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Roberto
Della Rocca,
rabbino
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Oggi,
decimo giorno del mese di Tevèt, celebriamo il digiuno istituito per
l’assedio di Gerusalemme da parte dei Babilonesi, continuato per tre
anni, che segnò l’inizio delle tragedie del popolo ebraico culminate
nella distruzione del primo Tempio e l’inizio dell’esilio.
Non è casuale che il Rabbinato centrale dello Stato di Israele, alla
fine degli anni ’50, abbia proposto di associare questa data alla
commemorazione e alla recitazione del Kaddìsh per le vittime della
Shoah di cui resta ignota la data della morte.
Questa coniugazione di date, oltre a ribadire quanto tutti gli
avvenimenti della nostra storia siano concatenati, costituisce una
dolorosa supplica al Creatore perché la Shoah sia l’ultima delle
tragedie vissute dal popolo ebraico iniziate proprio il 10 di Tevèt di
26 secoli fa. A queste due tragiche esperienze trascorse, quest’anno si
aggiunge, in modo particolare, la nostra angoscia per la situazione di
continuo pericolo che attanaglia Israele, per la minaccia del
terrorismo globale che ci vede consapevolmente obiettivi sensibili.
Un’angoscia che ancora una volta cerca conforto e speranza nel digiuno,
nella lettura di Salmi e nelle preghiere dedicate, senza mai offendere
simboli e valori di altre culture.
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Dario
Calimani,
anglista
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Qualcuno
si ritrova per l’ennesima volta nelle liste antisemite neonaziste, ora
trasformate in liste islamiche/islamiste. Naturalmente si è in bella
compagnia, con decine e decine di altri eletti, ebrei o scambiati per
ebrei, vivi o scambiati per vivi. Il fastidio è epidermico e non solo,
anche perché certa stampa locale, non avendo notizie più succulente
sulle quali imbastire il numero del giorno, fa esplodere la notizia
senza pensare ai danni che ne possono derivare a chi già subisce il
disagio di sentirsi ‘osservato’ da occhi estranei e ostili.
Ti chiedi se mai, ai corsi di giornalismo, si parli di etica
professionale o di semplice coscienza individuale. Ti rispondi che
evidentemente no. L’importante è riempire la pagina, a qualsiasi costo.
Anche a spese altrui, se necessario. Poi ci sono gli spiriti burloni, e
si tratta di amici che, numerosi, ironici o meno, si rammaricano sui
social network di non essere importanti al punto da essere stati
inclusi anche loro nella deprecabile lista. Ovviamente ci stanno
scherzando sopra. E tu speri dal profondo del cuore che sia davvero
così.
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Il presidente Mattarella: "Dignità ai migranti"
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Il
presidente della Repubblica Sergio Mattarella si è schierato
apertamente contro la proposta danese, che deve essere ancora
ratificata dal parlamento di Copenaghen, di espropriare i migranti dei
loro beni in cambio del diritto di asilo. “A fronte dei tanti bambini
morti in mare – dice Mattarella – assume un sapore crudelmente beffardo
ferire la dignità stessa dei migranti, prevedendo addirittura di
spogliarli dei beni”. “Una misura – continua, evocando il dramma della
Shoah – che riconduce alla memoria i momenti più oscuri dell’Europa”.
(Avvenire)
Italiani a Mosul: la frenata del governo iracheno.
Dopo che il premier Renzi aveva annunciato il dispiegamento di 450
soldati italiani per difendere la diga di Mosul, il governo di Baghdad
frena. La decisione – spiega l’esecutivo iracheno – dovrà infatti
passare per il voto del Parlamento e dovrà avvenire attraverso
un’intesa preliminare tra i due Paesi. “Ci dovrà essere un’assegnazione
formale della commessa”, ha precisato il ministro della Difesa Roberta
Pinotti. Una risposta, quella dell’Iraq – scrive la Stampa – volta a
sottolineare come Baghdad non concederà nessuna cessione della propria
sovranità.
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qui genova - la mostra sulla fotografa
Lisetta Carmi, scatti di vita
“L’amore
è tutto, un fotografo deve amare la vita, le persone, questo è l’unico
segreto che conta. Io amo i poveri soprattutto, i deboli, chi non può
difendersi“.
Così
Lisetta Carmi ha sintetizzato quello che l’ha guidata nella sua lunga
carriera, in mostra fino al 31 gennaio al Palazzo Ducale di Genova, con
il più alto numero di fotografie mai esposte: 220 immagini che
ripercorrono l’intero percorso creativo della grande fotografa ebrea.
