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David
Sciunnach,
rabbino
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In
questo ultimo periodo ho visto molta sofferenza, e mi sono domandato
perché i nostri Maestri definiscano “chesed shel emet” (la vera
misericordia) il chesed che si ha verso una persona morta. La
spiegazione che viene data è che lo si prova perché la persona che non
c’è più, e non può restituire o ringraziare colui che ha fatto l’atto
di misericordia. Spesso facciamo buone azioni, tzedakka (beneficenza),
chesed (atto di misericordia) eppure queste non sono considerate al
pari del chesed shel emet. Riflettendo intensamente sono arrivato alla
conclusione che c’è un tipo di chesed che può avvicinarsi al chesed
shel emet. Si tratta di quando doniamo il nostro tempo a qualcuno che
ne ha bisogno, anche solo per ascoltarlo. Ebbene, quel tempo non può
più essere recuperato e neanche retribuito. Solamente Hashem può dargli
un valore e calcolare la giusta retribuzione come per il chesed shel
emet. Purtroppo la maggior parte delle persone non dà valore al tempo
sprecando il suo è quello degli altri, senza tener conto del fatto che
quegli attimi, quei minuti, quelle ore non torneranno mai più, e non
potranno più essere recuperate. Prendendo sul serio il nostro tempo
daremo valore alla nostra esistenza.
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Davide
Assael,
ricercatore
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La
serie di attacchi nei confronti degli ebrei israeliani di ieri sembra
indicare un’ulteriore escalation di violenza in uno scenario già
drammatico. Come ha detto lo stesso Netanyahu, tre attacchi in 45
minuti fanno pensare a un coordinamento. Si vedrà, anche perché un
conto è un ordine calato dall’alto in stile cupola mafiosa, un altro è
un accordo orizzontale fra gruppi diversi non legati da vincoli
gerarchici, altro ancora un contagio emulativo. Certo è che l’immagine
di cittadini che vanno in giro ad accoltellare e sparare rende ciascuno
un potenziale assassino e questa sembra essere la principale novità di
questa nuova ondata di violenza, ancora più insidiosa e destabilizzante
delle precedenti. Inutile negarlo, rappresenta anche il totale
fallimento di una strategia politica che ha pensato fosse meglio
gestire un conflitto a bassa intensità che avere di fianco uno Stato
che ti lancia missili un giorno sì e l’altro pure. A mio parere, questa
era una visione che poteva andare bene in un mondo pre-11 settembre,
quando il conflitto israelo-palestinese non era ancora inserito in una
sfida globale, che vede il fondamentalismo islamico contrapposto al
resto del mondo. Nel nuovo scenario, lo strumento principale non sono
eserciti ed armi convenzionali, ma il contagio ideologico che raccoglie
ogni forma di rabbia e frustrazione, che si agita nella mente dei
singoli.
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Israele affornta il terrore
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Quattro
attentati a Gerusalemme, quelli più gravi quasi simultanei e di cui uno
su un autobus di linea, due a Raanana, sempre pugnali e pistole le armi
utilizzate, tre morti e oltre venti i feriti israeliani. Questo il
tragico bilancio della giornata di ieri che ha fatto precipitare
Israele nel terrore e ha fatto ipotizzare alla polizia israeliana per
la prima volta dall’inizio dell’ondata di violenze l’esistenza di “un
coordinamento degli attacchi” e un coinvolgimento di Hamas in tale
ruolo di regia. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha
chiamato in causa il presidente dell’Autorità palestinese Abu Mazen:
“Basta dire bugie, affermi di voler fermare il terrore ma in realtà lo
fomenti diffondendo veleno che alimenta l’odio”, le sue parole
riportate dalla Stampa. Il governo vara contromisure drastiche a
Gerusalemme, valutando se dispiegare l’esercito per le strade della
città e circondare i quartieri arabi, da cui secondo lo Shin Bet
proviene la stragrande maggioranza degli attentatori. “Non esiterò a
usare tutti i mezzi del nostro arsenale per riportare la calma”, ha
dichiarato Netanyahu, mentre alla Knesset è acceso il dibattito. A
proporre soluzioni militari più aggressive è in particolare il leader
di HaBayit HaYehudi Naftali Bennet che, riporta il Corriere della sera,
già da giorni perora la causa della chiusura totale della Cisgiordania
e dei quartieri di Gerusalemme Est. Ma il ministro della difesa Moshe
Yaalon e il capo di Stato Maggiore Gadi Eisenkot hanno finora respinto
le pressioni: secondo loro la misura risulterebbe poco efficace, non
fermerebbe gli attacchi con i coltelli e verrebbe vista come una
punizione collettiva che coinvolgerebbe altre persone nella spirale di
violenza.
