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19 maggio 2016 - 11 Iyar 5776
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Identità e storia

Patrimoni culturali, il ruolo degli ebrei italiani

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Lo storico Gadi Luzzatto Voghera, docente di storia nella sede di Padova della Boston University, è il nuovo direttore del Centro di documentazione ebraica di Milano (Cdec). Riproponiamo di seguito un testo pubblicato su Pagine Ebraiche nell’estate di alcuni anni fa.

Il continuo richiamo all’eredità di una Storia ricca di figure e di esperienze, che ha lasciato splendide testimonianze artistiche e preziosi documenti, costituisce un tratto fondamentale di quella famosa identità ebraica e italiana attorno alla quale a più riprese si accendono vivaci dibattiti e a volte aspre contrapposizioni. Condividiamo in effetti il privilegio (concentrato nella nostra duplice origine culturale e affettiva) di essere eredi – spesso indegni – di un patrimonio immenso, che nessun’altra terra può vantare. Dovremmo sforzarci di valorizzarlo con maggior impegno, ma già il solo fatto che questo patrimonio c’è e che sia visibile costituisce un valore aggiunto importante. Non è certamente un caso il fatto che quando in Europa si celebra la Giornata della cultura ebraica siano proprio i luoghi italiani a suscitare il maggior interesse e la maggiore frequentazione. Ed è altrettanto vero che spesso proprio il lavoro di divulgazione che viene effettuato a livello di medie e piccole comunità diviene un interessante stimolo per gli stessi ebrei che sono costretti a interessarsi e a riacquisire competenze e conoscenze perdute nel rapido e inesorabile percorso di secolarizzazione che ha interessato tutti noi negli ultimi due secoli.

Gadi Luzzatto Voghera

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Identità e storia

Meis, la direttrice Simonetta Della Seta:
“Ferrara, polo vivo di cultura ebraica”

img header“Il lavoro è collettivo, il risultato è collettivo. Noi giornalisti lo sappiamo”. Studiosa, diplomatica e grande protagonista delle politiche culturali, da brevi momenti alla guida del progetto più ambizioso dell’ebraismo italiano, il Museo nazionale dell’Ebraismo italiano e della Shoah di Ferrara, Simonetta Della Seta non dimentica l’origine del suo impegno professionale, il clima della redazione e il gusto di ragionare assieme ai tanti colleghi che ha avuto la fortuna di incontrare nei giornali. La sua esperienza fra pagine e notizie conta, e il suo orgoglio professionale si quieta solo davanti all’affettuosa considerazione che qui a Pagine Ebraiche non siamo in genere inclini a intervistare i colleghi. Allora ammette di essere una giornalista tutta speciale, diciamo fuori dall’ordinario, e prima di fare le valige per Ferrara, di lanciarsi in una nuova, entusiasmante esperienza, torna a cercare energia nel suo grande bagaglio d’esperienze e di conoscenze, che ne hanno fatta un’esperta vera di Israele e d’Italia, di politica mediterranea e di politica culturale, di creazione e di comunicazione".

Guido Vitale, Pagine Ebraiche Maggio 2016

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Identità e storia

Le prove della Shoah

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Qualche anno fa, dopo una lezione di archeologia in una quinta elementare, chiesi agli scolari: secondo voi, a cosa serve l'archeologia? Ne ebbi una risposta fulminante: «L'archeologia serve per farci credere alla storia». Ma non abbiamo forse bisogno di "credere alla storia" anche di ieri? Non dobbiamo forse coltivare una perpetua archeologia del presente? E perché inseguiamo qualcosa che ci faccia credere alla storia, quando ne siamo circondati, intrisi, assediati? Può bastare un museo, anche per eventi recentissimi? Domande come queste venivano alla mente discutendo, al Ministero dei Beni Culturali, il Museo della Shoah che sorgerà a Roma (il progetto è di Luca Zevi), nell'area di Villa Torlonia, luogo segnato dalla presenza di Mussolini, ma anche da antichissime catacombe ebraiche. La verità è che avremo sempre più bisogno di "prove tangibili" in un mondo dominato da un ossessivo storytelling che, nel marketing ma anche nella politica, tende a prendere il posto della verità, più che a raccontarla. Narrazioni "alternative" vengono presentate spesso come equivalenti, anche se una ha fondamento documentario e l'altra è totalmente falsa.

