David
Sciunnach,
rabbino
|
“Yakòv
si svegliò dal sonno e disse: quindi il Signore è in questo luogo ed io
non lo sapevo!” (Bereshìt 28, 16). Il risveglio di Yakòv non è
solamente un risveglio fisico, ma è anche un risveglio spirituale.
|
|
Leggi
|
David
Assael,
ricercatore
|
I
traumatologi ci insegnano che, successivamente ad un trauma, si attiva
una ritualità che funga da diga rispetto al flusso emotivo successivo.
Parrebbe che, nel nostro caso, questa ritualità coincida con
l’espressione, “Siamo in guerra!”. Così l’Egitto dopo gli attentati
dell’Isis, così la Giordania dopo il video del soldato bruciato nella
gabbia; così la Turchia dopo le recenti stragi. Così, oggi, la Francia.
Ma, in guerra contro chi? Contro il vicino di casa? Contro l’amico
della porta accanto? A rigor di logica dovremmo bombardare le nostre
stesse città perché da lì provengono i terroristi di oggi. Lì sono
nati, lì hanno studiato, lì sono cresciuti. Insomma, frasi sterili e
totalmente vuote, sintomo solo di uno spirito di rivalsa che rassicuri
sulla propria forza, rispetto ad un nemico subdolo, che certo non
risponde alle logiche di guerra tradizionali.
|
|
Leggi
|
 |
Parigi, è caccia all'uomo |
Giunge
all’alba la notizia di un nuovo blitz della polizia francese in un
presunto covo di terroristi a Saint Denis durante il quale sarebbroe
morte almeno due persone e altre sarebbero rimaste ferite. Lo scopo del
raid è catturare la mente degli attentati di Parigi, il belga di
origini marocchine Abdelhamid Abbaoud.
Ieri ad Hannover, la partita di calcio Germania-Olanda è stata
annullata a seguito di un allarme bomba: cancellata anche
Belgio-Spagna. Un’atmosfera tesa, quella che si respira in Europa,
raccontata sui quotidiani anche attraverso la descrizione delle
chiamate ricevute dal centralino del comune di Parigi e la
significativa riduzione degli ingressi in metropolitana.
Quello di oggi “è un clima che richiama l’ascesa del nazismo”. Così il
rabbino Giuseppe Laras sulle pagine del Corriere. “Gli ebrei, ora come
in passato, sarebbero causa dei mali del mondo. Se non ci fosse
Israele, sostengono molti, musulmani e non, vi sarebbe pace con
l’Islam. È falso. È una verità apparente trasformata in dogma. I
jihadisti lo sanno bene – scrive Laras – e sosterranno questa tesi
avvelenata e allettante per far credere che solo così tornerà a esservi
pace, anche in Europa”.
Sul Corriere, lo scrittore israeliano Amos Oz si appella ai musulmani
moderati: “Sono loro – spiega – che dovrebbero denunciare i fanatici
nei loro quartieri e impugnare il bastone quando necessario”. Oz
propone inoltre che si crei un piano di aiuti per il mondo islamico
simile a quello che fu il piano Marshall per l’Europa del dopo-guerra.
Mentre continua l’azione militare francese contro il Califfato, dal
Cremlino arrivano parole di sostegno inequivocabili: “Uniti come contro
Hitler”. Intanto l’Unione Europea si prepara a scendere in campo per
aiutare la Francia come sancito dai trattati che prevedono, in caso di
attacco armato sul territorio di uno stato membro, che gli altri Paesi
dell’Unione prestino assistenza (Repubblica).
|
|
Leggi
|
|
|
QUI MILANO - GIARDINO DEI GIUSTI
'Cultura, arma contro la barbarie'
“Dobbiamo
usare lo strumento della cultura per educare e formare i giovani; solo
la cultura può prevenire l'illegalità e la barbarie”.
Ad
affermarlo questa mattina al Giardino dei Giusti del Monte Stella di
Milano, il presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane
Renzo Gattegna in occasione della cerimonia in memoria di Khaled
al-Asaad, l'archeologo siriano assassinato tre mesi fa dai fanatici
dell'Isis per aver difeso il patrimonio della sua città, Palmira.
