Identità e storia
Le prove della Shoah
Qualche
anno fa, dopo una lezione di archeologia in una quinta elementare,
chiesi agli scolari: secondo voi, a cosa serve l'archeologia? Ne ebbi
una risposta fulminante: «L'archeologia serve per farci credere alla
storia». Ma non abbiamo forse bisogno di "credere alla storia" anche di
ieri? Non dobbiamo forse coltivare una perpetua archeologia del
presente? E perché inseguiamo qualcosa che ci faccia credere alla
storia, quando ne siamo circondati, intrisi, assediati? Può bastare un
museo, anche per eventi recentissimi? Domande come queste venivano alla
mente discutendo, al Ministero dei Beni Culturali, il Museo della Shoah
che sorgerà a Roma (il progetto è di Luca Zevi), nell'area di Villa
Torlonia, luogo segnato dalla presenza di Mussolini, ma anche da
antichissime catacombe ebraiche. La verità è che avremo sempre più
bisogno di "prove tangibili" in un mondo dominato da un ossessivo
storytelling che, nel marketing ma anche nella politica, tende a
prendere il posto della verità, più che a raccontarla. Narrazioni
"alternative" vengono presentate spesso come equivalenti, anche se una
ha fondamento documentario e l'altra è totalmente falsa.
Salvatore Settis, Il Sole 24 Ore Domenica, 15 maggio 2016
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