Salvatore Settis, Il Sole 24 Ore Domenica, 15 maggio 2016

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Geografie

Sykes-Picot, quei confini che si stanno sbriciolando  

Sarebbe davvero stato difficile immaginare anniversario più caldo: tuttora si combatte e si muore su quelle righe tracciate con squadra e matita sulle mappe del deserto del Medio Oriente. Ancora oggi il califfo nero Al Baghdadi, capo di quell'entità feroce e mutevole che si chiama Stato islamico, proclama che l'avanzata dei suoi «non si fermerà fino a che non sarà stato piantato l'ultimo chiodo sulla bara della cospirazione Sykes-Picot». Esattamente cent'anni fa, nell'ufficio dove ora siede il premier britannico David Cameron, Mark Sykes e François Picot, in rappresentanza di Gran Bretagna e Francia, si spartivano le spoglie dell'impero Ottomano siglando - con l'intesa silenziosa della Russia - quello che venne chiamato «Accordo sull'Asia minore». Il testo rimase segreto fino a quando non fu rivelato da Lenin e Trotzkij, un anno dopo, a rivoluzione d'Ottobre compiuta e zar deposto. Su quell'intesa si è costruita l'architettura geopolitica che per effetto della guerra in Siria si sta decomponendo secondo linee di frattura che ripropongono le divisioni che quegli accordi avevano composto solo virtualmente. Secondo l'accordo, l'area che chiamiamo Medio Oriente veniva divisa in due parti pressoché uguali. La zona a Nord, denominata banalmente «A» dove si trovano Libano e Siria, cadeva sotto l'influenza francese; la zona «B» con Giordania e Iraq, andava invece alla Gran Bretagna. La Palestina, dove sarebbe poi nato lo Stato di Israele rimaneva fuori dall'intesa.

Cesare Martinetti, La Stampa
17 maggio 2016


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Geografie

Il dialogo tra nemici
sul Mar Rosso

C’è un dialogo fra nemici che tiene banco in Medio Oriente. Arabia Saudita e Israele sono avversari sin dal 1948, quando Riad partecipò con un corpo di volontari alla guerra araba tesa ad impedire la nascita del giovane Stato, per poi continuare ad essere protagonista di tale, radicale, opposizione sostenendo attacchi militari, guerriglie ed offensive diplomatiche di ogni genere. Tanto in Medio Oriente quanto a Washington, dove Israele ed Arabia Saudita sono state protagoniste per decenni di aspri scontri: contendendosi il sostegno del Congresso e l'alleanza della Casa Bianca. Tali e tanti precedenti suggeriscono l'importanza di quanto avvenuto sul palco del «Washington Institute» allorché, davanti ad un pubblico di analisti ed in diretta web, l'ex capo dell'intelligence saudita Turki al-Faisal - esponente di rango della famiglia reale - ha dialogato con l'ex generale Yaakov Amidror, già consigliere per la sicurezza del premier israeliano Benjamin Netanyahu. A quasi un anno dalla prima stretta di mano in pubblico fra alti funzionari dei due Paesi - il direttore generale del ministero degli Esteri israeliano, Dore Gold, e l'ex consigliere governativo saudita Anwar Eshki, in un centro studi di New York - le indiscrezioni su visite segrete, cooperazione strategica e convergenze occasionali hanno prodotto a Washington un colloquio pubblico fra al-Faisal e Amidror con caratteristiche da manuale della Guerra Fredda.



Maurizio Molinari, La Stampa
15 maggio 2016


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Shir Shishi - una poesia per erev shabbat

Penso che tra poco qualcosa accadrà

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È mancato a marzo, Israel Eliraz, uno dei poeti più proficui e raffinati della scena lirica israeliana. Apparteneva alla quinta generazione di ebrei nati a Gerusalemme ed era prossimo agli ottant’anni. Nel suo ultimo libro ci ha lasciato un semplice verso, un ritratto chiaro sul valore della vita che cerchiamo di ignorare. Amava l’arte, la natura, le cose semplici e gli animali e solo in questo ultim’volume, “Elogio alle cose che passano”, ha scritto anche d’amore..


Penso che tra poco qualcosa accadrà
e ho pensato di raccontartelo
Se non è una notizia sconvolgente
è perché abbiamo scordato il miracolo
del nostro essere dentro il mondo
Le cose vi accadono
senza posa
Questa è la stagione in cui è facile dire qualcosa
sul mondo e attendere accanto
.

Sarah Kaminski, Università di Torino

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