“Sono
giorni difficili in cui il mondo cerca risposte all’orrore, ci vuole
coraggio, come quello di Khaled, ci vuole saggezza, per guardare
avanti”, le parole del sindaco di Milano Giuliano Pisapia nel corso
della cerimonia, organizzata dall'Associazione per il Giardino dei
Giusti di Milano - di cui fanno parte il Comune, l'UCEI e
l'associazione Gariwo-La foresta dei Giusti - e aperta dal messaggio
inviato dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
A
ricordare al-Asaad, a cui è stato dedicato un albero al Monte Stella,
il presidente di Gariwo Gabriele Nissim assieme al console generale di
Francia Olivier Brochet, l'archeologo Paolo Matthiae e il presidente
del Consiglio comunale Basilio Rizzo. Presenti tra il pubblico, che ha
visto la partecipazione di diverse scuole, il vicepresidente dell'UCEI
Roberto Jarach, il Consigliere dell'Unione Giorgio Mortara e i
presidenti della Comunità ebraica di Milano Raffaele Besso e Milo
Hasbani.
La
giornata all'insegna di al-Asaad prosegue poi al Piccolo Teatro, con la
partecipazione al fianco del sindaco Pisapia e del presidente di Gariwo
Nissim, della storica e giurista Eva Cantarella, del direttore del
Corriere della Sera Luciano Fontana, degli archeologi Maria Teresa
Grassi e Paolo Matthiae.
Leggi
|
QUI MILANO - IERI IL PRESIDIO
Kippah in testa, senza paura
Alcune
centinaia i milanesi che si sono dati appuntamento nel luogo
dell’aggressione compiuta giovedì scorso ai danni di Nathan Graff, 40
anni, esponente del movimento Chabad, raggiunto da più coltellate a
pochi passi dal ristorante Carmel. In testa una kippah, il copricapo
ebraico, esibito con orgoglio e come prova corale di unità in risposta
a chi vorrebbe seminare paure e angoscia.
Richiamati
dai volontari di City Angels e dall’associazione Amici di Israele, i
partecipanti al presidio hanno poi sfilato tra le strade del quartiere
per arrivare nella sede del Consiglio di zona, dove sono stati accolti
per un momento di riflessione aperto da un minuto di silenzio in
ricordo delle vittime degli attentati di Parigi. In prima fila, tra gli
altri, i due copresidenti della Comunità ebraica cittadina Raffaele
Besso e Milo Hasbani, il vicepresidente dell’Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane Roberto Jarach, il rabbino capo di Milano Alfonso
Arbib e rav Levi Heskia, suocero di Graff. “Voglio ringraziare
personalmente ognuno dei presenti e tutti quelli, ebrei e non ebrei,
che pregano per me”, il messaggio che Graff ha inviato dall’ospedale e
che è stato letto ai presenti. “Dio ha compiuto un miracolo e mi ha
ridato la vita”.
Leggi
|
israele - je suis paris
Il jihadista dell'aula accanto
È
un percorso forse sorprendente, ma che non dovrebbe in realtà stupire,
quello che passando dai ricordi di Julien Bahloul, giornalista del
canale israeliano i24news, ma nato e cresciuto in Francia, porta a Omar
Ismayil Mostefai, uno degli attentatori di Parigi, morto suicida lo
scorso venerdì al Bataclan. Coetanei, i due hanno frequentato infatti
la stessa scuola superiore a Courcouronnes, sobborgo della capitale
francese. Bahboul, che ha 29 anni e vive da lungo tempo in Israele, ha
raccontato come ha scoperto con sorpresa e con orrore di essere non
solo coetaneo di Mostefai, ma di essere cresciuto nella stessa zona,
frequentando le stesse aule. "Questi attentati, è ovvio, mi hanno
colpito molto profondamente, li ho sentiti come vicini a me, e
purtroppo mi hanno anche riportato considerare uno dei problemi
profondi della società francese, che conosco da tempo. In Francia non
stanno scoprendo improvvisamente che una parte della gioventù è di
colpo impazzita. Non hanno voluto vedere quell'escalation di estremismo
che impregna i ragazzini dei sobborghi. Poi - ha aggiunto commentando
le scelte e i percorsi divergenti - io sono venuto in Israele, e sono
diventato giornalista. Lui è andato in Siria ed è diventato un
terrorista".
