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18 novembre 2015 - 6 Kislev 5776
PAGINE EBRAICHE 24

ALEF / TAV DAVAR PILPUL

alef/tav
David
Sciunnach,
rabbino
“Yakòv si svegliò dal sonno e disse: quindi il Signore è in questo luogo ed io non lo sapevo!” (Bereshìt 28, 16). Il risveglio di Yakòv non è solamente un risveglio fisico, ma è anche un risveglio spirituale.
 
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David
Assael,
ricercatore
I traumatologi ci insegnano che, successivamente ad un trauma, si attiva una ritualità che funga da diga rispetto al flusso emotivo successivo. Parrebbe che, nel nostro caso, questa ritualità coincida con l’espressione, “Siamo in guerra!”. Così l’Egitto dopo gli attentati dell’Isis, così la Giordania dopo il video del soldato bruciato nella gabbia; così la Turchia dopo le recenti stragi. Così, oggi, la Francia. Ma, in guerra contro chi? Contro il vicino di casa? Contro l’amico della porta accanto? A rigor di logica dovremmo bombardare le nostre stesse città perché da lì provengono i terroristi di oggi. Lì sono nati, lì hanno studiato, lì sono cresciuti. Insomma, frasi sterili e totalmente vuote, sintomo solo di uno spirito di rivalsa che rassicuri sulla propria forza, rispetto ad un nemico subdolo, che certo non risponde alle logiche di guerra tradizionali.
 
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Parigi, è caccia all'uomo
Giunge all’alba la notizia di un nuovo blitz della polizia francese in un presunto covo di terroristi a Saint Denis durante il quale sarebbroe morte almeno due persone e altre sarebbero rimaste ferite. Lo scopo del raid è catturare la mente degli attentati di Parigi, il belga di origini marocchine Abdelhamid Abbaoud.

Ieri ad Hannover, la partita di calcio Germania-Olanda è stata annullata a seguito di un allarme bomba: cancellata anche Belgio-Spagna. Un’atmosfera tesa, quella che si respira in Europa, raccontata sui quotidiani anche attraverso la descrizione delle chiamate ricevute dal centralino del comune di Parigi e la significativa riduzione degli ingressi in metropolitana.

Quello di oggi “è un clima che richiama l’ascesa del nazismo”. Così il rabbino Giuseppe Laras sulle pagine del Corriere. “Gli ebrei, ora come in passato, sarebbero causa dei mali del mondo. Se non ci fosse Israele, sostengono molti, musulmani e non, vi sarebbe pace con l’Islam. È falso. È una verità apparente trasformata in dogma. I jihadisti lo sanno bene – scrive Laras – e sosterranno questa tesi avvelenata e allettante per far credere che solo così tornerà a esservi pace, anche in Europa”.

Sul Corriere, lo scrittore israeliano Amos Oz si appella ai musulmani moderati: “Sono loro – spiega – che dovrebbero denunciare i fanatici nei loro quartieri e impugnare il bastone quando necessario”. Oz propone inoltre che si crei un piano di aiuti per il mondo islamico simile a quello che fu il piano Marshall per l’Europa del dopo-guerra.

Mentre continua l’azione militare francese contro il Califfato, dal Cremlino arrivano parole di sostegno inequivocabili: “Uniti come contro Hitler”. Intanto l’Unione Europea si prepara a scendere in campo per aiutare la Francia come sancito dai trattati che prevedono, in caso di attacco armato sul territorio di uno stato membro, che gli altri Paesi dell’Unione prestino assistenza (Repubblica).
 
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  davar
QUI MILANO - GIARDINO DEI GIUSTI
'Cultura, arma contro la barbarie'
“Dobbiamo usare lo strumento della cultura per educare e formare i giovani; solo la cultura può prevenire l'illegalità e la barbarie”.

