Elia Richetti,
rabbino
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Quest’anno
le mie note su questa Parashà della settimana escono il giorno di
Purim. Di per sé sembra che non ci sia alcun legame fra la Parashà, che
parla dettagliatamente delle regole per il sacrificio di ‘olà e per
l’offerta farinacea (minchà), e la festa di Purim, che si collega a
momenti nei quali non c’era il Santuario, e comunque a luoghi al di
fuori della terra d’Israel. Tuttavia, a ben vedere, un legame c’è.
Quando si offriva la minchà, un “qòmetz” (una presa, tanto quanto
contiene la mano fra pollice, medio ed anulare) era il quantitativo che
veniva arso direttamente sull’altare. In definitiva, era un
quantitativo minimo.
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Sergio
Della Pergola,
Università
Ebraica
di Gerusalemme
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Il
22 marzo 1848 nella battaglia di Porta Tosa (oggi Porta Vittoria)
venivano messe in fuga le truppe austriache al comando del maresciallo
Radetzky e avevano termine le Cinque Giornate di Milano. Con la prima
guerra d'indipendenza si ponevano così le prime concrete basi per la
costruzione dell'Italia unita. Il 22 marzo 2016 negli attentati
all'aeroporto di Bruxelles e alla stazione di metro a pochi metri dagli
edifici dell'Unione Europea può darsi che siano state poste le prime
concrete basi per la dissoluzione dell'Europa unita. La capitale
d'Europa colpita nei suoi centri nevralgici, chiude lo spazio aereo del
Belgio per oltre una giornata, interrompe tutti i trasporti su rotaia,
chiude i confini con paesi minacciosi come... l'Olanda.
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"Terrorismo, perr vincerlo
rafforziamo il dialogo"
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Nei
mesi scorsi sono stata criticata perché ho detto che l’Islam fa parte
dell’Europa. Sarebbe ora che capissimo che non si tratta di una
presenza esterna. Questi terroristi sono cittadini europei, nati in
Europa, cresciuti in Europa. È l’alleanza, il dialogo, la cooperazione
la coesistenza di religioni diverse che risolverà questi problemi. Se
ci raffiguriamo la questione in termini di ‘noi’, europei e cristiani,
e ‘loro’, arabi, musulmani, terroristi, non vediamo la verità, perché
stiamo comunque parlando di europei. E alimentiamo la stessa narrazione
di quelli che vogliono dimostrare che vivere insieme, fianco a fianco,
è impossibile”. Così l’alto rappresentante UE per la politica estera
Federica Mogherini in una intervista a Repubblica sui fatti di
Bruxelles.
Fiato sospeso intanto per la sorte di Patricia Rizzo, la funzionaria di
origine siciliana di cui si sono perse le tracce. Un’apprensione
giustificata dal fatto che, si legge sul Corriere, “la donna viaggiava
ogni mattina sulla linea della metropolitana scelta dai terroristi per
l’attentato e che la stazione colpita è quella che serve molti uffici
distaccati della Commissione europea”.
Quale il futuro dell’Europa? Come reagire davanti a questa nuova ondata
di terrore? Interviste e opinioni a confronto su tutti i giornali. Sul
Corriere Paolo Mieli mette in guardia contro “i paragoni sbagliati”. E
cioè l’evocazione di fascismo e nazismo, che porterebbe a
“semplificazioni pericolose”. Scrive lo storico: “Se davvero fossimo al
cospetto di eredi di Hitler e Mussolini, basterebbe non ripetere
l’errore compiuto nel settembre 1938 a Monaco allorché il primo
ministro inglese Chamberlain riuscì a far passare una politica di
appeasement con la Germania nazista, sarebbe sufficiente resistere ad
attentati comparabili alle bombe su Londra del 1940 e prima o poi
schierare ‘sul terreno’ i nostri eserciti”.
Osserva Gianni Riotta su La Stampa: “Il terrorismo islamista non
conosce amici o nemici tra di noi, considera avversario chiunque non ne
condivida l’ideologia apocalittica di morte e oppressione. Non
distingue tra Oriana Fallaci dura contro gli emigranti e il pacifismo
cosmico di Tiziano Terzani, se ne infischia se abbiate votato Renzi,
Berlusconi o Grillo o come voterete sulle trivelle, è indifferente alla
vostra posizione su Israele e Palestina, Ogm, Jobs Act, unioni gay.
