
Pierpaolo Pinhas Punturello, rabbino
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Cosa
dire di una società che disperata, ammutolita, trucidata da una
violenza inaspettata eppure annunciata si ritrova a rendere eroi
persino i cani? Quando i figli che credevamo aver educato nei nostri
valori e con i nostri ritmi d’occidente si rivelano i nostri peggiori
carnefici abbiamo un disperato bisogno di eroi, anche a quattro zampe,
eroi che ci infondano fiducia in un mondo, il nostro, che abbiamo dato
per scontato. Esodo 11,7: “Ma contro tutti gli Israeliti neppure un
cane punterà la lingua.” Pensando al cane Diesel, morto in un assalto
contro terroristi, morto per dare un senso al nostro mondo, quando il
senso sembra essersi perso in un tragico venerdì sera di Parigi.
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Gadi
Luzzatto
Voghera,
storico
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I
momenti di riflessione a cui partecipo con gli studenti delle scuole
quando si parla di Shoah, di nazismo, di sterminio, si incentrano su
due elementi che non finiscono di sorprendere sia gli studenti, sia gli
intellettuali che animano il dibattito pubblico. Il primo è la
“normalità” del massacratore, dell’aguzzino. Il secondo è la
“spersonalizzazione” della vittima. Si tratta di due fra i più
importanti canoni che hanno fatto sì che il nazismo e le sue azioni
venissero considerate dalla critica contemporanea l’apice inarrivabile
del male assoluto in età moderna.
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Israele, odio e indifferenza
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Ore
di tensione in Israele, dove il terrorismo palestinese è tornato a
colpire e uccidere. “Chiunque condanni gli attacchi in Francia, deve
condannare anche quelli in Israele: è lo stesso terrore. Chi non lo fa
è ipocrita e cieco”, ha dichiarato il primo ministro Benjamin Netanyahu
a margine degli attacchi, compiuti a Tel Aviv e nel Gush Etzion.
“Dietro questi atti di terrorismo – ha quindi sottolineato – c’è
l’Islam radicale che cerca di distruggerci, lo stesso che colpisce a
Parigi e minaccia tutta l’Europa”. Marginale però lo spazio che i
quotidiani dedicano a quanto accaduto.
“La migliore risposta? Non fermarsi”.
Massima allerta intanto in tutta Europa: secondo una informativa
inviata dall’Fbi ai servizi segreti, tra i luoghi a rischio vi sarebbe
anche la sinagoga di Roma. Si legge sul Messaggero (Valentina
Errante/Cristiana Mangani): “La nota contiene i nomi di sei arabi, ma
non fornisce altre indicazioni, come la data o il luogo di nascita. È
generica, indica ristoranti, locali pubblici, oltre a una serie di
alias riferibili all’identità di questa ipotetica ‘cellula dormiente’,
che potrebbe trovarsi nel nostro paese”.
Così la presidente della Comunità ebraica romana Ruth Dureghello in una
intervista al Tempo (Pietro De Leo): “L’attenzione è quella di sempre,
e non è mai stata poca. Il terrorismo vuole attaccare, anche con la
paura, l’ideale di libertà che l’Europa ha conquistato a fatica. Quindi
la miglior risposta è non fermarsi. E noi non ci fermiamo. La Comunità
ebraica continua tutte le sue attività”.
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QUI PISA - FESTIVAL NESSIAH
"Arte, un linguaggio che unisce"
“Sono
giornate difficili e buie, che ripropongono l’esigenza di un linguaggio
comune tra i popoli. Quel linguaggio è l’arte, l’unica forma di
condivisione totale. Questa è sempre stata la nostra sfida e a maggior
ragione lo è oggi”. Parola di Andrea Gottfried, musicista e direttore
artistico di Nessiah, che ai lettori di Pagine Ebraiche dà un
appuntamento: domenica sera, ore 21, sinagoga di via Palestro.
