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13 Marzo 2016 - 3 Adar 5776
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l'indagine del pew research che fotografa la società israeliana

Datim, Haredim, Hilonim: i volti di uno Stato
che si confronta con le incomprensioni interne

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“Bisogna che la società israeliana si faccia un serio esame di coscienza”. È stato questo il commento del presidente dello Stato di Israele Reuven Rivlin quando gli sono stati presentati i risultati di “Mosaico israeliano: identità, società e religione”. L'ultimo lavoro del Pew Research Center lo ha portato a fare dichiarazioni dure e coraggiose: “L'idea che lo Stato di Israele possa essere una democrazia solo per i suoi cittadini ebrei è inconcepibile. Dobbiamo trovare un modo per affrontare questo problema”. Un campanello d'allarme, quello del presidente Rivlin, ma anche la dimostrazione che è in una democrazia sana le istituzioni prendono di petto tutte le problematiche, non nascondono le difficoltà, le affrontano. E l'indagine della Pew Research ne solleva diverse, fotografando una società che tende ad essere divisa, diffidente, pessimista, con poca fiducia nel futuro e una propensione a chiudersi fra simili. Questo in estrema e riduttiva sintesi il quadro presentato nelle quasi 250 pagine di dati, grafici e analisi del materiale raccolto fra ottobre 2014 e maggio 2015. Più di 5600 rispondenti, appartenenti sia alla componente ebraica che a quella araba della società, ulteriormente scomposte - per autodefinizione - in diversi gruppi, mesi di lavoro di un team di ricercatori serio e competente e analisti esperti. Un lavoro da non sottovalutare, che ha portato a una reazione chiara da parte di Rivlin, deciso a non accettare passivamente i risultati di un sondaggio che non è una lettura piacevole.

Ada Treves

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l'indagine del pew research che fotografa la società israeliana

Oltre le divisioni, il Paese e la strada per l'unità

img headerLa nuova indagine dell’Istituto Pew sul mosaico identitario in Israele solleva parecchie inquietudini ma offre anche alcune importanti ancore di certezza. Era facilmente prevedibile che i media sarebbero caduti preda della notizia che il 48 per cento della popolazione ebraica “è d’accordo sul trasferire arabi da Israele”, contro il 46 per cento di contrari e il 6 per cento di indecisi. Si poteva anzi pensare che con un atto di populismo molti quotidiani avrebbero messo la notizia in prima pagina. Ma per una specie di legge del contrappasso, nella stessa giornata in cui si presentavano al pubblico i dati della ricerca – e forse anche in connessione con la visita in Israele del vicepresidente americano Joe Biden – ci sono stati quattro gravi attentati terroristici che hanno rubato l’attenzione del titolista relegando l’indagine Pew alle pagine interne. Incresciosa paranoia xenofoba, dunque, ma corroborata da un coltello ben piantato nella schiena. L’indagine illustra la complessa stratificazione di un paese che di fatto è multiculturale anche se non è ancora pronto ad ammetterlo apertamente.

Sergio Della Pergola, Università ebraica di Gerusalemme

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coltelli e armi facilmente reperibili alla base delle recenti violenze

Quel terrorismo palestinese fatto in casa

img headerUn filo sottile collega le tre sparatorie più recenti avvenute a Gerusalemme. Vi è anche una somiglianza con altri attacchi che hanno caratterizzato l'attuale ondata di terrore in Israele, ovvero i terroristi non si conoscevano, non c'era nessuna organizzazione a guidarli, e non vi era alcun coordinamento. Tuttavia, in tutti gli ultimi attentati (con armi da fuoco) è stata utilizzata la stessa arma - una "Carlo", come è nota nello slang delle strade. Si tratta di una imitazione fatta in casa del Carl Gustav m/45 di produzione svedese, una mitraglietta utilizzata principalmente negli anni 1950 e '60. Questa primitiva arma, spiega Amos Harel, analista militare di Haaretz, può sembrare vecchia, ma è economica e largamente disponibile. E questa la rende profondamente problematica per la sicurezza di Israele.

