nazionalista del movimento sionista non avrebbe
rappresentato, di per sé, un ostacolo alla sua accettazione da parte
della sinistra. In definitiva, esso poteva essere considerato come uno
dei tanti movimenti nazionali di liberazione dei popoli che, secondo
una nota dottrina, costituiscono una prima fase necessaria della lotta
anti-imperialista. Non a caso, l’URSS fu uno dei primi paesi a
riconoscere lo Stato d’Israele e a manifestare per qualche tempo
simpatia e sostegno nei suoi confronti, al punto di definire
“aggressione imperialista” il tentativo dei paesi arabi di soffocare il
nuovo stato nella culla. Questa fase durò fino a che la dirigenza
sovietica non constatò con delusione che Israele tendeva a collocarsi
nel campo occidentale, ovvero nel campo dell’“imperialismo”. Si
trattava, in definitiva, della solita delusione nel prendere atto
dell’attrazione della maggioranza degli ebrei per la democrazia
liberale. Il primo consistente banco di prova dell’atteggiamento del
campo comunista e di larga parte della sinistra europea nei confronti
di Israele e del sionismo fu rappresentato dalla Guerra dei Sei Giorni
del 1967. Un episodio vale ad illustrare il clima di quel periodo e le
opinioni circolanti. Fummo quasi un centinaio a scrivere una lunga
lettera indirizzata all’organo del Partito Comunista Italiano, L’Unità,
per protestare contro la posizione duramente anti-israeliana assunta
dal giornale e dal partito. Una rappresentanza dei firmatari ebbe un
colloquio “chiarificatore” con il responsabile esteri de L’Unità
Alberto Jacoviello e con il cronista delle cose mediorientali Arminio
Savioli. Uniti nel condannare Israele, finirono per litigare fra di
loro sulla questione seguente: il primo sosteneva che Israele era
“soltanto” un agente dell’imperialismo americano, mentre il secondo
asseriva che Israele era una potenza imperialista autonoma, la quale
conduceva una politica ancor più aggressiva degli USA e talora in
dissenso con l’alleato. La controversia fu risolta da dura lettera
inviataci dal direttore del giornale, Maurizio Ferrara, che di fatto si
schierò con il primo punto di vista. Dopo aver definito i propositi di
distruzione di Israele da parte dei paesi arabi circostanti come un
«elemento di debolezza» del fronte anti-imperialista, affermava: «è in
corso un atto, importante, della lotta tra imperialismo e forze
anti-imperialiste e che, in questa lotta, Israele rappresenta un punto
di forza dirompente dell’imperialismo, i paesi arabi la tendenza
contraria».
Giorgio Israel
(“La questione ebraica. I conti sempre aperti con il razzismo”, ed. Salomone Belforte)
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qui venezia
L'eredità di Attilio Milano diventa patrimonio di tutti
Pilastro
per quanto riguarda la ricerca sulla storia degli ebrei italiani,
grazie alla quantità di materiale raccolto in una vita dedicata a
scavare nelle vicende socio-economiche di una delle comunità più
antiche al mondo, la figura di Attilio Milano è oggi grande
protagonista. È infatti in corso a Venezia una giornata di studio e
approfondimento per inaugurare il fondo librario donato dalla famiglia
di Milano alla Biblioteca di Area Umanistica dell’Università Ca’
Foscari e presentare l’archivio privato dello storico confluito nella
Biblioteca Archivio “Renato Maestro” della Comunità ebraica di Venezia.
A introdurre la giornata a nome della famiglia Lucio Milano, nipote di
Attilio, seguito dagli interventi dell’archivista Paolo Eleuteri, della
direttrice della BAUM Daniela Grandin, degli storici Simon Levis Sullam
e Gadi Luzzatto Voghera, del professore di Letteratura inglese e
presidente del Centro Veneziano di Studi Ebraici Internazionali Shaul
Bassi, dell’antropologa Emanuela Trevisan, dello studioso ed ex
presidente della Comunità ebraica di Venezia e dell’Unione delle
Comunità Ebraiche Italiane Amos Luzzatto, e Dina Gut Milano.
