La terza via

Valerio Fiandra Una terza via c’è. E spesso è quella giusta.
Sono passati 51 anni dalla prima uscita del libro di Umberto Eco “Apocalittici e Integrati”, (una nuova edizione, per Bompiani, è del 2011), ma la questione di fondo che proponeva non è stata risolta, forse anche perché quel libro, molto citato e poco digerito, era facile da leggere ma non da applicare. Forse perché il nuovo di ieri non è mai quello di oggi.
Ancora nel 2015, fra coloro i quali – all’apparizione del Nuovo – si dannano e prevedono l’imminente Apocalisse, e quelli che (oh, Jannacci, amico mio!) lo abbracciano e idolatrano senza se e senza ma, pare quasi non ci sia una posizione attenta e critica, ma non pregiudiziale.
E invece c’è.
Negli ultimi tempi, per esempio, alla notizia dell’acquisizione da parte di Mondadori di RCS Libri (Rizzoli e tutti i suoi satelliti) i molti apocalittici – forse anche perché temono di non venir integrati – hanno tuonato, ma i non molti anti-pregiudiziali hanno fatto sentire la propria voce (Roberto Calasso anche il proprio impegno finanziario, si ricomprerà Adelphi).
Perché, sì: c’è una Terza Via, ed è spesso la migliore da intraprendere, non fosse altro perché una posizione attenta e critica è capace di fare, di costruire, e le altre due no: non fanno, e spesso invece distruggono.
A questo proposito, vi segnalo due occasioni di riflessione e prassi, sul tema dei rapporti fra cultura, libri e internet.
Da Martedì 13 ottobre, a Milano – alla Casa della cultura, Via Borgogna 3 – hanno luogo quattro incontri che hanno lo scopo di ragionare attorno alla “Cultura al tempo della Rete”. Vi basti sapere che fra i relatori ci sono rappresentanti delle maggiori case editrici, riviste culturali, testate giornalistiche italiane. La qualità potenziale dell’iniziativa è notevole, il luogo adatto. Gli argomenti di ciascun incontro avranno come focus “Fare cultura in rete”, “Comunicare la cultura”, “La rivista si fa in rete”, “Politica culturale al tempo della rete”.
Gli incontri, trasmessi anche in streaming, sempre ospitati alla Casa della Cultura di Milano, sono organizzati anche dalla associazione “Che fare”, i cui responsabili modereranno le serate.
Come vedete, l’approccio è coinvolgente ma sistematico, e ciò fa ben sperare.
E proprio sul web (che non è né dannato né benedetto, è un ‘tool’, un attrezzo: come un coltello, se farà bene o male dipenderà dal suo uso), di recente è stato pubblicato un testo che mi pare sia un brillante esempio di come affrontare il solito vetusto tema della ‘Morte del Libro’. A me pare che il tema vero sia in effetti la ‘Scomparsa del Buon Lettore’, ma è indiscutibile che le due questioni siano legate.
Antonio Tombolini è stato uno dei primi in Italia, già dagli anni ’90, a occuparsi di libri e internet. Se volete, andate a leggere quante e quali cose ha fatto, fa e farà: è (anche) una esemplare storia di successo. Il suo testo “Come si può salvare il libro“ è sia un manifesto teorico, sia un invito, una chiamata a operare, ciascuno nel suo ruolo: scrittori, editori, ma soprattutto lettori. È sintetico, pratico, semplicissimo. Ancora più importante: è condivisibile, il che non vuol dire solo trasmetterlo via Twitter o Facebook, ma anche e soprattutto parlarne con chi frequentate, e applicarlo.
Dal futuro dei libri, e della cultura in generale, dipende il nostro futuro di persone: chiedergli troppo, o non aspettarsi più niente è la stessa cosa – è moneta falsa spacciata per legale -, e ciò non vale per la cultura ‘soltanto’.
Domandare, fare le domande giuste – dovremmo saperlo bene, qui, non è vero? – è la risposta giusta. O no?

Valerio Fiandra

(14 ottobre 2015)