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18 gennaio 2016 - 8 Shevat 5776
PAGINE EBRAICHE 24

ALEF / TAV DAVAR PILPUL

alef/tav
Benedetto
Carucci Viterbi,
rabbino
"Ogni inizio è difficile", dicono i Maestri. Se chi inizia si è preso un impegno assoluto, ciò che segue sarà sicuramente più semplice.
 
Anna
Foa,
storica
Mi è impossibile questa settimana parlare d’altro che di questo.i
 
Le parole del Dialogo
È una tipica formula di ringraziamento ebraica quella che Bergoglio rivolge alla platea che assiste alla sua visita in sinagoga, terzo papa nella storia a varcare la soglia del Tempio Maggiore. Parole scelte non a caso e che si imprimono in una giornata che segna un capitolo ulteriore, e decisamente positivo, nei rapporti tra ebrei e cristiani. Dialogo, incontro, reciproco rispetto. I risultati raggiunti, gli obiettivi da perseguire. Quello che unisce e quello che divide. Il rispetto, innanzitutto. Anche nel solco dei valori testimoniati dalla dichiarazione conciliare Nostra Aetate, che 50 anni fa ha costituito un vero e proprio spartiacque nelle relazioni e che è più volte evocata negli interventi.
Molto positiva la lettura che i giornali fanno della visita di Bergoglio al Tempio Maggiore di Roma, accolto in sinagoga dal rabbino capo Riccardo Di Segni, dalla presidente Ruth Dureghello e dal presidente UCEI Renzo Gattegna. “Al Tempio Maggiore ebrei e cristiani fanno un nuovo passo verso la conoscenza. E nonostante le differenze, le diffidenze, il passato e le divisioni, la terza visita di un pontefice nella sinagoga romana diventa, ammette rav Di Segni, ‘chazaqà’, cioè consuetudine fissa” sottolinea Repubblica.
“Dopo l’abbraccio con il rabbino capo, Bergoglio entra in sinagoga. La percorre in lungo e in largo, senza fretta, stringendo mani e restituendo abbracci. Nessuna formalità – scrive la Stampa – solo il desiderio di testimoniare amicizia”.
Nel merito ampia intervista del Corriere della sera al presidente dell’Unione. La visita, afferma, è stata molto importante “come segno di continuità”. Un rapporto positivo, riflette Gattegna, che è cominciato cinquant’anni fa con il Concilio Vaticano II, è avanzato con la visita in sinagoga di Giovanni Paolo II ed è “fortunatamente in continuo progredire”. Il Corriere mette inoltre in rilievo il giudizio positivo del numero di Pagine Ebraiche andato in stampa questa notte.

Ancora terrorismo palestinese. Una donna israeliana, Dafna Meir, è stata accoltellata a morte da un terrorista palestinese nella sua abitazione nell’insediamento di Otniel, in Cisgiordania, alla presenza di tre dei suoi sei figli. Secondo le ricostruzioni dei media israeliani, la donna ha combattuto con l’aggressore nel tentativo di proteggere i propri figli ed è stata colpita più volte. L’attentatore è in fuga ed è ricercato dall’esercito israeliano. Ancora una volta la notizia sulla stampa italiana passa praticamente inosservata (solo il Tempo riporta dell’attentato).

Nuova strage in Siria. È Deir Ezzor il nuovo teatro della guerra in Siria, città da mesi sotto assedio intorno a cui si combattono le battaglie più dure tra i miliziani dell’Isis e l’esercito di Assad sostenuto dai bombardamenti russi. E dopo un rapimento di almeno 400 persone portate a Raqqa, diventata la capitale dello Stato Islamico, l’agenzia di Stato siriana denuncia un massacro di 300 civili decapitati secondo il governatore della provincia “per aver aiutato l’esercito siriano” a portare aiuti nel loro distretto. A fare un punto della situazione è il Corriere della sera.
 
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  davar
PAGINE EBRAICHE - SPECIALE VISITA BERGOGLIO
Il Dialogo prende Forza
A poche ore dalla visita di Bergoglio al Tempio Maggiore di Roma il giornale dell'ebraismo italiano Pagine Ebraiche è andato in stampa con al suo interno uno speciale con commenti, riflessioni e servizi sul significato dell'evento.