Leggi
|
Ticketless
- Bachalom |
Sarebbe
bello pensare agli attentati di Parigi come a un brutto sogno, non è
così purtroppo. È tutto vero, purtroppo, quello che s’è visto in
televisione. Da venerdì sera siamo entrati in una realtà spettrale,
buia, un mondo alla rovescia che speravamo di aver eliminato dalla
nostra quotidianità, come se un incubo del passato ritornasse a turbare
il nostro sonno. Per necessità, per legittima difesa, dobbiamo imparare
a parlare di meno ed a fare di più e se proprio dobbiamo parlare o
scrivere dobbiamo di nuovo attrezzarci. Per legittima difesa, in un
mondo alla rovescia anche il linguaggio rivendica le sue esigenze, come
ci ha insegnato Strauss in un celeberrimo saggio su Scrittura e
persecuzione. Vanno ritrovati dei nuovi linguaggi. "Bachalom”, in
sogno, dicevano i nostri Padri, che per rimuovere la paura avevano
escogitato gerghi di autodifesa, dai quali, per prudenza, la negatività
era bandita. Per una non voluta coincidenza è uscito domenica scorsa
sull’inserto settimanale del Corriere (“La lettura”, 15 novembre) un
mio articolo sui gerghi in uso nei negozi di stoffe della Torino di
fine Ottocento. Dai padroni di quei fondachi, cresciuti prigionieri nel
ghetto, ci giunge un ammonimento che può servirci da protezione contro
la barbarie. Se la positività sembra non esistere più, meglio sarà
bandirla dal nostro lessico famigliare. Volendo esprimere una qualità
positiva, meglio sarà, da domani, negare la negatività.
Alberto Cavaglion
|
|
Periscopio
- Parigi |
Accanto
allo sgomento, al dolore, alla rabbia per gli atroci fatti di Parigi,
si impongono, a mio parere, a mente fredda, tre diverse considerazioni.
Per primo, c’è da augurarsi, innanzitutto, che le potenze mondiali
riescano a superare, almeno in parte, le loro storiche rivalità, per
impegnarsi finalmente in un serio sforzo congiunto contro una minaccia
percepita davvero come incombente e comune. I dubbi e le diffidenze, al
riguardo, restano consistenti, e sappiamo bene quanto siano profondi i
solchi che separano alcune nazioni, non solo nelle loro classi
dirigenti, ma anche nelle loro opinioni pubbliche, dove spesso qualcosa
che colpisce un rivale viene accolta con inconfessabile soddisfazione.
Ma non vogliamo disperare che le ragioni di una qualche effettiva
solidarietà e sintonia possano farsi valere, per diverse
considerazioni, e che si decida di intraprendere – o, almeno, di non
boicottare – una lotta che sarà certamente molto lunga e impegnativa, e
che dovrebbe svolgersi simultaneamente su una molteplicità di piani
(politico, diplomatico, militare, culturale, di intelligence ecc.).
Francesco Lucrezi, storico
Leggi
|
|
Imparare a conoscersi |
"Cara signora Angelica Edna Calò Livne,
sono suor Agnese Elli, italiana, dell’Istituto delle Suore Missionarie
Comboniane, residenti a Gerusalemme, sul Monte degli Ulivi.
Siamo dodici suore di diverse nazionalità (italiana, spagnola,
egiziana, eritrea, etiopica), e alcune di noi vivono qui da diversi
anni. Ho avuto il suo indirizzo dal Vicariato San Giacomo di
Gerusalemme.
Come comunità vorremmo incontrare l’altro, il diverso, e in questo caso
gli ebrei, per uno scambio di vedute, opinioni ed esperienze per una
maggior conoscenza di questa realtà di cui ben poco conosciamo. Per
questo stiamo cercando ebrei di lingua italiana che siano disponibili a
venire nella nostra comunità e condividere con noi la loro esperienza.
Sappiamo che con suo marito vivete in un kibbutz e che avete fondato
Beresheet LaShalom, di cui sarebbe anche bello conoscere la finalità,
ci piacerebbe sentire poi che ne pensate dei soldati di Tzahal.” Come
al solito non so dire di no a chi mi chiede di conoscere l’altro volto
d’Israele e dell’ebraismo e con somma gioia di suor Agnese acconsento
ad andare e a raccontare.
Angelica Edna Calò Livne
Leggi
|
|
|