L’occasione per assistere al varo di una nuova edizione del festival
ebraico pisano con un ospite d’eccezione: Frank London, tra i grandi
nomi del klezmer internazionale, che si esibirà assieme a Nadan Levi
(chitarra) e Remy Yulzari (contrabbasso). “Percepire, vivere le
sensazioni da dentro, parlando meno e respirando di più. È questa –
dice Gottfried – la sfida che ci siamo dati, privilegiando i gusti,
solleticando i sensi, carezzando la vista e appagando l’udito. Toccare,
annusare, assaggiare, danzare… Per poi arrivare a quella dimensione
fuori dal tempo e dallo spazio che è intuizione dell’Infinito, comunque
ognuno di noi lo declini. Creare connessioni profonde con le cose e le
persone, per entrare dentro a noi stessi con più vigore e curiosità. E
per emergerne pronti a incontrare davvero l’Altro”. Un incontro che
avrà nella sinagoga cittadina uno dei luoghi chiave di questa edizione.
Un fatto significativo, sottolineato con particolare apprezzamento dal
presidente della Comunità ebraica Maurizio Gabbrielli. “Tre gli eventi
che ospiteremo in sinagoga, tra cui quello di apertura e quello di
chiusura. Per i tanti pisani che non hanno ancora potuto farci visita –
afferma – un’occasione davvero speciale”. Nel solco, aggiunge, di una
consolidata tradizione di apertura che ha in Nessian uno snodo e un
momento di elaborazione fondamentale.
(Nell'immagine Frank London)
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QUI TORINO
Aprirono le porte, a loro rischio Due preti piemontesi tra i Giusti
Consegnata
a Rivoli la medaglia di “Giusto tra le nazioni” alla memoria di
monsignor Vincenzo Barale e don Vittorio Cavasin, protagonisti entrambi
del salvataggio di oltre sessanta bambini ebrei che furono nascosti
assieme a loro coetanei cattolici nel collegio salesiano di Cavaglià.
Monsignor Barale era segretario del cardinale Maurilio Fossati,
all’epoca arcivescovo di Torino, il quale aveva già esternato la sua
disponibilità ad ospitare gli sfollati. Di qui la scelta estrema di
alcune famiglie ebraiche che si videro costrette, per mancanza di altre
risorse, ad affidare i propri figli all’arcivescovado, nella speranza
che sfuggissero ai rastrellamenti. Monsignor Barale era appunto la
figura cui dovevano rivolgersi le famiglie ebraiche che facevano
richiesta di protezione. A lui inoltre spettava il compito di
accompagnare personalmente i bambini al collegio di Cavaglià, il cui
rettore era don Cavasin. Quest’ultimo rivestiva l’importante compito di
fornire ai bambini ebrei i rudimenti base e i rituali del
cattolicesimo, in modo tale da rendere evidente la loro assimilazione
con gli altri, rendendo così più efficace e sicuro il tentativo di
proteggerli. Questa ‘assimilazione’ era del tutto simbolica, anzi
l’unico intento era far sì che i bambini ebrei apparissero uguali a
quelli cattolici. Lo stesso don Cavasin, come è stato ricordato,
limitava al minimo indispensabile la loro partecipazione personale ai
sacramenti.
Alice Fubini
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qui torino
Varsavia, il Ghetto, la Memoria
Nuova luce sulla tesi di Lattes
A
55 anni dalla sua discussione la tesi sul Ghetto di Varsavia di Mario
Lattes, personaggio di spicco del mondo culturale torinese, viene
finalmente pubblicata da Edizioni Cenobio, dopo il rifiuto da parte
della casa editrice Einaudi nel lontano 1963 (nonostante un contratto
firmato). L’opera, che rappresenta il più completo e ampio saggio in
materia scritto da un autore italiano, è presentata al pubblico per la
prima volta il 27 gennaio scorso, in occasione dei 70 anni dalla
liberazione del campo di concentramento di Auschwitz a Varsavia, presso
l’Istituto Italiano di Cultura. A riprendere in mano quei temi un
confronto ospitato ieri dalla Comunità ebraica torinese, in
collaborazione con la Fondazione Bottari Lattes. Tra i relatori,
moderati dal presidente della Comunità ebraica torinese Dario Disegni,
gli studiosi Alberto Cavaglion e Giacomo Jori (che è curatore
dell’opera). Significative inoltre le letture dal testo svolte da
Chiara Monti e accompagnate dal flauto di Ubaldo Russo e dal pianoforte
di Bruno Manassero.