Siate parte della Casta o la avversiate, per Isis siete comunque nemici
da sterminare”.
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da israele, l'analisi sul belgio e il terrorismo
"L'intelligence non è mai perfetta
ma in Europa mancano sinergie"
Il
terrorismo è terrorismo ovunque, questo è vero, qualsiasi sia il motore
che lo muova. Come dice la parola stessa, vuole gettare nel terrore le
società contro cui si scaglia. Ma non per questo tutte le situazioni
sono assimilabili. Quanto accade in Europa è diverso da quello che
succede in Israele”. A parlare è l'analista Yoram Schweitzer
(nell'immagine), esperto di terrorismo internazionale e già consulente
dell'ufficio del Primo ministro israeliano in materia di sicurezza
nonché dell'INSS Program on Terrorism and Low Intensity Conflict.
Schweitzer sottolinea a Pagine Ebraiche come nessuno si sia realmente
stupito dei due attentati compiuti dall'Isis a Bruxelles. “Parlando di
statistiche, visto il numero di foreign fighters che partono dal Belgio
(il paese europeo con il più alto numero di jihadisti in proporzione
alla popolazione) il rischio di attacchi era ed è alto. Forse quello
che non ci si aspettava, a livello tattico, era un attentato così
sanguinoso e ben organizzato. Il problema è che continueranno a
provarci, in Belgio, in Francia, in Gran Bretagna, in Scandinavia, in
Svizzera e sì, anche in Italia”.
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PURIM 5776 - l'iniziativa della eujc
Bruxelles, la festa per dire grazie
Sarà
un Purim sottotono a Bruxelles, dove tutte le feste e gli eventi per
celebrare la gioiosa ricorrenza di oggi sono state cancellate per
precauzione dopo gli attentati degli scorsi giorni. Ma mentre la città
è ancora scossa nel suo profondo e piange le sue vittime, la EUJS –
European Union of Jewish Students, organizzazione ombrello che
rappresenta tutte le unioni studentesche ebraiche in Europa con sede
proprio nella Capitale bega, desidera “affrontare la situazione attuale
in maniera positiva”. Per questo, ha lanciato la campagna “Toda on
Purim” (Toda in ebraico significa grazie), dedicandola “a coloro che
consentono la nostra vita ebraica quotidiana, a coloro che nei prossimi
giorni avranno poche ore di sonno per permettere ai cittadini di
Bruxelles di festeggiare Purim nelle loro case”. L’EUJS ha dunque
inviato un Mishloah Manot alle squadre di sicurezza della città e
invita tutti a fare lo stesso, mandando un augurio a “forze di
sicurezza, volontari, leader politici e comunitari che sono in prima
linea nel rendere le nostre Comunità sicure”.
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PURIM 5776 - l'italia ebraica in festa
La gioia che sconfigge la paura
Davanti
alle nuove minacce del terrorismo islamico, l'Italia ebraica non si
ferma. E si ritrova unita e compatta nelle celebrazioni della festa di
Purim.
La festa gioia di grandi e piccini, ma anche il ricordo di una grande
storia di coraggio che permise agli ebrei di Persia di scampare un
terribile massacro.
Il nemico di allora si chiamava Haman, il perfido consigliere del re
Assuero. Oggi nuovi nemici insidiano le conquiste del mondo libero e
democratico.
Ma i loro piani sono destinati a fallire. E a ricordarcelo è proprio
Purim, con lo straordinario potere liberatorio dei suoi costumi e delle
sue tradizioni.
Ha osservato al riguardo il rav Jonathan Sacks: "La paura e i traumi si
sconfiggono con la gioia. Conquistiamo il terrore festeggiando. Ci
facciamo regali a vicenda, banchettiamo, ci mascheriamo, beviamo più
del solito e quando sentiamo il nome di Haman facciamo rumore e lo
prendiamo in giro. Proprio perché la storia di Purim era un affare
molto serio, rispondiamo con poca serietà e in questo modo dichiariamo
ad al alta voce: ‘Non ci fate paura!'”
