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14 ottobre 2015 - 1 Cheshvan 5776
PAGINE EBRAICHE 24

ALEF / TAV DAVAR PILPUL

alef/tav
David
Sciunnach,
rabbino
In questo ultimo periodo ho visto molta sofferenza, e mi sono domandato perché i nostri Maestri definiscano “chesed shel emet” (la vera misericordia) il chesed che si ha verso una persona morta. La spiegazione che viene data è che lo si prova perché la persona che non c’è più, e non può restituire o ringraziare colui che ha fatto l’atto di misericordia. Spesso facciamo buone azioni, tzedakka (beneficenza), chesed (atto di misericordia) eppure queste non sono considerate al pari del chesed shel emet. Riflettendo intensamente sono arrivato alla conclusione che c’è un tipo di chesed che può avvicinarsi al chesed shel emet. Si tratta di quando doniamo il nostro tempo a qualcuno che ne ha bisogno, anche solo per ascoltarlo. Ebbene, quel tempo non può più essere recuperato e neanche retribuito. Solamente Hashem può dargli un valore e calcolare la giusta retribuzione come per il chesed shel emet. Purtroppo la maggior parte delle persone non dà valore al tempo sprecando il suo è quello degli altri, senza tener conto del fatto che quegli attimi, quei minuti, quelle ore non torneranno mai più, e non potranno più essere recuperate. Prendendo sul serio il nostro tempo daremo valore alla nostra esistenza.
Davide
Assael,
ricercatore
La serie di attacchi nei confronti degli ebrei israeliani di ieri sembra indicare un’ulteriore escalation di violenza in uno scenario già drammatico. Come ha detto lo stesso Netanyahu, tre attacchi in 45 minuti fanno pensare a un coordinamento. Si vedrà, anche perché un conto è un ordine calato dall’alto in stile cupola mafiosa, un altro è un accordo orizzontale fra gruppi diversi non legati da vincoli gerarchici, altro ancora un contagio emulativo. Certo è che l’immagine di cittadini che vanno in giro ad accoltellare e sparare rende ciascuno un potenziale assassino e questa sembra essere la principale novità di questa nuova ondata di violenza, ancora più insidiosa e destabilizzante delle precedenti. Inutile negarlo, rappresenta anche il totale fallimento di una strategia politica che ha pensato fosse meglio gestire un conflitto a bassa intensità che avere di fianco uno Stato che ti lancia missili un giorno sì e l’altro pure. A mio parere, questa era una visione che poteva andare bene in un mondo pre-11 settembre, quando il conflitto israelo-palestinese non era ancora inserito in una sfida globale, che vede il fondamentalismo islamico contrapposto al resto del mondo. Nel nuovo scenario, lo strumento principale non sono eserciti ed armi convenzionali, ma il contagio ideologico che raccoglie ogni forma di rabbia e frustrazione, che si agita nella mente dei singoli.
 
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Israele affornta il terrore
Quattro attentati a Gerusalemme, quelli più gravi quasi simultanei e di cui uno su un autobus di linea, due a Raanana, sempre pugnali e pistole le armi utilizzate, tre morti e oltre venti i feriti israeliani. Questo il tragico bilancio della giornata di ieri che ha fatto precipitare Israele nel terrore e ha fatto ipotizzare alla polizia israeliana per la prima volta dall’inizio dell’ondata di violenze l’esistenza di “un coordinamento degli attacchi” e un coinvolgimento di Hamas in tale ruolo di regia. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha chiamato in causa il presidente dell’Autorità palestinese Abu Mazen: “Basta dire bugie, affermi di voler fermare il terrore ma in realtà lo fomenti diffondendo veleno che alimenta l’odio”, le sue parole riportate dalla Stampa. Il governo vara contromisure drastiche a Gerusalemme, valutando se dispiegare l’esercito per le strade della città e circondare i quartieri arabi, da cui secondo lo Shin Bet proviene la stragrande maggioranza degli attentatori. “Non esiterò a usare tutti i mezzi del nostro arsenale per riportare la calma”, ha dichiarato Netanyahu, mentre alla Knesset è acceso il dibattito. A proporre soluzioni militari più aggressive è in particolare il leader di HaBayit HaYehudi Naftali Bennet che, riporta il Corriere della sera, già da giorni perora la causa della chiusura totale della Cisgiordania e dei quartieri di Gerusalemme Est. Ma il ministro della difesa Moshe Yaalon e il capo di Stato Maggiore Gadi Eisenkot hanno finora respinto le pressioni: secondo loro la misura risulterebbe poco efficace, non fermerebbe gli attacchi con i coltelli e verrebbe vista come una punizione collettiva che coinvolgerebbe altre persone nella spirale di violenza.