Ad affermarlo questa mattina al Giardino dei Giusti del Monte Stella di Milano, il presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna in occasione della cerimonia in memoria di Khaled al-Asaad, l'archeologo siriano assassinato tre mesi fa dai fanatici dell'Isis per aver difeso il patrimonio della sua città, Palmira.
“Sono giorni difficili in cui il mondo cerca risposte all’orrore, ci vuole coraggio, come quello di Khaled, ci vuole saggezza, per guardare avanti”, le parole del sindaco di Milano Giuliano Pisapia nel corso della cerimonia, organizzata dall'Associazione per il Giardino dei Giusti di Milano - di cui fanno parte il Comune, l'UCEI e l'associazione Gariwo-La foresta dei Giusti - e aperta dal messaggio inviato dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
A ricordare al-Asaad, a cui è stato dedicato un albero al Monte Stella, il presidente di Gariwo Gabriele Nissim assieme al console generale di Francia Olivier Brochet, l'archeologo Paolo Matthiae e il presidente del Consiglio comunale Basilio Rizzo. Presenti tra il pubblico, che ha visto la partecipazione di diverse scuole, il vicepresidente dell'UCEI Roberto Jarach, il Consigliere dell'Unione Giorgio Mortara e i presidenti della Comunità ebraica di Milano Raffaele Besso e Milo Hasbani.
La giornata all'insegna di al-Asaad prosegue poi al Piccolo Teatro, con la partecipazione al fianco del sindaco Pisapia e del presidente di Gariwo Nissim, della storica e giurista Eva Cantarella, del direttore del Corriere della Sera Luciano Fontana, degli archeologi Maria Teresa Grassi e Paolo Matthiae.
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QUI MILANO - IERI IL PRESIDIO
Kippah in testa, senza paura
Alcune centinaia i milanesi che si sono dati appuntamento nel luogo dell’aggressione compiuta giovedì scorso ai danni di Nathan Graff, 40 anni, esponente del movimento Chabad, raggiunto da più coltellate a pochi passi dal ristorante Carmel. In testa una kippah, il copricapo ebraico, esibito con orgoglio e come prova corale di unità in risposta a chi vorrebbe seminare paure e angoscia.

Richiamati dai volontari di City Angels e dall’associazione Amici di Israele, i partecipanti al presidio hanno poi sfilato tra le strade del quartiere per arrivare nella sede del Consiglio di zona, dove sono stati accolti per un momento di riflessione aperto da un minuto di silenzio in ricordo delle vittime degli attentati di Parigi. In prima fila, tra gli altri, i due copresidenti della Comunità ebraica cittadina Raffaele Besso e Milo Hasbani, il vicepresidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Roberto Jarach, il rabbino capo di Milano Alfonso Arbib e rav Levi Heskia, suocero di Graff. “Voglio ringraziare personalmente ognuno dei presenti e tutti quelli, ebrei e non ebrei, che pregano per me”, il messaggio che Graff ha inviato dall’ospedale e che è stato letto ai presenti. “Dio ha compiuto un miracolo e mi ha ridato la vita”.
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israele - je suis paris
Il jihadista dell'aula accanto
È un percorso forse sorprendente, ma che non dovrebbe in realtà stupire, quello che passando dai ricordi di Julien Bahloul, giornalista del canale israeliano i24news, ma nato e cresciuto in Francia, porta a Omar Ismayil Mostefai, uno degli attentatori di Parigi, morto suicida lo scorso venerdì al Bataclan. Coetanei, i due hanno frequentato infatti la stessa scuola superiore a Courcouronnes, sobborgo della capitale francese. Bahboul, che ha 29 anni e vive da lungo tempo in Israele, ha raccontato come ha scoperto con sorpresa e con orrore di essere non solo coetaneo di Mostefai, ma di essere cresciuto nella stessa zona, frequentando le stesse aule. "Questi attentati, è ovvio, mi hanno colpito molto profondamente, li ho sentiti come vicini a me, e purtroppo mi hanno anche riportato considerare uno dei problemi profondi della società francese, che conosco da tempo. In Francia non stanno scoprendo improvvisamente che una parte della gioventù è di colpo impazzita. Non hanno voluto vedere quell'escalation di estremismo che impregna i ragazzini dei sobborghi. Poi - ha aggiunto commentando le scelte e i percorsi divergenti - io sono venuto in Israele, e sono diventato giornalista. Lui è andato in Siria ed è diventato un terrorista".
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israele - je suis paris
Insicurezza, ecco come si vince
Cinque consigli. Perché l’angoscia lasci spazio ai sorrisi e a sentimenti ed emozioni positive. Perché il terrore venga sconfitto anche dalla normalità cui una grande capitale d’Europa come Parigi non può rinunciare. A fornirli è Nir Barkat (nella foto), primo cittadino di Gerusalemme, una città diventata simbolo nel mondo di resilienza. Cioè della capacità di un individuo di affrontare e superare un evento traumatico o un periodo di difficoltà. È proprio resilienza la parola chiave del ragionamento di Barkat, che nelle scorse ore ha ricordato agli israeliani la missione che svolse a Parigi nel gennaio scorso dopo gli attacchi a Charlie Hebdo e al supermercato casher di Porte de Vincennes e nel corso della quale incontrò la sua omologa Anne Hidalgo per un confronto sulle buone pratiche da adottare davanti ad azioni di questo tipo.
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IL MATRIMONIO CHE COMMUOVE ISRAELE
'I terroristi possono anche ferirci,
ma non smetteremo di sorridere'