Senza Rabin, il sogno è tramontato. “Sono sempre più convinto che il
naufragio della splendida visione dei due Stati in Palestina è dipeso
soltanto dalla morte di Rabin. I grandi cambiamenti della Storia non
sono solo frutto di idee nobili e rivoluzionarie ma anche di uomini in
grado di farle valere”. La riflessione dello scrittore ebreo
franco-polacco Marek Halter, pubblicata da Repubblica, sul vuoto
lasciato dall’assassinio dell’ex primo ministro Rabin. “Le grandi
potenze – il suo appello – facciano ripartire il negoziato, ora è tempo
di studiare una Confederazione della Palestina”.
Ddl negazionismo, l’ok della Camera. Via
libera della Camera dei deputati al ddl che interviene sulla cosiddetta
legge Mancino sui reati di discriminazione introducendo l’aggravante di
negazionismo, con la previsione di un aumento di pena quando la
propaganda all’odio razziale o il pubblico incitamento alla
discriminazione o alla violenza si fondano sulla negazione della Shoah,
dei crimini di genocidio o di quelli contro l’umanità di guerra. Il
ddl, che tornerà adesso all’esame del Senato, è stato approvato con
un’ampia maggioranza di consensi: 340 i deputati favorevoli, 107 gli
astenuti, un solo contrario. Della necessità del provvedimento scrive
sul Corriere Donatella Di Cesare.
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israele - l'onda di violenza palestinese Perché non è la Terza intifada
Nuove
misure di sicurezza, check-point in diverse zone di Gerusalemme, sei
compagnie dell'esercito disposte in varie zone della Capitale. Sono
alcuni dei provvedimenti decisi nelle scorse ore dal gabinetto di
sicurezza israeliano guidato dal Premier Benjamin Netanyahu in risposta
ai molteplici attentati terroristici palestinesi che hanno colpito il
paese (nell'immagine la scena di uno degli attentati compiuti a
Gerusalemme). Non c'è per il momento l'intenzione di agire in modo
massiccio con la forza in Cisgiordania e a Gerusalemme Est, come
chiedono i partiti alla destra del Premier. Seppur la preoccupazione
dei civili israeliani sia molta, vista l'imprevedibilità degli
attentati, e la fiducia nelle contromosse disposte da Netanyahu stia
diminuendo (in un sondaggio commissionato dalla rete televisiva Arutz
2, il 73 per cento degli intervistati dichiarava di volere Avigdor
Lieberman a guidare le azioni antiterrorismo), il leader dell'esecutivo
può contare sull'appoggio dell'intelligence e dell'esercito israeliano
rispetto alle mosse messe in atto per far fronte a questa nuova ondata
di violenza, che le autorità non vogliono definire Terza intifada. La
situazione è molto diversa dal passato – in particolare dalla prima e
seconda intifada –, affermano da Tsahal, perché in questi anni si è
consolidata una collaborazione con le forze di sicurezza dell'Autorità
palestinese. Leggi
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gli ebrei italiani si mobilitano Al fianco di Israele, per la verità
L’invito è rivolto a tutti i cittadini che credono e si impegnano per la pace, la verità, il futuro.