La sua città le rende dunque omaggio con una retrospettiva, intitolata
“Il senso della vita. Ho fotografato per capire” che racconta il legame
che aveva con essa e i suoi abitanti, ma anche i suoi viaggi in giro
per il mondo tra cui quelli in Israele, Afghanistan, India, America
latina, e tutta l’arte dei suoi ritratti più conosciuti.
Furono
le persecuzioni razziste a segnare l’adolescenza e la carriera di
Carmi. Espulsa dalla scuola, mentre i suoi fratelli andarono a studiare
in Svizzera, rimase nella sua casa genovese con una sola compagnia,
quella del pianoforte. Fu così che iniziò una carriera da concertista
ma “quando gli avvenimenti politici italiani con il governo Tambroni
generano una svolta a destra – scrive in un saggio nel catalogo della
mostra Giovanna Chiti – Lisetta sente l’urgenza di prendere posizione,
non può più accettare di rimanere in casa a proteggere le sue mani di
pianista da possibili incidenti”. Così abbandonò la carriera musicale,
ma fu grazie all’amico etnomusicologo Leo Levi che si avvicinò alla
fotografia, quando le propose di accompagnarlo in Puglia dove doveva
studiare i canti di una comunità ebraica. Affascinata dalla luce e
dalla bellezza del Salento comprò in quell’occasione la sua prima
macchina fotografica, un’Agfa Silette, e i soggetti dei suoi primi
scatti sono proprio San Nicandro, Rodi Garganico, Venosa, le catacombe
ebraiche. Del resto, il legame tra musica e fotografia è rimasto forte
per tutta la sua vita: ”Come nella musica, nelle mie foto c’è ritmo, il
ritmo della musica che ho studiato per 35 anni”.
(Nell’immagine
in alto uno scatto di Lisetta Carmi al porto di Genova del 1964, in
basso un ritratto dell'artista fotografata da Gianni Ansaldi)
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l'antisemitismo del partito svoboda
Ucraina, il sindaco dell'odio
Piccoli
ma preoccupanti i segnali, da contestualizzare nella complessa realtà
Ucraina – da anni al centro di tensioni e capovolgimenti – che
richiamano l’attenzione della comunità ebraica ucraina e la spingono a
tenere alta la guardia.
Dopo il fenomeno di Jobbik in Ungheria, Alba dorata in Grecia, e
l’arresto in extremis dell’avanzata del Front National francese, è
infatti il partito ucraino di estrema destra Svoboda a prendere il
centro della scena. Nonostante la significativa diminuzione dei suoi
sostenitori dal 2012 al 2014 (si è passati dal 10,45% al 4,71 %),
Svoboda continua a far parlare di sé in negativo. Tra le fila del
gruppo fondato nel 1991, spiccano le scelte estreme di Artem
Semenikhin, sindaco di Konotop, città a nord del paese. Semenikhin non
nasconde i propri nostalgici sentimenti neonazisti e a due mesi dalla
sua elezione desta già polemiche.
Nella sua macchina, per esempio, ha deciso di mettere in bella mostra
la combinazione di numeri 14/88 che nella simbologia nazista richiamano
alla supremazia dei bianchi oltre a rappresentare il saluto ad Hitler.
Ma non solo; il neo-sindaco ha deciso di sostituire nel suo ufficio la
foto del presidente attuale Petro Poroshenko con quella di Stepan
Bandera, storico capo della organizzazione dei nazionalisti ucraini e
collaborazionista dei nazisti durante la Seconda guerra mondiale. La
foto di Semenikhin, in tenuta militare, davanti al ritratto circola già
in rete sui diversi social network. Lo stesso politico si sarebbe
inoltre rifiutato di sventolare la bandiera ufficiale della città
perché avrebbe una stella a sei punte. “È triste ma assai reale il
momento in cui degli antisemiti vengono eletti nei governi locali, con
sindaci che promuovono odio e intolleranza” ha commentato Eduard
Dolinsky (nell’immagine), direttore generale dell’Ukrainian Jewish
Committee. “Konotop – aggiunge – è un caso esemplare”.