Senza Rabin, il sogno è tramontato. “Sono sempre più convinto che il naufragio della splendida visione dei due Stati in Palestina è dipeso soltanto dalla morte di Rabin. I grandi cambiamenti della Storia non sono solo frutto di idee nobili e rivoluzionarie ma anche di uomini in grado di farle valere”. La riflessione dello scrittore ebreo franco-polacco Marek Halter, pubblicata da Repubblica, sul vuoto lasciato dall’assassinio dell’ex primo ministro Rabin. “Le grandi potenze – il suo appello – facciano ripartire il negoziato, ora è tempo di studiare una Confederazione della Palestina”.

Ddl negazionismo, l’ok della Camera. Via libera della Camera dei deputati al ddl che interviene sulla cosiddetta legge Mancino sui reati di discriminazione introducendo l’aggravante di negazionismo, con la previsione di un aumento di pena quando la propaganda all’odio razziale o il pubblico incitamento alla discriminazione o alla violenza si fondano sulla negazione della Shoah, dei crimini di genocidio o di quelli contro l’umanità di guerra. Il ddl, che tornerà adesso all’esame del Senato, è stato approvato con un’ampia maggioranza di consensi: 340 i deputati favorevoli, 107 gli astenuti, un solo contrario. Della necessità del provvedimento scrive sul Corriere Donatella Di Cesare.
 
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  davar
israele - l'onda di violenza palestinese
Perché non è la Terza intifada
Nuove misure di sicurezza, check-point in diverse zone di Gerusalemme, sei compagnie dell'esercito disposte in varie zone della Capitale. Sono alcuni dei provvedimenti decisi nelle scorse ore dal gabinetto di sicurezza israeliano guidato dal Premier Benjamin Netanyahu in risposta ai molteplici attentati terroristici palestinesi che hanno colpito il paese (nell'immagine la scena di uno degli attentati compiuti a Gerusalemme). Non c'è per il momento l'intenzione di agire in modo massiccio con la forza in Cisgiordania e a Gerusalemme Est, come chiedono i partiti alla destra del Premier. Seppur la preoccupazione dei civili israeliani sia molta, vista l'imprevedibilità degli attentati, e la fiducia nelle contromosse disposte da Netanyahu stia diminuendo (in un sondaggio commissionato dalla rete televisiva Arutz 2, il 73 per cento degli intervistati dichiarava di volere Avigdor Lieberman a guidare le azioni antiterrorismo), il leader dell'esecutivo può contare sull'appoggio dell'intelligence e dell'esercito israeliano rispetto alle mosse messe in atto per far fronte a questa nuova ondata di violenza, che le autorità non vogliono definire Terza intifada. La situazione è molto diversa dal passato – in particolare dalla prima e seconda intifada –, affermano da Tsahal, perché in questi anni si è consolidata una collaborazione con le forze di sicurezza dell'Autorità palestinese. 
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gli ebrei italiani si mobilitano
Al fianco di Israele, per la verità
L’invito è rivolto a tutti i cittadini che credono e si impegnano per la pace, la verità, il futuro.
Al fianco di Israele, unica democrazia del Medio Oriente, oggetto di una persistente aggressione terroristica da parte palestinese che colpisce militari e civili, religiosi e laici. Una brutale e violenta campagna d’odio, spesso ignorata dalla comunità internazionale. Ma Israele non è sola ed è il momento di dimostrarlo coi fatti.
Questo il senso dell’iniziativa di solidarietà lanciata dalla Comunità ebraica di Roma con il supporto dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane.
Appuntamento per domenica mattina, ore 11, davanti alla sede diplomatica israeliana nella Capitale. Obiettivo: sensibilizzare l’opinione pubblica sui drammatici fatti di questi giorni e ricordare, attraverso alcune testimonianze, l’abisso che separa le culture della vita dalle ideologie di morte.
Chiamati ad intervenire, tra gli altri, l’ambasciatore Naor Gilon, la presidente della Comunità ebraica romana Ruth Dureghello e il presidente dell’Unione Renzo Gattegna. Gli stessi vertici dell’ebraismo italiano e capitolino hanno rivolto in queste ore un invito alla diverse Comunità territoriali a partecipare all’evento con proprie rappresentanze e delegazioni.
“Come giovani ebrei italiani – afferma intanto Talia Bidussa, presidente Ugei – guardiamo con preoccupazione a questa nuova ondata, che allontana ogni giorno la speranza di ripresa dei colloqui di pace e che alimenta nel nostro Paese una preoccupante disinformazione su quanto stia realmente accadendo”.
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il dispositivo tornerà adesso al senato
Ddl negazionismo, il via libera
dell'aula di Montecitorio 