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qui torino Prix Italia: il potere della Storia
Si
è conclusa ieri la sessantasettesima edizione del Prix Italia, Festival
internazionale di radio televisione e web, sostenuto e organizzato
dalla Rai, teso a premiare la qualità e l’innovazione in questi tre
campi della comunicazione. Il festival si è svolto a Torino, città a
cui ormai il Prix Italia è legato da diversi anni.
Il potere delle storie e il laboratorio della creatività. Questo il
tema scelto per l’edizione del 2015. Quanto è importante oggi saper
raccontare? Ci sono delle piattaforme più adatte di altre nel farlo?
Cos’è oggi lo storytelling se lo decliniamo nell’universo del web?
Tutte domande a cui il Prix Italia ha cercato di dare una risposta
mettendo a confronto prodotti creati da più broacasters internazionali
di radio tv e web. A concorrere 89 programmi radio, 98 programmi
televisivi e 54 prodotti web. Un’ulteriore domanda da porsi è cosa
bisogna raccontare oggi? Bisogna trattare di finzione o anche di
realtà? Tra storytelling e creatività è rimasto ancora posto per la
Storia? La risposta a quest’ultima punto interrogativo la si è avuta
durante la cerimonia di premiazione. Infatti tra i molti, sono stati
premiati tre prodotti, i primi due accomunati dal fatto di aver posto
al centro il passato per rimetterlo in discussione e studiarlo sempre
da nuove prospettive; il terzo che approfondisce un tema come quello
del razzismo radicato nella storia, declinandolo però nel presente e
più in specifico nell’universo del web. Il primo progetto, “Il cabaret
della morte”, prodotto da TVP (Polonia) e diretto da Andrzej Celinski,
è un documentario che mette in scena la storia di un gruppo di artisti
ed ebrei che durante la segregazione razziale della Seconda Guerra
Mondiale, combattono la loro drammatica condizione con la musica, il
teatro, l’umorismo, le risa.
Alice Fubini
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Ricominciare da capo |
Alla
fine di Kippur ci sentiamo come gli allievi all’inizio di un nuovo anno
scolastico o di un nuovo quadrimestre: anche se non tutti i brutti voti
sono stati davvero recuperati, ormai non hanno più importanza; le
nostre manchevolezze sono state perdonate; registro bianco, si
ricomincia tutto da capo. Sappiamo che nell’anno appena trascorso
avremmo potuto fare di più e ci ripromettiamo per quest’anno di provare
a migliorare. Del resto anche a noi insegnanti piace (o meglio ci
piaceva, prima dell’avvento dei registri elettronici) quella pagina
bianca che non ci vincola a un giudizio precedente e che ci lascia
liberi di osservare gli allievi come se li vedessimo per la prima
volta: un nuovo anno scolastico porta un nuovo orario, un nuovo
programma, nuovi argomenti, un anno di maturazione in più; con tutte
queste variabili in gioco sarebbe irragionevole dare per scontato che
non ci saranno cambiamenti. Sì, ma cosa c’entra con Kippur? Non
preoccupatevi, non mi sono montata la testa e non voglio paragonare i
voti scolatici al giudizio divino. Sto pensando ai rapporti tra uomo e
uomo, perché Kippur serve anche per quelli.
Anna Segre, insegnante
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La miss |
“Vorrei
essere vissuta nel’42, per vedere realmente la Seconda Guerra Mondiale.
Sui libri ci sono pagine e pagine, io volevo viverla per davvero, poi
essendo donna non avrei nemmeno dovuto fare il militare”. Non sono
passate sotto silenzio queste parole pronunciate con troppa ironia,
dalla nuova Miss Italia 2015, Alice Sabatini. Testimonianza che come è
scritto nel Libro dei Proverbi (Mishlei), “Come un anello d’oro nel
naso di un maiale, così è una donna bella – e contemporaneamente un
uomo – se priva di senno”. Già, non deve essere stato difficile vivere
nel 1942, bastava solo non essere ebrei o antifascisti…
Francesco Moises Bassano
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Sotto la sukkà |
Presto
sarà Sukkot. Della sukkà mi è sempre piaciuto il suo aspetto precario:
è come incontrarsi in una nuova terra dove non ci affidiamo alle solite
certezze; dove non ci copriamo tra le solide mura di casa. Sukkot è un
momento di passaggio creativo: ripartiamo con meno difese, un po’ più
nudi, con qualche struttura e molta apertura.
Ilana Bahbout
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