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Una lettera firmata dal rav giuseppe laras "Il Collegio rabbinico italiano
sia presente anche in Israele" Una
lettera aperta diffusa nelle scorse ore a firma del rabbino milanese
Giuseppe Laras e diretta alle istituzioni ebraiche prende spunto dalla
ricorrenza del 10 di Tevèt, in cui si ricorda l'assedio babilonese di
Gerusalemme e dopo la Seconda guerra mondiale anche le vittime della
Shoah, per mettere in evidenza alcuni problemi. Il rabbino traccia un
quadro piuttosto negativo del recente passato e manifesta
preoccupazione a fronte dell'attuale situazione. Tra i punti toccati
nella lettera la scelta di molti giovani ebrei italiani di emigrare, in
particolare in Israele e qui, a suo dire, vi potrebbe essere una delle
chiavi per affrontare il futuro. La lettera si rivolge poi al mondo
rabbinico italiano, auspicando la creazione di un ponte tra Italia e
Israele, verso cui nel corso degli anni è aumentata l'aliyah degli
ebrei italiani, sul fronte dello studio della tradizione. "Occorre,
poi, in particolare, e lo scrivo con emozione, - si legge nella lettera
- che il nostro glorioso Collegio Rabbinico Italiano, in qualche modo
apra finalmente i suoi battenti anche in Israele. Se vi sono, come vi
sono, molte migliaia di ebrei italiani in Israele è giusto e doveroso
che la Torah degli ebrei di Italia - la nostra tradizione
interpretativa e halakhica - parli loro in ebraico oggi, così che si
possa restituire all’ebraismo mondiale - questa la grande sfida e la
grande ambizione - la straordinaria e preziosa avventura di emunah e di
chochmah dell’ebraismo italiano nei vari ambiti in cui esso si è
espresso; che non siano unicamente i libri a parlare, ma gli ebrei
italiani oggi e domani viventi”.
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Fbcei – Una borsa di ricerca per i giovani
Beni ebraici, come valorizzarli
La Fondazione per i Beni culturali ebraici in Italia ha diffuso un
bando di concorso per una borsa di ricerca per l’anno 2016, rivolta a
giovani studiosi italiani e stranieri sotto i 35 anni. La borsa,
individuale, intende promuovere studi originali sui beni culturali
ebraici in Italia. La Fondazione si occupa della conservazione, il
restauro, la valorizzazione del patrimonio storico e artistico ebraico
in Italia, anche attraverso la promozione di studi, ricerche, convegni
e pubblicazioni in merito. A tale fine, l’ente mette a disposizione di
giovani studiosi la possibilità di avviare un progetto di ricerca di
nove mesi.
Il bando è pubblicato su www.beniculturaliebraici.it, e le candidature
possono essere presentate esclusivamente via mail all’indirizzo
fondazione@ucei.it . La data di scadenza è il 31 marzo 2016.
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La nostra insufficienza |
Quando
una persona sceglie di morire c’è un’unica reazione sensata: tacere. Di
fronte all’immensità del mistero, infatti, ogni parola suona superflua,
ridondante, inadeguata. Ed è questa la sensazione che si prova
ascoltando la voce registrata di Dominique Velati, una donna malata che
si è fatta praticare l’eutanasia, in Svizzera, sette giorni fa; mentre
i militanti Radicali che l’hanno aiutata in questa impresa prendono
questa storia e ne fanno una battaglia politica e culturale.
Hanno molte ragioni: dopo anni in cui il Parlamento ha omesso di varare
una norma complessiva sul fine-vita, è necessario aumentare gli sforzi
e la mobilitazione. Il che avviene di frequente, in casi come questo,
grazie a vicende individuali e dolorose. Pensiamo a Eluana Englaro e
Piergiorgio Welby. Tanto più che i protagonisti di queste lotte si
rivelano persone straordinarie, animate da una determinazione mite che
lascia sbigottiti. Da ultima la signora Dominique Velati, che non
soltanto si esprime con una compostezza impressionante, ma che vuole
salutare gli amici prima di partire per il Viaggio, proprio come nel
vecchio e bellissimo film Le invasioni barbariche.
Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas
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Storie
- Rileggere il Mein Kampf |
Settant’anni dopo siamo pronti a leggere il Mein Kampf? Se lo chiede Umberto Gentiloni
sulle colonne de la Stampa di Torino. In Germania gli studiosi del
prestigioso Istituto Storico di Monaco di Baviera stanno lavorando da
tre anni ad un’edizione critica di duemila pagine, con 3.700 note.
L’obiettivo è quello di distruggere il mito di Adolf Hitler e le sue
tracce, “rafforzando le ragioni della storia quindi la sfida e gli
strumenti per una consapevole comprensione del passato”, scrive
Gentiloni. Sarà davvero possibile? Una sfida da seguire con attenzione.
Mario Avagliano
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