Al fianco di Israele, unica democrazia del Medio Oriente, oggetto di
una persistente aggressione terroristica da parte palestinese che
colpisce militari e civili, religiosi e laici. Una brutale e violenta
campagna d’odio, spesso ignorata dalla comunità internazionale. Ma
Israele non è sola ed è il momento di dimostrarlo coi fatti.
Questo il senso dell’iniziativa di solidarietà lanciata dalla Comunità
ebraica di Roma con il supporto dell’Unione delle Comunità Ebraiche
Italiane.
Appuntamento per domenica mattina, ore 11, davanti alla sede
diplomatica israeliana nella Capitale. Obiettivo: sensibilizzare
l’opinione pubblica sui drammatici fatti di questi giorni e ricordare,
attraverso alcune testimonianze, l’abisso che separa le culture della
vita dalle ideologie di morte.
Chiamati ad intervenire, tra gli altri, l’ambasciatore Naor Gilon, la
presidente della Comunità ebraica romana Ruth Dureghello e il
presidente dell’Unione Renzo Gattegna. Gli stessi vertici dell’ebraismo
italiano e capitolino hanno rivolto in queste ore un invito alla
diverse Comunità territoriali a partecipare all’evento con proprie
rappresentanze e delegazioni.
“Come giovani ebrei italiani – afferma intanto Talia Bidussa,
presidente Ugei – guardiamo con preoccupazione a questa nuova ondata,
che allontana ogni giorno la speranza di ripresa dei colloqui di pace e
che alimenta nel nostro Paese una preoccupante disinformazione su
quanto stia realmente accadendo”. Leggi
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il dispositivo tornerà adesso al senato Ddl negazionismo, il via libera
dell'aula di Montecitorio
Via
libera della Camera dei deputati al ddl che interviene sulla cosiddetta
legge Mancino sui reati di discriminazione introducendo l'aggravante di
negazionismo, con la previsione di un aumento di pena quando la
propaganda all'odio razziale o il pubblico incitamento alla
discriminazione o alla violenza si fondano sulla negazione della Shoah,
dei crimini di genocidio o di quelli contro l'umanità di guerra. Il
ddl, che tornerà adesso all'esame del Senato in considerazione
dell'aggravio di pena deciso a Palazzo Montecitorio rispetto al testo
originario (dai 3 ai 5 anni di reclusione), è stato approvato con
un'ampia maggioranza di consensi: 340 i deputati favorevoli, 107 gli
astenuti, un solo contrario.
“Un significativo passo in avanti affinché l'ordinamento giuridico
italiano si doti di uno strumento fondamentale per colpire i
professionisti dell'odio e della negazione, preservando al tempo stesso
l'inviolabile valore costituito dalla libera ricerca e dalla libera
opinione” commenta il presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche
Italiane Renzo Gattegna, che ha assistito ieri ai lavori dell'aula
insieme alla presidente della Comunità romana Ruth Dureghello, al
vicepresidente Ruben Della Rocca, all'assessore UCEI alla Memoria
Victor Magiar e all'ex presidente della Cer Riccardo Pacifici.
Il ritorno del dispositivo al Senato, che in febbraio aveva approvato
il ddl presentato da Silvana Amati e Lucio Malan con una larghissima
maggioranza (
234 i favorevoli, tre i contrari e otto gli astenuti), sarà calendarizzato nei prossimi giorni.
“Mi auguro che il Senato, il cui importante lavoro abbiamo pienamente
recepito, possa approvare in via definitiva il provvedimento. Magari
facendo sì che la legge venga riportata sulla Gazzetta Ufficiale, per
il prossimo 27 gennaio in occasione del Giorno della Memoria”
l'auspicio formulato da Walter Verini, relatore del ddl a Montecitorio.