Alice Fubini
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spotlight - david beckham
Indossa la kippah, piace a tutti
Il più bello del pianeta è lui
Probabilmente
fu con il film “Sognando Beckham”, un trionfo al botteghino, che si
raggiunse l’apice. Nella trama, il calciatore inglese era una sorta di
Deus ex machina che vegliava sul destino di un’aspirante campionessa
indiana. Era il 2002 e la David Beckham-mania era esplosa in una
maniera incontrovertibile. Non si può dire cosa fu scatenante: se la
prestanza fisica da calciatore provetto, se i due diamantoni da rapper
appesi alle orecchie o il matrimonio con la Spice girl Victoria, che di
sorridere ai flash proprio non ne voleva sapere. Il mondo era
morbosamente interessato ai Beckham, i nuovi reali britannici e quando
David confidò di avere radici ebraiche, conquistò definitivamente anche
tutte le jewish princess di questo mondo. Tredici anni più tardi, il
calciatore si è ritirato, ha riposto i diamanti in un cassetto e
compiuto quarant’anni. Tuttavia il suo mito sopravvive e lo scorso
martedì il rotocalco People lo ha nominato l’uomo più avvenente del
pianeta dell’anno 2015. Corona e scettro accolti da lui di buon grado e
che lo rendono, dopo il frontman dei Maroon Five Adam Levine, il
secondo vincitore della categoria che può vantare un retaggio ebraico.
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Il solito, non sempre scontato |
Sicuramente
avrò commesso molti errori in questa settimana ogni volta che ho scelto
se commentare o non commentare in ciascuna delle mie classi i fatti di
Parigi, e con quali modalità e con quali parole farlo. D’altra parte in
queste circostanze non commettere errori è quasi impossibile, stretti
come siamo tra la necessità di non mostrarci indifferenti di fronte
alla gravità di quanto è accaduto e quella di non parlare a vanvera (né
tanto meno lasciare che gli allievi parlino a vanvera), e di non dire
le solite cose. O forse in una certa misura è giusto che si dicano le
solite cose, se ci rendiamo conto che a furia di darle per scontate
abbiamo finito per perderle un po’ di vista. Amare la vita non
significa essere cinici e privi di ideali. Andare a cena, ad un
concerto, alla partita, a divertirsi non significa essere corrotti e
decadenti. Essere aperti e curiosi nei confronti delle identità altrui
non significa non essere orgogliosi della propria.
Anna Segre, insegnante
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Parigi, il giorno dopo |
Dopo
le stragi di Parigi, un’Europa ancora più confusa, dubbiosa e disunita
politicamente sembra essersi risvegliata dopo un lungo torpore. A
scandire il tempo ci pensano le notizie di continui allarmi bomba,
nuovi accoltellamenti e blitz in quartieri da poco ‘riscoperti’ per
stanare terroristi che fino a qualche giorno fa facevano
tranquillamente la spola tra un paese e l’altro grazie a Schengen. I
social network – l’opinione pubblica del XXI secolo – si popolano di
tanti analisti che scorgono naturalmente complotti e oscure trame,
esclusive colpe occidentali con tanto di foto riciclate dal Daesh di
improbabili vittime dei raid francesi, o intraprendono altrimenti la
caccia all’islamico sotto i vessilli degli ultimi crociati.
Francesco Moises Bassano, studente
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Il messaggio
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"Il
problema dell'umanità e la sua realizzazione dipende da quanto si
riesca a comprendere il messaggio dello Shabbat. Umanità significa
riconoscere nell'altro la possibilità di essere soggetti e non oggetti.
La natura umana infatti non è quella di essere schiavi." Questo è
quello che ieri mi ha colpito delle parole di Jack Bemporad alla
giornata di studio filosofico-teologica romana su Gerusalemme. Un
momento di riflessione in tanto estraniamento. Una carezza che aiuta a
resistere in tanta paura, sconforto e brutalità.
Ilana Bahbout
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