Qui Torino - Purim e la Babele delle parlate
C’è qualcosa di meglio di uno spettacolo teatrale per festeggiare
Purim? La Comunità ebraica di Torino, assieme al Gruppo di Studi
Ebraici, ha proposto nell’occasione una “Pantomima semiseria di Purim
nelle parlate giudaico italiane”, presentata da La Compagna dei Fini
Dicitori. Lo spettacolo ha inizio: il veneziano si mischia al romano,
poi fa capolino il piemontese; è poi il turno del triestino, del
livornese e del ferrarese. Nei panni degli attori alcuni membri della
Comunità e del Gruppo di Studi Ebraici, tra cui il rabbino capo Ariel
Di Porto, romano di origine.
Alice Fubini
(Nell'immagine, un momento della festa di Purim nella Comunità ebraica di Torino) Leggi
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qui ginevra
"L'Onu rispetti lo Stato d'Israele,
inaccettabile il doppio standard"
Il
21 marzo, un giorno prima dei tragici attentati di Bruxelles, si è
tenuta davanti al Palazzo delle Nazioni Unite di Ginevra una
manifestazione di protesta contro l’ipocrisia del Consiglio per i
Diritti Umani dell’Onu nei confronti di Israele. Diverse organizzazioni
ebraiche e non, provenienti da Paesi europei e da Israele, si sono
radunate per denunciare il doppio standard dell’Onu, sempre critico con
Israele, e compiacente verso tutto il resto del mondo. A guidare la
protesta Yair Lapid, membro della Knesset. Con lui erano presenti, tra
gli altri, David Breakstone, vicepresidente dell’Organizzazione
mondiale sionista, Kay Wilson, una donna israeliana gravemente ferita
in un attacco di terroristi palestinesi, Gilad Kabilo, dell’Israel-Asia
Center, Shimon Samuels, direttore delle relazioni internazionali del
Simon Wiesenthal Center, Hillel Neuer, direttore esecutivo
dell'Osservatorio delle Nazioni Unite, Andras Pataki, della
Israeli-Allies Foundation. A introdurre i relatori Saksia Pantel, della
Federazione Sionista. Tra le delegazioni, gruppi provenienti, tra gli
altri Paesi, da Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria. Presente anche
una folta rappresentanza dell’Associazione Svizzera-Israele, sezione
Ticino, guidata dal suo presidente Adrian Weiss.
Giuseppe Giannotti Leggi
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A TEL AVIV L'ULTIMO SORRISO
Johan Cruyff (1947-2016)
Sei
marzo 2016, spogliatoio del Bloomberg stadium di Tel Aviv. Padre e
figlio sorridono entrambi, in quella che è forse l’ultima foto di Johan
Cruyff in vita in circolazione. La leggenda dell’Ajax e della nazionale
olandese si è spenta oggi, a 68 anni, al termine di una durissima
battaglia ingaggiata contro la malattia. Una malattia inesorabile ma
affrontata sempre a testa alta e con un coraggio da leone come dimostra
appunto l’intenzione di regalarsi – poco meno di venti giorni fa – un
viaggio in Israele insieme alla moglie per salutare Jordi, il figlio
direttore sportivo del Maccabi.
“Ieri è stata una giornata perfetta. Vittoria per 5 a 0 e visita di
papà e mamma” spiegava allora Jordi, ex giocatore di buon livello, oggi
impegnato nella difficile sfida di traghettare la più titolata squadra
israeliana verso una dimensione europea accettabile.
(Nell’immagine l’incontro a Tel Aviv tra Johann Cruyff, a destra, e il figlio Jordy, al centro, lo scorso 6 marzo) Leggi
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Setirot
- Siamo tutti europei |
Il
dolore, la tragedia e l’orrore spingono inevitabilmente verso
semplificazioni emotive. Ma è difficile – in questi giorni – non avere
voglia di urlare “siamo tutti europei!”. Avendo però l’accortezza di
sentire nel profondo di noi stessi che quel “tutti” significa tutti:
cristiani, atei, musulmani, ebrei, donne e uomini di ogni credo, etnia,
provenienza. Certo, ognuno nel proprio intimo penserà che questo
auspicio che deve diventare imperativo – pena la distruzione di una
civiltà, di un mondo – riguardi l’altro, loro e non noi. Ma loro chi?
Noi chi?
Stefano Jesurum, giornalista
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In ascolto - Caro Bruno |
Oggi
voglio ricordare Bruno Chiesa, docente di ebraico biblico
all'Università di Torino e grande studioso, a un anno dalla sua
prematura scomparsa. Vorrei raccontarlo con la musica, ma la sua vita è
stata ricca e interessante, ha incontrato migliaia di persone e vissuto
in parti diverse del mondo e non è semplice dedicargli una sola canzone.