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qui roma
Una biblioteca da riconquistare Era
il 14 ottobre del 1943, poco prima del drammatico rastrellamento del
ghetto di Roma, il giorno nel quale i nazisti razziarono la biblioteca
della comunità ebraica disperdendo i preziosi volumi sui quali pende
ancora un destino ignoto. Per riportare alla luce questa storia, ancora
sconosciuta ai più, e per riflettere sul potere dei libri nasce
“Rastrellati”, il ciclo di tre incontri inaugurato oggi al Teatro di
Villa Torlonia. L’iniziativa, promossa dal Comune di Roma,
l’Assessorato alla Cultura, l’Istituzione delle biblioteche in
collaborazione con la Comunità ebraica di Roma e l’Unione delle
Comunità Ebraiche Italiane, ha visto un confronto tra il sofer Amedeo
Spagnoletto e la scrittrice Nadia Terranova moderati dal giornalista
Gioacchino De Chirico. Prossimo appuntamento venerdì 16 ottobre con la
scrittrice Lia Levi al Teatro Biblioteca Quarticciolo (ore 10.00) e
venerdì 30 ottobre con a storica Anna Foa alla Biblioteca Renato
Nicolini di Corviale (ore 10.00). “In quel 14 ottobre – ha spiegato De
Chirico – due ufficiali nazisti rastrellarono la biblioteca che
comprendeva il fondo del collegio rabbinico e i libri della comunità,
con il fine di trasferirli nel grottesco museo della civiltà scomparsa
che Hitler stava progettando. Moltissimi libri sono ancora dispersi e
si riconoscono per il timbro e le annotazioni che spesso venivano fatte
a margine”. “Non vi è un catalogo – prosegue De Chirico – perché la
comunità memore delle precedenti persecuzioni si salvaguardava non
redigendolo. Proprio per questo vorrei che gli incontri facessero da
stimolo per impegnarci tutti nel ritrovamento della biblioteca. Un bene
prezioso non solo per la comunità ebraica ma per tutta la città”. Leggi
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qui ferrara - meis Da Trieste, a Gorizia e Gradisca,
i protagonisti della storia ebraica Trieste,
Gorizia e Gradisca, tre città e tre Comunità ebraiche che oggi
rientrano tutte nel territorio di competenza di quella di Trieste, ma a
fronte di caratteristiche simili legate all’eccezionalità territoriale
del Friuli-Venezia Giulia hanno conosciuto vicende e sviluppi
specifici. Questo il filo che ha connesso gli interventi dell’ultima
parte del convegno “Gli ebrei nella storia del Friuli-Venezia Giulia.
Una vicenda di lunga durata”, promosso dalla Fondazione Museo Nazionale
dell’Ebraismo Italiano e della Shoah di Ferrara in collaborazione con
l’Università di Udine e l’Università degli Studi di Trieste, la
Comunità ebraica e l’Associazione per lo studio dell’Ebraismo delle
Venezie, e con il patrocinio dell’UCEI, della Comunità di Ferrara e del
Comune, in corso nella città estense all’Istituto di Cultura ‘Casa
Giorgio Cini’.
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Ticketless
- Giubilei e pecore
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Da
giorni non si parla che di Roma, ma anche di pecore (e caproni).
S’annuncia il Giubileo e viene giubilato il Sindaco. Per capire
qualcosa, del Giubileo bisognerebbe risalire all’etimologia della
parola, jobel, caproni, montoni, pecore. “Pecore in erba” è il titolo
della pellicola del regista, mio quasi omonimo, Alberto Caviglia. Ho
visto il film in una sala cinematografica torinese gremita come una
Sinagoga nei giorni di massima affluenza. Caviglia senza ricorrere al
corno di montone, ma senza nemmeno essere Saba, ci delizia con le
pecore dal volto semita partendo dall’anagramma di uno striscione dello
stadio Olimpico, “Pecore in erba”, escogitato per aggirare l’accusa di
razzismo dei tifosi mescolando le lettere. Una delle trovate migliori
del film: se non è vera, è ben trovata, ma una sola invenzione non
basta a togliere al film il difetto di essere romano, troppo romano.