“Chi mi accompagnerà all’altare adesso?”. Una domanda dolorosa che ha scosso tutta Israele, quella posta da Sarah Litman (nella foto con il fidanzato Ariel), figlia di rav Yaakov Litman e sorella di Netanel, 18 anni, uccisi lo scorso venerdì nei pressi di Hebron da un terrorista palestinese che ha aperto il fuoco contro il loro camioncino. I Litman stavano viaggiando per raggiungere Kiryat Arba e festeggiare Sarah, che avrebbe dovuto sposarsi con il suo fidanzato questo giovedì. Il matrimonio è stato però spostato solo di una settimana e la prossima settimana i due ventenni convoleranno a nozze nel corso di una grande cerimonia alla quale hanno deciso di invitare tutta la nazione e che si celebrerà al Binyanei Hauma, il Centro Internazionale di Congressi di Gerusalemme, vicino alla stazione centrale. “Sarà un evento meraviglioso – racconta la futura sposa – aspettiamo milioni di invitati e saremo felici così come lo erano sempre papà e Netanel”.
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pilpul
Ticketless - Bachalom
Sarebbe bello pensare agli attentati di Parigi come a un brutto sogno, non è così purtroppo. È tutto vero, purtroppo, quello che s’è visto in televisione. Da venerdì sera siamo entrati in una realtà spettrale, buia, un mondo alla rovescia che speravamo di aver eliminato dalla nostra quotidianità, come se un incubo del passato ritornasse a turbare il nostro sonno. Per necessità, per legittima difesa, dobbiamo imparare a parlare di meno ed a fare di più e se proprio dobbiamo parlare o scrivere dobbiamo di nuovo attrezzarci. Per legittima difesa, in un mondo alla rovescia anche il linguaggio rivendica le sue esigenze, come ci ha insegnato Strauss in un celeberrimo saggio su Scrittura e persecuzione. Vanno ritrovati dei nuovi linguaggi. "Bachalom”, in sogno, dicevano i nostri Padri, che per rimuovere la paura avevano escogitato gerghi di autodifesa, dai quali, per prudenza, la negatività era bandita. Per una non voluta coincidenza è uscito domenica scorsa sull’inserto settimanale del Corriere (“La lettura”, 15 novembre) un mio articolo sui gerghi in uso nei negozi di stoffe della Torino di fine Ottocento. Dai padroni di quei fondachi, cresciuti prigionieri nel ghetto, ci giunge un ammonimento che può servirci da protezione contro la barbarie. Se la positività sembra non esistere più, meglio sarà bandirla dal nostro lessico famigliare. Volendo esprimere una qualità positiva, meglio sarà, da domani, negare la negatività.

Alberto Cavaglion

Periscopio - Parigi
Accanto allo sgomento, al dolore, alla rabbia per gli atroci fatti di Parigi, si impongono, a mio parere, a mente fredda, tre diverse considerazioni.
Per primo, c’è da augurarsi, innanzitutto, che le potenze mondiali riescano a superare, almeno in parte, le loro storiche rivalità, per impegnarsi finalmente in un serio sforzo congiunto contro una minaccia percepita davvero come incombente e comune. I dubbi e le diffidenze, al riguardo, restano consistenti, e sappiamo bene quanto siano profondi i solchi che separano alcune nazioni, non solo nelle loro classi dirigenti, ma anche nelle loro opinioni pubbliche, dove spesso qualcosa che colpisce un rivale viene accolta con inconfessabile soddisfazione. Ma non vogliamo disperare che le ragioni di una qualche effettiva solidarietà e sintonia possano farsi valere, per diverse considerazioni, e che si decida di intraprendere – o, almeno, di non boicottare – una lotta che sarà certamente molto lunga e impegnativa, e che dovrebbe svolgersi simultaneamente su una molteplicità di piani (politico, diplomatico, militare, culturale, di intelligence ecc.).


Francesco Lucrezi, storico
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Imparare a conoscersi
"Cara signora Angelica Edna Calò Livne,
sono suor Agnese Elli, italiana, dell’Istituto delle Suore Missionarie Comboniane, residenti a Gerusalemme, sul Monte degli Ulivi.
Siamo dodici suore di diverse nazionalità (italiana, spagnola, egiziana, eritrea, etiopica), e alcune di noi vivono qui da diversi anni. Ho avuto il suo indirizzo dal Vicariato San Giacomo di Gerusalemme.
Come comunità vorremmo incontrare l’altro, il diverso, e in questo caso gli ebrei, per uno scambio di vedute, opinioni ed esperienze per una maggior conoscenza di questa realtà di cui ben poco conosciamo. Per questo stiamo cercando ebrei di lingua italiana che siano disponibili a venire nella nostra comunità e condividere con noi la loro esperienza. Sappiamo che con suo marito vivete in un kibbutz e che avete fondato Beresheet LaShalom, di cui sarebbe anche bello conoscere la finalità, ci piacerebbe sentire poi che ne pensate dei soldati di Tzahal.” Come al solito non so dire di no a chi mi chiede di conoscere l’altro volto d’Israele e dell’ebraismo e con somma gioia di suor Agnese acconsento ad andare e a raccontare.


Angelica Edna Calò Livne
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