Daniel Reichel

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Il presidente dell’Agenzia spaziale italiana Roberto Battiston

Così Italia e Israele entrano in orbita

img headerItalia e Israele unite da Shalom. Che in ebraico significa pace, completezza, ed è la più popolare forma di saluto. Ma in questo caso, rappresenta l’acronimo di Spaceborne Hyperspectral Applicative Land And Ocean Mission. Ovvero il nuovo progetto bilaterale lanciato dalle Agenzie spaziali di Italia e Israele. A raccontarne gli obiettivi e il significato a Pagine Ebraiche è il presidente dell’Agenzia spaziale italiana Roberto Battiston, nel corso del suo viaggio tra Gerusalemme e Tel Aviv per prendere parte a febbraio alla decima Ilan Ramon Annual International Space Conference, la conferenza dedicata alla memoria dell’astronauta israeliano che perse la vita nell’incidente dello shuttle Columbia al rientro da una missione. Un appuntamento che ha visto quest’anno l’Italia tra i protagonisti non solo per via di Shalom, ma anche per la presenza, nella delegazione tricolore, di Samantha Cristoforetti, detentrice del record di permanenza di una donna e di un astronauta europeo nello spazio nel corso di un singolo viaggio, che con la sua testimonianza ha conquistato gli studenti dell’Università di Tel Aviv. E infine per l’annuncio della direttrice italiana dello UN Office of Space Affairs (l’Ufficio che promuove la cooperazione internazionale in materia spaziale) Simonetta Di Pippo che ha comunicato l’ingresso di Israele nell’organizzazione.

Rossella Tercatin

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lo spettacolo nel neghev

Il Deserto Rosso in fiore

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Chissà se la scena piacerebbe a Meir Shalev, il più bucolico (ma anche ironico) fra gli scrittori israeliani contemporanei. In quasi tutti i suoi romanzi la fanno da protagonisti le passioni umane e la natura con le sue tinte, la sua dolcezza e le asperità di cui la terra d’Israele è piuttosto generosa. In questa stagione dell’anno, peraltro, l’asperità maggiore sta nel raggiungerla, la natura. Almeno il sabato, giorno festivo. Dal Sud al Nord del Paese questo è il periodo delle fioriture selvatiche: un momento magico in cui il verde la fa da padrone - ed è uno spettacolo già di per sé, soprattutto per chi sa che presto questo colore lascerà spazio al giallo e all’ocra della lunga e arida estate.

Lea Luzzatti, La Stampa, 9 marzo 2016

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tel aviv, l'impegno perl'ambiente

Campioni di riciclaggio

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Tel Aviv è la città “migliore riciclatrice dell'anno”. A conferirle questo titolo l'organizzazione ELA  Recycling Corporation, che dal 2001 si occupa del riciclaggio di rifiuti per conto del ministero  dell'Ambiente israeliano e promuove nuovi metodi, in particolare per il numero di bottiglie riciclate  pro capite, che in totale nel 2015 sono ammontate a 53,5 litri. In generale, lo scorso anno si è  registrato un incremento nel riciclaggio dei rifiuti pari al 15 percento in più rispetto al 2000. In  totale a Tel Aviv sono state riciclate 125 tonnellate di imballaggi per famiglia, il 20 percento in più  rispetto al resto del paese.


Francesca Matalon


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Il 20 marzo l'omaggio della squadra israeliana di ciclismo a bartali

Sulle vie di Ginettaccio. Fino a Gerusalemme

img headerIl grande cuore di Gino Bartali continua a lasciare il segno. E torna a farlo a Gerusalemme, dove proprio in queste ore si stanno definendo i contorni di un nuovo omaggio in ricordo delle azioni di Ginettaccio in difesa degli ebrei perseguitati sotto il nazifascismo. L’appuntamento è per domenica 20 marzo, nella sua Firenze, quando la prima squadra israeliana di ciclismo del circuito professionistico celebrerà il campione di Ponte a Ema percorrendo, sui pedali, la strada del coraggio. E cioè il tortuoso tratto fino ad Assisi che Bartali frequentò decine di volte trasportando documenti falsi all’interno della sua bici e distribuendoli poi ai diversi intermediari della rete di assistenza clandestina per cui fu staffetta e punto di riferimento. Una frequentazione assidua che, unita al fatto di avere accolto in un a casa di sua proprietà una famiglia di ebrei fiumani braccati dagli aguzzini (i Goldenberg) e ad altre prove di generosità a rischio della vita, l’ha portato ad essere riconosciuto Giusto tra le Nazioni dallo Yad Vashem.

Adam Smulevich, Corriere Fiorentino,  9 marzo 2016

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