Alberto Cavaglion
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Periscopio - La menzogna
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Come
sempre, in ogni momento di crisi - cioè quasi sempre -, ai drammatici
fatti del medio Oriente si aggiunge l'ulteriore e distinto sopruso
della sistematica, capillare, scientifica distorsione dei fatti da
parte dei mass media, per i quali qualsiasi violenza, qualsiasi
accoltellamento, qualsiasi bomba da parte palestinese deve sempre
essere attentamente inquadrato, spiegato e interpretato nelle sue
possibili giustificazioni, remote o remotissime che siano (le
immaginarie limitazioni all'accesso ai luoghi santi, la frustrazione
dello stallo delle trattative di pace, le colonie ecc. ecc.), mentre
qualsiasi gesto di difesa compiuto dalle forze dell'ordine e
dall'esercito d'Israele viene sempre descritto come un atto
deliberatamente sanguinoso e offensivo, capace solo di ulteriormente
aumentare le già immense responsabilità del regime sionista.
Francesco Lucrezi, storico
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Pensieri prima del viaggio |
Stiamo
per intraprendere un nuovo viaggio. Con il sostegno dell’Otto per mille
dell’Ucei, della Regione Lazio, dell’Adei e dell’Associazione Italia
Israele di Milano entreremo quest’anno, come negli ultimi nove anni,
nelle scuole, nei centri di cultura, nei teatri di Roma, di Firenze e
di Como e al Padiglione di Israele all’Expo per affrontare
l’indifferenza, la violenza e la disinformazione.
Leggo i messaggi sui social media e vedo la disperazione di tutti per
ciò che sta succedendo in Israele. Penso che non ci sia hasbarah
migliore dei volti di quindici ragazzi che, insieme, ebrei e arabi, da
tutto Israele, raccontano in prima persona con suoni, canti, danze e
preghiere la tragicità dei momenti che stiamo vivendo e portano nello
stesso tempo un messaggio profondo e inequivocabile di speranza.
Shirin, 30 anni, è cresciuta nel teatro di Beresheet LaShalom. È
musulmana, proveniente dal villaggio di Jish. Ha condiviso alcuni suoi
pensieri prima della partenza: “In questi giorni in cui l’aria è satura
di odio, la tensione cresce, i casi di violenza aumentano di giorno in
giorno, gli estremisti di entrambe le parti spargono dolore nel nostro
amato Paese, in questi giorni in cui la follia minaccia di schiacciare
tutti noi, il Teatro di Beresheet LaShalom si prepara ad uscire per un
altro viaggio di laboratori di Educazione ai valori umanistici e di
spettacoli che trasmettono in suono e danza il messaggio di pace.
Angelica Edna Calò Livne
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La terza via |
Una terza via c’è. E spesso è quella giusta.
Sono passati 51 anni dalla prima uscita del libro di Umberto Eco
“Apocalittici e Integrati”, (una nuova edizione, per Bompiani, è del
2011), ma la questione di fondo che proponeva non è stata risolta,
forse anche perché quel libro, molto citato e poco digerito, era facile
da leggere ma non da applicare. Forse perché il nuovo di ieri non è mai
quello di oggi.
Ancora nel 2015, fra coloro i quali – all’apparizione del Nuovo – si
dannano e prevedono l’imminente Apocalisse, e quelli che (oh, Jannacci,
amico mio!) lo abbracciano e idolatrano senza se e senza ma, pare quasi
non ci sia una posizione attenta e critica, ma non pregiudiziale.
E invece c’è.
Negli ultimi tempi, per esempio, alla notizia dell’acquisizione da
parte di Mondadori di RCS Libri (Rizzoli e tutti i suoi satelliti) i
molti apocalittici – forse anche perché temono di non venir integrati –
hanno tuonato, ma i non molti anti-pregiudiziali hanno fatto sentire la
propria voce (Roberto Calasso anche il proprio impegno finanziario, si
ricomprerà Adelphi).
Valerio Fiandra
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