Era profondamente colto e le sue analisi filologiche avevano la
complessità di un'opera di Arnold Schoenberg ma, come sanno fare solo
le persone davvero intelligenti, di fronte allo sguardo interrogativo
dell'interlocutore, traduceva i concetti in termini semplici e tutto si
apriva come in Mozart: ricco, articolato, ma chiaro e piacevole da
ascoltare. Bruno era affettuoso e dava volentieri consigli, spesso con
quella vena di malinconia nello sguardo, come in una ballad suonata da
Chet Baker.
Maria Teresa Milano
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Time Out - A testa alta |
Se
vivesse oggi Morderchai verrebbe ritenuto da molti correligionari un
provocatore. Un ebreo che, nel rifiutare di inchinarsi al Ministro
persiano Aman, mette in grave rischio tutto il popolo ebraico. Che
problema c'è a inchinarsi di fronte a un altro uomo se questo gesto può
salvare la propria vita e quella del proprio popolo? La risposta la
fornisce la Meghilla, quando i messi di Aman riportano la ragione per
cui Morderchai non si inchinava: perché lui era ebreo. "Non si
inchinava e non si prostrava davanti a lui" dice il testo. Osservano i
rabbini che sebbene il senso indichi un'azione al passato, i verbi
inchinare e prostrare non sono al passato, ma al futuro.
Daniel Funaro
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Storie ordinarie, finalmente |
Le
parole gridate, in televisione o sui giornali, ci hanno stancato. Anche
i più giustamente arrabbiati di noi si rendono conto ormai che non
basta alzare la voce per esser ascoltati. Eppure, i media sono ancora
pieni di foto drammatiche, di dichiarazioni estreme. E lo sono anche
molti libri. Il peggior risultato di questa maniera di raccontare
consiste nell’appiattimento. La stessa foto che ci ha emozionato o
indignato, pochi mesi dopo è dimenticata o peggio: è smentita dal
comportamento che osservano gli stessi che avevano più mostrato la
propria indignazione. Il delitto efferato che leggiamo su qualche best
seller ci pare copiato dalla cronaca, spesso lo è. E i veri dolori,
quelli consumati fuori dal faro delle breaking news, e le disperazioni
autentiche? O le gioie minute, ma ancora presenti nelle nostre vite
ordinarie, raccontate con pudore e sincerità, non ci sono più o nessuno
se ne accorge, tranne noi?
Valerio Fiandra
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Madri d'Israele - Dalia |
Con Purim alle porte la frenesia si fa più totale.
I figli tormentano le mamme, che tormentano i papà, che tormentano a loro volta i figli.
Inizia così un tour de force infinito, una corsa contro il tempo fatto
di travestimenti improbabili e ceste piene di dolciumi e una mela,
rossa o verde che sia, deposta insieme alle caramelle gommose e ai
cioccolatini ripieni per mettere a tacere i sensi di colpa.
Stiliamo dunque una rapida lista delle Mitzvot a cui adempiere in questa festività nella quale tutto è possibile.
Lettura della Meghilla? Fatto. Maschere per i bambini? Fatto. Banchetto
con pietanze di ogni genere? Fatto. Mishloach Manot? Fatto, eccome.
Eppure manca sempre un precetto all’appello, il più importante di tutti, forse.
David Zebuloni
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La Neue Synagoge |
Berlino,
Oranienburger Strasse. Una targa commemorativa ricorda l'ufficiale
prussiano in servizio presso il distretto 16 della città, Wilhelm
Krützfeld, il quale durante la Reichkristallnacht del 9 novembre 1938
tentò di salvare dalle fiamme la Sinagoga Nuova, intimando alle SA di
andarsene e chiamando sul posto i vigili del fuoco a spegnere
l'incendio che esse avevano appiccato.
Il 10 novembre Krützfeld fu chiamato dal Presidente della polizia
berlinese nonché membro delle SA, Graf von Helldorf, a rispondere della
cosa, ma se pensassimo che ricevette una punizione esemplare,
resteremmo stupiti dal constatare che la cosa non ebbe altri risvolti
se non un richiamo formale, a dimostrare che un certo spazio di
manovra, per non eseguire ciecamente gli ordini antisemiti, c'era.
Sara Valentina Di Palma
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