Via libera della Camera dei deputati al ddl che interviene sulla cosiddetta legge Mancino sui reati di discriminazione introducendo l'aggravante di negazionismo, con la previsione di un aumento di pena quando la propaganda all'odio razziale o il pubblico incitamento alla discriminazione o alla violenza si fondano sulla negazione della Shoah, dei crimini di genocidio o di quelli contro l'umanità di guerra. Il ddl, che tornerà adesso all'esame del Senato in considerazione dell'aggravio di pena deciso a Palazzo Montecitorio rispetto al testo originario (dai 3 ai 5 anni di reclusione), è stato approvato con un'ampia maggioranza di consensi: 340 i deputati favorevoli, 107 gli astenuti, un solo contrario.
“Un significativo passo in avanti affinché l'ordinamento giuridico italiano si doti di uno strumento fondamentale per colpire i professionisti dell'odio e della negazione, preservando al tempo stesso l'inviolabile valore costituito dalla libera ricerca e dalla libera opinione” commenta il presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna, che ha assistito ieri ai lavori dell'aula insieme alla presidente della Comunità romana Ruth Dureghello, al vicepresidente Ruben Della Rocca, all'assessore UCEI alla Memoria Victor Magiar e all'ex presidente della Cer Riccardo Pacifici.
Il ritorno del dispositivo al Senato, che in febbraio aveva approvato il ddl presentato da Silvana Amati e Lucio Malan con una larghissima maggioranza (
234 i favorevoli, tre i contrari e otto gli astenuti), sarà calendarizzato nei prossimi giorni.
“Mi auguro che il Senato, il cui importante lavoro abbiamo pienamente recepito, possa approvare in via definitiva il provvedimento. Magari facendo sì che la legge venga riportata sulla Gazzetta Ufficiale, per il prossimo 27 gennaio in occasione del Giorno della Memoria” l'auspicio formulato da Walter Verini, relatore del ddl a Montecitorio.
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qui roma 
Una biblioteca da riconquistare
Era il 14 ottobre del 1943, poco prima del drammatico rastrellamento del ghetto di Roma, il giorno nel quale i nazisti razziarono la biblioteca della comunità ebraica disperdendo i preziosi volumi sui quali pende ancora un destino ignoto. Per riportare alla luce questa storia, ancora sconosciuta ai più, e per riflettere sul potere dei libri nasce “Rastrellati”, il ciclo di tre incontri inaugurato oggi al Teatro di Villa Torlonia. L’iniziativa, promossa dal Comune di Roma, l’Assessorato alla Cultura, l’Istituzione delle biblioteche in collaborazione con la Comunità ebraica di Roma e l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, ha visto un confronto tra il sofer Amedeo Spagnoletto e la scrittrice Nadia Terranova moderati dal giornalista Gioacchino De Chirico. Prossimo appuntamento venerdì 16 ottobre con la scrittrice Lia Levi al Teatro Biblioteca Quarticciolo (ore 10.00) e venerdì 30 ottobre con a storica Anna Foa alla Biblioteca Renato Nicolini di Corviale (ore 10.00). “In quel 14 ottobre – ha spiegato De Chirico – due ufficiali nazisti rastrellarono la biblioteca che comprendeva il fondo del collegio rabbinico e i libri della comunità, con il fine di trasferirli nel grottesco museo della civiltà scomparsa che Hitler stava progettando. Moltissimi libri sono ancora dispersi e si riconoscono per il timbro e le annotazioni che spesso venivano fatte a margine”. “Non vi è un catalogo – prosegue De Chirico – perché la comunità memore delle precedenti persecuzioni si salvaguardava non redigendolo. Proprio per questo vorrei che gli incontri facessero da stimolo per impegnarci tutti nel ritrovamento della biblioteca. Un bene prezioso non solo per la comunità ebraica ma per tutta la città”.
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qui roma
Ebraismo e scienza, quali legami
Un approccio ebraico può influenzare la ricerca scientifica? Quanto conta il background dato dalle radici famigliari e dall’appartenenza religiosa nella formazione delle proprie idee rivoluzionarie? Queste le domande sulle quali è ruotato l’incontro di ieri al Centro Bibliografico UCEI dedicato alla presentazione del libro “Vygotsky & Bernstein in the light of Jewish Tradition” (ed. Academic Studies Press) firmato da Antonella Castelnuovo e Bella Kotik Friedgut. A confrontarsi con Castelnuovo, il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni, il professore Massimo Giuliani e la professoressa Irene Kajon moderati da Ilana Bahbout. Al centro del libro, una dissertazione sulle figure dello psicologo russo Lev Vygostky e del sociologo inglese Basil Bernstein accomunati dalla tradizione ebraica.
“Pensando al rapporto tra ebraismo e scienza – spiega rav Di Segni – mi viene in mente che per il secondo anno consecutivo nessun ebreo è riuscito a conquistarsi un premio Nobel, forse questa presenza massiccia degli ebrei nel mondo della scienza ha avuto un inizio e una fine? Molti spiegano l’inclinazione degli ebrei allo studio legata al fondamentale ruolo del Talmud, ma dobbiamo ammettere che parecchi dei fisici e matematici vincitori di premi e di origine ebraica di Talmud sapevano ben poco. Forse più che altro è contato il fatto che la comunità ebraica è stata nella storia una minoranza colta per la quale lo studio era una parte importante della vita e che era abituata a vedere le cose da un punto di vista differente, più creativo”.
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qui ferrara - meis
Da Trieste, a Gorizia e Gradisca,
i protagonisti della storia ebraica

