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30 giugno 2016 - 24 Sivan 5776
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LOTTA ALL’ANTISEMITISMO

Da rav Sacks al sindaco di Londra Khan,
la soluzione è “tolleranza zero”

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Come risolvere il problema dell’antisemitismo che cresce nel Regno Unito? Con una strategia piuttosto semplice: la tolleranza zero. Lo ha sottolineato con forza rav Jonathan Sacks, già rabbino capo del Commonwealth e nominato lord dalla regina Elisabetta nel corso di un’intervista al programma News Night della BBC. E lo ha promesso il nuovo sindaco di Londra, Sadiq Khan, musulmano, figlio di un immigrato pakistano, in un intervento sul Jerusalem Post.
All’inizio di giugno, qualche settimana prima del referendum che ha decretato la volontà dei britannici di uscire dall’Unione Europea (portando tra l’altro a un’impennata della xenofobia, in particolare nei confronti degli immigrati), rav Sacks spiegava in un colloquio con il giornalista Evan Davis, come l’antisemitismo continui a ripresentarsi in forme nuove. “L’antisemitismo è così socialmente inaccettabile che può sopravvivere solo come un virus, attraverso la mutazione. Nel Medioevo gli ebrei erano odiati per la loro religione. Ma nell’Europa post-illuminista del XIX e XX secolo non era consentito odiare per la religione, così gli ebrei erano disprezzati per la loro razza. Oggi anche questo non è più ammissibile, così l’odio si indirizza verso lo stato nazionale. E questa è la ragione per cui l’antisionismo è il nuovo antisemitismo” ha evidenziato il rabbino, che ha ammesso di essere entrato lui stesso in contatto con la recrudescenza dei sentimenti anti-ebraici denunciata dalla comunità britannica. “La nostra figlia più giovane lo ha sperimentato quando era all’università. Per me è stato profondamente scioccante perché non avevo vissuto un singolo episodio di antisemitismo in tutta la mia vita”.
Quando l’intervistatore gli ha chiesto un giudizio a proposito dell’inchiesta sul fenomeno all’interno del partito laburista, che ha coinvolto diversi esponenti di primo piano, tra cui l’ex sindaco di Londra Ken Livingstone, rav Sacks ha risposto: “La questione in realtà è semplice: occorre praticare la tolleranza zero, come si farebbe con qualsiasi altro pensiero inaccettabile, e il problema è risolto”. E tolleranza zero è proprio l’approccio per contrastare l’antisemitismo assicurato dall’attuale sindaco della capitale britannica Sadiq Khan, anche lui esponente del Labour.

(Nell’immagine, un Iftar, il pasto serale che rompe la fine della giornata di digiuno durante il mese del Ramadan. In primo piano, da destra a sinistra, l’attuale rabbino capo del Commonwealth Ephraim Mirvis, il sindaco di Londra Sadiq Khan e l’arcivescovo di Canterbury e leader della Chiesa anglicana Justin Welby)

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LOTTA ALL’ANTISEMITISMO

Alle origini del pregiudizio

img header“Una fumata bianca si leva dal comignolo del Vaticano – scrive provocatoriamente Yehudah ‘Ammichay nella sua poesia Mi-kol ha-‘ammim (“Tra tutti i popoli”, 1942): i cardinali all’interno sanno già chi è il papa eletto. Una fumata nera si leva dal comignolo di Auschwitz: è ancora incerto chi sia il popolo eletto!” Fine Anni Ottanta. Ricordo distintamente una delle prime scolaresche in visita al Beth haKnesset di Bologna. Faceva gli onori di casa un giovane della Comunità, allora intorno alla ventina. Rispondeva con sagacia alle domande talvolta spregiudicate poste da ragazzi di età di poco inferiore alla sua. “Perché siete tanto odiati?” E di rimando: “A noi lo chiedete? Dovreste piuttosto domandarlo agli antisemiti stessi!” Quel giovane promettente di allora, Emanuele Ottolenghi, è oggi uno storico e politologo di fama internazionale. Un altro studioso, Avi Beker, diplomatico e docente di scienze politiche in prestigiose università, ha recentemente pubblicato un saggio di grande portata, dal titolo: Mi-hu ha-‘am ha-nivchàr, “Chi è il popolo eletto?”. Prendendo le mosse dal film “La passione di Cristo” di Mel Gibson, egli ripercorre la storia del “più grande conflitto di idee nella storia”, ciò che a suo parere sta alla base dell’antisemitismo in ogni epoca e luogo: l’idea dell’elezione di Israele, appunto. Un mito che ha generato due forme di reazione: la volontà di cancellare fisicamente il popolo d’Israele da un lato e il proposito di sostituirsi a esso nell’elezione relegandolo in secondo piano dall’altro. L’analisi di Beker esamina Rabbì ‘Aqivà, i filosofi ebrei della Spagna medioevale, i Padri della Chiesa, Maometto, Lutero fino all’età moderna: Benjamin d’Israeli, la Shoah, Rav Kook e Giovanni XXIII, con una dovizia senza pari di fonti ebraiche e non. Unico difetto del libro: essere scritto in ebraico, cosa che per il momento lo rende fruibile a una cerchia ristrettissima di lettori. Mi auguro, se ciò non è ancora stato fatto, che questo fondamentale studio abbia presto una traduzione integrale in inglese. L’intuizione di Beker non è peraltro nuova. Un passo del Talmud (Shabbat 89a) identifica l’etimologia di Sinai con sin’ah (“odio”), implicando che il dono della Torah che da un lato ci ha nobilitato agli occhi delle nazioni, dall’altro è stato per noi fonte di non pochi problemi relazionali (cfr. ‘Iyun Ya’aqov ad loc.; Rashì a Eykhah 1,21).