Le parole del nuovo Dialogo
È una tipica formula di ringraziamento ebraica quella che Bergoglio rivolge alla platea che assiste alla sua visita in sinagoga, terzo papa nella storia a varcare la soglia del Tempio Maggiore. Parole scelte non a caso e che si imprimono in una giornata che segna un capitolo ulteriore, e decisamente positivo, nei rapporti tra ebrei e cristiani. Dialogo, incontro, reciproco rispetto. I risultati raggiunti, gli obiettivi da perseguire. Quello che unisce e quello che divide. Il rispetto, innanzitutto. Anche nel solco dei valori testimoniati dalla dichiarazione conciliare Nostra Aetate, che 50 anni fa ha costituito un vero e proprio spartiacque nelle relazioni e che è più volte evocata negli interventi. “Già a Buenos Aires – ha esordito Bergoglio – ero solito andare nelle sinagoghe e incontrare le comunità là riunite, seguire da vicino le feste e le commemorazioni ebraiche e rendere grazie al Signore, che ci dona la vita e che ci accompagna nel cammino della storia”. Un cammino che è fondamentale proseguire e arricchire di sempre nuovi contenuti, anche tenendo presente “l'inscindibile legame” che unisce gli ebrei ai cristiani.
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Fianco a fianco per difendere la pace e la vita
Questa visita giunge a rinsaldare ancor di più il cammino di dialogo, di amicizia e di fratellanza tra il popolo ebraico, il popolo dell’Alleanza, e la Chiesa cattolica”. Così il presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna, che ha esordito con un ricordo delle due precedenti visite e riconoscendo la continuità affermata nel nuovo incontro con Bergoglio. “Sono indelebili nella nostra memoria – le sue parole – le immagini dello storico abbraccio che trent’anni fa, il 13 aprile 1986, vide uniti papa Giovanni Paolo II e il rav Elio Toaff. Ero presente e vidi con i miei occhi le loro figure avvicinarsi l’una all’altra, stringersi prima le mani e poi lasciarsi andare in quel gesto, uno appoggiato all’altro, come per sostenersi a vicenda e annullare quella distanza che per secoli era stata incolmabile”.
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“Siamo italiani e parte del popolo di Israele”
“Più di mezzo secolo fa incontri come questo sarebbero stati difficili da immaginare”. Così la presidente della Comunità Ruth Dureghello nell'accogliere Bergoglio. “La sua visita non porta con sé il segno dei ritualismi. È una tappa importante, in un momento delicato in cui le religioni devono rivendicare uno spazio nella discussione pubblica per contribuire alla crescita morale e civile della società”. In questa prospettiva, ha rilevato, “mi sento di poter dire che ebrei e cattolici, a partire da Roma, debbono sforzarsi di trovare assieme soluzioni condivise per combattere i mali del nostro tempo”.
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Lavorare insieme per battere i fanatismi
Un caldo abbraccio che ripete quello che assurse trent’anni fa a simbolo della visita di Giovanni Paolo II in Sinagoga e dell’accoglienza fattagli da rav Toaff e quello che fu al centro della seconda visita, quella di papa Benedetto, sei anni fa esatti. Un atto che si ripete per tre volte diventa per il diritto rabbinico una consuetudine, “chazaqà”, ricorda rav Di Segni. Una visita divenuta una consuetudine, ma senza l’ovvietà dei rituali usati, che vuole essere soprattutto, sia per la Comunità ebraica che lo accoglie che per l’illustre visitatore, un gesto di amicizia, un simbolo forte del calore del rapporto tra cristiani ed ebrei, della loro fratellanza, della crescita avvenuta nel dialogo in questi anni. La forza e il calore che devono aver provato, nel lontano 1959, quando ancora non c’erano stati il Concilio e i suoi cambiamenti, gli ebrei romani che all’uscita dalla Sinagoga di Sabato videro il corteo delle macchine di Giovanni XXIII arrestarsi inaspettatamente sul Lungotevere e il Papa impartir loro la sua benedizione. Gesti simbolici, certo, ma spesso sono i simboli a smuovere le montagne.

Anna Foa, storica

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La stagione dei frutti più dolci

Nell’aprile del 1986, alla vigilia della prima visita di un papa alla sinagoga di Roma, il rabbino capo della Capitale Elio Toaff mi annunciava in un’intervista “Una rivoluzione radicale, una rinuncia alla tentazione di emarginare il popolo ebraico, un gesto che farà nascere rapporti nuovi fra due fedi che hanno le stesse, comuni radici storiche. Nasce – aggiungeva il Rav – un nuovo rapporto, su un piede di parità e di collaborazione.

dede.
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"intervista a gattegna"
Incontro a Roma
con il ministro Kyenge

Il popolo ebraico è santo e non ha bisogno di leader) o da interessi personali (secondo Rashì Kòrach si sarebbe ribellato dopo che era stato nominato a capo della famiglia di Kehat, sua famiglia d'origine, un'altra persona). Il popolo ebraico è santo e non ha bisogno di leader) o da interessi personali (secondo Rashì Kòrach si sarebbe ribellato dopo che era stato nominato a capo della famiglia di Kehat, sua famiglia d'origine, un'altra persona).
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"ospitata gv"
Incontro a Roma
con il ministro Kyenge