Trieste, Gorizia e Gradisca, tre città e tre Comunità ebraiche che oggi rientrano tutte nel territorio di competenza di quella di Trieste, ma a fronte di caratteristiche simili legate all’eccezionalità territoriale del Friuli-Venezia Giulia hanno conosciuto vicende e sviluppi specifici. Questo il filo che ha connesso gli interventi dell’ultima parte del convegno “Gli ebrei nella storia del Friuli-Venezia Giulia. Una vicenda di lunga durata”, promosso dalla Fondazione Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah di Ferrara in collaborazione con l’Università di Udine e l’Università degli Studi di Trieste, la Comunità ebraica e l’Associazione per lo studio dell’Ebraismo delle Venezie, e con il patrocinio dell’UCEI, della Comunità di Ferrara e del Comune, in corso nella città estense all’Istituto di Cultura ‘Casa Giorgio Cini’.

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pilpul
Ticketless - Giubilei e pecore
Da giorni non si parla che di Roma, ma anche di pecore (e caproni). S’annuncia il Giubileo e viene giubilato il Sindaco. Per capire qualcosa, del Giubileo bisognerebbe risalire all’etimologia della parola, jobel, caproni, montoni, pecore. “Pecore in erba” è il titolo della pellicola del regista, mio quasi omonimo, Alberto Caviglia. Ho visto il film in una sala cinematografica torinese gremita come una Sinagoga nei giorni di massima affluenza. Caviglia senza ricorrere al corno di montone, ma senza nemmeno essere Saba, ci delizia con le pecore dal volto semita partendo dall’anagramma di uno striscione dello stadio Olimpico, “Pecore in erba”, escogitato per aggirare l’accusa di razzismo dei tifosi mescolando le lettere. Una delle trovate migliori del film: se non è vera, è ben trovata, ma una sola invenzione non basta a togliere al film il difetto di essere romano, troppo romano.