Alberto Moshe Somekh, rabbino

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ORIZZONTE EUROPA

Così vince un sovranismo ammuffito

Brexit è la vittoria non del popolo, ma del populismo. Non della democrazia, ma della demagogia. E la vittoria della destra dura sulla destra moderata, e della sinistra radicale sulla sinistra liberale. E la vittoria, nei due campi, della xenofobia, del vecchio odio verso l'immigrato e dell'ossessione di avere il nemico in casa. È la rivincita, in tutto il Regno Unito, di coloro che non hanno mai sopportato che gli Obama, Hollande, Merkel e altri esprimessero la propria opinione su quello che essi si accingevano a decidere. È la vittoria, in altri termini, del «sovranismo» più stantio e del nazionalismo più stupido. E la vittoria dell'Inghilterra ammuffita sull'Inghilterra aperta al mondo e all'ascolto del suo glorioso passato. E la sconfitta dell'Altro davanti al rigonfiamento dell'Io, e del complesso davanti alla dittatura del semplice. E la vittoria dei sostenitori di Nigel Farage su una «classe politico-mediatica» e sulle «élite mondializzate» che essi ritengono siano «agli ordini di Bruxelles». È la vittoria, all'estero, di Donald Trump (il primo, o uno dei primi, ad aver acclamato questo voto storico) e di Putin (il cui sogno e, probabilmente, uno dei progetti — non lo si ripeterà mai abbastanza — è la disgregazione dell'Unione Europea). E la vittoria, in Francia, dei Le Pen e dei Mélenchon che sognano una variante francese di Brexit, mentre ignorano completamente l'intelligenza, l'eroismo, la radicalità e la razionalità francesi.

Bernard-Henri Lévy, Corriere della Sera
27 giugno 2016


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ORIZZONTE EUROPA

Una catastrofe collettiva

Il libro di Jan Tomasz Gross con Irena Grudzinska Gross, Un raccolto d'oro. Il saccheggio dei beni ebraici (Torino, Einaudi, 2016, pagine 126, euro 16), si apre con una foto: contadini e soldati, donne e uomini, seduti in circolo per una foto dopo il raccolto. Solo che a essere raccolti, e disposti ordinatamente in circolo, sono teschi e altre ossa umane. La foto è stata scattata nella seconda metà degli anni Quaranta, cioè nel dopoguerra, dall'abitante di un villaggio vicino a Treblinka, il campo di sterminio dove furono inviati gli ebrei del ghetto di Varsavia e di altri ghetti polacchi, in cui fra il 1942 e il 1943 furono gassati ottocentomila ebrei. Essa ritrae, con ogni probabilità, un gruppo di "scavatori" del villaggio alla fine di una giornata di lavoro. Costoro scavavano per cercare le ossa degli ebrei e per appropriarsi di denti d'oro scampati alla ricerca dei nazisti, di altri beni restati nascosti nei cadaveri. Insomma, cercavano l'oro degli ebrei. I soldati che posano accanto a loro partecipavano, con ogni probabilità, alla ricerca. Da questa foto muove la ricerca dello storico polacco, professore a Princeton, Jan Tomasz Gross, già autore di importanti studi su questi temi, fra cui I carnefici della porta accanto, sul massacro della comunità ebraica di Jedwabne da parte non dei nazisti ma dei polacchi, un libro che ha suscitato grande eco da parte del pubblico e degli studiosi.


Anna Foa, L’Osservatore Romano
29 giugno 201
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Shir Shishi - una poesia per erev shabbat

Miraggio

img headerAlon Altaras, nato in Israele nel 1960 da genitori di origine rumena, è esperto di letteratura italiana e israeliana e docente all’Università di Pisa. Ha pubblicato diversi romanzi, alcuni tradotti in italiano, come Il vestito nero di Odelia (2005) e Nostro figlio (2014) ed è autore di libri di poesia in ebraico. Ha curato importanti traduzioni dall’italiano in ebraico di autori come Gramsci, Pasolini, Montale, Camilleri, Tabucchi e molti altri. Vincitore in Israele del Premio del Primo Ministro (2001), in Italia è stato insignito 2006 dell’onorificenza di Cavaliere della Repubblica Italiana per il contributo alla diffusione della letteratura italiana in Israele (2006). Altaras è un intellettuale israelo-italiano che vive tra Venezia e Tel Aviv, cogliendo a piene mani le due realtà.
 
Tu,   
un dolce miraggio
caldo come una terrazza romana
nel sole d’agosto.
E la bellezza,
sorge dal tuo volto mentre dormi
irradiata dalla luce blu,
e mormori assopita: 
“Occhi, sogni, labbra 
e la notte svanisce.”


Sarah Kaminski, Università di Torino

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