Il popolo ebraico Ë santo e non ha bisogno di leader) o da interessi personali (secondo RashÏ KÚrach si sarebbe ribellato dopo che era stato nominato a capo della famiglia di Kehat, sua famiglia d'origine, un'altra persona). Il popolo ebraico Ë santo e non ha bisogno di leader) o da interessi personali (secondo RashÏ KÚrach si sarebbe ribellato dopo che era stato nominato a capo della famiglia di Kehat, sua famiglia d'origine, un'altra persona).
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"bergoglio da giornale"
Incontro a Roma
con il ministro Kyenge

Il popolo ebraico Ë santo e non ha bisogno di leader) o da interessi personali (secondo RashÏ KÚrach si sarebbe ribellato dopo che era stato nominato a capo della famiglia di Kehat, sua famiglia d'origine, un'altra persona). Il popolo ebraico Ë santo e non ha bisogno di leader) o da interessi personali (secondo RashÏ KÚrach si sarebbe ribellato dopo che era stato nominato a capo della famiglia di Kehat, sua famiglia d'origine, un'altra persona).
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"partenza viaggio gdm"
Incontro a Roma
con il ministro Kyenge

Il popolo ebraico Ë santo e non ha bisogno di leader) o da interessi personali (secondo RashÏ KÚrach si sarebbe ribellato dopo che era stato nominato a capo della famiglia di Kehat, sua famiglia d'origine, un'altra persona). Il popolo ebraico Ë santo e non ha bisogno di leader) o da interessi personali (secondo RashÏ KÚrach si sarebbe ribellato dopo che era stato nominato a capo della famiglia di Kehat, sua famiglia d'origine, un'altra persona).
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"ritratto terrorismo"
Incontro a Roma
con il ministro Kyenge

Il popolo ebraico è santo e non ha bisogno di leader) o da interessi personali (secondo Rashì Kòrach si sarebbe ribellato dopo che era stato nominato a capo della famiglia di Kehat, sua famiglia d'origine, un'altra persona). Il popolo ebraico è santo e non ha bisogno di leader) o da interessi personali (secondo Rashì Kòrach si sarebbe ribellato dopo che era stato nominato a capo della famiglia di Kehat, sua famiglia d'origine, un'altra persona).
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"qui milano "
Incontro a Roma
con il ministro Kyenge

Il popolo ebraico Ë santo e non ha bisogno di leader) o da interessi personali (secondo RashÏ KÚrach si sarebbe ribellato dopo che era stato nominato a capo della famiglia di Kehat, sua famiglia d'origine, un'altra persona). Il popolo ebraico Ë santo e non ha bisogno di leader) o da interessi personali (secondo RashÏ KÚrach si sarebbe ribellato dopo che era stato nominato a capo della famiglia di Kehat, sua famiglia d'origine, un'altra persona).
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INFORMAZIONE – INTERNATIONAL EDITION
Expo, dietro le quinte
A .
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pilpul
 Oltremare - Gatti
Ho controllato, e ieri era il Primo novembre, non il Primo di aprile. Non che al ministro dello Stato d’Israele Uri Ariel la cosa possa importare, perchè lui, da buon ebreo, vede solo il calendario ebraico, e le sue priorità nella vita e nella politica sono dettate esclusivamente dalla Halakhah, la legge ebraica. Io invece, nella mia natura imperfetta di cittadina doppia, con passaporti multipli e multiple nazionalità, ho pensato che il suo ministero dell’Agricoltura avesse fatto un bel pesce d’aprile fuori stagione. Invece no, pubblicato con sigilli e firme ufficiali: siccome l’esuberanza riproduttiva di gatti (e cani) in Israele costringe ad atti di crudeltà quali la castrazione chimica, che secondo opinioni rabbiniche sono contro la Halakhah, propone di “trasferire” i suddetti animali in un paese estero che ne accetti la transumanza. Proposte? Non pare che ci sia la fila di ambasciatori fuori dal ministero.

Daniela Fubini, Tel Aviv
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In cornice - contro a Roma
con il ministro Kyenge
Dal testo della Torah e dal commento di Rashì sulla parashà di Kòrach non è chiaro se la rivolta sia stata determinata da problemi ideologici (tutto il popolo ebraico è santo e non ha bisogno di leader)... dfdf e non ha bisogno di leader)... dfdf e non ha bisogno di leader)... dfdfe non ha bisogno di leader)... dfdfe non ha bisogno di leader)...

Daniele Liberanome, critico d'arte
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