Alberto Cavaglion
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Periscopio - La menzogna
Come sempre, in ogni momento di crisi - cioè quasi sempre -, ai drammatici fatti del medio Oriente si aggiunge l'ulteriore e distinto sopruso della sistematica, capillare, scientifica distorsione dei fatti da parte dei mass media, per i quali qualsiasi violenza, qualsiasi accoltellamento, qualsiasi bomba da parte palestinese deve sempre essere attentamente inquadrato, spiegato e interpretato nelle sue possibili giustificazioni, remote o remotissime che siano (le immaginarie limitazioni all'accesso ai luoghi santi, la frustrazione dello stallo delle trattative di pace, le colonie ecc. ecc.), mentre qualsiasi gesto di difesa compiuto dalle forze dell'ordine e dall'esercito d'Israele viene sempre descritto come un atto deliberatamente sanguinoso e offensivo, capace solo di ulteriormente aumentare le già immense responsabilità del regime sionista.

Francesco Lucrezi, storico
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Pensieri prima del viaggio
Stiamo per intraprendere un nuovo viaggio. Con il sostegno dell’Otto per mille dell’Ucei, della Regione Lazio, dell’Adei e dell’Associazione Italia Israele di Milano entreremo quest’anno, come negli ultimi nove anni, nelle scuole, nei centri di cultura, nei teatri di Roma, di Firenze e di Como e al Padiglione di Israele all’Expo per affrontare l’indifferenza, la violenza e la disinformazione.
Leggo i messaggi sui social media e vedo la disperazione di tutti per ciò che sta succedendo in Israele. Penso che non ci sia hasbarah migliore dei volti di quindici ragazzi che, insieme, ebrei e arabi, da tutto Israele, raccontano in prima persona con suoni, canti, danze e preghiere la tragicità dei momenti che stiamo vivendo e portano nello stesso tempo un messaggio profondo e inequivocabile di speranza.
Shirin, 30 anni, è cresciuta nel teatro di Beresheet LaShalom. È musulmana, proveniente dal villaggio di Jish. Ha condiviso alcuni suoi pensieri prima della partenza: “In questi giorni in cui l’aria è satura di odio, la tensione cresce, i casi di violenza aumentano di giorno in giorno, gli estremisti di entrambe le parti spargono dolore nel nostro amato Paese, in questi giorni in cui la follia minaccia di schiacciare tutti noi, il Teatro di Beresheet LaShalom si prepara ad uscire per un altro viaggio di laboratori di Educazione ai valori umanistici e di spettacoli che trasmettono in suono e danza il messaggio di pace
.

Angelica Edna Calò Livne
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La terza via
Una terza via c’è. E spesso è quella giusta.
Sono passati 51 anni dalla prima uscita del libro di Umberto Eco “Apocalittici e Integrati”, (una nuova edizione, per Bompiani, è del 2011), ma la questione di fondo che proponeva non è stata risolta, forse anche perché quel libro, molto citato e poco digerito, era facile da leggere ma non da applicare. Forse perché il nuovo di ieri non è mai quello di oggi.
Ancora nel 2015, fra coloro i quali – all’apparizione del Nuovo – si dannano e prevedono l’imminente Apocalisse, e quelli che (oh, Jannacci, amico mio!) lo abbracciano e idolatrano senza se e senza ma, pare quasi non ci sia una posizione attenta e critica, ma non pregiudiziale.
E invece c’è.
Negli ultimi tempi, per esempio, alla notizia dell’acquisizione da parte di Mondadori di RCS Libri (Rizzoli e tutti i suoi satelliti) i molti apocalittici – forse anche perché temono di non venir integrati – hanno tuonato, ma i non molti anti-pregiudiziali hanno fatto sentire la propria voce (Roberto Calasso anche il proprio impegno finanziario, si ricomprerà Adelphi).


Valerio Fiandra
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